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Magistratura Indipendente

PENALE  

Riforma delle intercettazioni: le indicazioni della Procura generale presso la S.C.

  Penale 
 martedì, 22 settembre 2020

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di Cesare PARODI, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Torino

 
 

Sommario: 1 Premessa. - 2 L’individuazione del bersaglio delle intercettazioni. - 3 Il rapporto tra il P.M. e la P.G.  - 4 La trasmissione dei verbali e delle registrazioni. - 5 L’esame degli atti da parte dei difensori. - 6 Le figure dell’Archivio delle intercettazioni. - 7 Il conferimento delle intercettazioni all’Archivio. - 8 Il rapporto tra l’Archivio e le banche dati SIDDA/SIDNA. - 9 Deposito e misure cautelari.

1- Premessa.
Poche riforme – e forse nessuna tra quelle di maggiore rilievo – hanno conosciuto una storia travagliata quale quella originariamente prevista dal d.lgs. 216/2017 in tema di intercettazioni. Inutile ripercorrere in questa sede le numerose tappe che hanno portato all’approvazione del testo entrato in vigore il 1 settembre 2020. 
E’ verosimilmente inutile chiedersi, a questo punto, se sia stato giusto non procedere a un’ulteriore proroga dell’entrata in vigore, funzionale alla necessità, per tutti gli uffici giudiziari, di essere “pronti” sul piano tecnico e organizzativo a recepire e dare attuazione alle indicazioni del legislatore. Di fatto, il problema è superato. Parafrasando una celebre frase di un celebre film, pronunciata da un ancor più celebre attore: “E’ l’Italia, bellezza. E non possiamo farci niente”.  Anche nel giugno 1999 non si era verosimilmente pronti alla “soppressione” delle Procure Circondariali e all’accorpamento di tali uffici con le Procure presso il Tribunale: si decise di procedere comunque e, in qualche modo, il sistema sostenne il colpo.  Confidiamo che possa avvenire altrettanto, oggi.  
Con tempestività, efficacia e lungimiranza la Procura Generale presso la S.C.  è intervenuta, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, procedendo a una ricognizione delle principali problematiche ermeneutiche che la stessa presentava, licenziando, in data 30 luglio, una prima utilissima e condivisibile circolare – “orientamenti in tema di applicazione della nuova disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni” 16926/20/uai/int- che sintetizza e risolve una serie di criticità che si erano presentate su alcuni aspetti fondamentali della riforma. 
Un provvedimento espressivo di una piena consapevolezza dell’esigenza di procedere per gradi all’”organizzazione” di un pensiero condiviso sulla disciplina in oggetto- e che non a caso invita gli uffici interessati a una costante interlocuzione sulla progressiva applicazione della nuova disciplina con la Procura Generale e con il Ministero- ma che non rinuncia a mettere a disposizione degli operatori del settore alcune indicazioni di grande rilievo, che del predetto “pensiero condiviso” potranno e dovranno costituire le solida fondamenta.  Pare dunque, più che giusto, doveroso contribuire alla rapida diffusione e metabolizzazione di tale provvedimento.
 
2- L’individuazione del bersaglio delle intercettazioni
 
La circolare affronta in primo luogo un problema definitorio, destinato nondimeno a riflettersi in termini drastici sull’organizzazione del servizio. Cosa deve intendersi per “bersaglio” dell’intercettazione? Ciò in quanto solo a fronte di una omogenea interpretazione del concetto sarà possibile, uniformemente  in tutte le Procure,  assicurare che “il dato captato rispetti lo standard derivante dal combinato disposto della novella e delle prescrizioni del Garante, sotto tutti i profili e lungo tutta la filiera della sua "vita": legittimità, sicurezza, conferimento, cancellazione, fruizione e consultazione (da parte degli Uffici di Procura, della polizia giudiziaria, delle parti private, dei consulenti/periti, dei Giudici)”.
Il legislatore non ha fornito una precisazione al riguardo e la “ricognizione” sul campo effettuata dalla P.G. ha portato a due possibili soluzioni. Bersaglio inteso come soggetto intercettato (a prescindere quindi dal numero dei device oggetto di captazione) con conseguente inserimento in un unico R.I.T e bersaglio in rifermento ai singoli apparati, ognuno dei quali specificamente individuato da un R.I.T.  
La circolare fa propria la seconda opzione, alla luce del disposto dell’art. 267 comma 5 nella nuova formulazione, che prevede l'annotazione e secondo l'ordine cronologico "in apposito registro riservato, gestito, anche con modalita informatiche, e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica . . . (de)i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio ed il termine delle operazioni". 
Conseguentemente, nel registro dovrà essere annotato cronologicamente il decreto di autorizzazione, contraddistinto da un numero di R.I.T., per ogni numero di telefono/dispositivo su cui transitano le conversazioni o comunicazioni intercettate sara contraddistinto da un numero di R.I.T.. Una modalità operativa che, una volta cessate le operazioni tecniche, potrà consentire “una corretta, univoca e legittima gestione del dato sensibile e, operativamente, un immediato riscontro della stato dell'attività, ai fini del suo trattamento”.
Una scelta, per altro, che non esclude la possibilità con la medesima richiesta (e con il medesimo decreto autorizzativo) si provveda per più bersagli, fermo restando che la “gestione” degli stessi dovrà in seguito essere assicurata in via autonoma.
 

