I. Il tema della attuazione coattiva della consegna dei figli si pone allorché occorre garantire il diritto al mantenimento di uno stabile rapporto dei figli con ciascuno dei genitori tra loro in conflitto.
Il quadro delle posizioni giuridiche coinvolte è costituito dalla legittima aspettativa dei figli alla bigenitorialità (art. 337 ter, c.c.), dalla “responsabilità” dei genitori, in forza della quale ciascuno di essi è tenuto a contribuire alla cura dell'interesse dei minori, e quindi anche a consegnarli all'altro genitore perché possano stare insieme a lui e, viceversa, a ricevere i figli per relazionarsi con loro ([1]), dal diritto di ciascun genitore di visitare e di frequentare i figli e dal contrapposto obbligo dell'altro genitore di collaborare perché ciò avvenga.
II. Il diritto del genitore alla consegna del minore è connotato da due tratti di particolare rilievo con riferimento alla relativa attuazione coattiva: si tratta di un diritto strettamente legato ad interessi personali del minore che devono essere preservati, per quanto possibile, da ogni forzatura e da ogni forma di costringimento e di un diritto suscettivo di essere leso attraverso comportamenti molto differenziati, reiterabili e soprattutto, spesso, concretamente, se anche non astrattamente, infungibili ([2]).
A causa dei due tratti appena evidenziati, le forme dell'esecuzione diretta, ivi comprese, segnatamente, quelle “in via breve” ([3]), si rivelano inadatte e in certi casi del tutto inutilizzabili: esse implicano inevitabilmente l'assoggettamento del minore ad atti di coartazione posti in essere da parte di terzi estranei (ufficiale giudiziario o forze dell'ordine), connessi alla necessità del passaggio da un genitore all'altro, incidenti sulla tranquillità dei minori stessi e, nei casi estremi, produttivi di effetti psicologicamente traumatici ([4]); esse sono inutilizzabili per obblighi infungibili.
Da qui la necessità di ricercare un meccanismo diverso, adatto ai tratti caratterizzanti l'obbligo da attuare, effettivo.
III. Questo meccanismo è costituito dalle misure di attuazione indiretta ossia da misure che non si concretizzano (come quelle di esecuzione diretta) nella sostituzione di un terzo all’obbligato, per il compimento della condotta dovuta, ma si sostanziano nella prospettazione, rivolta all’obbligato, di una conseguenza negativa per l’ipotesi in cui questi non tenga la condotta dovuta.
Le misure in esame sono, in altri termini, meccanismi di coercizione psicologica, finalizzati a ché l’obbligato adempia personalmente.
Le misure in esame presentano evidente utilità su tre piani distinti:
-quello della effettività perché esse, irrogate con il provvedimento costitutivo ([5]) dell'obbligo di consegna o degli obblighi collegati e strumentali a quello di consegna, operano ex ante rispetto alla relativa violazione e sono tendenzialmente in grado di prevenirla;
-quello della universale utilizzabilità per ogni obbligo, fungibile o non;
-quello, infine, della assenza di profili di costringimento fisico e psichico a carico del minore, da parte di terzi estranei.
Le misure coercitive presentano però un limite: la loro efficacia è inversamente proporzionale alla capacità di resistenza del destinatario.
Avendo riguardo alle misure coercitive pecuniarie ([6]), l'efficacia dipende dalla consistenza del patrimonio dell'obbligato: le misure non sono efficaci di fronte ad un soggetto privo di patrimonio aggredibile ([7]).
Non è trascurabile, inoltre, un fattore, che pur non essendo un limite intrinseco delle misure coercitive, può tuttavia costituire un elemento di interferenza rispetto al loro concreto funzionamento: quando le condotte tramite le quali l'obbligato può rendersi inadempiente sono molto variegate, come è appunto il caso delle condotte violative dell'obbligo di consegna dei figli, è difficoltoso definire il presupposto applicativo dell'astreinte in modo appropriato; la definizione può risultare troppo “stretta” con la conseguenza che l’obbligato può riuscire ad eludere la misura tenendo condotte anche solo minimamente diverse da quelle individuate dal giudice; né una definizione in termini ampi è sempre una soluzione perché essa può dare al “creditore” margini eccessivi nella selezione dei presupposti applicativi della “penalità”; vi sono quindi rischi di ineffettività e di ulteriore contenzioso.
