Abstract: il lavoro analizza la nuova disciplina processuale della notizia di reato, evidenziando quelli che sono i risvolti potenzialmente positivi in relazione ad una piena valorizzazione del principio di legalità e delle garanzie penalistiche nell’ottica del diritto penale sostanziale
Abstract: the paper analyzes the new procedural discipline of the crime report, highlighting the potentially positive implications in relation to a full valorisation of the principle of legality and criminal guarantees from the point of view of substantive criminal law
Sommario: 1. Premessa. - 2. I presupposti oggettivi della "notizia di reato" nei distinguo rispetto all'iscrizione nel modello 45. - 3.I presupposti soggettivi come discrimine tra l’iscrizione nel modello 44 o nel modello 21. - 4. La retrodatazione del pubblico ministero e i controlli giurisdizionali sull'iscrizione. - 5. Le ricadute sul diritto penale sostanziale anche alla luce della nuova regola di giudizio in tema di archiviazione e di udienza preliminare.
1. Premessa.
Il d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari) è intervenuto sulla fase delle indagini preliminari, valorizzandone la funzione probatoria nella prospettiva della nuova regola di giudizio, in tema di archiviazione e di sentenza ex art. 425 c.p.p., della ragionevole previsione di condanna[1]: la completezza e la robustezza dell'indagine costituiscono dunque precondizioni per l'efficacia deflattiva della regola di giudizio applicata dal giudice dell'udienza preliminare.
L’intervento legislativo risulta calibrato sulla presa d’atto che il baricentro del processo si è progressivamente e sostanzialmente spostato nella fase anteriore all’esercizio dell’azione penale, segnatamente nel momento in cui si radica la più invasiva coloritura mediatica[2]. Il naturale contraltare di una simile impostazione di sistema non può che consistere nel rafforzare le garanzie difensive, di matrice costituzionale, ed il controllo giurisdizionale sugli snodi cruciali della fase investigativa.
In tale contesto, valore centrale assume il momento dell'iscrizione della notizia di reato, adempimento al quale si ricollegano una serie di effetti di fondamentale importanza, tra i quali[3]: 1) l’inizio della decorrenza del termine per le indagini e, conseguentemente, del termine per l’azione con tutte le nuove dinamiche ad esso collegate; 2) l’inutilizzabilità degli atti compiuti oltre il termine per le indagini; 3) il regime delle intercettazioni telefoniche ed ambientali; 4) la necessità di tutelare il diritto costituzionalmente garantito di difesa dell’indagato; 5) i riflessi sulla successiva formulazione dell'imputazione; 6) i rischi per la presunzione di innocenza, esaltati dalla risonanza mediatica dell’inchiesta penale e dal cortocircuito mediatico-giudiziario che molti (e talora irreparabili) guasti produce e che si scatena con la sola notizia dell'iscrizione della notizia di reato.
In relazione a tali rilevanti effetti, si evidenziava in passato il tenore estremamente laconico dell'art. 335 c.p.p. nella versione originaria, che nulla precisava sui criteri e sulle modalità dell'iscrizione[4]. Ciò apriva ampi spazi alla prassi per riempire l'obbligo del pubblico ministero, rimanendo un po' tutti ancorati all'unica certezza, di derivazione giurisprudenziale, dell'esclusione di un controllo del giudice in ordine alla tempestività dell'iscrizione da parte del PM, a cui si è sempre riconosciuta (e si continua a riconoscere) una esclusiva valutazione discrezionale. Si parla al riguardo di "discrezionalità valutativa" del pubblico ministero[5].
Le problematiche emerse nella prassi erano: 1) l'eccesso di iscrizioni a modello 21 (a carico di noti), con tutti gli effetti pregiudizievoli che ne conseguono, pur in assenza di un adeguato quadro indiziario soggettivamente indirizzato; 2) la tardività dell'iscrizione, o, ancora, la mancata iscrizione, pur in presenza delle condizioni di legge, con il conseguente abuso della dilatazione del termine di decorrenza delle indagini preliminari e, prima ancora, con conseguente violazione del diritto alla conoscenza delle indagini a proprio carico, quale momento essenziale del diritto di difesa; 3) le difficoltà legate alla esatta perimetrazione della nozione di "notizia di reato", così da evitare il duplice rischio di iscrizioni di notizie "generiche", che al massimo andrebbero iscritte a modello 45 quali fatti non costituenti reato, o di "non iscrizioni" al cospetto di notizie di reato, con l'effetto di ritardare sia il termine di decorrenza delle indagini, sia l'attivazione delle garanzie riconosciute alla persona sottoposta alle indagini.
Ne derivava il problema della c.d. “iscrizioni facili” per ipotesi che scontano una carenza di tipicità delle rispettive fattispecie, e dunque una inevitabile corresponsabilità del legislatore, come talvolta è avvenuto in materia di abuso d'ufficio e di responsabilità colposa in ambito sanitario[6].
Per contro, la disciplina introdotta dal d. lgs. n. 150 del 2022 instaura un legame ideale tra la notizia di reato e l'imputazione, in modo che la prima ponga le premesse della seconda, innescando una sequenza di addebiti provvisori tutti protesi ad evitare che la fluidità delle indagini si traduca in una vaghezza dei presupposti e della consistenza temporale delle stesse[7]. Sul piano valoriale, la modifica si collega, altresì, alle interpolazioni delle norme sull'udienza preliminare, che attribuiscono al giudice il potere di ordinare al pubblico ministero la riformulazione delle imputazioni generiche (art. 421, commi 1 e 2, c.p.p.).
2. I presupposti oggettivi della "notizia di reato" nei distinguo rispetto all'iscrizione nel modello 45.
Al fine di soddisfare le esigenze di garanzia, certezza e uniformità delle iscrizioni, determinanti nell'individuazione del momento in cui le indagini hanno inizio e allo scopo di garantire quello che attenta dottrina ha definito come “un vero e proprio "principio di coerenza" nell'evoluzione dell'addebito nel corso del procedimento”[8], la nuova versione dell'art. 335, comma 1, c.p.p. prevede espressamente i criteri in base ai quali è possibile procedere all'iscrizione oggettiva e soggettiva della notitia criminis[9].
La responsabilità dell'iscrizione è riservata al Procuratore della Repubblica, anche in difformità rispetto a quanto segnalato dal denunciante o indicato dalla polizia giudiziaria e l'individuazione del registro nel quale iscrivere costituisce un atto processuale pienamente espressivo della funzione giudiziaria. Nella prassi si ritiene che il sostituto assegnatario del procedimento possa esclusivamente procedere a successivi adeguamenti o, al massimo, a ulteriori iscrizioni che si rendano necessarie nell'ambito della medesima vicenda, sotto il controllo del capo dell'ufficio.