3- Il rapporto tra il P.M. e la P.G.

La circolare sottolinea la specifica funzione di vigilanza alla quale è tenuto il P.M., per  assicurare che la polizia giudiziaria effettui una rigorosa selezione delle intercettazioni rilevanti ed utilizzabili a fini processuali e, in particolare, evitare, secondo la disposizione di cui al novellato art. 268, comma 2, cod. proc. pen., che nei verbali di trascrizione siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o riguardanti dati personali definiti sensibili dalla legge, salvo che si tratti di intercettazioni  rilevanti ai fini delle indagini.. Viene suggerita la necessità di “un'interlocuzione costante, anche informale (secondo quanta solitamente avviene nella fase delle indagini preliminari, ossia in una fase per sua natura non inquadrabile in rigidi e schematici protocolli), del pubblico ministero con gli organi di polizia giudiziaria delegati alle operazioni, onde evitare che nei c.d. "brogliacci" di ascolto o verbali di trascrizione sommaria sia documentato il contenuto di conversazioni manifestamente irrilevanti o inutilizzabili.”

Con il  d.l. 161/2019 è venuta meno la previsione, per l’ufficiale di polizia giudiziaria di provvedere “a norma dell’articolo 268, comma 2-bis, informando preventivamente il pubblico ministero con annotazione sui contenuti delle comunicazioni e conversazioni.”

Come risulta dalla Relazione presentata il 31.12.2019 alla Camera dei Deputati “ La necessaria tutela della riservatezza anche nella fase della verbalizzazione…. ha indotto a sostituire il meccanismo di selezione da parte della polizia giudiziaria delle intercettazioni non utilizzabili con un dovere di vigilanza del pubblico ministero, affinché non siano trascritte in sede di verbalizzazione conversazioni o comunicazioni contenenti espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, sempre che non si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini. “E inoltre: “Al comma 4 dell’articolo 267, l’ultimo periodo è soppresso, eliminando così la previsione in materia di attribuzioni della polizia giudiziaria che aveva destato le maggiori perplessità. Si è sostenuto infatti, al di là della difficile applicazione operativa e della duplicazione delle attività di documentazione, che la previsione spogliasse il pubblico ministero procedente delle prerogative solo a lui attribuite di valutare la rilevanza o meno di quanto intercettato”.

In concreto, è stato, eliminato il generale divieto per la P.G. di trascrivere le comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini sia per l’'oggetto sia per i soggetti coinvolti, nonché di  quelle, parimenti  non rilevanti,  aventi  a oggetto  dati personali  definiti  sensibili dalla legge. Il perno del nuovo sistema deve essere individuato nel menzionato obbligo per il P.M. di dare indicazioni e vigilare affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle e che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini. Una modifica che indubbiamente consente di superare le criticità connesse alia precedente testo, eliminando il divieto di trascrizione, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini, ma che pone a carico del P.M. una non semplice attività di vigilanza, la cui concreta attuazione potrà rivelarsi particolarmente complessa, specie nei procedimenti di maggiori dimensioni.

L’art. 268 comma 2 c.p. recupera un dato centrale del ruolo del P.M., chiamato a un non semplice duplice ruolo. Da un lato fornire indicazioni alla P.G. e quindi vigilare sull’applicazione delle stesse.

