Sommario: 1. Dal vuoto al pieno : dalla sentenza 238/1996 della Corte Costituzionale all’adesione al Trattato di Prum. - 2. L’art. 224 bis C.p.p.: garanzie contenutistiche e sanzioni processuali per la perizia. - 3. Il consenso e altre patologie. - 4. L’art. 359 bis C.p.p.: horror vacui?. - 5. Il minorenne.
1. Dal vuoto al pieno : dalla sentenza 238/1996 della Corte Costituzionale all’adesione al Trattato di Prum.
L’accertamento coattivo è stato a lungo effettuato, vincendo l’eventuale contraria volontà del soggetto passivo, grazie ad un inciso dell’art. 224 C.p.p. che consente al giudice di adottare «tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l’esecuzione delle operazioni peritali». Apparato normativo insoddisfacente per regolare operazioni comunque incisive della libertà personale, da ultimo arricchito partendo dalle indicazioni della dottrina e della giurisprudenza costituzionale. Gli interventi normativi, infatti, hanno colmano un vuoto evidenziato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 238 del 9.7.1996[1] quando, constatando la violazione e della riserva di legge e della riserva di giurisdizione contenute nell’art. 13, c. 2, Cost., dichiarò parzialmente illegittimo l’art. 224, c. 2, C.p.p., «nella parte in cui consente che il giudice, nell’ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale senza determinare la tipologia delle misure esperibili e senza precisare i casi ed i modi in cui esse possono essere adottate».
In un passaggio della motivazione, la Corte, spostandosi dal paramento della libertà personale, dà specifico rilievo al consenso quale presupposto per ogni intervento sul corpo : «il prelievo ematico comporta certamente una restrizione della libertà personale quando se ne renda necessaria la esecuzione coattiva perché la persona sottoposta all'esame peritale non acconsente spontaneamente al prelievo. E tale restrizione è tanto più allarmante - e quindi bisognevole di attenta valutazione da parte del legislatore nella determinazione dei casi e modi in cui può esser disposta dal giudice - in quanto non solo interessa la sfera della libertà personale, ma la travalica perché, seppur in minima misura, invade la sfera corporale della persona - pur senza di norma comprometterne, di per sé, l'integrità fisica o la salute (anche psichica., ne' la sua dignità, in quanto pratica medica di ordinaria amministrazione (cfr. sentenza n. 194 del 1996. - e di quella sfera sottrae, per fini di acquisizione probatoria nel processo penale, una parte che è, sì, pressoché insignificante, ma non certo nulla»[2]. Come notato in dottrina[3], «all’interno degli atti genericamente limitativi della libertà personale, si è iniziato a distinguere l’atto coercitivo, ossia limitativo ‘soltanto’ della libertà personale intesa in senso tradizionale – come può essere l’ispezione o la perquisizione – rispetto all’atto invasivo, all’accertamento corporale, limitativo anche della libertà corporale, come può essere il prelievo ematico». In mancanza di un celere intervento legislativo, l’interprete veniva chiamato ad una difficile distinzione, spesso casistica, tra atto invasivo ed atto non invasivo[4].
Con il D.l. 27.7.2005 n. 144, convertito nella L. 31.7.2005, n. 155, viene introdotto il comma 2 bis nell’art. 349 c.p.p., consentendo alla P.G. di procedere al prelievo coattivo di capelli o saliva a soli fini identificativi. La L. 30.6.2009, n. 85, autorizzando l’adesione dell’Italia al Trattato di Prum[5] ed introducendo gli articoli 224 bis e 359 bis C.p.p., finalmente disciplina la parte più problematica.
2. L’art. 224 bis C.p.p.: garanzie contenutistiche e sanzioni processuali per la perizia.
Come evidenziato da più parti[6], il legislatore ha curato con dettaglio la procedura qualora il consenso manchi, trascurando però la disciplina delle operazioni in caso di sua prestazione. Particolari problemi pone poi il consenso del minorenne, al quale la legge citata dedica una specifica disposizione, l’art. 72 bis, inserita nelle disposizioni di attuazione, che però non sembra risolvere diversi problemi pratici. Prima di affrontare questi aspetti, è necessario soffermarsi sulle prescrizioni contenutistiche dell’ordinanza a fine di perizia e sulle sanzioni processuali.
Due sono i presupposti per l’emissione dell’ordinanza, l’uno attinente al tipo di reato per il quale si procede[7], l’altro è che l’esecuzione coattiva sia «assolutamente indispensabile per la prova dei fatti».
La valutazione contenutistica sulla indispensabilità è questione che il giudice dovrà effettuare tenendo conto della ragione di tale requisito, alla cui mancata esplicitazione nell’ordinanza è comminata la sanzione della nullità ai sensi del comma n. 2, lettera c.. Sembrano possibili alcune indicazioni d’indirizzo. Anzitutto, dal momento che il prelievo coattivo incide sulla libertà personale, almeno nei due aspetti sopra evidenziati, vi si farà ricorso solo dopo aver verificato che, allo stato delle indagini effettuate, altre strade non sono parimenti percorribili. Devono però essere evitate valutazioni anticipatorie sul merito dell’accusa: l’ultimo inciso del primo comma dell’art. 224 bis, fa riferimento alla «prova dei fatti»; sia l’art. 224 bis che il 359 bis[8] non fanno cenno alla “fondatezza dell’accusa”, come avviene, ad esempio, in tema di altri mezzi di ricerca della prova pur garantiti dall’intervento giurisdizionale quali le intercettazioni, che richiedono la sussistenza di «gravi indizi di reato». Dunque la valutazione contenuta nell’ordinanza sullo specifico profilo deve guardare alla dinamica e non alla statica del processo, specialmente quando richiesta sia fatta nella fase delle indagini.