Alla luce del d.lgs. n. 150/2022 il pubblico ministero iscrive immediatamente nell'apposito registro ogni notizia di reato, che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa, "contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi ad una fattispecie incriminatrice. Nell'iscrizione sono indicate, ove risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto" (art. 335, comma 1, c.p.p.).
Dunque, schematizzando, gli elementi fondamentali della notizia di reato sono: 1) una rappresentazione del fatto storico; 2) la sua non inverosimiglianza; 3) il suo carattere determinato con la precisazione che le circostanze di tempo e di luogo del fatto non sono indispensabili a integrare questo requisito e sono indicate solo ove risultino; 4) la possibilità di sussumerlo in un tipo normativo.
Solo al ricorrere congiunto di tali requisiti è possibile distinguere il mero ed astratto sospetto di reato di cui all’art. 116 disp. att., ovvero la sussistenza di un’area di principio di sospetto eticizzante ricostruito in termini di presunta illegalità, dalla notizia di reato quale ipotesi concreta di fatto storico riconducibile alla tipicità penale con tutto il corredo di garanzie legalitarie che accompagna tale ultima ipotesi. Non deve trattarsi, pertanto, di un fatto meramente ipotizzato in chiave presuntiva anche al fine di ricercare un reato. Inoltre, il fatto rappresentato deve essere determinato e cioè deve avere caratteri definiti e precisi della tipicità penale; deve essere non inverosimile e cioè la rappresentazione non deve risultare in contrasto con la migliore scienza ed esperienza del momento storico[10]; infine, deve trattarsi di un fatto riconducibile in ipotesi ad una fattispecie incriminatrice, con un chiaro riferimento ad una prima prognosi sulla sussumibilità del fatto nella norma penale[11]. Occorre tenere presente, invece, che l'indicazione delle circostanze di tempo e di luogo non è requisito costitutivo del concetto di notizia di reato, bensì un aspetto accessorio che può essere indicato ove risulti.
Scopo della nuova disposizione pare essere, secondo la dottrina, quello di tracciare in modo il più possibile netto il discrimine tra l'iscrizione a modello 21 (indagati noti) o a modello 44 (indagati ignoti) e l'iscrizione nel registro delle pseudonotizie di reato (modello 45)[12]. Un fatto privo di elementi minimi, che risulti confuso o che non possa essere ricompreso nemmeno in astratto all'interno di una fattispecie incriminatrice, è senz'altro destinato a quest'ultimo registro[13].
Nei nuovi presupposti per l'iscrizione oggettiva è stato evidenziato il rischio di valorizzazione di un vero e proprio standard probatorio da raggiungere perché si possa parlare di "notizia di reato", laddove il concetto di standard probatorio presuppone l'acquisizione di elementi di prova. Ne risulterebbe, così, alterato il tradizionale discrimine tra i registri, perché il modello 45 finirebbe per raccogliere anche informazioni in relazione alle quali è stata svolta una pre-indagine, rimaste tuttavia al di sotto della soglia probatoria necessaria per l'iscrizione, "derubricando così a non notizia fatti che fino a poco tempo fa rientravano in quella categoria"[14]. Fino ad oggi, viceversa, ogni notizia in relazione alla cui fondatezza fosse stata svolta un'indagine sarebbe stata naturalmente votata all'iscrizione a modello 44 o a modello 21.
Rileva, tuttavia, una attenta dottrina, che “come accade di consueto, si tratta di un problema di "dosaggio", anche se pare ragionevole ritenere che i nuovi requisiti oggettivi servano a meglio delimitare il discrimine tra il modello 45 e gli altri registri e non a spostare i confini tra gli stessi ampliando il novero delle informazioni da considerare come "non notizie"”[15].
D'altronde i rischi di abusi con riferimento all'iscrizione oggettiva attengono proprio all'eccessivo ricorso all'iscrizione a modello 45 divenuto "contenitore" di notizie in relazione alle quali i termini per le indagini risultano in toto sterilizzati. Sembra dunque non in linea con l'intenzione del legislatore una scelta che finirebbe per produrre l'effetto di esaltare siffatti pericoli.
3. I presupposti soggettivi come discrimine tra iscrizione nel modello 44 o nel modello 21.
Quanto al nome dell'indagato, il nuovo comma 1-bis dell'art. 335 c.p.p. conferma la possibilità di iscriverlo in un momento successivo rispetto alla registrazione della notizia nella sua oggettività[16]: "il pubblico ministero provvede all'iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all'iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico".
La norma mira a chiarire i tempi e i presupposti per l'iscrizione nominativa.
Anzitutto, si ribadisce la “necessità che essa venga effettuata nello stesso momento in cui ne risultano le condizioni, in nulla discostandosi dalla disciplina originaria del codice in cui veniva utilizzato l'avverbio "immediatamente" o "dal momento in cui" risulta: ciò che muta è solo la "sensibilità" linguistica per cui l'utilizzo della congiunzione temporale "non appena" "serve a sottolineare il succedersi ravvicinato di due azioni (quella della frase temporale e quella della reggente) e che può essere esclusivo e corrispondere quindi a 'subito dopo che', 'quasi nello stesso momento in cui'"; l'uso pleonastico del "non" "attribuisce al significato complessivo del periodo una vivacità sensibilmente maggiore, dovuta all'apparente diminuzione dell'arco temporale che separa l'azione della frase secondaria rispetto a quella espressa nella reggente"”[17].
Per la prima volta viene reso esplicito il presupposto sostanziale per procedere all'iscrizione, esplicito facendosi riferimento all'esistenza di "indizi" a carico di una persona[18].
Non è ovviamente questa la sede per indagare cosa debba intendersi per "indizi", ma può comunque rilevarsi che il presupposto soggettivo sembra fare riferimento ad uno standard probatorio minimo al di sotto del quale il nome non può essere iscritto; nell'ipotesi cioè di un fatto di possibile rilievo penale in ordine al quale, manchi, nel momento dell'iscrizione, un quadro indiziario soggettivamente indirizzato[19].
Il che è del tutto coerente con la considerazione di come sia proprio l’iscrizione soggettiva a sortire i più gravi effetti quanto meno di tipo reputazionale sull’individuo, ove eccessivamente precoce.