IV. Nella cornice di cui sopra si colloca la previsione dell'art. 614 bis, c.p.c. a mente della quale il giudice, con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento ([8]).
L'applicabilità della norma riguardo all'obbligo di consegna dei figli e agli obblighi ad esso collegati, è incontroversa in giurisprudenza ed è affermata dalla dottrina maggioritaria ([9]).
La tesi minoritaria, negativa, argomenta dal preteso rapporto di genere a specie tra la previsione della misura di cui all' art. 614 bis e la previsione delle misure di cui all'art. 709 ter, c.p.c. ([10]): in forza di tale rapporto, queste ultime sarebbero le uniche applicabili ([11]).
La tesi sopradetta presuppone che l'ammonimento, il risarcimento, la sanzione amministrativa, stabiliti dalla norma relativa alle liti tra genitori appartengano al novero delle coercitive.
In realtà non è così.
L'ammonimento è una diffida a non ripetere o a non perpetuare condotte contrarie agli obblighi genitoriali; è una misura (come le corcitive) rivolta al futuro ([12]) ed è certamente annoverabile tra le misure compulsorie ma non è annoverabile tra le misure coercitive perché manca dell'elemento che caratterizza queste ultime rispetto alle prime, ossia la sanzione. Né appare fondatamente teorizzabile che, con riguardo agli obblighi relativi alla responsabilità genitoriale e all'affidamento, si applichi solo l'ammonimento: non può dirsi infatti che fra le misure compulsorie, l'ammonimento sia misura speciale rispetto all'astreinte ex art. 614 bis, c.p.c., valendo specificamente per gli obblighi suddetti a fronte della valenza generale della seconda misura, dato che la regola speciale è quella che disciplina alcune fattispecie, comprese in un dato ambito, in modo diverso da come la regola generale disciplina tutte le altre fattispecie, mentre l'ammonimento non è regola diversa dalla pronuncia ex art. 614 bis, c.p.c. ma è, per così dire, il nucleo di quest'ultima che, a propria volta, è quella stessa regola con l'aggiunta della minaccia di una sanzione; sotto altro profilo, poi, la teoria ipotizzata verrebbe a privare alcuni interessi “sensibili” (del minore e del genitore) di quella tutela esecutiva (indiretta) che sarebbe invece riconosciuta ad interessi (quali ad esempio quelli meramente economici per i cui detta tutela è riconosciuta dall'art. 614 c.p.c. o da altre disposizioni setttoriali) ([13]) dotati di minore rilievo, in contrasto con ogni principio di ragionevolezza ed effettività della tutela (artt. 3 e 24 Cost.).
I provvedimenti di cui ai numeri 2 e 3 del secondo comma dell'art.709 ter c.p.c., hanno funzione essenzialmente risarcitoria ([14]) forse anche con accenti punitivi([15]), ma non hanno, intrinsecamente, una funzione coercitiva ([16]) posto che a differenza delle misure coercitive, segnatamente di quella di cui all’art. 614 bis, hanno «diversa collocazione cronologica rispetto all’illecito: la condanna pecuniaria dell’art. 614 bis c.p.c. ... guarda al futuro e diviene esigibile se, nel futuro appunto, ci sia una violazione; le condanne pecuniarie dell’art. 709 ter c.p.c. postulano una violazione già verificatasi e che, appunto in quanto accertata, giustifica le condanne stesse».
La condanna in favore della Cassa delle Ammende, infine, ha natura sanzionatoria di gravi inadempienze o di atti già commessi e di ostacoli già frapposti, ha, dunque, anch'essa, riguardo al passato; non ha natura coercitiva.
In base a quanto precede, l'orientamento dottrinale minoritario va disatteso e va, per converso, ribadita la tesi opposta: l'applicazione dell'art. 614 bis per obblighi relativi all'affidamento dei figli e, segnatamente, per l'obbligo di consegna e per quelli collegati, non è preclusa dall'applicazione dell'art. 709 ter, 2°comma.
