Sommario: 1. Premessa: partire dall’inizio. - 2. La standardizzazione della raccolta dei dati. - 3. Il concetto di identità digitale. - 4. Identità digitale e firma in ambito penale. - 5. La trasmissione telematica delle notizie di reato. - 6. Le alternative alla firma digitale e le prospettive de iure condendo.
1. Premessa: partire dall’inizio.
“In fin dei conti, non temete i momenti difficili. Il meglio scaturisce da li” ha scritto in tempi non sospetti Rita Levi Montalcini. Un pensiero espressivo di grande coraggio e di altrettanta lucidità, che è giusto provare a trasporre nelle tante piccole o grandi riflessioni che questo momento ci impone.
Approfittare del tempo e delle necessità non solo per trovare il modo di affrontare le difficoltà, ma per ripensare un intero sistema, con modifiche di ampio respiro o anche solo intervenendo su aspetti mirati, un passo alla volta. E ripensare il tutto tenendo conto che il futuro giuridico e tecnologico che ci aspetta potrà e dovrà essere espressivo di una maggiore efficienza, di un migliore utilizzo delle risorse, di un migliore impiego delle forze a disposizione in funzione non solo del “prodotto giustizia” finale, ma anche delle esigenze di sicurezza sanitaria degli utenti e degli operatori del settore. Tutti, indistintamente.
In questa prospettiva, potrebbe avere un senso una riflessione sui presupposti che determinano l’avvio di un procedimento penale. Se si escludono le notizie di reato della p.g., nell’assoluta maggioranza dei casi si tratta denuncie da parte di privati (art. 333 c.p.p.[1]) o di querela (art. 336 c.p.p.[2]).
Il particolare momento storico che ci troviamo a vivere impone di valutare se e quando debba essere assolutamente necessario che il soggetto che intende presentare una denuncia o una querela (ove non intenda avvalersi di un avvocato o un procuratore) debba recarsi personalmente in un ufficio di p.g. ( un Commissariato, una Stazione CC, una sede della GdF piuttosto che l’ufficio della Polizia Municipale) o direttamente presso la Procura della Repubblica.
Ci riferiamo, pertanto, allo sterminato numero di denunce e querele che rappresentano un dato statistico di assoluto rilievo, la cui trattazione ab origine virtuosa non può che riflettersi sull’andamento generale del settore. Il punto di partenza è chiaro: si tratta di capire se vi è modo di evitare - in periodi come questo certamente, in generale per altre ragioni - la presenza fisica del denunciante/querelante nei luoghi sopra indicati. Se la risposta fosse positiva, potrebbe valere la pena di capire in che termini - attualmente e in futuro - la presenza “fisica” del denunciante/querelante potrebbe essere evitata.
Esiste indubbiamente un’ulteriore fondamentale ragione - rispetto a quella sanitaria - per favorire in tutti i modi una modalità telematica di presentazione quantomeno delle denuncie e – ove possibile - delle querele: l’efficienza, un parametro di rango costituzionale – contemplato dall’art. 97 Cost. – che deve essere sempre e comunque perseguito dalla p.a., giustizia compresa. Vediamo come e perché, nel caso di specie.
2. La standardizzazione della raccolta dei dati.
Una doverosa premessa. La presentazione telematica delle denunce - anche ove formalmente possibile – non può sostituire totalmente il contatto “diretto” con la p.g.. In moltissimi casi tale contatto è assolutamente inevitabile, per ragioni investigative, umanitarie, organizzative o culturali.
Si pensi, nel primo caso, ad es. a una serie di ipotesi di reato in materia sessuale o di maltrattamenti, in cui solo la sensibilità e la professionalità dell’operatore di p.g. chiamato a raccogliere tempestivamente la denuncia devono essere considerati imprescindibili. In secondo luogo, molti denuncianti/persone offese necessitano di un rapporto diretto con l’autorità di p.g. non solo per esporre le proprie doglianze di natura penale, quanto anche esigenze relazionali, di conforto e di indirizzo per come affrontare, sotto vari aspetti, le conseguenze del patito reato: anziani e soggetti “deboli” prima di tutti.