La tipologia di accertamenti è varia, siccome l’elencazione contenuta nell’art. 224 bis – cui fa rinvio il 359 bis – appare meramente esemplificativa[9]. La norma parla, infatti, di «atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quali il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi ai fini della determinazione del profilo del DNA o accertamenti medici» –. La norma individua due specie di atti, nel genere di quelli idonei ad incidere sulla libertà personale: quelli specificati in via meramente esemplificativa – «prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi» – e finalizzati alla «determinazione del profilo del DNA», e gli accertamenti medici, questi senza una elencazione ed una direzione di scopo[10].
Una formula dunque, che permette al processo penale di avvalersi del progresso della scienza e della tecnica, contemperata però con un limite, quello di cui al comma quarto. In mancanza di questa clausola limitativa, comunque l’ordinamento avrebbe offerto dei criteri guida, come, ad esempio, quello di cui all’art. 5 C.c., ma la sua introduzione nel corpo della norma codicistica non lascia solo il giudice di fronte alle incognite dei progressi medico/scientifici[11], dal momento che in tal caso la persona assume il ruolo di fonte di prova reale[12].
A presidio della completezza dell’ordinanza, il comma secondo dell’art. 224 bis indica numerose ipotesi di nullità, dalla lettera a. alla lettera f., così costruendo il contenuto del provvedimento.
Oltre alla identificazione del periziando, è necessaria «l’indicazione del reato per cui si procede, con la descrizione sommaria del fatto». Su questo punto, per lo meno qualora l’accertamento sia necessario nella fase delle indagini ai sensi dell’art. 359 bis, non sembra indispensabile che sia il P.M., costruendo una imputazione provvisoria, a descrivere sommariamente il fatto, ben potendo essere il giudice, nell’ordinanza motivata, a dare conto di questo aspetto. La previsione, infatti, non sembra avere una finalità di contestazione provvisoria – peraltro inutile ove si proceda contro ignoti –, quanto quella di permettere la verifica degli altri presupposti legittimanti il provvedimento, come quelli già evidenziati e di più diretta derivazione costituzionale. Sembra invero difficile argomentare, ad esempio, sulla assoluta indispensabilità dell’accertamento – onere del giudice nei casi di perizia, del P.M. solo nei casi d’urgenza e per la fase delle indagini ai sensi dell’art. 359 bis, c. 2 – senza dare conto del sostrato materiale[13]. La nullità in caso di mancata «indicazione specifica del prelievo o dell’accertamento da effettuare» - lettera c. – si giustifica agevolmente in base a quanto già osservato. La previsione di cui alla lettera f., se in parte richiama il contenuto dell’art. 224 C.p.p., nella specifica necessità che siano indicate le «modalità di compimento» dell’atto si raccorda al comma quinto dell’art. 224 bis.
La persona sottoposta all’esame ha anche diritto di essere avvisata della sua facoltà di farsi assistere da «un difensore o da persona di fiducia» – lettera d. –. La lettera e., con «l’avviso che, in caso di mancata comparizione non dovuta a legittimo impedimento, potrà essere ordinato l’accompagnamento coattivo ai sensi del comma 6», rientra nella gradazione dell’intervento coercitivo stabilito dalla norma. Un’ulteriore ipotesi di nullità è al comma 7 per il caso in cui la persona da sottoporre agli accertamenti o al prelievo «non è assistita dal difensore nominato».
Tutte le ipotesi sono nullità speciali e il loro regime giuridico va distinto, considerando che la persona da sottoporre all’accertamento può essere l’indagato/imputato, la persona offesa, un terzo estraneo al processo. Le nullità relative al contenuto dell’ordinanza – dalla lettera a. alla lettera f. del comma secondo –, essendo collegate all’intervento o all’assistenza dell’imputato/indagato e della persona offesa, sono di tipo intermedio, ai sensi degli artt. 178, lettera c. e 180 C.p.p. Qualora sia un terzo, estraneo al procedimento, la persona da sottoporre all’accertamento, le nullità contenutistiche, dunque quelle del comma secondo dell’art. 224 bis, sono relative[14] e l’interesse dell’imputato/indagato all’osservanza della disposizione violata, rilevante al fine della deducibilità della patologia processuale ai sensi dell’art. 182 C.p.p., appare configurabile nei casi di mancata o insufficiente indicazione dell’accertamento da effettuare e del fatto per cui si procede[15].
La nullità di cui al comma settimo va letta con l’avviso di cui alla lettera d. che pone un problema specifico: se la persona da sottoporre agli accertamenti abbia diritto alla congiunta assistenza, del difensore e della persona di fiducia, oppure ad uno solo dei due.
Qualora si tratti della persona offesa o di un terzo, è preferibile l’opinione secondo la quale egli abbia diritto all’assistenza dell’uno o dell’altro[16]. Ed infatti, tenuto conto del tipo di accertamento nonché della posizione del soggetto nei confronti del processo, la finalità appare quella di assistenza in senso lato, non tecnico giuridico. Ciò sembra assai evidente, ad esempio, in caso di minorenni o di soggetti vulnerabili come incapaci, interdetti, ammalati ed anziani. Nel caso dell’indagato/imputato, al contrario, l’alternativa tra le due figure risulta difficilmente comprensibile, dovendo essergli assicurata la difesa tecnica.
Passando al regime della nullità, sembra[17] trattasi di nullità assoluta se relativa all'indagato o imputato[18], intermedia, se relativa alle altre parti private, relativa per gli altri soggetti, qualora la persona interessata abbia nominato un difensore e questi non assista al prelievo o agli accertamenti.