Merita aggiungere che i provvedimenti ex art. 614 bis e i provvedimenti ex art. 709 ter, stante la loro diversa natura e funzione, possono anzi concorrere ed essere cumulati ([17]).
V. Ciò detto sull'utilizzabilità dell'art. 614 bis per obblighi di affidamento, merita evidenziarne il rilievo come imprescindibile strumento attuativo della Costituzione e della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali.
Dal primo punto di vista, la norma attua il disposto dell'art. 24 e dell'art. 111 della Carta: senza di essa, il soddisfacimento dell'interesse del minore e di ciascuno dei genitori, al quale si correlano gli obblighi sopradetti, sarebbe privo della forma di tutela esecutiva più adeguata e, in certi casi, unica ([18]); il processo di famiglia non potrebbe dirsi davvero “giusto” ([19]).
Dal secondo punto di vista, l'art. 614 bis attua le prescrizioni dell'art.13 della Convenzione Europea che sancisce il principio di effettività della tutela giurisdizionale ([20]), divenuto un’esigenza propria anche dell’ordinamento europeo quale principio generale di diritto comunitario, tratto dalla «tradizione costituzionale dei paesi aderenti» ([21]); la norma attua le prescrizioni dell'art. 6 della Convenzione, avendo la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo chiarito che la "esecuzione delle decisioni deve essere riguardata come parte integrante del processo agli effetti dell'art. 6", giacché il diritto di ogni persona a vedere esaminata la propria causa da un giudice, sancito dall'articolo in esame,"sarebbe illusorio se il sistema legale interno di uno degli Stati contraenti consentisse che una decisione giudiziale, definitiva, esecutiva rimanesse inattuata a detrimento di una parte”([22]); attua, infine ed in particolare, le prescrizioni dell'art. 8 della Convenzione ([23]) le quali, sebbene essenzialmente volte a proteggere la libertà individuale dalle ingerenze statali, hanno, nell'interpretazione datane dalla Corte, una portata non solo inibitoria ma anche positiva, imponendo all'Autorità interna, obblighi finalizzati "ad un effettivo rispetto della vita privata e familiare" e che "possono implicare ... la predisposizione di strumenti giuridici adeguati e sufficienti” affinché, in materia di rispetto della vita privata e familiare, siano assicurati i legittimi diritti degli interessati nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie([24]).
VI. L'art. 614 bis, c.p.c., laddove riferito all'obbligo di consegna dei minori e agli obblighi strumentali, pone alcune questioni applicative:
-la norma prevede che la misura può essere applicata su “richiesta” di parte e si tratta di stabilire se questo valga anche nella materia che occupa;
-la norma prevede che la misura coercitiva possa essere comminata “con il provvedimento di condanna” e si tratta di precisare il significato di questa espressione in riferimento ai provvedimenti che impongono gli obblighi di cui sopra;
-l'astreinte, per la sua minore incidenza sul figlio, deve sempre essere preferita alle forme dell'esecuzione diretta ([25]), e si tratta di precisare come la priorità possa essere assicurata laddove il genitore agisca immediatamente per l'attuazione dell'obbligo in via diretta.
VI.1 Per quanto concerne la prima questione, una lettura della norma che non si fermi al dato letterale in sé considerato ma sia doverosamente orientata al principio del favor minoris, riconosciuto dalla Costituzione (artt. 2, 29 e 30, 1° comma), dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in part., art. 14, 3° comma, e art. 24, a cui va correlato l'art. 8), dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 (resa esecutiva in Italia con l. 27 maggio 1991 n. 176) e dalla Convenzione europea di Strasburgo del 1996 sull’esercizio dei diritti dei fanciulli (resa esecutiva in Italia con l. 20 marzo 2003 n. 77), induce a concludere che nella materia degli obblighi connessi all'esercizio della responsabilità genitoriale, l' astreinte può essere disposta d'ufficio a maggior garanzia dell'interesse del figlio e, in quanto collegato a questo, dell'interesse del genitore a cui spetta pretendere il rispetto di quegli obblighi([26]).