In terzo luogo, non vi è dubbio che un significativa quota di popolazione - per mancanza di alfabetizzazione informatica e /o di strutturale o contingente indisponibilità di strumenti telematici - potrebbe non essere in grado di presentare una denuncia con tali mezzi.
Nondimeno, anche escludendo queste non irrilevanti categorie, la platea potenziale dei soggetti che - ove posti nella condizione - potrebbero optare per la denuncia telematica è vastissima. Non solo: la denuncia telematica può essere assai efficace ove diffusa per specifiche tipologie di reato, rispetto alle quali i temi da approfondire, le domande da porre, le alternative da chiarire, i dati e le informazione da acquisire sono facilmente standardizzabili. In realtà forme di “raccolta” di dati e informazioni anche direttamente a opera della p.g. su base telematica, utilizzando moduli predeterminati in grado di “ribaltare” in banche dati specifiche le informazioni acquisite – modalità già sperimentate presso alcuni uffici - dovrebbero essere considerate quello che in termini medici è chiamato un “gold standard”.
Si pensi, al proposito, a numerosi reati informatici (frode informatica ex art. 640 ter c.p., accesso abusivo ex art. 615 ter c.p.) o comunque commessi in rete ( truffe on line, ex . 640 c.p., diffamazione telematica, ex art. 595 comma 3 c.p.); non solo: la standardizzazione delle indicazioni da raccogliere riguarda anche le truffe commesse per via “tradizionale”, i furti in appartamento o negli esercizi commerciali, le stesse rapine - specie se non di particolare gravità. Tutti reati per i quali la possibilità di “raccolta” guidata in grado di interagire con i dati o di collegarsi a un sito istituzionale, rispondendo a una serie di domande mirate – anche su moduli a scelta multipla - funzionali ad essere con semplicità archiviate e quindi trasmesse alla competente Procure, con conseguente elaborazione dei dati e delle informazioni raccolte potrebbe consentire:
- una raccolta sistematicamente completa di dati e informazioni
- una possibilità di operare sui dati raccolti senza necessità di trasporli su altri supporti, potendo la copia informatica della denuncia sostituire (o, al più, affiancare) la trasmissione cartacea degli atti.
Modelli di approccio in tale senso rappresentano un futuro che incombe sul presente; modelli la cui capillare diffusione – specie se corredata da programmi di confronto e elaborazione dei dati adeguati – potrebbe fornire risultati positivi di entità sorprendente. E ciò senza scomodare il concetto di intelligenza artificiale, in quanto si tratterebbe solo in una possibilità di confronto su “masse” di dati e informazioni selezionati sulla base di criteri di ricerca condivisi più rapida ed efficace di quelle che potrebbe essere svolta “manualmente” da una squadra di p.g.
Inoltre, le presentazione telematica della denuncia o querela potrebbe essere ancora più tempestiva rispetto alla modalità di presentazione “ordinaria”, potendo il denunciante operare dalla propria personale posizione – domestica o, ove consentito, di ufficio - in tal modo mettendo la p.g. nella condizione, potenzialmente, di integrare le indicazioni acquisite con interventi investigativi solleciti, mirati e specifici. In buona sostanza, non vi sono ragioni per non favorire, in astratto, una simile scelta; si tratta allora di capire in quali termini sia oggi possibile e in quali termini potrebbe – con non troppe difficoltà - estesa a un maggior numero di soggetti, anche eventualmente a mezzo di interventi legislativi. [3]
3. Il concetto di identità digitale.
Esiste, nel sistema nazionale, una forma ufficiale di identificazione digitale ? E, in caso positivo, quando e come è utilizzabile?
In termini generali, in chiave penale, il concetto di “ identità digitale” è stato previsto dal d.l. n. 93/2014 (convertito dalla l. n. 119/2014), il cui art. 9 rubricato “Frode informatica commessa con sostituzione di identità digitale” ha modificato l'art. 640 - ter c.p..[4]
Per altro, il concetto di identità digitale era già entrato nel sistema con il Codice dell’amministrazione digitale - d.lgs. 82/2005 - con l’art. 3 - bis. ( Identità digitale e domicilio digitale) per il quale “ Chiunque ha il diritto di accedere ai servizi on - line offerti dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e b),[5] tramite la propria identità digitale. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, i professionisti tenuti all’iscrizione in albi ed elenchi e i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese hanno l’obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell’elenco di cui agli articoli 6 - bis o 6 - ter.”