La stessa Relazione al decreto legislativo 150 del 2022 (p. 79) rivela il duplice obiettivo di evitare due opposti rischi: 1) da un lato, quello di considerare l’iscrizione come “atto dovuto”, anche a fronte di notizie del tutto generiche e di soggetti raggiunti da meri sospetti (aggiungiamo, con tutti i connessi rischi in punto di presunzione di innocenza e di processo mediatico); 2) dall'altro lato, quello di richiedere requisiti troppo stringenti, che potrebbero ritardare l’attivazione delle garanzie in favore dell’indagato e la decorrenza dei termini per le indagini con una vera e propria eterogenesi delle finalità di garanzia sottese alla disciplina[20].
La disciplina reca con sé, secondo parte della dottrina, il rischio di un effetto paradossale collegato al rafforzamento dei presupposti per l’iscrizione soggettiva, e cioè quello di creare un’ombra sulla presunzione di innocenza[21].
Sul punto, si afferma tuttavia che la risposta è identica a quella che si prospetta con riguardo all’analogo possibile inconveniente derivante dal rinvio a giudizio disposto alla luce del nuovo stringente criterio della ragionevole previsione di condanna: l’effetto virtuoso che tali norme, se ben applicate, producono ex ante nel tutelare la presunzione di innocenza delle persone nei cui confronti non vengono raggiunti, rispettivamente, lo standard probatorio per il rinvio a giudizio ed i presupposti per l’iscrizione soggettiva nel registro, supera l’effetto pregiudizievole che i predetti atti sortiscono nei confronti di coloro che vengono rinviati a giudizio o iscritti. Anche perché palese sarebbe l’irragionevolezza della soluzione opposta, consistente nel rinviare a giudizio o nell’iscrivere sulla base di presupposti evanescenti in ragione di un’asserita tutela della presunzione di innocenza, che, per contro, risulterebbe compromessa[22].
4. La retrodatazione del pubblico ministero e i controlli giurisdizionali sull'iscrizione.
L'evoluzione dell'indagine può fisiologicamente condurre a riconsiderare le scelte poste a base dell'iscrizione. Ebbene, il nuovo comma 1-ter dell'art. 335 c.p.p. attribuisce espressamente al pubblico ministero il potere di retrodatare l'iscrizione quando non abbia provveduto tempestivamente ad inserire nel registro o la notizia nella sua oggettività o il nome dell'indagato. In tali ipotesi, sarà il magistrato ad indicare la data anteriore a partire dalla quale l'iscrizione deve intendersi effettuata[23].
Si tratta, peraltro, della codificazione di un potere già implicito nella disciplina previgente, il cui esercizio ha determinato una prassi virtuosa, da tempo seguita in alcune procure. Il pubblico ministero potrà rimediare ad eventuali ritardi senza che debba attivarsi il controllo giurisdizionale contestualmente introdotto dalla riforma. È appena il caso di rilevare che, essendo stato, egli stesso, a provvedere in tal senso, il magistrato requirente avrà già valutato le ripercussioni di tale atto sui termini per le indagini e per l'azione, nonché le conseguenze collegate all'eventuale mancato rispetto degli stessi termini[24].
Le nuove regole sull'iscrizione trovano il loro naturale completamento nella previsione di un potere di controllo del giudice. La disciplina introdotta dal d.lgs. n. 150/2022 rinviene il proprio presupposto concettuale nella presa d'atto che l'iscrizione comporta l'esercizio di una discrezionalità tecnica ed è una precondizione per il rispetto dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Una conferma si coglie nella nota pronuncia delle Sezioni unite Lattanzi del 2009 che, con una impostazione esattamente opposta, da un lato, aveva ritenuto che l'iscrizione fosse un incombente configurato in termini di rigorosa doverosità, alla stregua di un compito "neutro", in relazione al quale non si configurasse alcuna discrezionalità in capo al magistrato (per quanto, in assenza di qualsivoglia indicazione normativa dei presupposti oggettivi e soggettivi, fosse inevitabile una naturale "fluidità" dello scrutinio effettuato); da un altro lato, e conseguentemente, aveva escluso, de iure condito, un sindacato giurisdizionale sul ritardo, giacché si trattava di una attività non ricollegabile all'esercizio dell'azione penale.
Tale decisione aveva ritenuto la possibilità di sanzionare sul piano disciplinare e/o finanche penale il pubblico ministero che non avesse provveduto ad iscrivere tempestivamente, senza, tuttavia, in alcun modo incidere sulla validità degli atti compiuti nel procedimento penale[25].
La riforma, per contro, muove dalla consapevolezza che l'iscrizione della notizia di reato trova piena copertura nell'art. 112 Cost. e che tale norma possa essere attuata nel suo spirito autentico soltanto in presenza di un adeguato meccanismo di controlli sul corretto esercizio della discrezionalità tecnica del pubblico ministero, senza che a ciò osti il principio della separazione delle funzioni.
Il nuovo art. 335-ter c.p.p. riconosce così al giudice il generale potere di ordinare d'ufficio al pubblico ministero l'iscrizione del nome dell'indagato e il nuovo art. 335-quater c.p.p. riconosce all'organo giurisdizionale, su richiesta dell'indagato, il potere di ordinare la retrodatazione dell'iscrizione[26].
Più nello specifico, il nuovo art. 335-ter c.p.p. stabilisce che il giudice per le indagini preliminari, "quando deve compiere un atto del procedimento", se ritiene che il reato per cui si procede "debba essere attribuito a una persona che non è stata ancora iscritta nel registro delle notizie di reato", sentito il pubblico ministero, "gli ordina con decreto motivato di provvedere all'iscrizione" (art. 335-ter, comma 1, c.p.p.). A seguito dell'ordine del giudice, "il pubblico ministero provvede all'iscrizione, indicando la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini" (art. 335-ter, comma 2, c.p.p.). Resta salva la facoltà dell'indagato di proporre al giudice la richiesta di accertamento della tempestività dell'iscrizione in base alla nuova disciplina introdotta all'art. 335-quater c.p.p.
Si è al cospetto di una pregnante collocazione di tale potere in un luogo sistematico adeguato alla vera natura dello stesso, collegata al rispetto delle regole sull'iscrizione[27].