Di quali indicazioni stiamo parlando? Sul concetto generale di “lesione della reputazione” o di dati sensibili – concetti che dovrebbero far parte del bagaglio culturale degli operatori di p.g. - o indicazioni “mirate” sulla tipologia di contesto o di reato oggetto delle investigazioni?  O indicazioni preventive , a fronte di specifiche richieste degli u.p.g. ? E ancora, la vigilanza impone una lettura preventiva dei verbali prima del deposito degli stessi? O di una bozza dei verbali, considerando che dopo il deposito formale sarebbe difficile espungere dagli atti gli stessi?

In concreto, l’indicazione del d.l. 161/2019 è apprezzabile e interessante, ma necessita- è un forte timore, che confidiamo possa essere infondato- di una lunga e non semplice fase di “metabolizzazione” da parte dei soggetti coinvolti nel sistema. Proprio per limitare tali possibili incomprensioni, la circolare in oggetto fornisce una serie di rilevanti puntualizzazioni.

In primo luogo, in presenza di dati che non devono essere riportati sul verbale, la P.G. “si limiterà a indicare i soggetti interlocutori, utilizzando la dizione “conversazione non rilevante per le indagini” oppure “conversazione non utilizzabile”. La medesima dizione potrà essere utilizzata anche nelle ipotesi in cui la non rilevanza ex art. 268 bis co. 2 c.p.p.  o la non utilizzabilità riguardino solo una parte della conversazione.“ 

La circolare prevede espressamente che a fronte dell’obbligo di vigilanza in capo al P.M. deve essere riconosciuto l’onere per la P.G. di consultare il P.M. nei casi dubbi: una consultazione per la quale non è prevista una forma vincolata. Viene così indicata  “la necessità ….. di un'interlocuzione costante, anche informale (secondo quanto solitamente avviene nella fase delle indagini preliminari, ossia in una fase per sua natura non inquadrabile in rigidi e schematici protocolli), del pubblico ministero con gli organi di polizia giudiziaria delegati alle operazioni, onde evitare che nei c.d. "brogliacci" di ascolto o verbali di trascrizione sommaria sia documentato il contenuto di conversazioni manifestamente irrilevanti o inutilizzabili ” nonché “l'opportunità di adozione di direttive generali che impongano alla polizia giudiziaria di sottoporre i casi dubbi alla tempestiva valutazione del pubblico ministero, cui spetta di vagliarne il contenuto e di decidere se inserirle, o non, nei verbali e/o nelle annotazioni, a seconda della loro utilizzabilità ed effettiva rilevanza.”

Al contrario, il provvedimento non tocca espressamente un altro rilevante aspetto del rapporto tra il P.M. e la P.G., con riguardo alla modalità di trascrizione della captazione ritenute rilevanti. In che misura le conversazioni devono essere riportate nelle annotazioni di p.g.?  Sul tema, la Procura della Repubblica di Torino – circolare 144/20/S.P. del 31.7.2020 - ha ipotizzato un richiamo alla disciplina dell’art. 291 comma 1 ter c.p,p, che prevede che nelle richieste di misura cautelare siano “riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate”. Una disposizione funzionale alla salvaguardia di esigenza di tutela della riservatezza. Precisa la relazione illustrativa della riforma: «Quest’ultima disposizione costituisce un significativo criterio di orientamento nella redazione degli atti attraverso i quali è altamente probabile che possano essere diffuse notizie sui contenuti intercettativi pur quando non siano di diretta pertinenza, nell’ambito dell’essenzialità, ai fatti oggetto di prova, beninteso di tipo indiziario».