La firma digitale viene definita dall'art. 1, lett. s) del Codice dell’Amministrazione Digitale c.d. C.A.D. come "un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici".[6]
A sua volta l’art. 64 (Sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni) prevede (comma 2 bis e 2 ter) che “Per favorire la diffusione di servizi in rete e agevolare l’accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese, anche in mobilità, è istituito, a cura dell’Agenzia per l’Italia digitale, il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID).” Tale sistema “è costituito come insieme aperto di soggetti pubblici e privati che, previo accreditamento da parte dell’AgID, …. identificano gli utenti per consentire loro l’accesso ai servizi in rete.” Lo stesso articolo 64, al comma 2 septies precisa che : “un atto giuridico può essere posto in essere da un soggetto identificato mediante S.P.I.D., nell'ambito di un sistema informatico….. attraverso processi idonei a garantire, in maniera manifesta e inequivoca, l'acquisizione della sua volontà. Restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa anche regolamentare in materia di processo telematico”.
In concreto, lo SPID può essere ritenuto un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche; lo stesso permette ai cittadini di accedere ai servizi online delle Pubbliche Amministrazioni e dei soggetti privati con un'unica Identità Digitale. L’identità SPID è rilasciata dai Gestori di Identità Digitale (Identity Provider), soggetti privati accreditati da AgID che, nel rispetto delle regole emesse dall’Agenzia, forniscono le identità digitali e gestiscono l’autenticazione degli utenti. E’ possibile richiedere l’identità SPID a qualsiasi gestore; questi, dopo aver verificato i dati del richiedente, emette l’identità digitale, rilasciando le credenziali.
Tutte le pubbliche amministrazioni devono rendere i propri servizi online accessibili tramite SPID per favorire e semplificare l'utilizzo dei servizi digitali da parte di tutti i cittadini. Anche i privati possono rendere i propri servizi online accessibili tramite SPID, al fine di favorire e semplificare l’utilizzo dei propri servizi digitali.[7]
Recentemente con la Determinazione n.157/2020 del 23 marzo 2020 – sono state emanate da Agid le Linee Guida per la sottoscrizione elettronica di documenti ai sensi dell’art. 20 del CAD. In questo modo, la firma con Spid avrà lo stesso valore giuridico di quella autografa, consentendo ai cittadini di sottoscrivere atti e contratti. Come precisato nel sito di AgID, www.agid.gov.it “Con le Linee Guida , sarà possibile firmare atti e contratti attraverso SPID con lo stesso valore giuridico della firma autografa, soddisfacendo, così, il requisito della forma scritta e producendo gli effetti dell’art. 2702 del codice civile. I cittadini avranno così a disposizione anche un altro strumento digitale per sottoscrivere documenti con validità giuridica, oltre alla già esistente firma elettronica qualificata. Le nuove regole disciplinano le modalità con cui i fornitori di servizi online possono permettere agli utenti di sottoscrivere atti e contratti tramite la loro identità digitale. Il sistema può essere utilizzato sia dai fornitori di servizi privati sia dalle Pubbliche Amministrazioni e consente di sostituire la firma autografa nella quasi totalità dei casi.”
La domanda, a questo punto - come si sul dire - sorge spontanea. Cosa consente di fare, in sede civile e sopratutto penale, l’identità SPID?
In sede civile, come precisato dalla S.U. [8], “secondo i documenti ufficiali dell'Agenzia per l'Italia Digitale … la firma digitale è il risultato di una procedura informatica - detta validazione - che garantisce l'autenticità e l'integrità di documenti informatici. Essa conferisce al documento informatico le peculiari caratteristiche di: a) autenticità (perché garantisce l'identità digitale del sottoscrittore del documento); b) integrità (perché assicura che il documento non sia stato modificato dopo la sottoscrizione); c) non ripudio (perché attribuisce validità legale al documento).
