PREMESSA
Gli elementi irrinunciabili per contribuire a rendere un ufficio giudiziario efficiente, primaria condizione per un processo efficiente sono essenzialmente tre e sono:
- il fattore legislativo;
- il fattore delle risorse;
- il fattore culturale.
Il primo fattore impone una disciplina legislativa moderna e tecnicamente adeguata a rispondere alla domanda di giustizia proveniente dalla società.
Il secondo fattore è costituito dalla predisposizione di risorse umane e materiali in misura sufficiente ad applicare nel miglior modo la disciplina legislativa.
Accanto ai primi due fattori, un ruolo decisivo ricopre il terzo fattore, quello culturale: l’intelligenza, la volontà, la passione, l’entusiasmo e lo slancio emotivo delle persone.
L’adeguatezza tecnica della disciplina legislativa da sola non è sufficiente, se non è associata alla capacità e competenza professionale degli avvocati, dei magistrati, del personale amministrativo, attraverso la loro reciproca collaborazione nell’ interpretare la legge nel modo migliore, nello stemperarne gli eventuali difetti.
A sua volta, la congrua disponibilità di risorse va accompagnata dalla capacità e competenza professionale di organizzare in modo efficiente il loro impiego. Dunque, la capacità di interpretare le norme e quella di organizzare le risorse sono problemi culturali, alla cui soluzione contribuiscono essenzialmente la formazione, le esperienze, le qualità professionali delle persone che, a vario titolo, con la loro attività, incidono sulla gestione del “Servizio Giustizia”.
Il vantaggio “Strategico” del terzo fattore, rispetto ai primi due, è quello di non avere bisogno della necessaria intermediazione di atti di esercizio del potere degli organi politici per essere immediatamente efficace. Quali che siano gli effetti delle decisioni del Parlamento o del Governo, rimane uno spazio relativamente indipendente a disposizione dell’attività quotidiana degli operatori del settore, per migliorare quegli effetti.
Tutto ciò vale ancora di più se si tratta di individuare gli elementi in grado di determinare il successo (ma anche il fallimento) dei nuovi strumenti nel settore tanto nella giustizia civile (PCT) come di quello penale (SICP – sistemi informatici di gestione dei flussi di atti, documenti e informazioni).
Pertanto, evitiamo atteggiamenti rinunciatari verso il PCT e quello che, da più parti, viene salutato come il nascente PPT (Processo Penale Telematico).
Simili atteggiamenti avrebbero come conseguenza solo quella di privare i nuovi strumenti di uno degli ingredienti più potenti, indispensabile per la loro affermazione: l’entusiasmo.
Aspetti organizzativi e tecnici dell’innovazione, le Buone Prassi.
L’organizzazione degli uffici giudiziari, volta al migliorare efficienza ed efficacia dell’azione giudiziaria, richiama l’applicazione del principio di buon andamento e imparzialità della P.A. (art. 97 Cost.), che, con altri principi, concorre a costruire il quadro costituzionale di riferimento per l’esercizio della giurisdizione.
Le buone Prassi rappresentano, per la Magistratura Italiana, la testimonianza più eloquente del terzo fattore, quello culturale e di questo ne dobbiamo andare fieri.
a) Perché esserne fieri?
b) A chi ascrivere il merito di questa direzione di marcia degli uffici giudiziari?
a) Dobbiamo essere fieri perché l’attività di analisi delle buone prassi censite dal Consiglio Superiore della Magistratura, a partire dal 2011, progressivamente sta facendo venire alla luce un nuovo modello di dirigente dell’ufficio giudiziario, un dirigente, cioè, che dinnanzi alle difficoltà, non si limita ad invocare maggiori risorse o modifiche normative, ma costruttivamente si sta sobbarcando un onere aggiuntivo, a volte anche in sostituzione dell’Amministrazione centrale o del CSM, in termini di organizzazione dell’ufficio e del processo.
b) In secondo luogo, a questa analisi si è potuti addivenire grazie al CSM che, con delibere 27 luglio 2010 e 16 marzo 2011, istituiva la Banca dati nazionale delle Buone Prassi. Si tratta di una innovazione di portata epocale, perché il CSM, con l’aiuto indispensabile degli uffici giudiziari, è riuscito a mettere su un patrimonio informativo delle realtà organizzative delle prassi territoriali, creando uno strumento di catalogazione e conoscenza a disposizione degli attori del sistema.