Qualora l’ordinanza non incontri la spontanea adesione dell’interessato, sia l’art. 359 bis che l’art. 224 bis, prevedono la possibilità di disporne l’accompagnamento coattivo e, ulteriormente, l’esecuzione coattiva. L’inciso contenuto nel comma sesto dell’art. 224 bis – «se, pur comparendo, rifiuti di prestare il proprio consenso» – fa capire come il legislatore preferisca, e tenti di ottenere, la prestazione del consenso. Non è esclusa la possibilità che l’ordinanza, pragmaticamente, disponga l’esecuzione coattiva lasciando salva la possibilità di una spontanea prestazione del consenso[19].
In conclusione sull’argomento, l’intervento del legislatore ha dato esatta esecuzione alle indicazioni della Corte Costituzionale: «il procedimento è giurisdizionalizzato e prevede l'assistenza tecnica del difensore. È adottato un criterio di proporzionalità, perché l'accertamento coattivo è limitato a reati di gravità medio alta. È applicato un criterio di residualità, perché l'accertamento è disposto solo quando sia assolutamente indispensabile per la prova dei fatti. È imposto un criterio di gradualità, perché il giudice deve privilegiare l'accertamento consentito dall'interessato e, se questo non è possibile, l'accertamento meno invasivo»[20]
3. Il consenso e altre patologie.
Il legislatore, in base alla cura profusa nel disciplinare l’ipotesi di dissenso, ha implicitamente ritenuto che ove il “paziente” acconsenta all’accertamento esso non abbisogni di specifiche garanzie[21], con l’unico limite, di ordine generale, ricavabile dall’art 5 c.c. che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo «quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume».
La violazione dei divieti contenuti nello stesso articolo 224 bis – ad esempio al comma quarto – rende la prova inutilizzabile. Più dubbia tale patologia processuale quando ad essere violato non sia un espresso divieto – come nel comma quinto – oppure nel caso di prove assunte con modalità lesive di diritti costituzionali[22]. Il riferimento ai problemi del consenso informato[23], inoltre, sembra irrigidire la disciplina di accertamento dei fatti. Il consenso informato attiene alle conseguenze possibili dell’atto medico e resta nel rapporto tra medico e paziente, laddove la prospettiva fatta propria del legislatore intende tutelare la persona da una coercizione personale.
4. L’art. 359 bis C.p.p.: horror vacui?
Se la necessità degli accertamenti[24] si presenta nella fase delle indagini preliminari – e si è fuori dalla perizia assunta con incidente probatorio – il P.M., intendendo ottenere una limitazione della libertà personale, si rivolge al G.i.p. Come per il fermo, l’arresto e le intercettazioni, il P.M. può operare in via d’urgenza, « quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini», disponendo lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato contenente i medesimi elementi previsti dal comma 2 dell'articolo 224-bis; egli può, inoltre, ordinare l 'accompagnamento coattivo, qualora la persona da sottoporre alle operazioni non si presenti senza addurre un legittimo impedimento, ovvero l'esecuzione coattiva delle operazioni, se la persona comparsa rifiuta di sottoporvisi». La celere verifica giurisdizionale è garantita dalla richiesta di convalida, da effettuarsi entro le quarantotto ore successive, del decreto e dell’eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo. Il giudice provvede con ordinanza al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso immediatamente al pubblico ministero e al difensore. In caso di consenso il P.M. opererà secondo lo schema tipico previsto dagli artt. 359 e 360, a seconda della ripetibilità o meno del prelievo.
L’apparato sanzionatorio è individuato nel comma terzo: «Nei casi di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni degli articoli 132, comma 2, e 224-bis, commi 2, 4 e 5, si applicano a pena di nullità delle operazioni e di inutilizzabilità delle informazioni così acquisite. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 191».
È evidente l’intenzione del legislatore di aggravare la disciplina di questo accertamento, omologo a quello di cui all’art. 224 bis, ma risulta difficile comprenderne le ragioni sostanziali. Oltre alle nullità inserite nel comma secondo dell’art. 224 bis, l’atto è nullo se non è osservato l’art. 132, c. 2, ed i commi quarto e quinto dell’art. 224 bis e le informazioni acquisite sono inutilizzabili. Il richiamo nel testo della norma alla rilevabilità in ogni stato e grado del procedimento – art. 191, c. 2, C.p.p. – è ulteriore monito. Più voci hanno rimarcato l’eccessivo apparato sanzionatorio, assieme alla trascuratezza legislativa circa i casi di inosservanza dei termini per la trasmissione del decreto del P.M. al G.i.p. e per la convalida da parte di questi[25]. Nella pratica, mancando una disposizione che preveda la distruzione dei campioni pur a fronte della nullità dell’atto, l’accertamento potrà essere ripetuto, nonostante l'inutilizzabilità del profilo genetico già tipizzato[26].
5. Il minorenne.
L’art. 72 bis delle disposizioni di attuazione al codice di rito prevede il caso in cui l’accertamento vada effettuato su minori, incapaci, interdetti per infermità di mente, stabilendo, quanto al consenso, che esso vada prestato dal genitore o dal tutore.
Sebbene la lettera legislativa sia categorica sul punto – «il consenso è prestato» –, nel caso di minorenni, possono avanzarsi dei dubbi in base ad una più articolata ricostruzione del potere di rappresentanza del genitore[27].
Se il minore è persona offesa o soggetto estraneo al processo non può escludersi che esso sia capace di prestare un consenso anche contrariamente alla volontà espressa dal rappresentante legale: sembra infatti discutibile che un soggetto di diritto debba subire una manomissione del proprio corpo per la semplice volontà dei suoi rappresentati legali o che costoro possano vietargli l’esercizio di un diritto personalissimo. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche da ultimo[28], fa però riferimento al consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, senza sviluppare una particolare motivazione sul punto.