Così, il giudice, nel momento in cui si trova a decidere nel corso del procedimento (emblematico il caso in cui sia presentata una richiesta di intercettazione), può verificare anche la corretta gestione delle iscrizioni. Come è intuitivo, la capacità valutativa del giudice risulta condizionata dagli atti disponibili: meno penetrante, se l'accusa ha messo a disposizione un compendio probatorio selezionato; più ampia, laddove -come accade in presenza di una richiesta di archiviazione contro ignoti- il giudice abbia a disposizione l'intero fascicolo. Una volta che l'organo giurisdizionale abbia ordinato l'iscrizione -atto che comunque egli può compiere soltanto dopo aver sentito il pubblico ministero- è quest'ultimo soggetto a dovervi provvedere; inoltre, in ragione delle prerogative costituzionali, in prima battuta è il magistrato requirente a individuare la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini. Se, poi, l'indagato, nel momento in cui prende conoscenza di uno o più atti del procedimento, dovesse ritenere che la data sia indicata in modo scorretto, egli ha la possibilità di adire il giudice con la richiesta di accertamento della tempestività dell'iscrizione ex art. 335-quater c.p.p.[28]
Non è, invece, stata inserita nella riforma alcuna previsione del potere del giudice di disporre d'ufficio la retrodatazione di una iscrizione, pur nominativa, che tuttavia risulti tardiva rispetto alla emersione dei presupposti per procedervi[29].
Il d.lgs. n. 150/2022 infine prevede il potere del giudice di disporre la retrodatazione dell'iscrizione su richiesta dell'indagato. Il nuovo art. 335-quater c.p.p. disciplina un procedimento incidentale che può svolgersi con forme agili anche nel corso delle indagini preliminari, ogniqualvolta cada il segreto investigativo: si pensi alle ipotesi in cui siano compiuti atti conoscibili, o sia disposta una misura cautelare, o venga inviato l'avviso di conclusione delle indagini.
L'indagato può chiedere al giudice di accertare la tempestività dell'iscrizione della notizia di reato e del proprio nome; la richiesta di retrodatazione è presentata entro venti giorni da quello in cui l'interessato ha avuto facoltà di accedere agli atti e deve indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni che la sorreggono e gli atti del procedimento dai quali è desunto il ritardo (art. 335-quater, comma 1, c.p.p.). Al fine di evitare una ingiustificata reiterazione di istanze con finalità meramente dilatoria, è stato previsto che ulteriori richieste siano ammissibili soltanto se proposte nello stesso termine e fondate su atti diversi, in precedenza non conoscibili[30].
Va rilevato che, se può essere agevole fornire atti dai quali emerge il ritardo nella sua oggettività, ciò che può risultare complesso è dimostrare che esso risulta ingiustificato.
Peraltro, il successivo riferimento della norma alla natura inequivocabile della dilazione temporale induce a ritenere che, nel dubbio, il giudice debba respingere la richiesta di retrodatazione. Quest'ultima, infatti, è disposta dal giudice quando il ritardo è "inequivocabile" e "non è giustificato" (art. 335-quater, comma 2, c.p.p.). Si tratta di aggettivi, che indicano uno standard probatorio ed un giudizio di rimproverabilità[31].
La riforma rivela così la piena consapevolezza che il potere di retrodatazione del giudice trova il proprio imprescindibile presupposto nel tentativo di scolpire i contorni oggettivi e soggettivi della notizia di reato in modo da fornire all'organo giurisdizionale i necessari parametri di riferimento per valutazioni che, altrimenti, finirebbero per risultare "aspecifiche", così come, illo tempore, notato anche dalla Corte costituzionale[32]: "è chiaro che ogni ipotesi di retrodatazione impone una delimitazione di cosa debba essere iscritto"[33].
Ai sensi dell'art. 335-quater, comma 8, c.p.p., in caso d'accoglimento della richiesta, il giudice indica la data nella quale deve intendersi iscritta la notizia di reato e il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito. La norma in esame nulla precisa in ordine agli effetti della decisione del giudice, dando adito a qualche incertezza proprio sull'aspetto più rilevante.
Si osserva in dottrina come essi sono da ricondursi all'operatività dell'art. 407, comma 3, c.p.p. secondo cui, ricalcolato il termine per le indagini dal dies dell'iscrizione retrodatata, gli atti compiuti dopo la scadenza dello stesso, risultano inutilizzabili. Per contro, gli atti compiuti prima dell'iscrizione conservano validità. Invero, viene da chiedersi cosa accada qualora il ritardo riguardi soltanto l'iscrizione del nome: in tal caso, è stato rilevato che gli atti conoscibili, compiuti senza il rispetto del contraddittorio nei confronti dell'indagato di fatto non iscritto, dovrebbero essere colpiti da nullità ex art. 178, lett. c) c.p.p.[34].
5. Le ricadute sul diritto penale sostanziale anche alla luce della nuova regola di giudizio in tema di archiviazione e di udienza preliminare.
Le disposizioni analizzate assumono una valenza innovativa, di cui va esaltata la funzione di garanzia nell’ottica del diritto penale ad orientamento costituzionale[35].
La riforma, sul versante dei rapporti tra diritto penale e processo, avvia un'opera di ricomposizione di un sistema di giustizia penale integrata, in quanto, dal punto di vista valoriale, tende ad emanciparsi dalla cd. “processualizzazione” delle categorie sostanziali[36], che, come è noto, favorisce la proliferazione di tipicità processuali funzionali calibrate sul materiale probatorio raccolto.
Vale, tuttavia, la pena di rilevare che i concreti assetti probatori delle inchieste e dei processi non possono definire la tipicità della fattispecie legale e la conseguente imputazione, che invece devono essere prevedibili/accessibili ed intellegibili ex ante[37], dal punto di vista generale ed astratto, nel rispetto della tradizionale funzione garantistico/selettiva storicamente adempiuta dalla tipicità penale, consistita nell’assoggettare, come si impone nel modello orizzontale della separazione dei poteri[38], il potere della magistratura entro i limiti delle scelte di tutela rigorosamente formalizzate dalle norme incriminatrici.
In questa chiave di lettura si possono leggere le norme in tema di iscrizione della notizia di reato, oltre a quelle, di retrodatazione dei termini dei termini delle indagini, dei criteri di priorità[39], unitamente alle nuove regole di archiviazione e di giudizio dell'udienza preliminare. Parafrasando in una dimensione controintuitiva[40] la cd. “processualizzazione” delle categorie sostanziali, si potrebbe forse ipotizzare che la nuova logica sia quella della “sostanzializzazione” delle categorie processuali, in una dimensione di piena valorizzazione del principio di stretta legalità, che non solo mira ad impedire condanne per fatti non costituenti reato all'esito di un processo, ma con il novum anche la possibilità di avvio un processo per un fatto non costituente reato. In particolare, tali disposizioni impongono nel contesto delle indagini preliminari iscrizioni conformi a fattispecie incriminatrici, “attraendo, perciò, la disciplina dell’avvio delle indagini e della sua chiusura, oltre che quella immediatamente successiva del rinvio a giudizio, nel fascio delle prestazioni, ordinanti e garantistiche, della legalità penale”[41].