Un riconoscimento, pertanto, di una triplice garanzia, che consente l’utilizzo di tale firma nell’ambito del processo civile telematico (c.d. PCT) di cui al d.P.R. 123/2001 e di ritenere, a buon diritto, la firma apposta con l’identità SPID strumento pienamente efficace in ambito civilistico.
4. Identità digitale e firma in ambito penale.
La conclusione sopra evidenziata per lo SPID nel settore civile non può essere automaticamente trasposta in sede penale, in relazione alla problematica qui affrontata, anche se gli esiti di una valutazione al riguardo potrebbero essere non dissimili.
Partiamo dal dato normativo: in base agli artt. 120 - 126 c.p. e 336 - 340 e 39 disp. att. c.p.p., la denuncia, per essere validamente presentata, deve essere sottoscritta dalla persona offesa, previa verifica dell’identità del sottoscrittore da parte di un pubblico ufficiale.
Per la querela, il valore dell’autentica della firma in calce alla stessa trova spiegazione nella necessità di garantire la provenienza sicura dell’atto e quindi la titolarità del diritto di sporgere querela. Sul punto, sono intervenute le S.U. precisando che la mancata identificazione del soggetto che presenta la querela non determina l'invalidità dell'atto allorché ne risulti accertata la sicura provenienza.[9] Anche in tempi recenti la S.C. ha ribadito il concetto: “La mancata identificazione, da parte dell'autorità ricevente, del soggetto che presenta la querela non determina l'invalidità dell'atto allorché ne risulti comunque accertata la sicura provenienza.” [10]
Ora: ove si consideri che le formalità delle querela, riflettendosi sulla procedibilità, non possono che essere più rigorose di quelle delle denunce - che non rilevano sotto tale aspetto - si può ritenere che la querela e a fortiori la denuncia si possono ritenere validamente presentate a fronte dell’accertamento della sicura provenienza delle stesse.
Conseguentemente, se in sede civile le S.U. hanno riconosciuto al documento informatico corredato da firma digitale SPID caratteristiche di autenticità, integrità e non ripudio, non parrebbe semplice escludere l’idoneità di tale firma a garantire quella “provenienza sicura” richiesta - in sede penale - per la validità della querela e a maggior ragione per le denunce.
In realtà, la prospettiva deve essere molto più ampia. In questo senso l’art. 20, comma 1 bis, del C.A.D. precisa: “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore. In tutti gli altri casi, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.”[11]
Pertanto, se una querela/denuncia trasmessa telematicamente priva di firma digitale SPID o nei termini descritti dal citato art. 20 bis C.A.D. potrebbe non essere considerata validamente presentata, si potrebbe – o forse si dovrebbe – giungere a conclusioni opposte nel caso di querela/denuncia “autenticata” con tali modalità. Non è pensabile che il sistema – nel suo insieme - possa in questa senso accettare “modelli” di autenticità differenti.
Ciò anche considerando, in termini generali, un processo irreversibile di digitalizzazione del sistema penale; da un lato si consideri ad es. l’art. 16, comma 4, D.L. n. 179 del 2012 ed alla legge n. 228 del 2012, che prevede l’utilizzo dello strumento PEC per l’invio di “notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli art. 148, comma 2 bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La relata di notificazione è redatta in forma automatica dal sistema informatico in dotazione alla cancelleria”.
D’altro canto un preciso segnale in tale senso è venuto anche dall’ introduzione di una serie di sistemi quali il Sistema Informatico per la Cognizione Penale (SICP), il Sistema Integrato Esecuzione e Sorveglianza (SIES), il Sistema Informativo dell’Amministrazione (SIAMM), il Sistema Informatico Prefetture e Procure d’Italia (SIPPI).
Infine, ovviamente, un segnale univoco in funzione della digitalizzazione è giunto proprio dai numerosi provvedimenti recentemente emanati alla luce dell’emergenza Coronavirus, finalizzati non solo a limitare assembramenti di qualsiasi genere – limitando in termini stringenti il numero di udienza da celebrare e promuovendo in varie forme al celebrazione delle stesse con strumenti telematici, a mezzo di videoconferenza - ma anche a promuovere il lavoro agile.