L’opinione tradizionale, fatta propria anche dalla disposizione di attuazione, è frutto della commistione concettuale tra i profili patrimoniali e personali della rappresentanza, con specifico riguardo all’art. 2 C.c. ed alle altre disposizioni civilistiche derivate[29] ed è ben espressa nelle parole di un illustre Autore[30]: «l’idea di capacità legale di agire è divenuta fonte di equivoci, perché dotata di un’estensione – a tutta l’attività giuridica, a tutti gli atti negoziali o di autonomia – che non corrisponde più alla realtà del diritto applicato né alla sua necessità. La capacità legale può sopravvivere se ritorna alle sue origini. Domat riferiva la qualità naturale della capacità esclusivamente alle obbligazioni e successioni, solo oggetto del diritto civile; il diritto privato dell’ultimo secolo ha conquistato territori impensati fuori del campo patrimoniale; la capacità legale se ne è impadronita come una milizia al seguito. Se le esigenze di certezza del terreno patrimoniale valgono ancora […] la capacità legale, che le soddisfa, va ridotta nell’ambito in cui quelle esigenze vigono. Dunque, capacità di atti di disposizione patrimoniale: questo è l’unico senso della maggiore età legale».
Si può però sostenere, con una valutazione caso per caso, che tenga conto anche dell’età e delle condizioni personali del minore, che egli, pur in dissenso rispetto ai propri genitori, possa prestare un valido consenso.
Le formazioni sociali, e tra esse la famiglia, vengono riconosciute a livello costituzionale nella misura in cui consentano e favoriscano il libero sviluppo della persona[31] e sussiste, in capo ai figli, seppur minori d’età, quella che in dottrina è stata definita “libertà di formarsi una coscienza”, di cui l’ordinamento reca traccia in alcune previsioni sull’istruzione[32] per cui, «progressivamente all’evolversi del processo di maturazione la discrezionalità di scelta del genitore dovrà essere limitata sempre più rispetto alla formulazione di scelte ed aspirazioni concrete da parte del figlio»[33] e di ciò vi è conferma proprio nell’art. 147 c.c. «che sta ad indicare che il potere discrezionale dei genitori sui figli va progressivamente riducendosi in rapporto al progressivo accrescersi dell’autonomia e del peso della volontà del minore»[34]. Ancora, il minore[35] ha diritto ad opporre la propria volontà a quella dei genitori, rifiutando un accertamento o un atto medico da quelli assentiti, come rilevato anche a commento della norma citata[36].
Sebbene la finalità dell’atto medico non sia propriamente di diagnosi e cura, esso comporta comunque una manomissione della corporeità, ed appare quindi possibile richiamare sia l’art. 32 che l’art. 13 della Costituzione quali parametri di riferimento, traendo spunto dalle indicazioni della sentenza n. 238 del 9.7.1996. Nel caso del trattamento sanitario obbligatorio, anche in passato la giurisprudenza ha assunto posizioni divergenti circa l’efficacia del consenso prestato dall’esercente l’allora potestà genitoriale[37], sino a riconoscere, più recentemente, un distinto spazio alla volontà del paziente minorenne[38]. Questa evoluzione giurisprudenziale[39], non disgiunta da una più chiara distinzione dei piani da parte della dottrina[40], impone una specifica valutazione, caso per caso, senza che la norma delle disposizioni di attuazione possa ritenersi risolutiva. Del resto anche la legislazione più recente, meno influenzata da retaggi romanistici, valorizza il consenso del minore. L’art. 19, D.Lgs. 25/2008 di attuazione della Direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, che, sotto la rubrica “Minori stranieri non accompagnati”, prevede che «se sussistono dubbi in ordine all’età, il minore non accompagnato può, in ogni fase della procedura, essere sottoposto, previo consenso del minore stesso o del suo legale rappresentante, ad accertamenti medico-sanitari non invasivi al fine di accertarne l’età».
Se il minore è imputato, le conclusioni sono le stesse, ma grazie ad un argomento ulteriore. Le garanzie ed i diritti a lui riconosciuti nel processo a suo carico dal D.P.R. 448/1988 sembrano francamente incompatibili con un ritorno, quale quello implicito nella disposizione di attuazione, ad una posizione di minorità anche processuale.
L’ultimo inciso del comma primo dell’art. 72 bis riconosce ai genitori la possibilità di presenziare all’accertamento. In tal caso l’obbligo contenutistico di cui alla lettera d. dell’art. 224 bis – «l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia» – assume un significato assai più chiaro.
Il comma secondo dell’art. 72 bis si occupa delle situazioni patologiche della rappresentanza, quindi l’assenza o impedimento degli esercenti la responsabilità genitoriale ed il conflitto d’interessi, prevedendo la nomina di un curatore speciale.
Riguardo le prime ipotesi, il riferimento è all’art. 317 C.c. secondo il quale «nel caso di lontananza, di incapacità o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori l’esercizio della responsabilità genitoriale, questa è esercitata in modo esclusivo dall’altro». Se si pone mente al numero di minori non accompagnati che giungono in Italia, anche a causa del fenomeno migratorio e dei reati che spesso lo accompagnano, l’evenienza che costoro siano sprovvisti di un esercente la responsabilità genitoriale, o che sia del tutto incerta la identità di chi si qualifichi genitore, l’ipotesi dell’assenza e della lontananza[41] assume un concreto interesse e, nei casi di dubbio sulla minore età del soggetto da sottoporre ad accertamento[42], la nomina del curatore speciale sembra la strada da preferire. L’art. 8, DPR 22.9.1988, n. 448, che disciplina il processo penale a carico di imputati minorenni, rubricato “accertamento dell’età del minorenne”, prevede che in caso di incertezza sulla minore età il giudice dispone, anche d’ufficio, una perizia e qualora «anche dopo la perizia, permangano dubbi sulla minore età, questa è presunta ad ogni effetto di legge». Questa presunzione, frutto del noto principio del favor minoris, si ricava anche dall’art. 4, co. 2, D.Lgs. 4.3.2014, n. 24 ed è ribadito dalla circolare 9.7.2007, prot. 17272/7, del Ministero degli Interni. Anche l’art. 90 c.p.p., nel regolare i diritti e le facoltà della persona offesa, al comma 2 bis, pone un’esplicita ipotesi di presunzione di minore età per i casi dubbi. Anche le ipotesi di impedimento possono avere numerose ricadute pratiche. Nella disciplina del codice civile, alla quale pur deve far riferimento l’interprete nella lettura dell’art. 72 bis, la formula «altro impedimento» è una classica clausola generale, utilizzata dal legislatore ogniqualvolta sia impossibile predeterminare il contenuto di una disposizione, che deve quindi essere riempita dall’interprete. Vi rientreranno, a titolo di esempio, la malattia, la lunga assenza per viaggi, la latitanza, l’emigrazione, «qualsiasi causa, estrinseca o intrinseca alla persona, che le impedisca l’esercizio della potestà»[43]. L’impedimento rileva sia se permanente sia se temporaneo[44].