Viene in particolare in evidenza il corollario di determinatezza del tipo, quale vincolo selettivo dell’agire processuale[42], inibendo torsioni della discrezionalità investigativa, esercitata come strumento di ricerca del reato, anziché del suo riscontro nell’imputazione, che oggi si salda con la notizia di reato. Le nuove disposizioni dovrebbero ancora inibire le iscrizioni facili e le cd. indagini esplorative, fondate sul principio di sospetto, con conseguente dilatazione incontrollata della tipicità legale e alterazione delle “linee di una corretta interazione con le strutture del diritto penale”[43].
Come prontamente rilevato dalla migliore dottrina[44], il medesimo assetto valoriale permea il reticolato normativo che salda le disposizioni in tema di “notizia di reato” con la nuova regola di giudizio del potere di archiviazione[45] e dell’epilogo dell’udienza preliminare, nella cui logica appare conformarsi anche il controllo sulla qualificazione giuridica dei fatti contemplato dalla disciplina dell’udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta.
Si fa riferimento alla “ragionevole previsione di condanna”, che in quest’ottica valorizza la funzione di garanzia e la selettività del principio di stretta legalità in materia penale penale.
Tale regola esprime “un’istanza di razionalizzazione delle domande di processo” che, nel “mentre tutela l’efficienza (e tempera il “rischio giudiziario”), non sembra intaccare i valori che fondano il principio di obbligatorietà dell’azione”[46].
Insomma, pare possibile affermare che, da un punto di vista sistematico, con l’introduzione di questo nuovo parametro per la richiesta di archiviazione e per l’emissione della sentenza di non luogo a procedere, le singole fasi del processo ordinario – indagini/udienza preliminare/dibattimento – risultano oggi tutte allineate in una prospettiva unitaria valutabile alla stregua della medesima regola di giudizio che si salda con i diversi corollari del principio di legalità in materia penale.
In particolare, come ben rilevato, la prognosi di condanna impone la verifica di conformità del fatto concreto alla tipicità normativa, in relazione all’accertamento di tutti gli elementi del concetto dommatico di reato, risultante dalla “scomposizione e ricomposizione su basi analitico/descrittivo/valutative dei relativi requisiti”[47], dovendo i compendi probatori suffragare la configurabilità della fattispecie incriminatrice cristallizzata nell’imputazione.
Su queste basi, non è peregrino rilevare che le nuove disposizioni in tema di iscrizione, retrodatazione, unitamente alla regola di giudizio della archiviazione e dell’udienza preliminare rinvigoriscono il principio di stretta legalità. A tale ottica, corrisponde altresì un rafforzamento della legalità nella predeterminazione legislativa dei criteri di priorità.
Il d.lgs. n. 150/2022 ha dunque, nella fase delle indagini, potenziato il rapporto tra processo e legalità penale, dando avvio, con le nuove norme in tema di iscrizione delle notizie di reato, ad un percorso di innesto nel corpo del processo della legalità sostanziale[48], che esclude a monte indagini fondate su meri sospetti ovvero sulla ricerca e sulla costruzione di notizie di reato in aree sbiadite di azione ritenute meramente immorali senza fatti in relazione ai quali può essere esercitato il diritto di difesa.
Tali assunti emergono chiaramente dalla lettura dell'articolo 335 c.p.p., laddove il riferimento al "fatto" va inteso come richiamante la fattispecie oggettiva e soggettiva della tipicità. Il fatto deve poi essere "determinato", in tal modo valorizzandosi i canoni della precisione/determinatezza/tassatività. Il “non inverosimile” non va inteso nel senso di “fantasioso”, non potendosi intendere per tale l’attività degli inquirenti, ma come quale sinonimo di “empiricamente verificabile”, segnatamente provabile nel processo penale tendenzialmente accusatorio, valorizzandosi il versante processuale della determinatezza[49]. Allo stesso tempo, il riferimento alla "fattispecie incriminatrice" riafferma il valore della legalità e inibisce interpretazioni (vieta nella materia penale) analogiche, in ossequio al nuovo corso del divieto di analogia inaugurato dalla sentenza n. 98/2021 della Corte costituzionale[50]. Senza dimenticare come la nuova disciplina instaura anche un legame ideale tra la notizia di reato e l’imputazione, in modo che la prima ponga le premesse della seconda, innescando una sequenza di addebiti provvisori tutti protesi ad evitare che la fluidità delle indagini si traduca in una vaghezza dei presupposti e della consistenza temporale delle stesse.
Si pone così al centro della iscrizione una fattispecie, sia pur provvisoriamente ipotizzata, mettendo così al bando tutte quelle indagini esplorative che, sino ad oggi, erano avviate per andare alla ricerca di una qualche fattispecie di reato e nelle quali le condotte ascritte agli indagati-imputati vengono 'trovate' dopo investigazioni ad amplissimo raggio relative a tipicità meramente processuali.
[1] In argomento, cfr. F. D’Arcangelo, L’udienza preliminare, in La riforma del sistema penale, a cura di A. Bassi - C. Parodi, Milano, 2022, 141 ss.; G. Garuti, L’efficienza del processo tra riduzione dei tempi di indagine, rimedi giurisdizionali e “nuova” regola di giudizio, in www.archiviopenale.it; T. Rafaraci, Archiviazione e udienza preliminare nella riforma Cartabia, in Dir. proc. pen., 2023, 161 ss.
[2] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, in Dir. pen. proc., 2023, 142 ss. In argomento, V. Manes, Giustizia mediatica, Bologna, 2022, il quale osserva che i media hanno trasformato la giustizia in spettacolo, portando notizie di indagini e processi attraverso giornali e telegiornali, salotti televisivi e talk show. L’Autore rileva che non si tratta solo di informazione o di cronaca giudiziaria, bensì di una rappresentazione spettacolarizzata dove la corretta descrizione dei fatti viene sacrificata all’impatto sull’audience, generando una tipicità mediatica che richiede simbolicamente punizione. Si dà vita in tal modo a una sorta di processo parallelo incurante delle regole e delle garanzie individuali, facendo leva sull’indignazione morale del pubblico e generando scandali. Nel tribunale mediatico il diritto rischia di rimanere imbrigliato nel giudizio dell’opinione pubblica, che trasforma automaticamente l’indagato in colpevole, negandogli il diritto alla presunzione d’innocenza, e travolgendo molti altri diritti fondamentali.
[3] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[4] D. Curtotti, L'iscrizione della notizia di reato e il controllo del giudice, in AA.VV., La riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, Pisa, 2022, 35 ss.