Nella cornice di questa lettura, si inquadrata l'osservazione per cui l'astreinte è una pronuncia accessoria e laddove la pronuncia principale sia emanabile anche d'ufficio, come è nel caso delle pronunce sull’affidamento (art. 337 ter c.c. e art. 6 l. div.) e, almeno stando all'opinione dominante, nel caso dell'art.709 ter c.p.c.([27]), è da ritenere che pure l'astreinte sia soggetta allo stesso regime ([28]).
La pronuncia d'ufficio non potrà comunque essere emessa senza che sia stato garantito un adeguato spazio per 1'ineludibile (art.111, 2°comma, Cost.) esercizio del contraddittorio.
Riguardo alla possibilità che la stessa sia adottata per la prima volta in sede di appello o di reclamo o dalla Corte di Cassazione, la sopradetta esigenza di massimizzare l'interesse del minore e quello genitoriale ad esso collegato, induce a concludere in senso affermativo pur a fronte del fatto che la soluzione incide sulle possibilità difensive del genitore obbligato.
VI.2 Per quanto concerne la seconda delle questioni sopra indicate (ossia il significato dell'espressione normativa “con il provvedimento di condanna”), si osserva che il termine “provvedimento” comprende tutte le forme degli atti del giudice (art. 131 c.p.c.) e che il termine “condanna” deve essere inteso come riferito ad ogni statuizione che, insieme, crei l'obbligo di consegna e ne imponga il rispetto, ossia ad ogni pronuncia di contenuto “costitutivo-condannatorio”.
L’astreinte può quindi essere disposta così in un decreto (quale quello ex art. 710 c.p.c. o quello ex art. 9 l. div.) come in un'ordinanza (quale quella presidenziale ex art. 708 c.p.c. o ex art. 4 l. div., quella adottata ex art. 333 c.c. per limitare la responsabilità del genitore che si sia reso inadempiente ad obblighi di consegna precedentemente stabiliti, quella emessa ex art. 709 ter, comma 2, n. 1, c.p.c. “in caso di gravi inadempienze o di atti che … ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”) come in una sentenza (di separazione o divorzio) ([29]); è indifferente che i provvedimenti utilizzino il lemma “condanna”([30]), essendo invece unicamente rilevante che essi dispongano sull' affidamento e sulla consegna del minore da un genitore all'altro ([31]).
La necessità di intendere il termine “condanna” come sopra deriva dalla considerazione per cui altrimenti l'astreinte non potrebbe essere mai emessa: essa, non essendo “un bene della vita” che esiste fuori e prima del processo ma uno strumento processuale finalizzato ad assicurare effetività alla condanna principale, non può formare oggetto di un procedimento a sé ma può solo essere (chiesta e) concessa contestualmente alla -o, come dice la norma, “con” la- condanna principale, ([32]); qualsiasi provvedimento successivo al primo -di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio o ex art. 709 ter. c.p.c. ([33]) o di limitazione della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c.- non potrebbe veicolare l'astreinte per l'obbligo originario ma semmai unicamente per l'obbligo nuovo, posto con quegli stessi provvedimenti in sostituzione del primo.
In questo contesto si inserisce l'osservazione per cui la pronuncia della misura coercitiva in assenza di (un'obbligo e di) un pregresso inadempimento, “male non fa” perché, se l’obbligato non viola la prescrizione, allora la astreinte non troverà applicazione, “se invece l’obbligato cadrà nell’inadempimento, si avrà retrospettivamente la conferma che ben si è fatto a pronunciare l’astreinte”([34]).
Tenuto conto di quanto sopra e della preminente esigenza di tutelare il diritto del minore ad avere stabili rapporti con i genitori tra loro in conflitto, non è condivisibile l' ordinanza 26 settembre 2012, con cui il Tribunale per i minorenni di Genova ([35]), in relazione ad un provvedimento sull’affidamento del minore con obblighi per entrambi i genitori, ha ritenuto “iniquo” disporre l’astreinte a carico del genitore che non aveva ancora violato alcuna disposizione e che sino a quel momento aveva tenuto un comportamento di buona fede, in assenza di elementi che facessero presumere suoi futuri inadempimenti.
