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Magistratura Indipendente

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO  

L’intelligenza artificiale: la rivoluzione culturale del millennio

  Giudiziario 
 venerdì, 11 ottobre 2024

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di Giuseppe ONDEI, Presidente della Corte d’Appello di Milano

 
 

Sommario
1. Introduzione – 2. Intelligenza artificiale e giustizia predittiva – 2.1. Le possibili applicaizoni dell’intelligenza artificiale all’attività giurisdizionale – 2.2. Le Problematiche – 3. L’intelligenza artificiale nell’organizzazione degli uffici giudiziari – 3.1. Il valore del fattore organizzativo nel sistema giudiziario – 3.2. Condizioni favorevoli all’applicazione dell’intelligenza artificiale all’organizzazione degli uffici – 3.2.1. Reclutamento e formazione – 3.4. Limiti – 3.5. Possibili applicazioni - 3.5.1 Pesatura e assegnazione delle cause - 3.5.2 Catalogazione delle cause e individuazione di cause seriali - 3.5.3. Creazione di data lake - 3.5.4. Applicazioni in ambito di mediazione - 3.5.5. Calcolo dei termini processuali e sostanziali e programmazione delle udienze - 3.5.6. Gestione delle risorse - 3.6. Intelligenza artificiale e l’Ufficio per il Processo - 3.7. L’esperienza della Corte d’Appello di Milano - 3.7.1. – Il simulatore - 3.7.2. Il report trimestrale gestionale integrato - 3.7.3. Il sistema di monitoraggio degli addetti all’Ufficio del processo (A.U.P.) - 3.8. Conclusioni sull’IA nell’organizzazione degli uffici giudiziari - 4. Riflessioni generali sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

 

  1. - Introduzione

L’intelligenza artificiale è il tema del momento: le diatribe sull’impatto della stessa evocano la dicotomia tra apocalittici e integrati sviscerata da Umberto Eco negli anni Sessanta in relazione agli effetti dei mass media sulla società: effetti deleteri per gli apocalittici e esaltanti per gli integrati. Non so esattamente da che parte sta la ragione ma di sicuro con l’intelligenza artificiale si realizzerà quella che per usare un icastico termine di Heidegger possiamo definire una Kehre, ossia una svolta radicale.

 

Tutti ne parlano, tutti si industriano ad immaginare le caratteristiche di un mondo sempre più popolato da automi capaci di svolgere ogni sorta di attività come e meglio degli esseri umani i quali ne sono, perciò, al tempo stesso affascinati ma pure un po’ spaventati. Insomma, viviamo in un tempo in cui il sol dell’avvenire sarà più digitale. Nel suo ultimo libro lo scienziato Ray Kurzweil racconta, addirittura, che l’intelligenza artificiale trasformerà l’umano (dai modelli di business all’allungamento della vita) tanto che nel 2045 si verificherà la singolarità: ci fonderemo con il computer e diventermo sovrumani.

 

In questo contesto si intravede nettamente la possibilità che anche l’esercizio della giurisdizione e più in generale il mondo giuridico possa fare un salto quantico ed essere governato totalmente o parzialmente dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale.

 

  1. - Intelligenza artificiale e giustizia predittiva.

La giurimetria e la giustizia predittiva suscitano interesse e attenzione unitamente al concetto di algoritmo che sta alla base di tali epifenomeni.

 

L’utilizzo di nuovi modelli decisionali e dell’intelligenza artificiale in campo giuridico secondo taluni offre diversi vantaggi come la maggiore certezza del diritto, la perfetta imparzialità e l’uniformità delle interpretazioni legali.

Tre aspetti del mondo giuridico che hanno sempre connotato ontologicamente il diritto ed ai quali il diritto ha sempre cercato di tendere in maniera asintotica.

E del resto la predizione decisoria - cioè la possibilità di prevedere quali potranno essere le decisioni future dei giudici su casi analoghi – e la conseguente certezza giuridica, del resto, costituiscono un’aspirazione di fondo della giustizia.

Si pensi che nel 1666 Leibniz nella Dissertatio de arte combinatoria spinto dall’utilizzo della matematica come lingua caratteristica universale del pensiero umano ebbe a proporre la matematica come metodo e scienza in grado di operare un calcolo logico di tutti i pensieri e di trasporli in equazioni logiche utilizzando la logica sequenziale o combinatoria del ragionamento. Sappiamo, poi, che Leibniz dovette ricredersi.

 

Oggi il dogma della certezza è insidiato dal pluralismo giuridico contemporaneo, dal venir meno della struttura gerarchica delle fonti, da un diritto a larga matrice giurisprudenziale, sempre più elastico e formulato per princìpi e dalla crisi del concetto di ‘fattispecie’.

L’intelligenza artificiale sembrerebbe promettere di sostituire a questo quadro complesso un paesaggio lineare, riproponendo l’idea tipicamente illuministico-positivista di un diritto “calcolabile” per usare un’espressione di Natalino Irti.

 

Non solo, l’uso di algoritmi:

  • potrebbe persino essere in grado di rimediare “all’immobilismo giudiziario” fenomeno causato, soprattutto in ambito penale, dall’enorme numero di cause pendenti che lede il principio della ragionevole durata del processo;

  • potrebbe facilitare la gestione del ruolo del giudice chiamato a pronunciare la sentenza, ma anche l’attività degli avvocati nella definizione della strategia difensiva e quella degli inquirenti nella costruzione dell’impianto accusatorio.

 

A fronte di queste asserite e in parte vere magnifiche sorti e progressive io credo, però, che sia necessario porsi alcune domande e iniziare a darsi alcune, provvisorie e rudimentali, risposte.

 

2. 1. Le possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale all’attività giurisdizionale

 

Ci sono attività nel campo giuridico che sicuramente potranno trarre enormi vantaggi dall’applicazione dell’intelligenza artificiale senza apparenti controindicazioni.

E così, per esempio, il supporto alla decisione del giudice: in questo caso il giudice può essere aiutato da sistemi di intelligenza artificiale di varia natura. Si possono annoverare strumenti che possono raggruppare casi simili e porli all’attenzione del giudice per favorire una certa omogeneità nelle decisioni. In questo insieme, si possono, financo, annoverare strumenti di ragionamento automatico giuridico ma solo per un controllo di coerenza logica degli argomenti adottati dal giudice nella motivazione con riguardo alla decisione finale.

 

Vi è, poi, un ambito che, invece, è più problematico – quello che io definirei la “faccia oscura” - e dove l’applicazione dell’intelligenza artificiale impone una particolare attenzione: è quello del supporto alla redazione delle sentenze o di atti. Qui l’intelligenza artificale sembrerebbe molto efficace anche nell’aiutare il giudice nella redazione delle sentenze o l’avvocato nella redazione di atti, suggerendo definizioni legislative e riferimenti giurisprudenziali adeguati al caso, corretti e completi, applicando modelli di redazione tali da rendere la sentenza o l’atto più efficace e anche gestibile mediante analisi computazionale.