Nell’ambito di una condivisibile logica generale diretta a tutelare non solo la salute dei cittadini, ma anche quella del personale amministravo e di p.g., limitando i contatti personali all’essenziale, stridente sarebbe un’esclusione aprioristica della firma digitale SPID quale strumento di identificazione certa. Si tratta, molto semplicemente, di una soluzione tecnologica idonea a garantire l’autenticità della provenienza di querele (e denunce), già conosciuta dal sistema giuridico e comunque perfettamente compatibile con lo stesso.
5. La trasmissione telematica delle notizie di reato.
Resta da considerare un aspetto, correlato alle modalità di trasmissione telematica delle notizie di reato. In sostanza, nell’ottica di ottimizzare il sistema sul piano qualitativo (con le compilazione diretta per via telematica di una serie di denuncie da parte degli utenti e l’immediata trasmissione delle stessa, quantomeno laddove identificabili a mezzo di firma digitale SPID), quantitivo (con un minore impegno diretto da parte degli u.p.g.) nonché sul piano della sicurezza sanitaria (con la drastica riduzione dei contatti interpersonali) potrebbe essere di grande rilievo dare corso in concreto a una sistematica trasmissione telematica delle notizie di reato e delle denunce dalla “fonte” alla destinazione finale (la Procura della Repubblica).
Il dato normativo è chiaro. In base all’art. 109 disposizione attuazioni c.p.p. ( Ricezione della notizia di reato) “La segreteria della procura della Repubblica annota sugli atti che possono contenere notizia di reato la data e l'ora in cui sono pervenuti in ufficio e li sottopone immediatamente al procuratore della Repubblica per l'eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato.” Una norma che pare imporre il deposito cartaceo della notizia di reato in segreteria, laddove tuttavia, in termini generali, l’art. 108 - bis delle medesimi disposizioni (rubricato “Modalità particolari di trasmissione della notizia di reato”) precisa:
“1 - Tiene luogo della comunicazione scritta la comunicazione della notizia di reato consegnata su supporto magnetico o trasmessa per via telematica. Nei casi di urgenza, le indicazioni e la documentazione previste dall'articolo 347 commi 1 e 2 del codice sono trasmesse senza ritardo. 2 - Quando la comunicazione è eseguita nelle forme previste dal comma 1, la polizia giudiziaria indica altresì la data di consegna e di trasmissione.”
Il punto da chiarire riguarda la necessità – in linea astratta o quantomeno come dato di fatto - del deposito anche cartaceo delle notizie di reato, laddove la possibilità di un deposito solo telematico a mezzo del Portale N.D.R. può indubbiamente semplificare e velocizzare le attività connesse alla trasmissione degli atti. Si consideri che il registro delle notizie di reato (S.i.c.p.) e il Portale N.D.R. forniscono la provenienza certa dei dati, la loro integrità, la data certa, l'orario esatto del pervenimento degli atti stessi sul S.I.C.P. a seguito della trasmissione ad opera delle ufficio di p.g. abilitate ad utilizzare il menzionato portale.
Per quanto consta, non esiste un approccio uniforme al problema; in molti uffici si è ritenuto di poter privilegiare il solo deposito telematico, ma frequentemente quest’ultimo è “corredato” dal deposito cartaceo. Indubbiamente la spinta emergenziale delle ultime settimane ha favorito la scelta telematica, ma il problema deve e può essere affrontato anche in un’ottica di ritorno alla normalità, in prospettiva fisiologica e non solo patologica.
In questo senso, le notizie di reato dovrebbero poter essere trasmesse – almeno normalmente – solo in via telematica, prevedendo l’integrazione cartacea solo ove necessaria (si pensi al caso ad es. di urgenze).
La duplice trasmissione, in realtà, non dovrebbe porre un problema di duplicazione di iscrizioni (ciò in quanto quando l’operatore inserisce il numero del portale, reperito sulla copia cartacea, l’annotazione preliminare dovrebbe essere già iscritta, evidenziando il numero di R.G. generato dal sistema) anche se ogni seguito pervenuto - come è ben chiaro a chi lavora in Procura – impone una ricerca e un successivo inserimento, determinando un oggettivo e ineludibile aggravio di lavoro.