VI.3 Quanto infine alla garanzia della precedenza dell'astreinte sull'esecuzione diretta, in modo da evitare al minore coartazioni destabilizzanti dovute all'intervento di terzi estranei per la relativa consegna da un genitore all'altro, può ipotizzarsi che il giudice del merito, richiesto di disporre in ordine all'esecuzione, in presenza di un titolo che preveda anche un'astreinte, debba negare l'esecuzione richiestagli imponendo all'istante di mettere prima in esecuzione la condanna coercitiva ovvero possa accedere all'istanza solo se il genitore alleghi di aver già proceduto a mettere in esecuzione l'astreinte e di continuare a non vedere soddisfatto il proprio diritto alla consegna del figlio.
VII. Resta da dire dell'obbligo di prendere in consegna il figlio e di tenerlo con sé.
Le forme dell' attuazione in via diretta evidentemente non possono valere.
Considerato poi che si tratta di un obbligo funzionale allo scopo di garantire al minore attenzioni e cura da parte del genitore, anche l'applicazione dell'art. 614 bis, c.p.c. è di regola inutile e potenzialmente dannosa perché forza il genitore ad un comportamento che invece presuppone disponibilità e spontaneità: prendere con sé il figlio sotto la minaccia del pagamento di una somma è distonico rispetto ad un rapporto che deve essere anche affettivo.
Un residuale spazio è tuttavia individuabile ove la misura, eventualmente affiancata all'ammonimento ex art. 709 ter, comma 2, numero 1, venga disposta con il provvedimento che stabilisca un percorso guidato e assistito di avvicinamento del genitore al figlio, tendente a richiamare il primo al rispetto della propria responsabilità verso il secondo. Così, ad esempio, una condanna coercitiva può accompagnare l'obbligo imposto al padre o alla madre di prendere con sé il figlio per partecipare, assieme, ad un'iniziativa condotta, nell'ambito di uno dei predetti percorsi, da assistenti sociali o psicologi.
[1] La termine “responsabilità” è stata introdotto dal d.lgs. 154\2013 che ha riscritto gli articoli art. 315 e ss. del codice civile; il termine in precedenza utilizzato -“potestà”-, legato, in origine, ad un modello di famiglia come struttura gerarchizzata, e descrittivo di un potere del genitore sul figlio, aveva poi, dopo il tramonto di quel modello, già con la riforma del diritto di famiglia del 1975 (e, almeno per la dottrina più avvertita e sensibile, anche prima), assunto il diverso significato di "funzione" cioè di situazione giuridica soggettiva attiva, ad esercizio non libero (nell'an) né arbitrario (nel quomodo) ma necessitato e discrezionale, teso a soddisfare non l'interesse proprio del (titolare ossia del) genitore ma l'interesse del figlio (Sul punto, v., Corte Cost. 27 marzo 1992, n. 132, in Giur. cost., 1992, 1108, ove si dice che la potestà dei genitori è riconosciuta dall'art. 30 della Costituzione non come loro libertà ma come diritto-dovere che trova nell'interesse del figlio la sua funzione e il suo limite. Sulla potestà in generale, v. per tutti, Bigliazzi Geri, Osservazioni minime su “poteri privati” e interessi legittimi, in Riv. giur. lav. e prev. soc., 1983, I, 259 ss., spec. 291 ss.). La nuova formula legislativa, conforme alla disposizione di cui all'art. 2,n. 7, del Regolamento CE n. 2201/2003 relativo al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale (“i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita”) ed ispirata ai principi di diritto europeo della famiglia, elaborati tra il 2004 e il 2005, dalla Commissione sul diritto di famiglia europeo, in http://ceflonline.net/principles, rispecchia ed evidenzia la sopradetta modifica di significato della potestà (Ambrosini, Dalla potestà alla responsabilità: la rinnovata valenza dell'impegno genitoriale, in Dir. fam.e pers., 2105, 687; Bellelli I doveri dei genitori e i doveri dei figli nell'evoluzione legislativa, in Bianca (a cura di), La riforma della filiazione, Padova, 2015, 141 ss.).