La situazione più problematica, anche per le ricadute pratiche circa l’esecuzione dell’ordinanza, è quella del conflitto d’interessi tra i genitori ed il figlio, ad esempio quando uno dei due sia indagato per un reato commesso in danno del figlio o entrambi per alterazione di stato c.d. ideologica – art. 567, c. 2, C.p. –. La necessità di poteri sostitutivi per sollevare il rappresentante legale dal munus qualora in conflitto di interessi esprime una necessità immanente nel sistema come risulta, ad esempio, dagli articoli 320 e 321 C.c.
Non è da escludersi l’ipotesi che il curatore speciale neghi il consenso, anche sul rilievo che l’accertamento richiesto possa pregiudicare il benessere del minore[45] ed in tali casi occorre procedere alla nomina di un diverso curatore speciale. Quello nominato ai sensi dell’art. 72 bis, infatti, esaurisce la sua funzione nel compimento delle attività indicate dalla norma, come risulta dall’inciso contenuto nel comma secondo «ai fini del comma 1». Per consentire al minore, sia esso estraneo al processo o persona offesa, di esercitare i poteri riconosciuti dall’ordinamento, nel caso specifico quelli di “vicinanza affettiva” di cui all’art. 72 bis d.att.C.p.p. e di assistenza anche difensiva di cui all’art. 224 bis, c. 2, lettera d., C.p.p., il P.M. dovrà chiedere al G.i.p. la nomina di un curatore speciale ai sensi dell’art. 338 C.p.p. che, sebbene si riferisca allo specifico caso del curatore speciale per la querela, ha una ratio estensibile anche all’ipotesi appena esposta. Anche in tal caso la nomina ulteriore sviluppa un principio già presente nell’ordinamento: secondo l’art. 90, comma 2, c.p.p. la persona offesa minorenne esercita i poteri a lei riconosciuti dall’ordinamento «a mezzo dei soggetti indicati negli articoli 120 e 121 del codice penale», tra i quali il curatore speciale nei casi di conflitto d’interesse[46].
Nonostante l’emissione dell’ordinanza e pur con la nomina di un curatore speciale che fornisca assistenza psicologica al minore, l’esecuzione dell’accertamento può imboccare un vicolo cieco qualora i genitori, influenzando il minore, ne condizionino la partecipazione, o non conducendolo al luogo indicato per le operazioni peritali oppure istigandolo ad opporsi fisicamente al prelievo. L’ordinanza, se essi rivestono la qualifica di imputati, va loro notificata almeno tre giorni prima di quello stabilito per le operazioni peritali in base al comma 3 dell’art. 224 bis. Seppur sia possibile l’accompagnamento coattivo del minore e l’esecuzione dell’accertamento vincendone la volontà, queste modalità si presentano assai problematiche.
Il comma terzo dell’art. 72 bis fa rinvio agli articoli 224 bis e 359 bis «in quanto applicabili» e su questa forma di rinvio è possibile riflettere per superare eventuali difficoltà. Se i genitori non rivestono la qualità di indagati o imputati, sembra possibile escluderne la presenza in base all’art. 72 bis ed all’art. 224 C.p.p. siccome il primo prevede la loro presenza solo come possibile ed il secondo riconosce al giudice il potere di adottare «tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l’esecuzione delle operazioni peritali». Un accorgimento adottato nella pratica, quando il prelievo sia solo un tampone orale, consiste nell’effettuare l’accertamento a scuola, all’insaputa degli esercenti la responsabilità genitoriale. Qualora siano imputati pur è possibile escluderli dalla partecipazione alle operazioni peritali in base all’articolo 72 bis, nonché agli articoli 229 e 230 C.p.p. che prevedono la sola presenza dei consulenti tecnici e dei difensori[47] alle operazioni peritali, ma non quella dell’imputato.
Il contegno dei genitori, come quello del soggetto sottoposto all’accertamento e che lo rifiuti, può, inoltre, essere valutato a fini probatori. La Corte di Cassazione, con orientamento stabile[48] e riferito alla disciplina antecedente alla L. 85/2009, ritiene che dal rifiuto all’accertamento possano trarsi elementi di prova valutabili a fini di ricostruzione del fatto «quando non siano state prospettate allo scopo modalità invasive o comunque lesive dell'integrità e della libertà personale»[49] ed esso non sia «motivato con giustificazioni esplicite e fondate»[50]. La dottrina, a seguito della novella, ritiene che tale orientamento sia di fatto superato poiché la possibilità di coazione esclude la ricorrenza dei problemi affrontati in passato dalla giurisprudenza[51] e il rifiuto, ad ogni modo, potrebbe essere opposto per i motivi più vari. In realtà, qualora il soggetto passivo sia un minore o un incapace, i problemi rimangono attuali giacché più difficile è l’equilibrio da ricercare tra i diritti del soggetto e l’accertamento dei fatti. Non sembra azzardato sostenere che, qualora due genitori inducano il figlio minore ad opporsi ad un accertamento per un reato che li vede imputati[52], il giudice possa preferire trarre un elemento di prova dal loro contegno piuttosto che agire in corpore vili.