In realtà, uno schema operativo funzionale potrebbe prevedere:
- la trasmissione via PEC del solo frontespizio della notizia di reato
- la stampa della n.r. e degli allegati da parte delle segreteria
- l’assegnazione e l’iscrizione della notizia di reato con conseguente individuazione del numero di R.G. da comunicare alla p.g. per la trasmissione di eventuali seguito
Certamente una trasmissione uniforme, solo per via telematica, potrebbe garantire un maggiore efficienza, anche se la stessa comporta uno sforzo organizzativo iniziale e un “investimento” in termini di sistema e di personale significativo. L’invio anche della copia cartacea potrebbe essere solo determinato da specifiche esigenze correlate agli atti da trasmettere; atti e documenti che potrebbero essere richiesti, dopo l’assegnazione del numero di procedimento, direttamente alla p.g. e depositati (anche in via telematica) direttamente alla segreteria del p.m. assegnatario del fascicolo.
In generale, inoltre, la ricezione in via telematica della denunce già formalizzate in via digitale consentirebbe una trasmissione in Procura - previa integrazione con eventuali atti svolti di iniziativa dalla stessa p.g. a completamento della stessa – in tempi rapidi, con conseguente possibilità di operare immediatamente sui file una volta pervenuti, per attività di analisi e confronto dati o anche solo ai fine della predisposizione degli atti del procedimento.
6. Le alternative alla firma digitale e le prospettive de iure condendo
L’efficacia della modalità di identificazione “certa” che la firma digitale SPID pare garantire non può che essere direttamente proporzionale alla diffusione della stessa nella società. Al 31.3.2020, si tratta di 6.332.555 firme, come risulta dal sito www.agid.gov.it; non poche indubbiamente, anche se si tratta di un numero lontano dal poter garantire un uso generalizzato nel sistema. In attesa di un auspicabile intervento normativo diretto introdurre ulteriori strumenti tecnico - giudirico funzionali ad assicurare il medesimo effetto della firma digitale Spid.
In questo senso, come riportato dal sito dell‘Ansa in data 7 aprile 2020, tutti i cittadini italiani in possesso della Carta d'Identità Elettronica 3.0 (CIE) potranno accedere direttamente da casa ai servizi digitali della P.A., tra cui quelli previdenziali dell'Inps, o sanitari ed anagrafici di Regioni e Comuni che già permettono l'accesso con la CIE, per citare solo alcuni. Una notizia comunicata dal Poligrafico e Zecca dello Stato, dalla quale si rileva essere stata rilasciata insieme al Ministero dell'Interno la nuova modalità di identificazione ai servizi online attraverso la CIE.
E’ evidente che laddove fosse prevista la possibilità di avvalersi della CIE – della quali risultano possessori ormai milioni di cittadini - anche per autenticare denunce e querela, si potrebbe segnare un immediato progresso nella direzione ipotizzata.
In ottica futura, inoltre, tra le tante soluzioni possibile, almeno due potrebbero essere prese in tempi rapidi in considerazione.
In termini assolutamente empirici, eventuali denunce presentate avvalendosi di un sistema di modulistica predeterminato per categorie di reato (disponibile sui siti istituzionali, quali Procura della Repubblica e uffici di P.G.) ma prive di firma digitale SPID o equivalente potrebbero essere validate da UPG previo contatto con il denunciante e autenticazione on line, anche con trasmissione di copia di documenti e/o contatto in videoconferenza. Un meccanismo certamente proponibile per le denuncie e non impensabile anche per le querela, più laborioso rispetto alla trasmissione con firma digitale ma enormemente più economico e completo rispetto alla presentazione diretta ad es. in commissariato.
La seconda possibilità – in teoria complessa, potenzialmente di straordinaria efficacia – riguarda l’utilizzo indiretto di strumenti di identificazione telematica di soggetti. Detto così può sembrare formula criptica laddove è quanto di più semplice e diffuso esista oggi sul mercato: i meccanismi di autenticazione per conti on line. Sino a poco tempo fa, soprattutto i token, oggi autenticazioni on line a mezzo di una app.