[2] Dal rifiuto di consegna tout court, alla mancanza di collaborazione o alla frapposizione di ostacoli per la consegna, a condotte tendenti a creare nel minore resistenze psicologiche rispetto alla consegna o ad impedire o non agevolare la rimozione di simili resistenze. Qualche esempio: genitore che viola il dovere di favorire il rapporto del figlio con l'altro genitore o che ostacola gli incontri tra l'altro genitore e il figlio, sino a recidere ogni legame tra gli stessi (Cass.pen., Sez. VI., 5 marzo 2009, n. 27995); genitore che consente al figlio di non andare a scuola nei giorni in cui 1'altro genitore deve andarlo a prendere; genitore che non iscrive il figlio ad un centro estivo dove è previsto che il padre possa averlo vicino a sé nel periodo di vacanza (Trib. Firenze, 10 novembre 2011, in Danno e resp., 2012, 781).
L’obbligo di consegna del minore per i fine settimana o per alcuni giorni la settimana o per alcune ore in determinati giorni, è, in astratto, fungibile e quindi attuabile con le forme dell’esecuzione diretta; in concreto, tuttavia, dati i tempi necessari all’azione esecutiva e data la periodicità e la frequenza della prestazione dovuta, non sempre è fungibile in concreto; l'obbligo di fare il possibile per agevolare il recupero del rapporto psicologico corretto del minore riguardo all'altro genitore, è infungibile anche in astratto; tutti gli obblighi negativi la cui inosservanza possa interferire con la consegna del minore così come l'obbligo di prendere il minore in consegna, sono infungibili anche in astratto.
Un'ipotesi di infungibilità in concreto è poi quella che si determina quando il minore manifesta una volontà contraria a relazionarsi con il genitore che ne chiede la consegna. In quest'ipotesi, risalente giurisprudenza ha talvolta ritenuto che il giudice dell'esecuzione potesse sospendere l'esecuzione e rimettere gli atti al giudice della cognizione (Pret. Parma 3 aprile 1984, in Dir. Fam,. 1984, 671) o rifiutare tout court l'esecuzione (Pretura di Palermo 16 aprile 1987, in Dir. Fam., 1988, 1057; Pretura Nardò 18 agosto 1981, in Giur merito, 1982, I, 1145, con nota di Mezzanotte). La soluzione è condivisibilmente criticata da Graziosi, L'esecuzione forzata dei provvedimenti del giudice in materia di famiglia, in Dir. fam., 2008, 2, 883, quale “indebita sovrapposizione funzionale tra fase cognitiva e fase esecutiva [dovendosi in tale ipotesi, ricorrere non al giudice dell'eseuzione ma al giudice del merito per] ottenere la revoca o modifica dei provedimenti di affidamento”.
[3] L'esecuzione “in via breve”, di matrice giurisprudenziale (Pret. Roma, 5 agosto1981, in Giur. it., 1982, I, 2, 302; Pret. Milano, 8 agosto 1986, in Giur.it., 1989, I, 2, 184; Pret. Roma, 16 dicembre 1987, in Foro it., 1990, I, 1392; Pret. Casoria, 13 gennaio 1988, in Foro it., 1989, I, 2665; Pret. Padova, 20 novembre 1995, in Fam. e dir., 1996, III, 269; Trib. Min. Perugia, 13 giugno 1997, in Rass. Giur. Umbra, 1998, 17; Trib. Catania Paternò, 27 maggio 2004), ha luogo a mezzo dell’ ufficiale giudiziario o della forza pubblica, secondo modalità e sotto il controllo del giudice della cognizione.
L'impiego di queste forme ha ricevuto riconoscimento legislativo dapprima con il comma 10 dell'art. 6 L. div. e poi, dopo l'abrogazione di questo ad opera dell’art. 98, comma 1, lett. d), d.lgs. 28 dicembre 2103, n. 154, con il comma 2 dell'art. 337 ter, c.c., (introdotto dallo stesso d.lgs. 154) che attribuisce l'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole al giudice del merito.