La norma, pur se non espressamente riferita agli atti di p.g., può anche a questi essere applicata; conseguentemente, per la Procura di Torino” non dovranno essere riportate all’interno delle annotazioni finalizzate alla richiesta di nuove intercettazioni o di proroga di quelle in corso, le trascrizioni delle conversazioni, ma solo i riferimenti identificativi (utenza, data, orario, numero progressivo) di quelle a quel momento e per quel fine rilevanti, il cui contenuto effettivo sarà riportato in atti allegati alla stessa (per motivi tecnici in forma di una trascrizione per pagina).  Si otterrà così il duplice risultato di poter rilasciare copia delle annotazioni evitando operazioni di oscuramento parziale e riducendo al minimo il rischio di palesare contenuti non divulgabili e di poter ugualmente operare sugli allegati con facilità.“

Tale metodica è suggerita dalla Procura piemontese anche per la redazione delle annotazioni riassuntive finali ove la citazione, attraverso riassunto o trascrizione del contenuto, “dovrà essere limitata alle conversazioni, a quel momento, certamente rilevanti, sì da non avere la necessità di dover prevedere la conservazione anche di tali atti nell’archivio digitale. “ Nondimeno, nell’ambito della potestà di direzione delle indagini, “ciascun P.M. potrà, in relazione a specifiche esigenze di singoli procedimenti,  fornire direttive particolari al fine di meglio esercitare il proprio dovere di vigilanza.”  

 

4- La trasmissione dei verbali e delle registrazioni

Molti dubbi, nelle more dell’entrata in vigore della riforma, sono sorti su un momento cruciale - sul piano della tutela della riservatezza – della gestione delle intercettazioni: il conferimento/trasmissione delle registrazioni e dei verbali da parte dalle p.g. all’Archivio digitale informatico di cui all’art. 269 comma 1 c.p.p.  Conferimento da effettuarsi “immediatamente” e che, seppure non determinando dirattamente un obbligo di avviso ai difensori, da avvio alla fase del deposito a questi ultimi.

E’ proprio in tale momento che il p.m. – eventualmente su richiesta dalla p.g..- può decidere di chiedere al  G.I.P.  di autorizzare il ritardato deposito, sino al termine delle indagini preliminari, ai difensori.  E’ stata, in effetti, esclusa dall’impianto generale della riforma la possibilità per il p.m. di autorizzare la p.g. a “trattenere” presso di sé gli esiti della captazioni, al fine di consentire un’analisi globale delle stesse.

Con il d.lgs. 216/2017 non si era voluto correre il rischio di una sia pure temporanea “stasi” di verbali e registrazioni in luoghi differenti da quello introdotti dalla riforma, così da garantire, sotto vari profili, l’assoluta impossibilità di fughe di notizie. Il legislatore aveva preso atto delle possibili difficoltà per la p.g. a effettuare l’immediata trasmissione, a fronte della complessità delle indagini, degli atti al P.M. e aveva previsto che «il pubblico ministero dispone con decreto il differimento della trasmissione dei verbali e delle registrazioni quando la prosecuzione delle operazioni rende necessario, in ragione della complessità delle indagini, che l'ufficiale di polizia giudiziaria delegato all'ascolto consulti le risultanze acquisite. Con lo stesso decreto fissa le prescrizioni per assicurare la tutela del segreto sul materiale non trasmesso».

La disposizione non è “ entrata” nella versione finale della riforma, anche se questa scelta potrebbe non essere tale da evitare criticità; si pensi a pressi sedimentate di “rilettura”  ragionata degli esiti delle captazioni - nel caso di traffico di stupefacenti o comunque ipotesi di criminalità organizzata, nonché nel caso di procedimenti a elevato contenuto tecnico (quali quelli per reati contro la P.A. o in materia di bancarotta) - che dovranno essere per forza di cose accantonate.

Allo stato, pertanto, registrazione e verbali devono essere immediatamente conferiti al termine delle operazioni. Tutto chiaro? Evidentemente no, in quanta la circolare da atto di tre opzioni ermeneutiche differenti sul concetto di “termine delle operazioni”. Una differente valutazione destinata proprio a riflettersi sulla modalità con le quali la p.g. potrà terminare la propria attività sui materiali oggetto delle captazioni, ossia presso i propri uffici oppure accedendo all’Archivio: non proprio un dettaglio, pertanto, specie considerando i procedimenti di maggiore complessità e di – possibile- maggiore rilevanza.

Tre, come abbiamo detto, le soluzioni emerse:

-  un conferimento “globale” in esito alla chiusura di tutte le attività di intercettazioni di un procedimento (previa richiesta di ritardato deposito) proprio per consentire alla p.g. un’analisi dettagliata di tutto il materiale derivante dalle attività di captazione. In questa prospettiva, è necessario che il p.m. richieda e il G.I.P. autorizzi il ritardato deposito, che avverrà, pertanto ( salvo il caso di richiesta di misura cautelare) al termine delle indagini preliminari con l’avviso e art 415 bis c.p.p.