In particolare, con riguardo all’attività del giudice nell’ambito del diritto civile, per esempio, si può fare applicazione dell’intelligenza artificale in relazione alla disciplina dei “filtri” all’impugnazione, dichiarando manifestamente infondato l’appello quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolto. In questa circostanza, utilizzando casi conformi e modelli probabilistici uniti a tecniche di machine learning, si possono creare delle dashboard che possono supportare la decisione dei giudici calcolando la probabilità di successo o meno di un determinato caso corredato da elementi argomentativi.

In campo penale, invece, è suggestiva l’introduzione della c.d. “udienza filtro” che dovrebbe identificare i casi nei quali non vi siano elementi sufficienti per innescare un dibattimento e, quindi, per avviarsi verso una sentenza di “di non luogo a procedere”. In questo caso è possibile ricorrere a modelli di intelligenza artificiale, flessibili rispetto ai parametri indicati dall’esperto, che sono in grado di elaborare una previsione da sottoporre all’attenzione del giudice.

2.2. Le problematiche.

Qui, però, iniziano a sorgere i problemi come quello del controllo sull’elaborazione di eventuali algoritmi decisionali o sul controllo delle fonti alle quali si è rivolta l’intelligenza artificiale. E che il problema esista lo si può agevolmente dedurre dal fatto che recentissimamente è stato presentato un disegno di legge dal Ministro della Giustizia nel quale si prevede"che i sistemi di intelligenza artificiale sono utilizzati esclusivamente come supporto per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario, nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale"

Il problema, infatti, a ben vedere sorge dal fatto che l’accuratezza della giustizia predittiva dipende dalla qualità dei dati utilizzati; se i dati sono inficiati da pregiudizi o si basano su bias discriminatori queste tare potrebbero essere amplificate dagli algoritmi di apprendimento automatico, producendo come risultato decisioni ingiuste o sbagliate.

A questo proposito si può far riferimento a casi concreti in più ambiti. E’ stato dimostrato che, nel momento in cui la concessione di mutui era subordinata alla decisione degli algoritmi, venivano penalizzati i richiedenti non caucasici nonostante quest’ultimi versassero nelle stesse condizioni economiche dei richiedenti bianchi. Molte associazioni impegnate nella tutela dei diritti umani, come Amnesty International, hanno denunciato le problematiche relative al riconoscimento facciale che tende a favorire perquisizioni e controlli nei confronti delle persone di colore poiché considerate a priori come soggetti maggiormente inclini a commettere reati. Paradigmatico anche il caso di Eric Loomis negli Stati Uniti, dove gli strumenti di giustizia preventiva vengono utilizzati sia nell’attività di prevenzione sia in sede repressiva, a fini investigativi, cautelari e decisori (si pensi ai risck assessment tools finalizzati alla previsione di comportamenti recidivanti). Eric Loomis, cittadino afroamericano, fu fermato dalla polizia nel 2013 poiché coinvolto in una sparatoria. In seguito, fu nuovamente arrestato perché si era rifiutato di fermarsi per un controllo. Nel nuovo processo Loomis venne condannato a una pena detentiva pari a sei anni di reclusione sulla base di una valutazione del rischio di recidiva (risk assessment). Tale sentenza, infatti, era frutto dell’algoritmo “Compas” che, sviluppato da un’azienda privata, aveva considerato Loomis come un soggetto ad alto rischio per la commissione di nuovi reati sulla base di alcune risposte fornite ad un questionario.

Bisogna poi considerare che in generale gli algoritmi sono coperti da brevetto industriale sicché il loro funzionamento è segreto e tutto ciò pone forti e preoccupanti interrogativi relativi al rispetto del diritto di difesa dell’imputato e del diritto ad un equo e giusto processo.

L’opacità relativa alle modalità di funzionamento dell’algoritmo che spesso impedisce alle parti di comprendere il suo modo di procedere e la logica delle decisioni assunte è stata anche presa in considerazione da tempo anche in ambito europeo. Si pensi, per esempio, alla Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, emessa dalla Commissione per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ). Il 3 dicembre 2018 la CEPEJ (organismo giudiziario composto da tecnici, rappresentativo dei 47 Paesi che ne fanno parte), attraverso l’emissione della succitata Carta, ha sancito i cinque principi basilari da osservare in Europa in materia di intelligenza artificiale:

  1. principio del rispetto dei diritti fondamentali: l’elaborazione e l’utilizzo di strumenti e di servizi di intelligenza artificiale devono essere compatibili con i diritti fondamentali;

  2. principio di non discriminazione: è necessario prevenire lo sviluppo o l’intensificazione di discriminazioni tra persone o gruppi di persone attraverso l’uso di sistemi di intelligenza artificiale;

  3. principio di qualità e sicurezza: riguarda l’utilizzo di tecnologie che processano decisioni e dati giudiziari che vengono poi utilizzati per l’emissione di nuove sentenze. Per questo motivo, quindi, è necessario utilizzare fonti certificate e dati intangibili con modelli elaborati multi disciplinarmente in un ambiente tecnologico sicuro; non scordiamoci mai che esiste un fenomeno generale per cui gli esseri umani sono propensi ad attribuire una certa autorità intrinseca ai risultati suggeriti dai sistemi di intelligenza artificiale e nella nostra quotidianità abbondano esempi di questo sottile “condizionamento”;

  4. principio di trasparenza e imparzialità: bisogna rendere le metodologie di trattamento dei dati accessibili e comprensibili anche mediante l’autorizzazione di verifiche esterne;

  5. principio del controllo da parte dell’utilizzatore: si deve prescindere da un approccio prescrittivo e bisogna accertare che gli utilizzatori siano attori informati e abbiano il controllo delle loro scelte.

Una menzione va fatta, poi, anche alle linee guida presentate dal Parlamento Europeo il 3 giugno 2023 e all’AI Act regolamento UE 1689/2024 che è la prima legge al mondo che ha la funzione di promuovere lo sviluppo responsabile dell’intelligenza artificiale stessa garantendo, comunque, la protezione dei cittadini e la tutela dei loro diritti. I sistemi di intelligenza artificiale, infatti, saranno analizzati e classificati in base al grado di “pericolo” che rappresentano per i cittadini.

Ma la necessità di avere una regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale oltre che per i problemi sopra esposti scaturisce anche dall’esigenza di evitare il più possibile gli effetti distorsivi del sistema che potrebbero essere generati dalla predizione decisoria. Gli effetti distorsivi a cui si fa riferimento sono di due ordini: in primo luogo, si rischia un appiattimento delle decisioni future su quelle passate con una sostanziale evaporazione della cd. giurisprudenza creativa in senso derivativo e non legislativo; in secondo luogo potrebbero essere introiettati moduli di standardizzazione delle stesse relazioni umane che finirebbero per privare gli uomini del senso di giustizia e di ragionevolezza, che verrebbe sostituito con la conformità ai parametri derivanti dall’algoritmo: un modello aberrante a cui alla fine ci si aspetterebbe che si conformasse non solo il giudice in tutta la sua attività decisoria, ma, ancor prima, lo stesso legislatore, eliminando via via ogni forma di valutazione discrezionale.