[1] In Giur. Cost., 1996, 2142 ss
[2] Come notato da Bordieri, Sul valore probatorio del rifiuto ingiustificato dell'imputato di sottoporsi al prelievo di DNA, in Cass. Pen., 2004, p. 4169: « La giurisprudenza e la dottrina, sulla scia di quella decisione, hanno esteso il divieto di prelievo coattivo - fino a che non venga approntata una apposita legge - con riferimento a ogni materiale biologico, anche quello la cui acquisizione non è propriamente invasiva della sfera corporale dell'individuo: asportazione di capelli, unghie, materiale di desquamazione della pelle o del cavo orale» .
[3] Gialuz, L’accesso al corpo tramite strumenti diagnostici, in Le indagini atipiche, a cura di Sclafati, Giappichelli, 2014.
[4] Ad esempio, se il limite della invasività è individuato nel superamento della barriera fisica del corpo, l’analisi di parti distaccate – quali capelli, peli, sangue già prelevato per accertamenti medici, saliva – non è soggetta ai limiti individuati dalla Corte Costituzionale, così come il prelievo di tali parti, seppur ancora adese al corpo, siccome tale operazione attiene a parti non sensibili del corpo. L’inserimento di un sondino che leda la cute sarebbe un atto invasivo, ma altrettanto potrebbe sostenersi per una micro-sonda da deglutire. Dubitativa la soluzione per gli accertamenti radiologici, effettuati senza lesione della cute o inserimento si sonde di qualsiasi tipo, in quanto solo la loro ripetizione, allo stato delle conoscenze scientifiche, sembra comportare una mutazione delle strutture biologiche interne. Si veda in dottrina Ubertis, Attività investigativa e prelievo di campioni biologici, in Cass. Pen., n. 1 del 2008, p. 7; Ciliberti e De Stefano, L'ispezione corporale e l'accertamento radiografico coattivo. Considerazioni etiche e medico-legali, in Riv. It. Med. Leg., 2007, 1, 87.
[5] Per un’analisi generale della legge si veda Gennari, Bioinformazione e indagini penali: la l. n. 85 del 30 giugno 2009, in Resp. civ. e prev., 2009, p.2630
[6] Tonini, Informazioni genetiche e processo penale ad un anno dalla legge, in DPP, 2010, 886
[7] Sul quale non sembra necessario soffermarsi.
[8] Il primo è indirizzato al dibattimento, il secondo alle indagini, hanno in comune il fatto di essere accertamenti tendenzialmente ripetibili.
[9] Secondo Leo, Forme invasive di indagine, diritti della persona e principio di legalità, relazione ad incontro di studi organizzato dal CSM sul tema “Le recenti modifiche al sistema penale”, Roma, 25-27 gennaio 2010, 23, l’elencazione non è tassativa; di contrario avviso Felicioni, L'acquisizione di materiale biologico a fini identificativi o di ricostruzione del fatto, in Prelievo del DNA e banca dati nazionale a cura di Alessio Scarcella, Cedam, 2009, 225.
[10] Deve convenirsi con chi – ad esempio Valli, Alla ricerca della prova scientifica (sequestro e perquisizione informatica; prelievo forzoso di materiale biologico), relazione per il Tirocinio mirato requirente dei M.O.T. nominati con d.m. 10.12.2015, Scuola Superiore della magistratura, Scandicci, 5 - 9 giugno 2017, p. 58 – ritiene che il genere sia quello degli atti limitativi della libertà personale, al cui interno vale la specificazione illustrata.
[11] Per una riflessione generale sul corpo e la scienza in relazione al potere statuale, G. Agamben, Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Milano, Einaudi, 2005. Perplessità sulla formula adottata dal legislatore sono espresse, con specifico riferimento agli accertamenti medici, da Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali": il punto sulla perizia coattiva ad un anno dalla l. n. 85, in DPP, 2010, 6 e da Gabrielli, "Accertamenti medici" dai confini troppo incerti, in Gdir, 2009, 30, 73
[12] Esprime critiche sulla disciplina «intessuta di clausole generali» Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali": il punto sulla perizia coattiva, in DPP, 2010, 8, 995
[13] Del resto ad indagini concluse, quando il P.M. procede all’avviso di cui all’art. 415 bis C.p.p., egli deve indicare la «sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede» e in precedenza, qualora intenda interrogare nel merito l’indagato, ai sensi dell’art. 65 C.p.p., «contesta […] in forma chiara e precisa il fatto che le è attribuito».
[14] Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali": il punto sulla perizia coattiva, in DPP, 2010, 8, 1001
[15] Così anche Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali": il punto sulla perizia coattiva, cit., 1001, nota n. 49
[16] Tonini, sub art. 224 bis in Codice di Procedura Penale Commentato, V ed., 2017, Wolters Kluwer.
[17] Il regime della nullità relativa all’indagato/imputato dipende da come si intenda l’assistenza del difensore: se come assistenza tecnica o quale presenza fisica. La dottrina più recente i esprime in forma dubitativa, ad esempio Tonini, sub art. 224 bis, cit. e Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali, loc. ult. cit.
[18] Secondo Trib. Rovereto, ordinanza del 2.11.2010, in DeJure-Giuffrè, «la necessaria presenza del difensore, prevista dall’art. 224 bis comma 7 c.p.p. a pena di nullità, vale solo quando il prelievo sia coatto e non quando l’imputato vi presti consenso e collaborazione; in tal caso all’atto il difensore può ma non deve presenziare».