-  una seconda opzione, per molti aspetti sovrapponibile alla prima - prevede l’immediata conferimento all’atto della trasmissione al p.m. dell’ultimo verbale di chiusura delle intercettazioni nell’ambito del singolo procedimento, proprio per ridurre il lasso di tempo nel quale viene concesso alla p.g. il possesso esclusivo delle intercettazioni.

-la terza opzione, infine, prevede un conferimento all’atto della chiusura dei singoli bersagli; il p.m. dovrebbe procedere anche in questo caso alla richiesta di ritardato deposito e la p.g. dovrebbe essere immediatamente “spossessata” degli esiti delle captazioni.

Quest’ultima tesi indubbiamente potrebbe semplificare sul piano tecnico le operazioni di riversamento dei dati nel server (in quanto tale da ridurre, statisticamente, la mole degli stessi) e parrebbe fornire le maggior garanzie sul piano della tutela ella riservatezza, anche se indubbiamente risulta essere quello meno funzionale alle esigenza di  approfondimento e revisione degli atti da parte della p.g.

La circolare fa propria la prima prospettiva interpretativa, utilizzando correttamente sia un argomento logico-sistematico sia uno strettamente letterale.

Sul piano letterale si procede a un confronto tra il dettato dell’art. 268 comma 4 e 267 comma 5 c.p.p.: in questo senso  il novellato quarto comma dell'art. 268 c.p.p., testualmente richiede che «i verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi”, usando la forma plurale e lasciando così intendere che “il conferimento nell'A.D.I. debba essere connesso a tutta l'attivita captativa (e, di conseguenza, fa riferimento a tutti i verbali relativi a quel procedimento ), chiedendo alla polizia giudiziaria la trasmissione al P.M. di tutto il materiale investigativo. “ Al contrario, il quinto comma dell'art. 267 c.p.p. espressamente indicando le modalità di tenuta del «registro riservato» delle intercettazioni, precisa che le stesse devono essere annotate «in ordine cronologico» insieme ai «decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni». Ubi voluit, dixit: quando il legislatore ha inteso considerare specificamente e singolarmente le intercettazioni, l’ho ha indicato.

In termini ancor più convincenti, sul piano sistematico, la circolare evidenzia che “se la normativa persegue lo scopo, in un'ottica di garanzia, di documentare le sole conversazioni, oltre che utilizzabili, rilevanti ai fini delle indagini, tale scopo non può che essere raggiunto mediante un’oculata selezione delle conversazioni rilevanti, onde distinguerle da quelle irrilevanti.” Una selezione che “ presuppone l’ultimazione degli ascolti quale imprescindibile elemento di ricognizione e di analisi compiuta dei dati acquisiti”.

In tale ottica, pare conforme al sistema, ritenere che la richiesta di ritardato deposito al G.I.P. (che necessariamente  deve essere successiva al conferimento dei dati nell'A.D.I.), deve riferirsi a tutto il compendio investigativo e non alla singola intercettazione.

Per altro, la circolare da atto di un’uniformità interpretativa- da molti anni univocamente fatta propria dalla S.C. - in relazione alla mancanza di conseguenze, sul piano dell’utilizzabilità, in caso di ritardato conferimento all’archivio da parte della p.g.; condotta che potrà rilevare, eventualmente, sul piano disciplinare senza nondimeno depotenziare la valenza probatoria degli esiti della captazioni.
 

5- L’esame degli atti da parte dei difensori

Centrale risulta, su questo aspetto, il chiarimento di una locuzione, utilizzata dal lagislatore,  non espressamente definita ma il cui esatto significato può essere tratta da un insieme di indicazioni. Si tratta dell’espressione “per via telematica” riferibile alle modalità di accesso e di consultazione delle registrazioni e dei verbali da parte dei difensori.  Una possibilità che si concretizza all’atto del deposito presso l'A.D.I., ad opera del P.M., delle intercettazioni e dei decreti di autorizzazione, di convalida e di proroga, di cui alla seconda parte del comma 4 e alla prima del comma 6 dell'art. 268 c.p.p.,  avendo il legislatore previsto che l’avviso della facoltà di accesso avvenga  entro i termini previsti dai commi 4 e 5 dell'art. 268 c.p.p.