Il CSM, con delibera del 17/06/2015 ha rielaborato il settore nel segno di una selezione delle prassi attuali e più adeguate alla moderna situazione degli uffici giudiziari, per poi approdare, in data 08/07/2016, ad una nuova delibera “Dalle buone prassi ai modelli. Una prima manualistica ricognitiva delle pratiche di organizzazione più diffuse sugli uffici giudiziari italiani”.
Nel processo di osservazione e catalogazione delle prassi innovative segnalate dagli uffici, quelle sull’organizzazione del processo penale risultano la macro-area più fertile in tema di identificazione di nuovi modelli organizzativi, con ulteriore particolare riferimento all’attività degli uffici di Procura, “costretti” a coniugare le ridotte risorse con l’esigenza di assicurare un’adeguata risposta all’imponente richiesta di giustizia della collettività (spesso frutto di una legislazione emergenziale), attraverso buone prassi innovative e che sappiano massimizzare l’apporto innovativo dell’informatizzazione.
Le aree di catalogazione delle buone prassi.
L’analisi che segue riguarda tutte le Buone Prassi validate dal CSM - tra quelle comunicate dagli uffici giudiziari sino a metà settembre 2016 – in quanto considerate meritevoli di una particolare attenzione, anche al fine di sollecitarne la diffusione tra gli uffici giudiziari. Tali prassi sono state classificate in 7 macroaree:
a) Cooperazione con il territorio
b) Organizzazione del processo penale
c) Organizzazione del processo civile
d) Organizzazione dell'ufficio per l'assistenza al magistrato e dell'Ufficio del processo
e) Organizzazione dell'ufficio per l'assistenza al cittadino
f) Buone prassi informatiche - settore civile
g) Buone prassi informatiche - settore penale
3. Cooperazione con il territorio.
LA COOPERAZIONE CON SOGGETTI ESTERNI alla dirigenza degli uffici giudiziari ed in particolare l’adozione di buoni modelli organizzativi di “governance collettiva”.
Si tratta di strumenti organizzativi che prevedono la concertazione tra i diversi attori, interni ed esterni, interessati in qualche modo ai profili organizzativi e di innovazione dell’attività giudiziaria, che possono essere adottati o all’ interno di singoli uffici giudiziari oppure nell’ambito del coordinamento fra uffici del distretto.
I due ordini di esperienze, in qualche modo paralleli e complementari, sono :
- uno legato alla necessità di una sinergia “esterna” tra apparati giudiziari e attori estranei all’Amministrazione (Regioni, enti territoriali, Università, imprese);
- un altro legato alla ricerca di coordinamento “interno” ai singoli uffici - o agli uffici di un distretto - delle varie attività di innovazione fra tutti gli attori (magistrati, dirigenti, personale amministrativo, personale informatico, avvocati ecc.).
Entrambe le categorie di esperienze svolgono ruoli fondamentali nel settore dell’innovazione tecnologica, rappresentando la struttura preferenziale per gestire – ad esempio – le novità e le criticità rappresentate dal processo civile telematico e dall’informatizzazione del settore penale.
Questo profilo va considerato di elevato profilo strategico, caratterizzato dalla necessità di far fronte alla carenza di risorse mediante sinergie con soggetti esterni con la stipula di convenzioni e/o l’adozione di protocolli organizzativi volti, per un verso, a reperire risorse umane o materiali, per l’altro a semplificare le procedure di lavoro in modo da rendere più efficiente l’utilizzo delle risorse già disponibili.
L’evoluzione di queste iniziative ha condotto alla stabilizzazione di un modello più sistematico e stabile, che ha assunto la forma dei patti per la giustizia e dei tavoli di concertazione, con il supporto della stipula di convenzioni o di protocolli con soggetti esterni all’ufficio giudiziario.
L’altro modello, interno all’amministrazione giudiziaria, ha assunto le caratteristiche delle commissioni o degli uffici per l’innovazione.
I modelli di riferimento assumono nella prassi le denominazioni più diverse ma è utile una catalogazione che preveda una denominazione comune che il Csm suggerisce agli uffici, per facilitarne la consultazione, la stabilizzazione evolutiva e l’esportazione.
2a. “Tavoli per la giustizia”. Protocolli con soggetti esterni e Convenzioni con le Pubbliche Amministrazioni.
Il primo modello è dunque costituito dai “tavoli per la giustizia”: si sperimenta, per la prima volta in modo sistematico, un confronto con il mondo esterno, soprattutto con le realtà territoriali pubbliche e private, con la finalità sia di reperire risorse aggiuntive per il sistema giustizia, sia di concertare modelli di governo dell’attività giudiziaria che tengano conto e si arricchiscano dei contributi e delle richieste provenienti dalle varie espressioni della società.