In relazione a quest’ultimo punto è importante guardarsi anche dal mito della neutralità dell’algoritmo, che sarebbe insensibile ai soggettivismi e alle passioni umane. In realtà si tratta di un’illusione dal momento che questo strumento opera nel modo per il quale è stato programmato a funzionare e, dunque, riflette necessariamente la ‘visione’, anzitutto etica, del suo programmatore.

L’uso della giustizia predittiva, anzi, rischia di incidere negativamente sulla stessa imparzialità del magistrato, la quale deve essere considerata una sua qualità ontologica. Invero, il giudice che dovesse decidere di emettere una sentenza non conforme al risultato prodotto dall’algoritmo assumerebbe maggiori rischi in termini di responsabilità professionale e personale. Proprio per questo motivo, dunque, non sembra irrealistico immaginare che i giudici possano essere riluttanti a farsi carico di questo onere, in particolare nei sistemi in cui il loro mandato non è permanente ma è soggetto a voto popolare o in quelli in cui le garanzie previste dalla legge in materia disciplinare sono insufficienti.

Proprio per questo motivo non bisogna pensare che lo sviluppo tecnologico possa portare a sostituire la componente umana nello svolgimento di ruoli così importanti e di responsabilità, non solo in campo giuridico ma anche in altri campi professionali come la medicina dove l’uso delle nuove tecnologie ha iniziato a produrre i primi risultati concreti.

Ma un altro punto non può essere ignorato.

Oggi in Italia – a parte il regolamento UE sopra citato che però sarà pienamente applicabile entro due anni - non vi è ancora una disciplina dell’uso dell’intelligenza artificiale sicché non c’è nessun divieto o limite all’utilizzo non potendosi ritenere tale il fatto che l’uso di algoritmi decisionali in sede processuale si pone in aperto contrasto con l’art. 6 della CEDU e con l’art. 111 della Costituzione. È vero che il nostro sistema è dominato dal principio di sottoposizione del giudice solo alla legge (art. 101.2 Cost.) ma questo principio proprio al più portare a dirci che né gli strumenti predittivi a fini decisori, né gli strumenti di predizione decisoria possono determinare effetti vincolanti.

  1. - L’intelligenza artificiale nell’organizzazione degli uffici giudiziari .

L’intelligenza artificiale è uno strumento dalle pressochè infinite possibilità di applicazione. Tale considerazione impone a chi dirige gli uffici giudiziari il dovere di valutare le possibili applicazioni dei sistemi di intelligenza artificiale anche all’organizzazione degli stessi.

    1. - Il valore del fattore organizzativo nel sistema giudiziario.

Ormai da anni si discute dell’importanza, all’interno del sistema giustizia, del fattore organizzativo, ritenuto una valida leva per combattere le inefficienze della giurisdizione che, negli anni, sono state evidenziate dalle condanne emesse dalle corti internazionali nei confronti del nostro Paese a causa dalla durata eccessiva dei procedimenti giudiziari.

Invero, le questioni organizzative, a partire dalla modifica dell’art. 111 Cost. – che ha introdotto il principio della ragionevole durata del processo – sembrano oramai far parte dello studio dei sistemi giudiziari.

La riforma dell’art. 111 della Costituzione, infatti, ha avuto il pregio di porre all’attenzione di tutti gli operatori della giustizia il fattore tempo, quale elemento centrale dell’esercizio della funzione giurisdizionale.

In altri termini, sebbene il valore dell’efficienza della giustizia – definibile, secondo una visione tipicamente economica, come l’allocazione ottimale delle risorse rispetto ai risultati che la giustizia è chiamata a realizzare – non trovi una formulazione legislativa espressa nelle fonti che regolano il procedimento giurisdizionale, esso può ritenersi compreso proprio nel concetto di ragionevole durata del processo, costituzionalizzato nell’art. 111 della nostra Carta fondamentale.

Si è capito, quindi, che le riforme legislative volte ad incidere sul rito non possono da sole risolvere i problemi che affliggono il sistema giudiziario, esse devono essere accompagnate da una migliore gestione delle risorse disponibili.

In particolare, segnale di questo cambiamento di approccio è il diffondersi di concetti prima estranei al mondo della giustizia italiana, come: efficienza, qualità del servizio, soddisfazione dell’utenza, flussi di lavoro, programmazione, accountability, ecc…

Il capo di un ufficio, quindi, deve sviluppare skills manageriali e così il presidente di sezione. Gli stessi giudici devono gestire i loro ruoli dimostrando anche capacità organizzativa.

Questa esigenza di efficienza e, quindi, di organizzazione, si scontra, però, con due fattori di rilievo: a) la notoria carenza di mezzi e personale che affligge l’apparato giudiziario, tanto che non c’è inaugurazione di anno giudiziario nella quale non si presentino in punto cahiers de doleances che riecheggiano, talvolta, le stesse parole come un mantra o, rectius, un gargarismo sociologico; b) i processi di controllo di gestione e controllo strategico, ormai consolidati nella P.A., che faticano a decollare nel mondo giudiziario.

All’interno della tematica in esame, si inserisce prepotentemente l’avvento dell’intelligenza artificiale, la quale potrebbe, in parte, contribuire a sopperire alle carenze organiche che affliggono gli uffici giudiziari. I sistemi di intelligenzaaArtificiale, infatti, possono svolgere rapidamente compiti che, se svolti da un uomo, potrebbero rivelarsi molto lunghi e impegnativi, aumentando così l’efficienza degli uffici.

Sebbene, come sopra illustrato, i primi studi e le prime applicazioni sperimentali dell’intelligenza artificiale in ambito giudiziario abbiano interessato prevalentemente la tematica della giustizia predittiva, tale innovazione tecnologica può svolgere un ruolo da protagonista anche in relazione all’organizzazione degli uffici giudiziari tanto più se si considera che l’intelligenza artificiale applicata all’organizzazione degli uffici giudiziari non porta con sé i medesimi rischi e controindicazioni che, invece, emergono qualora essa venga accostata alla giustizia predittiva. (v. sopra).

 

3.2 - Condizioni favorevoli all’applicazione dell’intelligenza artificiale all’organizzazione degli uffici.

Per cogliere al meglio i potenziali significativi benefici dell’intelligenza artificiale è, però, importante creare le condizioni favorevoli. Alcune di natura soft: consapevolezza, formazione e sviluppo di competenze ad hoc a tutti i livelli (operativi, specialistici e manageriali); altre di natura più hard come il miglioramento/consolidamento dei sistemi informativi, la certificazione della qualità dei dati gestiti, l’introduzione di meccanismi organizzativi di supervisione delle implementazioni basate sull’intelligenza artificiale, ecc.