La soluzione proposta prende atto dell’assenza di indicazioni univoche sul punto nell’ambito del disposto dell’art. 269 c.p.p., che si occupa della conservazione della documentazione nell’Archivio, e si fonda sulle precisazioni contenute nell’art. 89 bis disp att. c.p.p. In questo senso, mentre l’articolo citato (verbali  e  registrazioni            delle

intercettazioni), al comma 3  prevede genericamente che i difensori delle parti per consultare gli atti 'possono accedere all'Archivio', la lettera del comma 4 del medesimo articolo­  condiziona l'ascolto delle registrazioni dei difensori delle parti all'utilizzo di un "apparecchio a disposizione dell'Archivio.

Una disposizione, secondo la circolare che "consente di escludere, alla radice, la possibilità che le postazioni da remoto, dalle quali accedere 'telematicamente', possano essere diverse da postazioni fisiche allestite nei pressi dell'Archivio e comunque all'interno degli uffici della Procura della Repubblica.”   

A supporto di tale interpretazione è richiamata la circolare n. 116623 del 20.7.2020 del Ministero della Giustizia (rubricata  "indicazioni operative sui completamento della digitalizzazione e securizzazione delle intercettazioni e delle ulteriori conseguenti attivita logistiche e organizzative ex art. 269 c.p.p. e art. 89 bis disp. att. c.p.p." )

Tale provvedimento, in attuazione di quanto indicato dal novellato art. 269 cod. proc. pen.;
-  richiama espressamente il necessario supporto tecnico per la realizzazione delle postazioni attrezzate, costituite dalle 'sale d'ascolto', che il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria sta provvedendo ad individuare ed allestire presso gli uffici delle Procure della Repubblica

  • si occupa, inoltre, della sicurezza delle sale d'ascolto garantita dalla realizzazione di un sistema di videosorveglianza dedicato a circuito chiuso, provvisto di telecamere digitali ad alta risoluzione, registratori digitali, monitor di controllo e infrastruttura di comunicazione, con registrazione delle immagini nel rispetto delle prescrizioni dettate dal Garante per la protezione dei dati personali
  • prevede che all'individuazione e verifica della legittimazione dei soggetti che richiedono l'accesso all'Archivio delle intercettazioni si perviene mediante un registro informatica denominato Mod. 37 his- appositamente creato e reso operativo- che conserverà traccia dell'identità dei soggetti che accedono all'Archivio medesimo,   dell'ora  iniziale  e  finale  dell'accesso,   nonchè   degli   atti  dei  quali  e stata autorizzata la consultazione.

Un sistema articolato e complesso, che presuppone presuppone l'accesso fisico del difensore in un'area attrezzata con sistema telematico, protetta e sorvegliata compiutamente, deputato ad assicurare l’osservanza degli  oneri di direzione e sorveglianza della gestione dell'Archivio che la norma attribuisce al Procuratore della Repubblica; un sistema che risulterebbe “del tutto incompatibile con l'idea di postazioni non previamente identificate e collocate a distanza dagli Uffici della Procura della Repubblica, dalle quali accedere per via telematica al materiale intercettivo conferito nell'Archivio”.

 

6Le figure dell’Archivio delle intercettazioni

Dimostrando un apprezzabile pragmatismo, la circolare affronta anche un tema squisitamente “organizzativo”, con riguardo alle figure professionali che dovranno coadiuvare il Procuratore della Repubblica nella gestione del nuovo Archivio delle intercettazioni.

La circolare sottolinea “l'obbligo di sorveglianza sui funzionamento dell'Archivio delle intercettazioni in capo al Procuratore della Repubblica, il quale va adempiuto in linea con i principi generali in tema di delega di funzioni da parte di soggetti di vertice titolari di posizioni di garanzia, con la duplice conseguenza che la scelta deve ricadere su soggetti professionalmente idonei a svolgere le funzioni delegate e che va attivato un meccanismo di vigilanza, effettiva e non apparente, sulla gestione dell'Archivio da parte dei delegati.”