[19] Contra G.I.P. Chieti, ordinanza del 7.6.2011, in Giur. Mer., 10, 2521
[20] Così Leo, Il prelievo coattivo di materiale biologico, relazione ad incontro di studi n. 5346 dal titolo “Corso Paolo Borsellino: Tecniche di indagine e rapporti tra pubblico ministero, polizia giudiziaria, consulenti tecnici e difensori”, organizzato dal CSM, Roma, 4-8 luglio 2011, 23.
[21] Critiche su tale negligenza sulle ipotesi sorrette da consenso sono espresse da Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali": il punto sulla perizia coattiva, cit., 996 e ss.
[22] Per la inutilizzabilità Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali": il punto sulla perizia coattiva, cit., 1001, di contrario avviso Valli, Alla ricerca della prova scientifica (sequestro e perquisizione informatica; prelievo forzoso di materiale biologico), cit., 62. Ad entrambi i contributi si rinvia per ulteriori riferimenti sul complesso tema.
[23] Ad esempio da parte di Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali": il punto sulla perizia coattiva, cit., 1001
[24] Nonostante la rubrica – che comunque non vincola giacché non sottoposta ad esame da parte degli organi legislativi (Sez. 1, n. 16372 del 20/03/2015 - dep. 20/04/2015, P.G. in proc. De Gennaro, Rv. 26332501) – faccia riferimento ai soli prelievo di campioni biologici, il richiamo alle «operazioni di cui all’articolo 224 bis» e l’interpretazione sistematica delle norme, permettono di ritenere che l’art. 359 bis faccia riferimento anche agli accertamenti medici.
[25] Valli, Alla ricerca della prova scientifica (sequestro e perquisizione informatica; prelievo forzoso di materiale biologico), cit., 70.
[26] Adorno, Il prelievo coattivo a fini investigativi, in Giur. It., 2010, 1238.
[27] Sia permesso di rimandare a Mastrangelo-Sellaroli, Trattamento medico e lesioni dell'integrità fisica del minore - Autodeterminazione, tutela, responsabilità dei genitori, dei professionisti sociosanitari e delle forze dell'ordine, Bologna, Maggioli, 2014; sull’argomento, inoltre, in una prospettiva in parte differente Piccinni, Il consenso al trattamento medico del minore, CEDAM, 2007.
[28] Sez. 3, n. 49778 del 18/05/2018 - dep. 31/10/2018, V, Rv. 27396401 in motivazione: «il consenso del soggetto interessato (dei genitori esercenti la potestà, in caso di minori)»
[29] Le difficoltà tecniche che emergono dall’utilizzo delle categorie civilistiche tradizionali nell’intento di far emergere la soggettività del minore, sono ben espresse da Giardina, La Maturità del minore nel diritto civile, Nuova. Giur. civ. Comm., 2004, 95 ss.
Propendono per un affrancamento dalle categorie patrimoniali, seppur con diverse sfumature Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, E.S.I., 2007, 232; Moro, Manuale di diritto minorile, Bologna, Zanichelli, 2008, 54; La Forgia, Il consenso informato del minore “maturo” agli atti medico-chirurgici: una difficile scelta d’equilibrio tra l’auto e l’etero-determinazione, Fam. Dir., 4/2004, 413, ma precedentemente si veda già Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, s.d. ma 1949, 637. Contra, Iadecola, Potestà di curare e consenso del paziente, Padova, 1998, 59, il quale ritiene applicabile l’art. 2 c.c. anche al di fuori degli atti a contenuto patrimoniale e Ruscello, Minore età e capacità di discernimento: quando i concetti assurgono a «supernorme», commento a Trib. Min. Milano, Decreto 15 febbraio 2010, in Famiglia e Diritto, n. 4, 2011, 717 ss.
[30] Zatti, Maschere del diritto volti della vita, Milano, Giuffrè, 2009, 124
[31] Di Cosimo, sub. art. 2, in Bartole-Bin (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova, CEDAM, 2008.
[32] Libertà di coscienza degli alunni, libera scelta dell’ora di religione, che diventa personale dal quattordicesimo anno d’età ex artt. 2 e 310 del T. U. sull’istruzione, d.lgs. 297/1994, divieto di insegnamenti religiosi “diffusi”, ex art. 9, L. 449/1984 –, nonché nella tutela dei minori nella disciplina radiotelevisiva – art. 4, c. 1, T. U. della radiotelevisione, D.lgs. 177/2005 – e nelle fonti internazionali (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, resa esecutiva in Italia con la L. 176/1991, che riconosce al minore sia il diritto alla libertà di coscienza che di religione).
[33] Piccinni, Il consenso al trattamento medico del minore, cit., 158. Sulle ragioni giustificatrici delle autorità private si veda Bianca, Le autorità private, Napoli, Jovene, 1977.
[34] C. Cost., 6.10.1988, n. 957, in Giur. it., 1989, coll. 1 .
[35] Anche qui con valutazione caso per caso.
[36] Prota, sub art. 72 disp. Att., in Codice di Procedura Penale Commentato, V ed., 2017, Wolters Kluwer
[37] Pretura Milano, dec. 7.1.1983 e Pretura Milano, dec. 18.9.1982, entrambe in Foro It., 1984, I, 3066, con nota di Sinisi, Sul consenso al trattamento sanitario del minore. Da ultimo, seppure obiter, ritiene che valga la regola della rappresentanza dei genitori in materia di TSO, T. O. Catania, dec. 17.3.2004, Dir. Fam. pers., 2004, 455. Uguali contrasti in giurisprudenza, prima della legge attuale sui trattamenti sanitari, sul tema del ricovero del minore in ospedale psichiatrico: T. M. Firenze, dec. 29.5.1968 e T. M. Bari, dec. 7.7.1977, Foro It., 1977, I, 2567.