 

3.2.1 - Reclutamento e formazione.

Tra le suddette condizioni un’attenzione particolare va data al reclutamento e alla formazione del personale. Il personale amministrativo e giudiziario deve essere formato non solo sull’utilizzo di questi nuovi strumenti tecnologici, ma anche sulle implicazioni etiche e operative che comportano. È necessario reclutare figure professionali che possano interfacciarsi con i sistemi di intelligenza artificiale in modo efficace, comprendendo sia le opportunità che i limiti di queste tecnologie.

La formazione iniziale deve, pertanto, includere non solo l’addestramento tecnico, ma anche una solida preparazione su come integrare l’intelligena artificiale nelle operazioni quotidiane senza perdere di vista gli aspetti umani e organizzativi. Inoltre, il reclutamento dovrebbe considerare la necessità di figure con competenze interdisciplinari, in grado di comprendere sia gli aspetti giuridici che quelli tecnologici.

In sintesi, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nella gestione delle risorse umane e materiali degli uffici giudiziari offre potenzialità enormi per migliorare l’efficienza e la sostenibilità del Sistema rafforzando il benessere organizzativo e l'efficacia del sistema giudiziario.

 

3.4 - Limiti.

Occorre, tuttavia, rammentare che l’intelligenza artificiale non può condurre ad una deresponsabilizzazione dell’essere umano, il quale rimane al centro di ogni processo decisionale, assumendosi, quindi, il compito di valutare se la proposta formulata dai sistemi computerizzati possa essere realmente applicata senza pericoli. Insomma, come dicono gli inglesi vi è sempre lo human on the loop. In breve l’intelligenza artificiale non potrà mai apparire come un’affascinante Sibilla informatica (l’algoritmo) che dal suo antro (il computer) fornisce ai postulanti (giudici o dirigenti degli Uffici) che sottopongono i loro quesiti (inserendo dati relativi alle risorse umane e materiali dell’Ufficio o del ruolo) il suo ambiguo vaticinio profetico sui risultati organizzzativi.

 

3.5 - Le possibili applicazioni.

Se ora andiamo a declinare alcune possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale nel medio periodo in tema di organizzazione degli uffici giudiziari possiamo svolgere le osservazioni che seguono.

 

3.5.1 - Pesatura e assegnazione delle cause.

Gli algoritmi su cui si basano i sistemi di intelligenza artificiale funzionano grazie all’inserimento di parametri e criteri di vario genere individuati dall’essere umano; ecco, allora, che si rende possibile, convertendo in linguaggio matematico i criteri utilizzati dai presidenti di sezione nell’attività di pesatura delle cause, demandare a tali sistemi il compito di valutare la potenziale complessità di una causa e persino proporre un’assegnazione equa ai giudici delle cause. In punto non si può ignorare che i sistemi informatici del P.C.T., già contengono la possibilità di assegnare automaticamente i procedimenti pervenuti, ma andrebbero perfezionati e affinati.

Ciò, però, che spetta all’intelletto umano è individuare i corretti criteri di valutazione di una causa - quali, a titolo esemplificativo, il numero delle parti coinvolte, la quantità delle domande svolte o, in ambito penale, dei capi di imputazione contestati, il rumor degli imputati ecc. - e attribuire ad ognuno di tali criteri un valore numerico, così che possano essere utilizzati all’interno di un algoritmo. Tale attività consentirebbe ai sistemi di intelligenza artificiale di svolgere un calcolo immediato della “difficoltà” della causa; sarà, poi, il computer a procedere alla c.d. pesatura.

Una volta “pesato” il fascicolo, sarebbe possibile stabilire il carico attribuibile a ciascun magistrato, basandosi su criteri tanto quantitativi che qualitativi - badando quindi sia al numero delle cause affidabili in un determinato periodo di tempo ad un singolo magistrato, sia alla difficoltà delle stesse ovviamente sempre tenendo presente il carico esigibile individuato da ciascuna sezione o ufficio per ciascun magistrato.

La corretta riuscita di tale procedimento dipenderà sempre dall’individuazione dei giusti parametri da parte dei magistrati a cui sono affidati incarichi direttivi o semi-direttivi sicché se tale attività umana verrà svolta in maniera ponderata e precisa, l’intelligenza artificiale consentirà, poi, di concludere il lavoro in un breve lasso di tempo.

 

3.5.2 - Catalogazione delle cause e individuazione di cause seriali.

Altra attività affine a quella di pesatura dei fascicoli è quella di catalogazione delle cause. Utilizzando i corretti parametri, infatti, è possibile demandare ai sistemi di intelligenza artificiale il compito suddividere le cause per materia, per tipologia di domande svolte, sino anche a dividerle sulla base delle questioni giuridiche ad essi sottese.

La possibilità di catalogare le cause in base alla materia trattata potrebbe avere un importante riscontro dal punto di vista organizzativo per le Corti d’Appello. I Presidenti delle Corti, infatti, qualora potessero prendere coscienza delle materie maggiormente trattate dagli uffici circondariali, potrebbero tempestivamente adeguare il numero di magistrati addetti alle varie sezioni proprio in funzione del carico di lavoro che sopravverrà. È auspicabile, dunque, la creazione di un sistema automatico di catalogazione e calcolo delle cause pendenti in primo grado che comunichi direttamente con gli uffici distrettuali, così che questi possano prepararsi correttamente alle esigenze future. Ciò, tra l’altro, permetterebbe di non impegnare i nostri funzionari statistici in lunghe e laboriose estrazioni di dati dalle base-dati esistenti.

La suddivisione delle cause per materie abbinata a sistemi di lettura O.C.R. potrebbe, poi, consentire di individuare le c.d. “cause seriali”, ossia quelle controversie che si distinguono solamente per le parti coinvolte, ma che presentano il medesimo petitum e la medesima causa petendi. I sistemi di intelligenza artificiale porterebbero ad una più rapida individuazione delle cause in questione, favorendo e accelerando anche il dialogo tra i giudici del singolo ufficio qualora i procedimenti in questioni propongano questioni giuridiche dalla soluzione incerta.

Inoltre, la corretta individuazione di questa tipologia di cause potrebbe consentire di assegnare le stesse al medesimo giudice o al medesimo collegio, così da rendere più celere l’attività decisoria: in buona sostanza la serialità di una causa verrebbe a rientrare tra i parametri dei quali il sistema di intelligenza artificiale dovrà tenere conto nell’attività di proposta di assegnazione delle cause di cui si è parlato in precedenza.

 

3.5.3 - Creazione di data lake.