Lo strumento convenzionale, usato inizialmente soprattutto dagli uffici requirenti, ha aperto la strada alla realizzazione di una rete di realtà territoriali pubbliche e private, ad esempio tra uffici giudiziari e amministrazioni finanziarie locali, con Università o aziende sanitarie, ovvero ancora con strutture private, che progressivamente hanno assunto un ruolo sempre più rilevante partecipando al governo dell’organizzazione del sistema giustizia. E’ questo un modello di “governance collettiva” in cui il territorio, nelle sue varie espressioni, partecipa al governo del sistema giustizia e quindi entra direttamente in contatto e interloquisce con l’ufficio giudiziario su tematiche rispetto alle quali, in passato, gli attori interni si sono sempre mostrati molto prudenti -se non del tutto refrattari- ad aperture verso l’esterno.
In un diverso ma altrettanto importante ambito occorre poi menzionare le numerose convenzioni stipulate dagli uffici giudiziari per accedere on line alle banche dati contenenti i dati anagrafici (ad es. con le Camere di Commercio, per accedere alle banche dati su imprese individuali e collettive).
La trasmissione delle notizie di reato.
All’interno di tale categoria vanno segnalate le prassi virtuose concernenti i rapporti tra le Procure e le realtà territoriali pubbliche e private (come convenzioni con amministrazioni finanziarie locali ovvero con Università o aziende sanitarie, ovvero ancora con strutture private), che consentono di individuare modelli organizzativi volti ad accelerare i tempi e la qualità delle comunicazioni tra gli enti attraverso l’uso di strumenti telematici e mediante un coordinamento delle rispettive modalità di lavoro.
Si inseriscono lungo questo solco alcune prassi riguardanti la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (malattie professionali con lesioni gravi / gravissime e le c.d. morti bianche), attraverso la trasmissione telematica delle relative notizie di reato. Su questo tema si registrano complessivamente le prassi organizzative fondate su protocolli e/o convenzioni fra Procure della Repubblica ed uffici INAIL ed ASL, dirette a semplificare, non solo la trasmissione della notitia criminis (in materia -si ripete- di infortuni sul lavoro o di malattie professionali), ma anche la immediata registrazione ed iscrizione della notizia medesima e la comunicazione del numero di procedimento alla polizia giudiziaria intervenuta ed agli altri enti, ai fini, precipui, di individuare il numero del procedimento ed il Pubblico Ministero assegnatario, cui far convogliare i c.d. seguiti. Appare evidente l’enorme risparmio di risorse che si riesce a realizzare evitando, da parte del personale amministrativo, affannose ricerche dei precedenti per inserire i c.d. seguiti.
Altre prassi concernono la lesione di interessi finanziari dello Stato italiano e l’Unione europea (violazioni finanziarie), attraverso la trasmissione telematica delle relative notizie di reato.
Rientrano nello stesso modello le convenzioni sottoscritte tra l’INPS e alcune Procure per la semplificazione della trasmissione delle denunce concernenti notizie di reato di omesso versamento contributivo.
Tali prassi coniugano due aspetti: i profili informatici, connessi all’uso di strumenti telematici (ove possibile) per trasmettere le informazioni e i profili organizzativi, rappresentati dall’adozione di standard nella trasmissione dei contenuti. Anche in questo caso gli aspetti informatici saranno oggetto di totale revisione nell’ambito dell’evoluzione del processo penale telematico. In particolare, con l’adozione del nuovo portale delle notizie di reato, e con l’estensione della possibilità di trasmettere anche i documenti tramite il portale, ogni forma di notizia di reato passerà necessariamente da tale unico canale di comunicazione.
I protocolli per le indagini preliminari.
Rientrano in quest’ambito tutti gli accordi volti a semplificare gli accertamenti e a rendere più spedite le indagini verso alcune categorie di reati in funzione dell’azione penale come quelli concernenti le fasce deboli, minorenni e donne; le convenzioni con Università o Aziende Sanitarie Locali per l’espletamento di indagini chimiche, ai fini del pronto reperimento di consulenti tecnici, per abbattere i tempi di svolgimento della consulenza e per garantirsi una prestazione qualitativamente elevata; i protocolli organizzativi in materia di demolizioni di immobili abusivamente costruiti, con le convenzioni con gli enti locali per il reperimento di risorse; i protocolli organizzativi in materia di frodi alimentari).