[5] A. Marandola, Notizia di reato, tempi delle indagini e stadi procedurali nella (prossima) riforma del processo penale, in Dir. pen. proc., 2021, 1570 ss.
[6] Si pensi a riforme in senso sempre più tassativo dell'art. 323 del 1990, 1997, 2020 e, forse, 2023, a fronte di interpretazioni che in una dimensione diametralmente opposta ne riespandono l'ambito applicativo per ricomprendervi l'eccesso di potere (cfr. Cass., 23 febbraio 2022, n. 13139). Si pensi agli interventi legislativi sulla colpa medica nel 2012 e nel 2017, a fronte di norme difficilmente intelligibili e poco funzionali allo scopo di tranquillizzare la classe medica, assai preoccupata da interpretazioni restrittive della non punibilità: cfr. Cass. pen., sez. un., 21 dicembre 2017 (dep. 22 febbraio 2018) n. 8770, che si è mossa alla ricerca di un'interpretazione costituzionalmente conforme attraverso un'attività ermeneutica spintasi dichiaratamente «oltre» la letteralità del testo, attraverso una reinterpretazione del canone dell'art. 12 delle preleggi. Per tale pronuncia «la valorizzazione del significato immediato delle parole, di quello derivante dalla loro connessione nonché della intenzione del legislatore», comporta il divieto ricavabile per l'interprete di «andare “contro” il significato delle espressioni usate», non implicando invece quello di andare «‘oltre” la letteralità del testo», soprattutto allorquando l'opzione ermeneutica prescelta rappresenti «il frutto di uno sforzo che si rende necessario per giungere a un risultato costituzionalmente adeguato, candidandosi così a dare luogo, in presenza di una divisione netta nella giurisprudenza delle sezioni semplici, al “diritto vivente” nella materia in esame» (§ 5). Sulla base di tale premessa, si è ritenuto che esulino dall'area di non punibilità non solo le forme di negligenza e imprudenza ma anche quelle di imperizia grave (nell'atto esecutivo). Resta il dubbio se possa una siffatta “interpretazione”, etichettata come «costituzionalmente conforme», dirsi davvero conforme a Costituzione, allorché si arrivi al punto di introdurre nel corpo di una fattispecie dal tenore letterale inequivoco (seppure di dubbia costituzionalità), come l'art. 590-sexies c.p., un elemento nuovo e ulteriore (la distinzione tra gradi di imperizia) e per di più in malam partem, con effetti limitativi della non punibilità. In sostanza, occorre chiedersi se davvero possa il giudice, «sperimentando un'interpretazione delle norme che consenta di dare loro concreta attuazione», spingersi oltre un testo, nel quale si è tradotta — seppure con formulazione tecnicamente infelice — la discutibile ma precisa scelta di riconoscere un trattamento di minore severità sanzionatoria alle condotte mediche connotate da imperizia, abbandonando qualsivoglia gradazione Si pensi ancora alle iscrizioni "generalizzate" di tutti i soggetti coinvolti in un evento avverso, e cioè di tutti i professionisti sanitari che hanno avuto in cura il paziente, senza specifici approfondimenti e solo per la necessità, dietro il paravento di un "atto dovuto", di dovere compiere attività irripetibili, vale a dire effettuare l'autopsia, senza distinzione di ruoli e coinvolgimento concreto nella singola vicenda. Un discorso analogo vale anche in caso di infortuni sul lavoro o di disastri colposi: cfr. in tema le lucide considerazioni di C. Cupelli, L'art. 590-sexies nelle motivazioni delle Sezioni Unite: un’interpretazione ‘costituzionalmente conforme’ dell’imperizia medica (ancora) punibile, in Cass. pen., 2018, 1470 ss.
[7] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[8] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[9] Il presupposto della disciplina è il rilievo, avvalorato da noti e autorevoli precedenti - si pensi alla Circolare del Ministero della Giustizia 11 novembre 2016, alla Circolare della Procura di Roma del 2 ottobre 2017 (c.d. Circolare Pignatone) e agli Orientamenti della Procura generale presso la Corte di cassazione del 3 giugno 2019 in merito all'osservanza delle norme sulle iscrizioni - secondo cui, come si desume dal tenore letterale dell'art. 109 disp. att., si è dinanzi ad un'attività valutativa che comporta l'esercizio di una discrezionalità tecnica, di modo che nessun automatismo è configurabile nella scelta sull'an, sul quando, sul quomodo e sull'ubi (id est in quale registro) l'iscrizione debba essere effettuata. Per la circ. min. giustizia 11 novembre 2016, 5 "l'iscrizione è un atto a struttura complessa, nel quale simbioticamente convivono una componente 'oggettiva', qual è la configurazione di un determinato fatto ('notizia') sussumibile nell'ambito di una determinata fattispecie criminosa; e una componente 'soggettiva', rappresentata dal nominativo dell'indagato, dalla cui individuazione soltanto i termini cominciano a decorrere". V. già, Cass. Pen., SS.UU., 24 settembre 2009, Lattanzi, in Cass. pen., 2010, 503. In dottrina, cfr. D. Curtotti, L'iscrizione della notizia di reato e il controllo del giudice, cit., 35 ss. A. Marandola, Notizia di reato, tempi delle indagini e stadi procedurali nella (prossima) riforma del processo penale, cit., 1570 ss.
[10] R. Aprati, La notizia di reato nella dinamica del procedimento penale, Napoli, 2010; A. Zappulla, La formazione della notizia di reato. Condizioni, poteri, effetti, Torino, 2012.
[11] V. Maiello, Indagini e udienza preliminare nello specchio della legalità penale. Testo della relazione tenuta al X Convegno Nazionale Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale, dedicato a "I nuovi percorsi del sistema sanzionatorio tra ricerca di efficienza e garanzie", 1 ss. del dattiloscritto.
[12] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[13] Una ancora preziosa esemplificazione di atti costituenti pseudonotizie di reato si rinviene nella circ. min. giustizia 11 novembre 2016, 5 e 6.
[14] A. Marandola, Notizia di reato, tempi delle indagini e stadi procedurali nella (prossima) riforma del processo penale, cit., 1570 ss. Si profila anche il possibile effetto collaterale e indesiderato costituito da una interpretazione in chiave "difensiva" (per usare un termine noto alla medicina negli ultimi anni) dei nuovi requisiti della notizia di reato che conduca i pubblici ministeri a optare più spesso per iscrizioni a modello 45 non al fine di abusarne, bensì accogliendo un'impostazione sovrapponibile a quella che, a fronte della nuova regola di giudizio della ragionevole previsione di condanna, fa immaginare l'aumento di archiviazioni chieste dal pubblico ministero al fine di evitare pesanti smentite del proprio operato in udienza preliminare (cfr. A. Cabiale, I nuovi controlli giudiziali sui tempi della fase investigativa: una riforma tanto attesa quanto indispensabile, in Leg. pen., 2022, 9 ss.). In ogni caso, va subito rilevato come dal nuovo tenore dell'art. 335 c.p.p. continui a ricavarsi il principio della assoluta tempestività dell'iscrizione che deve comunque essere rispettato, malgrado la mole di notizie che possa gravare sull'ufficio e malgrado la complessità dello scrutinio da effettuare.