Ulteriore ambito in cui è possibile ipotizzare a medio termine l’utilizzo dell’intelligenza artificiale è quello della creazione dei c.d. data lake, ossia sistemi di archiviazione dei dati che consentano di conservare un’enorme quantità di informazioni più complete rispetto a quelle in uso e che forniscano risposte più conferenti agli input ricevuti. Si parla, quindi, della creazione di sistemi innovativi, volti a facilitare l’attività degli operatori della giustizia e, al contempo, a garantire agli “utenti” del servizio giustizia un certo grado di prevedibilità della giurisprudenza, tale da disincentivare azioni giudiziali meramente pretestuose, che ingolfino ingiustificatamente i ruoli dei magistrati.

La creazione di archivi di dati grezzi, non strutturati o semi-strutturati, provenienti da diverse fonti, che possono essere utilizzati per l’analisi e l’elaborazione consentirebbe anche di incrementare il livello di nomofilachia, trasparenza e pubblicità delle decisioni.

 

A differenza dei database tradizionali, che richiedono una strutturazione e un’organizzazione preliminare dei dati (come avviene in una data warehouse), un data lake consente di archiviare i dati così come sono, mantenendo la loro forma originale. I data lake possono includere non soltanto file di testo ma anche immagini, video, dati di sensori, documenti, transazioni finanziarie e molto altro. Questo nuovo approccio offre una grande flessibilità, poiché i dati possono essere processati e analizzati successivamente in base alle esigenze, utilizzando tecniche di big data, machine learning e altre forme di analisi avanzata.

 

Dal punto di vista del loro funzionamento si potrebbero ipotizzare applicazioni alle raccolte giurisprudenziali che potranno, in concreto, fornire diverse tipologie di risposte; in particolare, potrebbero mettere a disposizione dell’utente massime ed estratti dei provvedimenti emessi dall’ufficio, oppure un raggruppamento dei punti di motivazione rilevanti per un determinato argomento ovvero, ancora, un aggregato di dati statistici particolarmente raffinati sui procedimenti trattati dall’ufficio.

 

In sintesi, l’intelligenza artificiale potrebbe essere impiegata, in via preliminare, come uno strumento di catalogazione dei provvedimenti – sulla base di vari aspetti: riferimenti normativi, giurisprudenziali, oggetto della causa, questioni sottese alla stessa – al fine di creare le banche dati in questione e, successivamente, come avanzato motore di ricerca in grado di fornire risposte accurate, conformi alla domanda effettuata e organizzate in modo specifico alle diverse richieste.

 

Concludendo gli strumenti fin qui descritti possono svolgere una funzione organizzativa nella misura in cui, semplificando e valorizzando il confronto tra i giudici, risultino idonei a supportare la giurisdizione sia prevenendo le domande di giustizia con effetti deflattivi sia nell’attività di smaltimento dell’arretrato e diminuzione del disposition time.

 

 

3.5.4 - Applicazioni in ambito di mediazione.

Un compito importante degli operatori della giustizia - quali i magistrati ma più in particolare gli addetti all’Ufficio per il processo – è, altresì, quello di individuare in ambito civilistico i presupposti di mediabilità di una lite; come impone la riforma della giustizia recentemente intervenuta, che, nel tentativo di risolvere il problema dei ritardi giudiziari, ha cercato di ampliare l’applicazione dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie.

A fronte di tale quadro normativo, non pare, poi, così inutile la creazione di una banca dati digitale conciliativa, contenente tanto le ordinanze ex art. 185 - bis c.p.c. e le ordinanze di invio in mediazione, quanto i verbali di conciliazione, ordinati per materia. Ai fini della creazione della stessa, può essere molto efficace l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ad esempio, allo scopo di rendere anonimi i dati sensibili delle parti coinvolte dai provvedimenti contenuti nella banca dati.

Successivamente alla creazione della stessa, poi, si potrebbe impiegare l’intelligenza artificiale affinché la banca dati fornisca risposte utili per “parole chiave”, sino anche ad immaginare che, attraverso specifici sistemi di machine learning, la macchina possa essere in grado di compiere una primissima scrematura dei fascicoli connotati da un alto tasso di mediabilità.

A tal proposito, risulta molto interessante la sperimentazione svolta dal Prof. Paolo Nesi, in collaborazione con il Tribunale di Firenze, che ha sviluppato il software Explainable Artificial Intellingence tool for Meidation Agile (XAI4MA), con il quale ha raggiunto l’obiettivo di suddividere le cause tra quelle “mediabili”, “non mediabili” e “neutre”, così da consentire ai giudici di individuare rapidamente le cause da rimandare in mediazione, anche quando essa non sia prevista dalla legge come condizione di procedibilità dell’azione. Tale sistema valuta la propensione delle parti a giungere ad un accordo conciliativo sulla base del contenuto degli atti processuali, procedendo anticipatamente a rendere anonimi i dati sensibili, così da evitare che valutazioni soggettive possano incidere sulla valutazione del software.

 

3.5.5 - Calcolo dei termini processuali e sostanziali e programmazione delle udienze.

L’intelligenza artificiale sta trasformando molti settori, compreso quello giuridico grazie alla sua capacità di analizzare grandi quantità di dati, automatizzare processi complessi e migliorare l’efficienza operativa. Nel contesto dei termini processuali e sostanziali offre un potenziale significativo per semplificare e perfezionare attività tradizionalmente laboriose e soggette a errori umani.

Una delle applicazioni più promettenti in questo ambito riguarda il calcolo dei termini di prescrizione. Utilizzando algoritmi avanzati, l’intelligenza artificiale può gestire automaticamente il calcolo di questi termini, considerando le varie normative applicabili e le specifiche del caso come i reati coinvolti e le cause di sospensione. Questo permette di ottenere calcoli più rapidi e precisi riducendo il rischio di errori che potrebbero avere conseguenze gravi.

Oltre al calcolo dei suddetti termini, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata nella programmazione delle udienze. Grazie alla sua capacità di analizzare e correlare i dati, un sistema di intelligenza artificiale può sincronizzare i termini di prescrizione con il calendario delle udienze, segnalando con avvisi urgenti la necessità di anticipare udienze in vista di imminenti scadenze. E questo non solo garantisce il rispetto dei termini legali ma contribuisce anche ad una gestione più efficiente e reattiva del processo.

Ma ancora: l’intelligenza artificiale può ben essere applicata nel calcolo dei termini massimi di custodia cautelare. Anche in questo caso l’intelligenza artificiale può monitorare i tempi e inviare le modifiche automatiche quando si avvicina la scadenza, permettendo così ai magistrati ed al personale di cancelleria di intervenire tempestivamente.

Tra l’altro in quest’ultimo campo l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per verificare e rivedere calcoli effettuati manualmente o da altri sistemi per individuare eventuali errori o incongruenze aggiungendo così un ulteriore livello di sicurezza e precisione e riducendo il margine di errore umano.