3. Coordinamento dell’attività di uffici diversi: la gestione degli scambi informativi nel processo penale.
Tali buone prassi tendono all’affinamento e rafforzamento dei rapporti di cooperazione fra uffici giudiziari, in particolare, i requirenti con quelli giudicanti. Si tratta soprattutto di protocolli che tendono a semplificare e ad abbattere i tempi della trasmissione di flussi informativi-documentali fra uffici, con evidenti ricadute in termini di durata complessiva dei procedimenti e di maggiore tenuta della segretezza degli atti di indagine. E’ indubbio che all’origine di tali protocolli vi sono carenze nelle strutture informativo-informatiche messe attualmente a disposizione dal Ministero della giustizia: invero le iniziative realizzate suppliscono all’assenza o insufficienza (allo stato) nel PCT di strumenti per il PM; di strumenti di comunicazione tra le Procure presso i tribunali e la Procura Generale e tra le Procure e gli uffici di sorveglianza, nonché di un progetto per la trasmissione delle notizie di reato in modalità telematica. Ma tali protocolli, oltre che disciplinare l’impiego del sistema telematico di comunicazione, disciplinano anche aspetti organizzativi, dettando regole che incidono sulle stesse modalità di lavoro degli uffici coinvolti e sulla qualità sia della comunicazione sia del materiale oggetto di comunicazione.
I gruppi di prassi riguardano l’adozione di moduli operativi fra uffici giudiziari (requirenti e giudicanti ovvero fra procure e tribunali civili), da cui possono trarsi modelli organizzativi volti alla semplificazione della trasmissione di atti fra uffici, attraverso l’impiego dell’informatica e dello strumento telematico:
- trasmissione telematica delle sentenze di primo grado alle Procure Generali per successive impugnazioni o visti;
- trasmissione telematica degli atti al Tribunale del riesame;
- comunicazione verbali di udienza in formato digitale alla Procura della Repubblica;
- utilizzo avanzato del TIAP attraverso protocolli fra Procura e Tribunale per far progredire il c.d. processo penale telematico dalla notitia criminis fino al II grado di giudizio;
- semplificazione della trasmissione (attraverso lo strumento telematico) di provvedimenti del giudice civile in materia di famiglie e persone dal Tribunale civile alla Procura della Repubblica per apposizione del visto o per la formulazione del parere, colmando la lacuna del PCT che non copre appunto gli affari civili delle Procure;
- convenzioni o protocolli fra Procura della Repubblica e Tribunale Civile -Sezione fallimentare per la semplificazione e la celere trasmissione di notizie e reciproci flussi di informazione concernenti procedure fallimentari o concorsuali minori come il concordato preventivo, ovvero ancora sentenze dichiarative dello stato di insolvenza e coevi procedimenti civili della Procura ovvero penali in tema di bancarotta (a partire dall’apertura del c.d. Mod. 45 sulla base della sentenza dichiarativa di fallimento).
La gestione degli scambi informativi rappresenta uno dei settori di maggiore attenzione da parte degli uffici che hanno realizzato numerose buone prassi caratterizzate da evidenti ricadute in termini di durata complessiva dei procedimenti. Tali buone prassi, che hanno rappresentato l’occasione per affinare e rafforzare i rapporti di cooperazione tra gli uffici giudiziari, sono rappresentate soprattutto da protocolli che tendono a:
· Semplificare le modalità di comunicazione tra gli uffici;
· Abbattere i tempi della trasmissione di flussi informativi-documentali fra uffici.
Non a caso il cuore di tali attività è rappresentato dalla introduzione di momenti di dematerializzazione degli atti processuali attraverso l’utilizzo di vari e differenti strumenti informatici. In alcuni casi gli uffici si sono limitati ad utilizzare le dotazioni di base già a loro disposizione (strumenti hardware quali scanner, pec, uso di cartelle condivise), in altri casi hanno introdotto software di mercato sfruttandone tutte le potenzialità (come nel progetto Digit), in altri sono riusciti ad accedere a finanziamenti pubblici esterni (come nel progetto Aurora) ovvero a finanziamenti ministeriali (come nel progetto Tiap) con cui sono stati realizzati dei software “customizzati”, in altri ancora hanno utilizzato dei progetti ministeriali ampliandone l’utilizzo (progetto Sidib).