Un meccanismo privato che tuttavia è caratterizzato - per evidenti fini commerciali e di mercato - da un elevato standard di sicurezza e da una tecnologia generalmente adeguata - con il quale si potrebbe coinvolgere un numero di soggetti identificabili con certezza certamente superiore ai 6 milioni ca di identità SPID attualmente disponibili; in base a dati non recentissimi, già nel 2018 gli utilizzatori nazionali di conti on line si avvicinavano ai 20 milioni. Un dato che non richiede commenti.
Se fosse possibile utilizzare i meccanismi di identificazione bancari, così capillarmente diffusi e previo accordo con i singoli istituti (che potrebbero essere incentivati dall’idea di poter fornire ai propri clienti un servizio aggiuntivo di non secondario rilievo) per assicurare l’identificazione certa dei soggetti che presentano una denuncia per via telematica, potrebbe esserci un immediato e irreversibile balzo in avanti della diffusione di tale modalità di trasmissione degli atti, con un beneficio per il sistema di pari proporzioni.
[1] Precisa l’art. 333 c.p.p.”. Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia. La legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria. La denuncia è presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria; se è presentata per iscritto, è sottoscritta dal denunciante o da un suo procuratore speciale… “.
[2] In base all’art. 336 c.p.p. “La querela è proposta mediante dichiarazioni nella quale, personalmente o mezzo di procuratore speciale, si manifesta la volontà che si proceda in ordina a un fatto previsto dalla legge come reato”.
[3] Una valutazione che si impone anche in chiave comparatistica, considerando che in Francia, Spagna e Inghilterra - come rilevabile dai siti istituzionali della forze di polizia - è prevista in vari casi (sebbene declinata in termini differenti) la facoltà di presentare denunce per via telematica attraverso piattaforme funzionali a raccogliere i dati e le informazioni specifiche per varie tipologie di reato.
[4] Tale norma ha inserito nell’art 640 ter c.p. un terzo comma, che stabilisce la pena della reclusione da due e sei anni e la multa da 600,00 euro a 3.000,00 euro nel caso in cui il fatto sia commesso mediante furto o indebito utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti.
[5] Le disposizioni del d.lgs. 82/2005 si applicano: a) alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto del riparto di competenza di cui all’articolo 117 della Costituzione, ivi comprese le autorità di sistema portuale, nonché alle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione; b) ai gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate, in relazione ai servizi di pubblico interesse;
[6] Sarebbe tuttavia erroneo limitare la tutela dell’identità digitale a quella tipizzata dal codice dell’amministrazione digitale. La indicazioni della S.C. consentono di ritenere che l’identità digitale debba essere intesa - e tutelata - in senso lato, ossia in relazione alla manifestazioni in rete che risultano apparentemente riferibili a un soggetto individuato o individuabile.
[7] A seguito del completamento della procedura di notifica dello SPID, ultimato dall'Agenzia con la pubblicazione nella G.U.U.E, a decorrere dal 10 settembre 2019 l'identità digitale SPID può essere usata per l'accesso ai servizi in rete di tutte le pubbliche amministrazioni dell'Unione.
[8] Cass., S.U. civ., n. 10266, 27/04/2018, CED 648132 - 02; per altro, già, Cass., Sez. II civ., n. 22871, 10/11/2015, CED 637862 - 01, aveva riconosciuto che alla firma digitale, in calce ad una sentenza, il requisito ex art. 132 della sottoscrizione da parte del giudice, in quanto “permette sicuramente di ricondurre il provvedimento al giudice che l'ha apposta, unico titolare della detta firma. E ciò nonostante la mancanza dell'autografia, consentendo in ogni caso di perseguire la medesima ratio della firma autografa.”
[11] Su questi temi in generale G. Dominjanni, “Validità dei provvedimenti firmati digitalmente, la loro utilizzabilità e conservazione nel fascicolo processuale cartaceo”, www.magistraturaindipendente.it, 2020.