Si potrebbe, infine, ipotizzare, la creazione di alert anche con riguardo ai parametri delle cd. performance degli Uffici in modo che l’intelligenza artificiale quando tali parametri raggiungono soglie prossime alla negatività avvisino con tempestività il capo dell’ufficio o il presidente della sezione dando anche indicazioni precise sull’andamento degli stessi e sulle cause della negatività. Diversa - e per ora ancora lontana dal realizzarsi – è, invece, l’eventuale proposta dell’intelligenza artificilae di soluzione o di progetto di recupero.

 

3.5.6 - Gestione delle risorse.

Guardando, poi, all’orizzonte sempre in espansione delle nuove tecnologie, è agevole ritenere che i sistemi di intelligenza artificiale arriveranno anche ad elaborare proposte in merito alla corretta allocazione delle risorse, umane e materiali, di cui dispone il singolo ufficio.

Si profila un futuro in cui i sistemi di intelligenza artificiale potrebbero avere un ruolo cruciale nella gestione delle risorse umane e materiali all’interno degli uffici giudiziari. L’intelligenza artificiale offre l’opportunità di migliorare significativamente sia il controllo di gestione che il controllo strategico, aiutando a ottimizzare l'efficienza operativa e la pianificazione a lungo termine.

Quanto al controllo di gestione e al controllo strategico l'intelligenza artificiale, per esempio, potrebbe essere utilizzata per monitorare e gestire in modo ottimale l'allocazione delle risorse, sia umane che materiali. Un sistema di intelligenza artificiale potrebbe, così, analizzare dati relativi al numero di persone assegnate a ciascun ufficio, al tempo medio necessario per completare i compiti, e al volume di lavoro da evadere. Questi dati potrebbero essere utilizzati per identificare gli uffici che necessitano di supporto aggiuntivo e suggerire interventi correttivi per evitare sovraccarichi di lavoro o inefficienze.

Sul piano strategico, poi, l'intelligenza artificiale potrebbe aiutare a pianificare meglio la distribuzione delle risorse a lungo termine analizzando i dati storici e le tendenze emergenti nonché fornendo indicazioni preziose su come adattare la gestione delle risorse alle mutevoli esigenze del sistema giudiziario, permettendo una pianificazione più proattiva e informata.

Quanto, invece, al fattore umano, nonostante le potenzialità dell'intelligenza artificiale è fondamentale riconoscere che ci sono aspetti della gestione delle risorse che richiedono una sensibilità umana, come il livello di coesione e collaborazione all'interno dei teams. Il benessere organizzativo, infatti, è un elemento chiave che sfugge alla mera analisi algoritmica, e pertanto, l'intelligenza artificiale deve essere vista come uno strumento di supporto, non come un sostituto delle decisioni umane.

 

3.6 - Intelligenza artificiale e l’Ufficio per il Processo.

L'Ufficio per il Processo (UPP) rappresenta un elemento cruciale nell'evoluzione organizzativa della giustizia italiana, specialmente in relazione all'implementazione delle tecnologie di intelligenza artificiale. Gli addetti all'UPP svolgono un ruolo fondamentale non solo nel supporto alle attività giurisdizionali, ma anche nel favorire i processi di digitalizzazione e innovazione all'interno degli uffici giudiziari.

Le mansioni degli addetti all'UPP includono lo studio dei fascicoli, la predisposizione di bozze di provvedimenti, il supporto all'organizzazione delle udienze, e l'assistenza diretta ai magistrati. Questa figura professionale è inserita a pieno titolo nel contesto amministrativo e giuridico, contribuendo anche alla gestione delle attività di cancelleria. In particolare, gli addetti partecipano attivamente all'innovazione organizzativa dell'ufficio, monitorando i risultati e proponendo soluzioni per migliorare l'efficienza del sistema​.

In questo contesto, l'intelligenza artificiale può rappresentare un prezioso strumento di ausilio per gli addetti all'UPP. Ad esempio, gli algoritmi di intelligenza artificiale possono essere impiegati per analizzare grandi quantità di dati giurisprudenziali, accelerando la preparazione dei fascicoli e la stesura delle bozze di provvedimenti. Inoltre, l'intelligenza artificiale può aiutare nel monitoraggio delle performance e nel suggerire miglioramenti organizzativi, contribuendo, così, a rendere l'attività giudiziaria più rapida ed efficiente.

Il Ministero della Giustizia, nella circolare del 3 novembre 2021, ha sottolineato l'importanza di istituire servizi trasversali dedicati all'innovazione e alla digitalizzazione degli uffici giudiziari. Questo evidenzia il rapporto sinergico tra l'UPP e l'introduzione di sistemi di intelligenza artificiale, che non solo possono essere implementati grazie al lavoro degli addetti, ma possono anche potenziare l'efficacia e la rapidità con cui questi operano.

In definitiva, l'UPP e l'intelligenza artificiale costituiscono insieme un binomio capace di modernizzare e rendere più efficiente l'amministrazione della giustizia, contribuendo significativamente agli obiettivi del PNRR e alla riduzione dell'arretrato giudiziario.

 

3.7 - L’esperienza della Corte d’Appello di Milano.

Presso la Corte d’Appello di Milano, abbiamo introdotto alcuni sistemi informatici che svolgono un ruolo rilevante e crescente (c’è una curva di apprendimento da gestire) nell’organizzazione dell’ufficio, poiché consentono di monitorare e programmare l’attività giurisdizionale o di assistenza alla giurisdizione.

In particolare, la Corte d’Appello di Milano si è data l’obiettivo di potenziare la propria capacità di monitoraggio e di programmazione dell’attività delle sezioni, al di là delle pianificazioni operative già normalmente presenti, su base trimestrale in funzione dell’esigenza di verificare con tempestività:

  • il raggiungimento degli obiettivi del PNRR,

  • i risultati in divenire delle variabili chiavi del Programma di Gestione (in particolare risultati attesi e carichi esigibili),

  • l’andamento dei target tendenziali, autodefiniti questi ultimi dalle sezioni, per rappresentare gli obiettivi strutturali cui tendere e corrispondenti ad un buon livello di efficienza (durata effettiva, durata prognostica - oltre il PNRR -, anzianità del magazzino pendenti, qualità dei risultati).

Tra gli strumenti informatici introdotti sembra opportuno soffermarsi su tre sistemi che più stanno incidendo nella trasformazione del modo di organizzare e gestire le attività organizzative presso la Corte.

 

3.7.1 - Il simulatore.

In primis, un sistema che richiama, come modalità di funzionamento, l’intelligenza artificiale, è il c.d. simulatore.

Con tale strumento si vuole dare alle sezioni la possibilità di ottimizzare la propria operatività nel tempo, in termini di qualità, risultati prodotti e benessere dei magistrati in funzione delle risorse esistenti: le sezioni , infatti, con tale strumento possono integrare la loro pianificazione operativa e le ipotesi decisionali eventualmente formulate, restituendo in tempo reale i risultati prospettici alternativi (due possibili scenari e una proiezione inerziale a fine anno di quanto già accaduto) a fine anno e con scansione trimestrale.

