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PENALE  

MAGISTRATURA E SCELTE POLITICHE DELLO STATO: IL “CASO SALVINI”

  Penale 
 martedì, 11 settembre 2018

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di MARIO CICALA

 
 

Appare opportuno che  la magistratura associata  rifletta sulle peculiarità dello scontro che riduttivamente possiamo intestare a Salvini.

Nello scontro ‘mani pulite’ vi era nel Paese un diffuso “idem sentire”   sui fatti e sui valori da applicare ai fatti: bastava perciò un avviso di reato della Procura di Milano e i politici cascavano come birilli.

Nello scontro ‘Berlusconi’ la convergenza sui valori è  rimasta, il conflitto era sui fatti: i milioni di elettori che hanno continuato a votare per il Cavaliere non negano che i fatti a lui contestati costituiscano, in via di principio,  degli illeciti, ma lo ritenevano e lo ritengono innocente e magari perseguitato; i meno ostili alla magistratura fra i sostenitori di Berlusconi   ammettono abbia violato qualche legge, ma lo considerano  anche  il politico di cui aveva bisogno l’Italia (in fondo Machiavelli ci ha insegnato che un buon politico deve essere anche un poco birbone)

Il conflitto ‘Salvini’ e’ molto più radicale; gli elettori che direttamente o indirettamente appoggiano Salvini, lo ritengono ‘colpevole’ dei fatti addebitati e lo sostengono proprio perché ‘colpevole’, perché condividono la politica di respingimento. Sono contrari alla politica dell’accoglienza che possiamo intestare  a Renzi ed a Papa Francesco (che però mi pare si vada facendo più prudente).

Dunque il conflitto non è più con un uomo politico “scomodo”, è conflitto con  una linea politica che appare maggioritaria, e che potrebbe affermarsi nelle prossime elezioni europee; che trova larghe convergenze ideali e di fatto in tutti i paesi dell’Unione, anche in quelli che a parole continuano a predicare la accoglienza.

Di fronte a questa inedita realtà,  molti magistrati indossano  la toga e dicono: ‘siamo la bocca della legge, i suoi fedeli esecutori, prendetevela con leggi, Costituzione,  trattati ecc ..Se non vi piacciono cambiatele’ . Una visione tranquillante cui ho aderito con entusiasmo nei primi anni della mia attività di giudice perché, all’epoca, ero convinto che  la lettera della legge dello Stato fosse un guida sicura nella ricognizione del diritto.

Non ritengo che simile visione sia oggi ancora utile ed attuale. Spiegare diffusamente il perché richiederebbe una argomentazione troppo ampia che altrove ho cercato di mettere per iscritto.  Qui mi basta sottolineare il ruolo crescente assunto da una giurisprudenza dinamica che precorre il legislatore e ritiene di contribuire al  progresso sociale con pronunce innovative (come affermato dalla  CEDU nel “caso Contrada”). Ed in questo quadro mi pare ovvio riconoscere che la magistratura si fa portatrice di valori politici, diviene un soggetto politico sia pur “alto”  e nobile.  Si tratta di una realtà resa ancor più  evidente dal  documento di  Area- Magistratura Democratica che bolla la politica del Governo sulla immigrazione  affermando che essa  “integra la violazione di diritti fondamentali della persona umana, la cui tutela è imposta allo Stato italiano ed alle sue Istituzioni da norme cogenti di diritto interno ed internazionale”; e presenta caratteri di rilevanza penale. 

Si tratta di prese di posizione che incidono anche sulla politica estera del Paese. In quanto bollano come reato la stessa minaccia di bloccare l’accesso ai porti italiani dei migranti ove l’Europa non si faccia carico della gestione dei migranti accettando il principio: “chi entra in Italia, entra in Europa”.

Dunque se  noi magistrati siamo, sotto importanti profili,  liberi e creativi, se interveniamo nel dibattito politico con documenti collettivi che costituiscono la contestazione della politica del Governo e prospettano una linea alternativa,  da attuare in via giudiziaria, non possiamo più pretendere la insindacabilità politica dei nostri atti e dei nostri atteggiamenti, adducendo il loro carattere meramente esecutivo di una volontà altrui.
Possiamo e dobbiamo pretendere (e dare) rispetto, così come sottolineato nel documento di MI. Ma il mero rifiuto di un confronto critico, o anche solo, la apparenza di un rifiuto, risulterebbe incomprensibile; quanto meno a quegli italiani che non condividono il documento di Area cui ho alluso.

Mario Cicala

 
 
 
 
 
 

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