Se, in effetti, sono ipotizzabili figure diverse per compiti e ruolo, è un dato di fatto che l’esigenza di individuare gli stessi si scontrerà - in molte sedi, quantomeno- con il ridotto numero del personale e con la difficoltà a garantire a tutti adeguata formazione; logica conseguenza dovrebbe essere, pertanto – in assenza di indicazione delle qualifiche da parte della DGSIA – la facoltà per il Procuratore della Repubblica non solo di individuare le persone che ritiene più competenti tra gli amministrativi e le forze di polizia a sua disposizione nell'esercizio dei poteri di direzione dell'Archivio, quanto anche “ in mancanza di un dato normativo di segno contrario, di cumulare anche più funzioni in capo alla stessa persona, qualora si tratti di scelta organizzativa che comunque consenta di garantire l'adeguata tutela della segretezza dei dati contenuti nell'Archivio.”

In relazione ai soggetti che potranno avere accesso all’Archivio - oltre, si intende, agli avvocati- si afferma che indubbiamente ciò potrà avvenire da parte dei soggetti che svolgono la pratica forense (in quanto tenuti agli stessi obblighi di riservatezza dei difensori) mentre più complessa di presenta la valutazione sui consulenti tecnici del difensore. Una valutazione rimessa alle prassi interpretative che verranno fatte proprie dai singoli uffici. Sul punto, si può osservare che ben difficilmente tali valutazioni potranno portare a un’esclusione dei consulenti, quantomeno in tutti i casi in cui una percezione diretta delle captazioni potrà avere un rilievo sulla natura della valutazione alla quale il consulente è chiamato.

 

7- Il conferimento delle intercettazioni all’Archivio

Solo apparentemente tecnico e secondario è il problema affrontato dal penultimo punto della circolare. In realtà, è aspetto strettamente tecnico destinato, tuttavia, a condizionare in termini significativi l’intero settore, sotto un duplice profilo. Si tratta, semplicemente, di assicurare la “sopravvivenza” del dato informatico che costituisce l’esito delle captazioni. Un problema condiviso da tutte le strutture organizzate su base informatico/telematica, che, a vario titolo non possono prendere in considerazione la possibilità di “perdere” i propri dati e informazioni, che non infrequentemente, costituiscono il “core business” dell’attività svolta.

L’attività giudiziaria non si distingue in questo senso dalla altre e anzi, considerando la rilevanza centrale che spesso le intercettazioni assumono nell’ambito delle investigazioni disposte proprio per i reati di maggiore gravità, la perdita dei materiali derivanti dalle intercettazioni può essere, senza troppi eufemismi, essere definita come “irreparabile”. Di tale aspetto dimostra di essere pienamente consapevole la P.G., laddove precisa che rispetto alla necessità di procedere, nei tempi e con le modalità opportune, alla cancellazione definitiva dei dati dai server delle azienda che gestiscono il servizio di intercettazioni, deve essere assicurato quello che, nel gergo, è definito il “back up” dei dati in oggetto.

In questo senso, pertanto, la circolare, “nel ricordare che la garanzia della conservazione corretta della fonte di prova e di certo esigenza prioritaria rispetto alla stessa fase di cancellazione dei dati "esterni” …..segnala “la necessità per tutti i Procuratori della Repubblica di procedere alla cancellazione dei dati solo allorchè sia assicurata tale condizione. Soluzione questa che appare del resto in linea con il nuovo art. 89 disp. att. c.p.p., il quale, nell'affermare che "quando e impossibile il contestuale trasferimento dei dati intercettati, il verbale di cui all'art. 268 del codice da atto delle ragioni impeditive e della successione cronologica degli accadimenti captati e delle conversazioni intercettate", evidentemente consente l'adozione di soluzioni tese alla conservazione della prova, prevedendone la compiuta descrizione e l'adeguata giustificazione”.

In concreto la circolare autorizza (o forse sarebbe meglio dire calorosamente invita) i Procuratori della repubblica - in attesa di garanzie “definitive” derivanti dal sistema che il Ministero sta approntando a riguardo - a non correre il rischio di un’ irreversibile cancellazione/perdita dei dati. L’impatto che un “incidente” di questo tipo potrebbe avere non solo sugli esiti della singola vicenda giudiziaria, quanto sulla credibilità globale del sistema è tale per cui ogni precauzione al riguardo non potrà essere giudicata superflua.