Il simulatore - che si propone il calcolo per l’anno in corso dei risultati previsionali delle variabili chiave- include:

  • una simulazione base e una alternativa (per facilitare il confronto di diverse ipotesi);

  • una proiezione inerziale, che sviluppa automaticamente a fine anno le variazioni registrate tra i flussi in divenire su base trimestrale rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente;

  • un confronto trimestre per trimestre tra simulazioni, proiezione inerziali r e risultanze dell’anno precedente;

L’insieme delle variabili chiave presenti nei report gestionali sono rappresentate nelle simulazioni.

I dati da inserire nelle simulazioni sono semplici, in specifico:

  • i definiti per settimana/mese o udienza (quelli consuntivi sono assunti automaticamente);

  • i sopravvenuti prospettici per trimestre (come variazione rispetto all’anno precedente avendo assunto i consuntivi dell’anno corrente);

  • eventualmente, variazioni di FTE rispetto all’organico già presente in sezione o in divenire (pensionamenti e trasferimenti).

Tale strumento consente di calcolare per l’anno in corso i risultati che l’ufficio potrebbe raggiungere in tema di provvedimenti emessi, oltre ad essere in grado di prevedere diversi scenari sulla base di alcune variabili chiave, quali:

  • i procedimenti definiti per settimana, per mese o per singola udienza,

  • la previsione di cause che sopravverranno nel trimestre successivo, che viene effettuata sulla base dei dati dell’anno precedente

  • l’eventuale variazione di organico della singola sezione.

Il simulatore consente, quindi, in maniera rapida ed automatica, di monitorare l’andamento dell’attività giurisdizionale e di verificarne l’adeguatezza rispetto agli obiettivi, ma anche di controllare che venga rispettato il carico esigibile medio di sezione.

 

3.7.2 - Il report trimestrale gestionale integrato.

Questo strumento integra e mette in relazione le diverse fonti statistiche già a disposizione della Corte rendendo disponibile alle sezioni e alla Presidenza un insieme consistente di informazioni sugli andamenti rilevati, sulla produttività e sui principali indicatori di monitoraggio. L’intento è quello di disporre di una base informativa “fattuale”, cioè trasparente, completa e condivisa nelle metodiche, in grado di consentire la piena comprensione del posizionamento periodico di ciascuna sezione e di supportare analisi, discussione e decisione a livello di sezione e di Corte.

Le informazioni statistiche di flusso (sopravvenuti, definiti e pendenti) vengono raccolte per gli ultimi 5 anni, per l’ultimo trimestre progressivo e per gli ultimi 8 trimestri di periodo. Vengono calcolati con le medesime scansioni temporali:

  • i full time equivalent (FTE) dei giudici e, attraverso l’incrocio di questi ultimi dati con i flussi di cui sopra, vengono costruiti indici di produttività (indipendenti dalla pianta organica);

  • i tradizionali indici andamentali (DT, smaltimento e ricambio).

Flussi, indicatori di produttività e di andamento sono resi confrontabili nel tempo sia come differenze di dati che come grafici di andamento.

Ulteriormente, vengono esposte misure di durata effettiva dei processi, analisi di anzianità del magazzino pendenti con scansione annuale e per fasce standard (< 6 mesi, 6 -12 mesi, 12 -24 mesi 24 -36 mesi e > di 36 mesi) permettendo un semplice confronto trimestrale delle “stratificazioni” rappresentate.

Vengono, infine, monitorati gli obiettivi del PNRR e le variabili del programma di gestione.

3.7.3. - Il sistema di monitoraggio degli addetti all’Ufficio del processo (A.U.P.).

Un ulteriore strumento informatico che consente un corretto ed efficace monitoraggio dell’attività degli A.U.P. è stato realizzato in concomitanza dell’istituzione dell’Ufficio per il processo. In particolare, la Corte richiede a tutti gli addetti di fornire un report mensile, oltre che giornaliero in caso di smart working, relativo al lavoro svolto.

Tali resoconti vengono forniti tramite l’app FORMS del pacchetto Office 365. I dati, inseriti rispondendo a semplici domande, confluiscono su un sistema di sintesi (basato excel) che, a sua volta, costituisce una vera e propria banca dati in grado di restituire: la tipologia e la quantità di attività svolte, consentendo così di analizzare:

  • la tipologia e la quantità di attività assegnate dai magistrati;

  • le ore di lavoro impiegate per ogni attività, così anche da individuare il tempo necessario per ogni compito assegnato, distinguendo, ad esempio, tra attività a beneficio della giurisdizione, servizi trasversali o attività di cancelleria, ecc.

3.8. - Conclusioni sull’IA nell’organizzazione degli uffici giudiziari.

Le soluzioni innanzi proposte, senza cadere nelle insidie solitamente addebitate alla “giustizia predittiva”, si fondano sull’idea di utilizzare l’intelligenza artificiale quale “abilitante organizzativo”, al fine di migliorare l’efficienza complessiva dell’ufficio giudiziario, così da intensificare l’attività giurisdizionale e, conseguentemente, attuare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo.

Alcune attività definibili come “amministrative”, sono, infatti, prodromiche all’esercizio della funzione giurisdizionale e i concetti di controllo di gestione e controllo strategico devono diffondersi, nonostante le peculiari caratteristiche, anche nei palazzi di Giustizia così come sta succedendo nelle altre PA. In questo ambito, sistemi automatizzati integrate con basi-dati di qualità, supportati dall’intelligenza artificiale certamente possono aiutare.

Anche nel mondo della giustizia, quindi, risulta doveroso andare incontro all’innovazione, facendo corretta applicazione degli strumenti tecnologici, così da valorizzarne i pregi e minimizzarne i difetti, adottando un approccio progressivo/evolutivo. Un approccio basato cioè su implementazioni mirate in ambiti delimitati, in cui costruire le condizioni per il successo dell’adozione dell’intelligenza artificiale (sia quelle di natura soft che hard di cui si accennava nella premessa). Dopodiché diffondere le implementazioni ad altri ambiti, capitalizzando buone pratiche, esperienza e know how acquisito.

 

4. - Riflessioni generali sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Infine, si impongono alcune brevi riflessioni generali sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

 

I sistemi di intelligenza artificiale sono basati su un ragionamento per casi, elaborano con estrema velocità enormi quantità di dati attraverso tecniche di autoapprendimento che consentono loro di risolvere problemi inediti non previsti originariamente dal software (intelligenza generativa), ma che, tuttavia, non consentono loro di stabilire connessioni “logiche” tra proposizioni; tali sistemi non comprendono il vero significato delle loro prestazioni perché non riescono a elaborare ‘ragionamenti’ che siano di una qualche complessità: essi non sono, dunque, strutturalmente in grado di utilizzare il tipico strumento di lavoro del giudice rappresentato dal ragionamento giuridico.