[38] Sullo specifico tema del T.S.O. sui minorenni T. M. Milano, dec. 30.3.2010, Dir. Fam. pers., n. 3/2010, 1292 ss; Fam. Dir., 4/2011, con commento di Ruscello, Minore età e capacità di discernimento: quando i concetti assurgono a “supernorme”, 401 ss. T.M. Milano, dec. 21.1.2011, Fam. min., 3/2011, con commento di Bilotta, Il rappresentante legale non può imporre la sua volontà sulla salute del ragazzo, 63 ss
[39] La giurisprudenza minorile, chiamata a verificare l’adeguatezza dell’esercizio dell’allora potestà genitoriale in casi nei quali uno o entrambi i genitori si opponevano alla somministrazione di determinate cure che, seppure invasive, erano ritenute scientificamente appropriate, ha dato rilievo alla capacità di autodeterminazione del minore. T.M. Brescia, decr. 28.12.1998, App. Brescia, decr. 13.2.1999 e T.M. Brescia, decr. 22.5.1999, tutti in Nuova giur. civ. comm., 2000, I, 204, hanno affrontato il caso di una minore che rifiutava di riprendere il ciclo di chemioterapia: di fronte al suo rifiuto si è ritenuto di non poter coartare la sua volontà
[40] Nannipieri, Il consenso ai trattamenti sanitari sui minori: il difficile e dinamico equilibrio tra potestà e autodeterminazione, in Minorigiustizia, 2/2009, afferma che «La nozione di trattamento sanitario obbligatorio, così come quella di libertà personale, si ricollegano, infatti, non ad una capacità formale ed astratta, ma alla sostanziale e naturale idoneità della persona di manifestare la propria consapevole e cosciente volontà, nel perseguimento delle proprie soggettive aspirazioni».
[41] La lontananza non deve confondersi con la scomparsa e l’assenza in senso: le ultime due richiedono anche la mancanza di notizie sull’esistenza e sulla dimora, mentre per la lontananza è sufficiente il semplice fatto che uno dei genitori non si trovi nel domicilio familiare tecnico. Si veda Ferri, Potestà dei genitori, in Galgano (a cura di), Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, 1988, Bologna-Roma, 41; in senso analogo Stanzione, sub art. 317, in Perlingieri (a cura di), Codice Civile annotato, Torino, UTET, 1980.
[42] In genere l’accertamento dell’età viene effettuato attraverso la valutazione della maturazione ossea del polso e della mano, che comporta un margine di errore di ± 2 anni (c.d. variabilità biologica). Il metodo di Greulich-Pyle largamente utilizzato nella prassi è tarato su referti di adolescenti anglosassoni della metà del secolo scorso e, pertanto, non è attendibile per la valutazione dell’età cronologica dei giovani migranti provenienti da Asia e Africa.
[43] Stanzione, op. loc. ult. cit.
[44] Stanzione, op. loc. ult. cit. anche per richiami giurisprudenziali.
[45] Procedendosi per i reati di cui agli artt. 110 e 567, c. 2, C.p., sul dissenso del curatore speciale nominato, il Tribunale di Salerno, ordinanza del 7.2.2019, inedita, osserva: «L’accertamento dei fatti richiesto dal P.M. è funzionale all’esercizio dell’azione penale la quale non può trovare argine nei, pur possibili, effetti sulla minore e ciò per due ordini di ragioni. Anzitutto quando il Legislatore intenda contemperare il perseguimento dei reati con la considerazione di altri interessi costituzionalmente rilevanti, ha cura di farlo esplicitamente, come avviene, per restare in tema di diritto di famiglia, con la condizione obiettiva di punibilità – ad esempio il pubblico scandalo dell’incesto –, al fine di delimitare l’area del penalmente rilevante. In secondo luogo la condotta dei genitori della minore, nonché del preteso padre naturale, non possono pretermettere il diritto della bambina ad un dato di verità, quello delle sue origini, parimenti tutelato dalla Costituzione e delle Convenzioni internazionali»
[46] In generale sulla rappresentanza del minore nel processo penale sia permesso rinviare a Mastrangelo, Il curatore speciale, la difesa tecnica e la costituzione di parte civile nei procedimenti penali per reati sessuali a danno di minorenni, in Cass. Pen., n. 3, anno 2013, 1650-11671, dove sono esposti anche casi concreti e sono analizzati i casi di limitazione della responsabilità genitoriale, collocamento in comunità, adozione.
[47] A pena di nullità e purché abbiano chiesto espressamente di presenziare; cfr. Sez. 3, Sentenza n. 52604 del 04/10/2017 Ud. (dep. 17/11/2017 ) Rv. 271458 – 01.
[48] Sez. 1, Sentenza n. 37108 del 20/09/2002 Ud. (dep. 05/11/2002 ) Rv. 222527 – 01; Sez. 2, n. 44624 del 08/07/2004 - dep. 17/11/2004, Alcamo ed altri, Rv. 23024501. Gli stessi principi della giurisprudenza citata sono stati da ultimo utilizzati da Sez. 2 - , Sentenza n. 41770 del 11/07/2018 Ud. (dep. 26/09/2018 ) Rv. 274238 – 01 per il rifiuto ingiustificato opposto dall'imputato all'espletamento dei rilievi fotografici necessari per lo svolgimento della perizia antropometrica.
[49] Sez. 2, n. 44624 del 08/07/2004 - dep. 17/11/2004, Alcamo ed altri, Rv. 23024501
[50] Sez. 2, n. 44624 del 08/07/2004 - dep. 17/11/2004, Alcamo ed altri, Rv. 23024501.
[51] Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e "sanzioni processuali": il punto sulla perizia coattiva, cit., 997.
[52] Purtroppo la nomina del curatore e l’avviso sul potere di coazione non sottraggono la fonte di prova alle suggestioni affettive ed alle manipolazioni dei genitori.