 

8- Il rapporto tra l’Archivio e le banche dati SIDDA/SIDNA

Particolarmente delicato e problematico risulta essere l’ultimo punto trattato dal provvedimento in oggetto, in quanto la Procura Generale si pone il problema di conciliare due discipline che- almeno apparentemente- non si presentano come facilmente “compatibili”. Da un lato, in effetti, la riforma ha posto in capo a Procuratore della Repubblica la responsabilità sulla gestione- anche ovviamente in termini di sicurezza- dei dati derivanti dalle attività di captazione e la necessità di implementare costantemente ed efficacemente le banche dati SIDDA/SIDNA destinate a garantire una circolazione “virtuosa” delle informazioni in relazione ai procedimenti di cui agli art. 51 comma 3 bis e 3 quater c.p.p.

In tale prospettiva emerge costante l’esigenza di un bilanciamento degli interessi – potenzialmente contrapposti- tra la “tutela” dei dati derivanti delle intercettazioni e l’interscambio dei dati stessi, ove funzionali ad attività investigative. A tal fine è stata prevista una costante interlocuzione tra DNAA e DGSIA proprio per conciliare le esigenze di segretezza delle singole indagini, la corretta gestione degli archivi e il tempestivo inserimento dei dati nella banca dati della stessa DNAA. 

 

9- Deposito e misure cautelari.

Un discorso a parte deve essere affrontato con riguardo al caso di captazioni inserite per richieste di misure cautelari, rispetto alle quali la circolare non prende espressamente posizione; un aspetto indubbiamente delicato della riforma, tenuto conto che la legge di conversione del DL 161/2019 ha modificato l’articolo 291 c.p.p., ha precisato che le stesse devono essere “comunque conferite nell’archivio di cui all’art. 269”.

Nell’attesa di specifiche indicazioni anche su questo aspetto, possono essere richiamate le indicazioni operative elaborate dalla circolare 144/20/S.P. del 31.7.2020 della Procura della Repubblica di Torino:

- all’atto della presentazione di una richiesta di misura cautelare le intercettazioni poste a base della stessa devono essere conferite all’archivio; delle stesse dovrà essere redatto un preciso elenco da consegnare all’Ufficio CIT in tempo utile perché quest’ultimo ne provveda il  conferimento nell’archivio digitale

-presso l’archivio il materiale dovrà essere a disposizione dei difensori al momento dell’esecuzione della misura.

- al G.I.P. non verranno tramesse le tracce foniche delle captazioni, salva la possibilità dello stesso di accedervi presso le apposite sale ascolto ai fini della valutazione della richiesta.

Un dubbio ermeneutico rilevante deriva dal fatto che, con riferimento alla fase cautelare, il D.L. 161/2019  ha abrogato i periodi terzo e quarto dell’art. 293 c.p.p., eliminando così la disciplina del rilascio di copie del materiale intercettativo utilizzato per la misura cautelare.  Un’indicazione che costituirebbe logica conseguenza della previsione del rilascio di copia solo di quelle conversazioni transitate attraverso il procedimento di cui all’art. 268 c.p.p. o indicate come rilevanti dal P.M. in sede di deposito atti ex art. 415 bis o 454 c.p.p..

Per la circolare della Procura di Torino, nondimeno, tale interpretazione non appare costituzionalmente orientata. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 336/2008, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale, con riferimento agli art. 3, 24, comma 2, e 111 Cost., dell'art. 268 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate. In seguito le S.U. (S. U, n. 20300, 22.4.2010, CED 246908) hanno stabilito che «l’accesso alle registrazioni delle conversazioni captate serve a rendere effettivo il completo l’esercizio del diritto di difesa della parte», sicché la questione non riguarda strettamente un tema attinente all’utilizzabilità della prova (costituita dai brogliacci correttamente utilizzati e trasmessi al Gip e al tribunale del riesame) ovvero dell’efficacia della misura cautelare (per mancata trasmissione degli atti), quanto piuttosto che la violazione di tale diritto difensivo determina «un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per l’illegittima compressione del diritto di difesa» che non comporta cioè effetti sul risultato della prova, bensì una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell’articolo 178, comma 1, lett. c), c.p.p.

Conseguentemente, la circolare riconosce per il difensore “il diritto di ottenere copia delle registrazioni delle conversazioni poste a base della misura cautelare, ma non quello di accedere a tutte le altre intercettazioni eseguite nel procedimento e non utilizzate nella misura.”

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