Bisogna essere chiari: una linea netta separa la mente umana da quella meccanica; il diverso ragionare. La prima intelligenza ricorre al metodo logico-causale per spiegare perché un fatto sia accaduto: la mente meccanica si pone, invece, una domanda più semplice: cosa accadrà? La risposta è nel metodo statistico-predittivo: l’intelligenza artificiale anticipa probabili condotte future secondo quanto è stato finora. In breve: l’uomo – come insegnatoci anche da Noam Chomsky - è interessato al perché, al significato, l’inyelligenza artificiale al cosa. L’intelligenza artificiale, del resto, ad oggi è priva di quelle che Aristotele chiamava virtù dianoetiche ossia quelle che assistono l’intelletto o meglio l’intuizione intellettuale. Alla stessa mancano, altresì, quelle virtù etiche come l’empatia, lo stupore, la compassione. Insomma, lo homo iuridicus tecnologicus è cosa ben diversa dall’automa iuridicus perché il primo è un uomo mentre con la diffusa applicazione del secondo, per usare un’espressione del filosofo bresciano Emanuele Severino si decreta la “morte dell’uomo” o quanto meno si trasforma l’uomo da pastore dell’essere in funzionario della tecnica.

Ma ancora, della giustizia come ars boni et aequi può esistere una versione da tradurre in toto in equazioni logiche?

Ecco, io credo che alla fine di queste iniziale e brevi considerazioni si possa giungere ad un primo approdo.

L’intelligenza artificiale c’è e la sua applicazione sarà sempre più diffusa nel mondo giuridico unitamente alle sue inaspettate e strabilianti prestazioni che potranno avere ricadute positive - ma ad una condizione: che l’intelligenza artificiale sia intesa ed utilizzata come un supporto per l’attività del giudice e dell’avvocato non come un suo sostituto: Essa, infatti, è un valore aggiunto per la capacità di raccogliere ed elaborare i dati in un modo che l’essere umano non può sostenere. L’elemento decisionale, però, deve rimanere nelle mani del giudice – come quello intellettuale nelle mani dell’avvocato -: figure entrambe che sono in grado di cogliere sfumature e peculiarità del singolo caso concreto che sono indispensabili per prendere decisioni giuste ed eque o redigere atti di livello qualitativo.

Insomma, la fatica del legislatore e la sfida che dovranno affrontare gli operatori giuridici nell’immediato futuro sarà quella di ricercare nuovi equilibri rifuggendo sempre dall’idea di contrapporre il digitale all’ umano. Sarebbe un approccio fuorviante perché proporrebbe una visione antagonistica tra due componenti che devono invece agire in piena sinergia pur precisandosi che è necessario che tutti si resti saldamente ancorati ad una visione non solo etica, ma anche antropocentrica dell’impiego delle tecniche di intelligenza artificiale nel processo.

Perché alla fine, per riprendere la dicotomia di Umberto Eco citata all’inizio tra apocalittici e integrati evolverà darwinianamente solo chi si adatterà nel rispetto della componente antropocentrica: ossia quelli che si potrebbero definire i rinnovatori.

Ma un problema ancor più grave e complesso si affaccia.

In virtù di tali cambiamenti, infatti, si impone la necessità di ridefinire i principi che regolano e spiegano la realtà. L’intelligenza artificiale, infatti, non opera con la ragione umana, non ha motivazioni o intenzioni umane e non è capace di autoriflessioni; di conseguenza, l’introduzione di tali sistemi renderà più complessa l’applicazione agli esseri umani dei principi elaborati nel corso della storia dell’umanità. Il mondo medievale ebbe la sua imago Dei, i suoi modelli agrari feudali, la sua devozione alla Corona e il suo orientamento per le svettanti altezze delle guglie delle cattedrali. L’epoca della ragione ebbe il suo cogito ergo sum e la sua ricerca di nuovi orizzonti. L’era dell’intelligenza artificiale, invece, è ancora alla ricerca dei propri riferimenti organizzativi, morali e della consapevolezza dei suoi limiti: e deve affrettarsi per evitare che l’intelligenza artificiale non diventi nulla più di una fede in un’estasi tecnologica.

Se non elaboriamo nuovi concetti per spiegare, interpretare ed organizzare le trasformazioni che stanno avvenendo, non saremo pronti ad affrontarle e a orientarci tra le loro conseguenze. Oggi una delle sfide poste dall’intelligenza artificiale sta proprio nel fatto che le capacità e le risorse necessarie per crearla non si accompagnano ad una prospettiva filosofica che consenta di comprendere le più vaste implicazioni. L’epoca dell’intelligenza artificiale ha bisogno del proprio Cartesio e del proprio Kant per spiegare che cosa si sta creando e che cosa ciò significhi per l'umanità.

 

Una conclusione, però, è sicura: dobbiamo attingere alle nostre più profonde risorse – ragione, fede, tradizione, tecnologia – per adattare il nostro rapporto con la realtà affinché rimanga umano perché l’applicazione informatica è in grado di offrire un numero, ma solo una persona è in grado di offrire una narrazione. La tecnologia può esporre il meccanismo; le persone devono trovare un senso. Solo l’intelligenza umana saprà guidare lontano dalle secche la nave tecnologicamente sempre più perfezionata ma inanimata dell’intelligenza artificiale.

Aristotele non conosceva gli algoritmi ma diceva che siccome la vita degli uomini è per molti aspetti imprevedibile, per governarla non ci si può affidare a una scienza esatta come la matematica, ma è necessario fare ricorso a quella virtù che è la saggezza (phronesis) la quale non parte da premesse evidenti che consentono di giungere a conclusioni inconfutabili come nel caso dei teoremi matematici.

L’algoritmo, del resto, non è interessato a sapere chi è l’uomo, ma solo come funziona e dal calcolo binario algoritmico sono esclusi quei tratti che qualificano l’uomo nella sua singolarità e nella sua relazione con il mondo biologico e culturale: al massimo questi aspetti vengono trattati come “rumore di fondo”. C’è qualcosa di “intrattabile”, come lo chiama Lyotard, che resiste ad ogni forma di trattamento , ci sono, come ci ricorda Heidegger, l’angoscia, la noia , la gioia che sfuggono al pensiero come calcolo, c’è la bellezza che quando non è stabilita dal mercato scatena, come diceva Kant, un sentimento senza concetto, c’è la follia che non è solo pazzia ma, come ci ricorda Jasper, anche creatività e genialità, e ci sono, infine, situazioni limite che costellano la precarietà dell’esistenza che non si lasciano programmare. Da ultimo c’è il pensiero umano, che quando davvero pensa e non si limita a calcolare, apre all’imprevedibile alle soluzioni “geniali” restituendo al futuro la sua natura di “avvenire non ancora avvenuto”.

 

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