[15] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[16] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[17] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[18] Realizzando un raccordo con l'art. 63, comma 1 cpp, che, nel disciplinare le dichiarazioni indizianti, riconduce alla presenza di “indizi” a carico del dichiarante la possibilità che si instauri nei suoi confronti un procedimento penale e rievocando le indicazioni delle Sezioni Unite Tammaro del 2000, ove si era chiarito che per l’iscrizione nominativa non bastassero meri sospetti, ma occorressero specifici elementi indizianti, ossia una piattaforma cognitiva tale da consentire l’individuazione a carico di una persona degli elementi essenziali di un fatto astrattamente qualificabile come reato con l’indicazione di fonti di prova.
[19] L’ipotesi è frequente in tema di responsabilità sanitaria, in particolare alle attività mediche in équipe, e in materia antinfortunistica o ambientale riconducibile a organizzazioni societarie complesse.
[20] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[21] Nel quadro di un'importazione critica rispetto alla nozione "sostanziale" di notizia di reato, A. Cabiale, I controlli giudiziali, cit., 8.
[22] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss. Direttamente connessa alla problematica appena accennata è l’introduzione del nuovo art. 335-bis c.p. p. amente del quale “la mera iscrizione nel registro di cui all’art. 335 non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito”. Al fine di mitigare le possibili proiezioni pregiudizievoli dell’iscrizione soggettiva della notizia di reato, in ragione dell’innalzamento del relativo standard probatorio, ma anche nella consapevolezza della inevitabile fragilità di un ragionamento da condursi allo stadio iniziale dell’inchiesta, la nuova norma sterilizza alcuni effetti dell’iscrizione a tutela della presunzione di innocenza.
[23] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[24] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[25] Cass. Pen., SS.UU. 24 settembre 2009, Lattanzi, in Cass. pen., 2010, 503. In termini analoghi, Cass. Civ., SS.UU., 18 aprile 2018, n. 9557, G., in CED, 648128-01. Contra Cass. Pen., SS.UU., 10 giugno 2009, Fruci, in Giur. it., 2010, 423. In termini critici rispetto all'orientamento volto ad escludere il potere di retrodatazione, G. Insolera, Sul controllo della tempestiva iscrizione nel registro previsto dall'art. 335 c.p.p., in Dir. pen. proc., 2018, 1359. Anche la Corte costituzionale è stata chiamata in due occasioni a confrontarsi con la questione. Così, con ordinanza 22 luglio 2005, n. 307, in www.giurcost.org, la Consulta ha dichiarato manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 335, comma 1, 405, comma 2, e 191 c.p.p., nella parte in cui consentivano - in caso di iscrizione tardiva - la possibilità di utilizzare gli atti processuali compiuti oltre il termine previsto dall'art. 405, comma 2, del codice di rito, "con riferimento all'epoca di individuazione degli elementi configuranti indizi di reato nei confronti della persona il cui nome [fosse] stato tardivamente iscritto nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.". La Corte ha considerato che, nel prospettare le censure, il giudice rimettente aveva omesso di svolgere qualsiasi considerazione in ordine alle ragioni per le quali, alla luce del dato normativo, non risultasse possibile una diversa ricostruzione ermeneutica delle disposizioni impugnate, tale da sottrarre le stesse al contrasto ipotizzato con i parametri invocati. In altra occasione (ordinanza Corte cost. 1° dicembre 2006, n. 400, in www.giurcost.org) la Consulta ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 407, comma 3, c.p.p. "nella parte in cui non prevede[va], in caso di ritardo abnorme o comunque ingiustificato nella iscrizione della notizia di reato a cura del pubblico ministero ex art. 335 c.p.p., l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine di cui all'art. 405, comma 2, c.p.p., calcolato a far tempo dal momento in cui la notizia di reato avrebbe dovuto essere iscritta". Ad avviso della Corte, il quesito si sostanziava nella richiesta di una declaratoria di illegittimità costituzionale fondata su parametri del tutto aspecifici, quali quelli del "ritardo abnorme" o dell'"ingiustificato ritardo" nella iscrizione della notizia nel registro ex art. 335 c.p.p. con conseguente evidente inammissibilità del petitum per totale genericità dei suoi presupposti. In argomento, di recente, C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[26] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[27] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[28] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[29] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[30] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[31] Tali aggettivi erano già presenti nella L. delega n. 134 del 2021 e mirano a ridurre ad ipotesi eccezionali il sindacato sulle scelte del pubblico ministero, in modo da evitare di riconoscere all'indagato e al giudice una sorta di generalizzato potere di intromissione nelle valutazioni della pubblica accusa, che derivano dall'esercizio di una discrezionalità tecnica imposta dall'assetto costituzionale.
[32] Sul punto, A. Zappulla, Retrodatazione dell'iscrizione della notitia criminis nella prospettiva de iure condendo, in Cass. pen., 2015, 3811 e 3816.
[33] A. Marandola, Notizia di reato, tempi delle indagini e stadi procedurali nella (prossima) riforma del processo penale, cit., 1570 ss.
[34] C. Conti, L’iscrizione della notizia di reato nel prisma dell’azione: nuovi requisiti e finestre di giurisdizione, cit., 142 ss.
[35] Tale profilo è magistralmente evidenziato da V. Maiello, Indagini e udienza preliminare nello specchio della legalità penale, cit., 1 ss.; cfr. altresì le considerazioni di V. Maiello, Relazione all’incontro di formazione permanente organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura - La successione delle leggi penali e processuali nel tempo (19-21 aprile 2023).
[36] A. Gargani, Processualizzazione del fatto e strumenti di garanzia: la prova della tipicità “oltre ogni ragionevole dubbio”, in LP 2013, 839 ss.; T. Padovani, Il crepuscolo della legalità nel processo penale. Riflessioni antistoriche sulle dimensioni processuali della legalità penale, in IP 1999, 527 ss. Con particolare riferimento all’area della criminalità organizzata, cfr. G. Di Vetta, Tipicità e prova. Un’analisi in tema di partecipazione interna e concorso esterno in associazione di tipo mafioso, in www.archiviopenale.it; V. Maiello, Il concorso esterno tra indeterminatezza legislativa e tipizzazione giurisprudenziale, Torino 2019, 85 ss.