Le iniziative vanno ricordate non tanto per la loro componente tecnico-informatica, destinata necessariamente ad essere ricondotta ad unità dal Ministero (che sta diffondendo attualmente il solo sistema Tiap, scelto come documentale unico, al quale tutti gli uffici fanno riferimento), quanto per il contributo culturale orientato al cambiamento che esse hanno indotto e per il contributo organizzativo che hanno sollecitato interventi solo apparentemente tecnologici, e che invece hanno richiesto l’adozione di nuovi schemi organizzativi e di lavoro. Invero, difettando il necessario presupposto del documento nativo digitale, ed in particolare della notizia di reato digitale, ogni forma di dematerializzazione muove necessariamente dalla necessità di scansire il documento cartaceo e impone quindi all’ufficio una valutazione se operare una scansione più o meno sistematica degli atti: scelta che richiede non solo l’adozione di uno strumento tecnologico ma anche, e soprattutto, una riorganizzazione dell’ufficio in relazione all’obiettivo di semplificare ed accelerare la trasmissione e comunicazione di atti. Quindi, i protocolli adottati, oltre che disciplinare l’impiego di un sistema telematico di comunicazione attraverso regole convenzionali che vincolano i vari uffici coinvolti (e cercano di risolvere, ove possibile, le carenze normative), disciplinano anche aspetti organizzativi, dettando regole che incidono sulle stesse modalità di lavoro e sulla qualità sia della comunicazione sia del materiale oggetto di comunicazione. La volontà di superare i limiti della gestione cartacea dei documenti è quindi l’obiettivo comune a tutte le esperienze. Il diverso dimensionamento degli uffici e dei volumi di lavoro, la diversa incidenza delle esigenze locali hanno determinato differenti scelte in ordine al momento dell’iter processuale in cui adottare una politica di dematerializzazione.
Trasmissione telematica degli atti al Tribunale del riesame.
In questo modello si annoverano le prassi che normalmente prevedono la stipula di convenzioni tra Tribunale del Riesame ed uffici periferici. Si tratta di prassi finalizzate ad eliminare la materiale trasmissione degli atti o tra sedi periferiche e sedi centrali (ipotesi nelle quali diventa rilevante il peso organizzativo del trasporto degli atti cartacei tramite autovettura) o tra sedi centrali nel caso di processi voluminosi.
Trasmissione degli atti dal giudice civile alla Procura.
Sono interventi volti a semplificare la trasmissione telematica dei provvedimenti del giudice civile in materia di famiglie e persone dal Tribunale civile alla Procura della Repubblica per l’apposizione del visto o la formulazione del parere, colmando la lacuna del PCT che non copre gli affari civili delle Procure. In questo ambito vanno anche ricordati esempi di protocolli che disciplinano il deposito in Procura da parte degli avvocati degli accordi di negoziazione in materia di separazione o divorzio e la loro successiva eventuale trasmissione al Tribunale.
Conclusioni
Va posto in evidenza come le buone prassi in uso negli uffici penali sono destinate a essere superate con la progressiva estensione del processo penale telematico.
Già da ora con l’adozione di Tiap come repository documentale provvisorio, è infatti possibile archiviare e comunicare i verbali di udienza nonché gli atti che devono essere inviati al Tribunale del Riesame.
La successiva realizzazione di un sistema documentale connesso ai registri permetterà di realizzare un sistema stabile di archiviazione delle sentenze e di trasmissione ai vari destinatari.
La automazione delle comunicazioni tra Procura e uffici civili è invece destinata ad essere istituzionalizzata con il prossimo rilascio della Consolle civile del PM.
Attengono invece a scelte organizzative, per ora non inquadrate nella gestione dei flussi informativi automatizzati dal PCT, le comunicazioni di notizie in genere tra giudice fallimentare e Procura.
[1] Il presente contributo costituisce la rivisitazione della relazione (“Aspetti organizzativi e tecnici dell’innovazione. Vantaggi e criticità. Esperienza delle Buone Prassi”), tenuta dallo scrivente, al Corso di Formazione (“ Il magistrato, le innovazioni organizzative e le nuove forme degli atti del processo ”), organizzato a Capri, il 14 ottobre 2017, dalla Scuola Superiore della Magistratura con le Strutture della Formazione Decentrate della Corte di Cassazione e dei Distretti di Napoli e Salerno, nonché con il Consiglio Superiore della Magistratura - Strutture per l’Innovazione e l’Informatizzazione U.I.V. della Corte di Cassazione e U.D.I. di Napoli e Salerno.