[37] Cfr. l’accurato recente lavoro monografico di S. De Blasis, L’intellegibilità come misura oggettiva di prevedibilità della norma penale, Napoli, 2023, che si propone di individuare con estrema chiarezza un parametro oggettivo alla stregua del quale valutare la conoscibilità del precetto per il suo destinatario e, conseguentemente, la prevedibilità di cui all’art. 7 Cedu per poi comprendere attraverso quale strumento consentire a tale principio di far ingresso nel nostro ordinamento. L’oggettività del metro di misura è apparsa per l’Autrice irrinunciabile per evitare sovrapposizioni di piani che farebbero giungere, essi stessi, ad una decisione imprevedibile secondo un approccio case by case. Facendo leva sulle parole utilizzate recentemente dalla Corte costituzionale (Corte cost., 31 maggio 2018, n. 115 e 14 maggio 2021, n. 98), l’Autrice ha individuato il corollario costituzionale della “intellegibilità” della disposizione da vagliare quale presupposto oggettivo della prevedibilità in cui svolge ruolo di primo piano solo la qualità della legge che assume connotazioni specifiche nell’ambito del rapporto legge-cittadino. Si è ritenuto che la determinatezza (su tale principio, per tutti, cfr. F. Palazzo, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Padova, 1979) – vecchia “vestale” della legalità (cfr. V. Maiello, La legalità della legge nel tempo del diritto dei giudici, Napoli, 2020, 9 ss.) – non potesse assolvere da sola a questo compito pur restando corollario irrinunciabile benché troppo maltrattato. Accanto ad un principio volto ad imporre al legislatore di prevedere fattispecie concretamente verificabili, è quindi risultato infatti indispensabile inserire un criterio volto a fissare un limite minimo di chiarezza del testo della legge per il cittadino in mancanza del quale qualsiasi riferimento a determinatezza e tassatività risulta superfluo o persino inutile. Il discorso sviluppa la prevedibilità della decisione giudiziaria, in auge grazie alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che costituisce oggi uno dei temi più dibattuti degli ultimi anni forse anche per aver messo allo scoperto falle del nostro sistema incentrato su una legalità positiva che strizza ormai l’occhio ad una nuova legalità giurisprudenziale, tanto che il “diritto” penale sta cambiando senza che sia mutata la “legge” penale; cfr. in argomento, A. Santangelo, Precedente e prevedibilità. Profili di deontologia ermeneutica nell’era del diritto penale giurisprudenziale, Torino, 2022. La conoscibilità del precetto e la prevedibilità della sanzione ci pongono davanti al problema della crisi della legalità che non è tanto crisi della riserva di legge quanto, piuttosto, deficit della determinatezza che fomenta applicazioni giurisprudenziali non in linea neppure con un’interpretazione teleologicamente orientata; cfr. in tema V. Maiello, La legalità della legge nel tempo del diritto dei giudici, cit., 9 ss.
[38] V. Maiello, Il concorso esterno tra indeterminatezza legislativa e tipizzazione giurisprudenziale, cit., 85 ss.
[39] Su tale profilo, cfr. le acute considerazioni di A. D’Amato, I progetti organizzativi degli uffici di Procura dal 2024, secondo la legge Cartabia e la prossima circolare consiliare per il quadriennio 2024/2027, in corso di pubblicazione in questa Rivista, 9 ss. del dattiloscritto, il quale evidenzia che il novum del d.lgs. n. 150/2022 costituisce “un’assunzione di responsabilità del potere politico, attraverso la consacrazione dei criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale”. L’Autore mette bene in luce il nesso tra i profili organizzativi e ordinamentali/valoriali dei “criteri di priorità”, in una dimensione tesa a tutelare, nel contesto del principio di legalità penale, valori costituzionali come “la indipendenza esterna del pubblico ministero dal potere politico”, rendendo “intelligibile e comprensibile la progettualità degli uffici di Procura e la loro azione quotidiana, sulla base anche di una corretta e completa comunicazione istituzionale”. Evidenzia ancora l’Autore che la disciplina del d.lgs. n. 150/2022 mira a “non lasciare, esclusivamente, nelle mani del procuratore della Repubblica ovvero del singolo sostituto il potere di decidere su quali notizie di reato intervenire prioritariamente, al fine di scongiurare il pericolo della sovraesposizione del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e, nel contempo, a riattribuire gli spazi di competenza a chi ha responsabilità strettamente politiche; a garantire la autonomia interna, negli uffici di procura, ai singoli sostituti, nei rapporti fra di loro e con il procuratore della Repubblica, attraverso scelte condivise (collegiali) nelle strategie investigative”.
[40] V. Manes, Dalla “fattispecie” al “precedente”: appunti di deontologia “ermeneutica”,in Dir. pen. cont., 17 gennaio 2018, 6.
[41] V. Maiello, Indagini e udienza preliminare nello specchio della legalità penale, cit., 1 ss.
[42] F. Palazzo, Il principio di determinatezza nel diritto penale, cit., 40 ss.
[43] V. Maiello, Indagini e udienza preliminare nello specchio della legalità penale, cit., 1 ss.
[44] V. Maiello, Indagini e udienza preliminare nello specchio della legalità penale, cit., 1 ss.
[45] Enunciato ora dal solo art. 408, comma 1, c.p.p., essendo stato abrogato l’art. 125 disp. att., s.c.
[46] T. Rafaraci, Archiviazione e udienza preliminare nella riforma Cartabia, cit., 161, il quale rileva che radicando sulla medesima formula sia il criterio dell’archiviazione, sia quello del “non luogo a procedere”, il legislatore abbia voluto recuperare una sovrapponibilità semantica di regole indispensabile a sottolineare la funzione di controllo (sull’azione) adempiuta dall’udienza preliminare.
[47] V. Maiello, Indagini e udienza preliminare nello specchio della legalità penale, cit., 1 ss.
[48] V. Maiello, Indagini e udienza preliminare nello specchio della legalità penale, cit., 1 ss.
[49] V. Maiello, Indagini e udienza preliminare nello specchio della legalità penale, cit., 1 ss.
[50] La nuova dimensione del corollario costituzionale del divieto di analogia è messa in evidenza da V. Maiello, Procedimento di scelta del contraente – Legalità della legge e divieto di analogia sfavorevole nella turbativa delle procedure selettive, in Giur. it., 2022, 2487 ss.