In base al Regolamento CE 2201/2003, le forme nazionali devono essere seguite anche da parte del Dipartimento per la Giustizia minorile del Ministero della Giustizia, quale Autorità centrale, laddove occorre dare esecuzione in Italia a provvedimenti di altri Paesi dell'Unione (sul punto e per riferimenti generali sul Reg. 2201/2003, v. Lupoi, La giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale, in Lupoi (a cura di), Trattato della separazione e divorzio, Tomo II, Santarcangelo di Romagna, 2015, 49 ss).
In precedenza, parte minoritaria della dottrina aveva ipotizzato il ricorso alle forme del procedimento per consegna ex artt. 605 ss., c.p.c. (Carnelutti, Lezioni di diritto processuale civile, Processo di esecuzione, Padova, 1932, I, 36 ss.; ripreso da Fornaciari, L’attuazione dell’obbligo di consegna di minori. Contributo alla teoria dell'esecuzione forzata in forma specifica, Milano, 1991, 203); la tesi era stata criticata sia per l'impossibilità di equiparare il minore alla cosa mobile o immobile a cui si riferisce l'art. 2930 c.c. sia perché il procedimento per consegna si svolge senza la direzione dell'organo giudiziario.
Altro orientamento aveva ritenuto applicabili le forme dell'esecuzione forzata per obblighi di fare, ex artt. 612 ss. c.p.c., (in questo senso, ad es., Luiso, voce Esecuzione forzata. II) Esecuzione forza in forma specifica, cit., 4; Minneci, L'esecuzione forzata dei provvedimenti di affidamento dei minori, DFP, 1995, 770-788; A. Finocchiaro in A. Finocchiaro-M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, III, Milano, 1988, 518). L'orientamento era stato criticato sia perché affidava l'esecuzione a soggetti -il giudice dell’esecuzione e l’ufficiale giudiziario- carenti dell'esperienza a trattare di vicende concernenti (non cose ma persone e per di più) minori (Vaccarella, Problemi vecchi e nuovi dell’esecuzione forzata dell’obbligo di consegna dei minori, in Giur. it., 1982, I, 2, 309; Consales, L’attuazione dell’obbligo di consegna dei minori: orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, in Riv. esec. forz, 2002, 493), tanto che -si era detto- “applicare le regole relative agli artt. 612 ss. significherebbe immettere la prole in un ingranaggio sordo, lento ed aleatorio” (Sacchetti, Problemi e prospettive fra giurisdizione e amministrazione negli interventi giudiziari a protezione dei minori, in RTPC, 1985, 781.), sia perché “l’obbligo di consegnare un minore comporta un’attività in sé semplicissima e, in relazione alle modalità della quale, non si vede su cosa dovrebbe dunque esplicarsi la discrezionalità del giudice” (Fornaciari, op. cit., 214).
La Corte di Cassazione, con la sentenza 7ottobre 2010, n. 5374, in Foro it., 1980, I, 2707, aveva affermato che se l'obbligo di consegna era imposto da un provvedimento definitivo del Giudice minorile o da un provvedimento di giurisdizione volontaria, che, pur inidoneo al giudicato, era destinato a regolare la situazione in modo "tendenzialmente stabile", dovevano essere seguite le forme di cui agli artt. 612 ss. c.p.c.,, mentre se l'obbligo era imposto da un provvedimento interinale o cautelare (quale, ad esempio, quello adottato dal presidente del tribunale ex art. 708 c.p.c. o ex art. 4 legge div.), dovevano essere seguite le forme dell'esecuzione "in via breve" (Nello stesso, Cass. 19 febbraio 1981, n. 1014, in Foro it., Rep. 1981, voce Esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare, n. 9; Cass. 11 novembre 1982, n. 5946, in Dir. fam. 1983; Cass. 15 dicembre 1982 n. 6912, in Giust. civ., 1983, I, 792).
Sulle posizioni assunte dalla giurisprudenza e dalla dottrina riguardo all'attuazione degli obblighi relativi all'affidamento, v. Canavese, L'esecuzione dei provvedimenti concernenti la persona del minore, in Lenti (a cura di), Trattato di diritto di famiglia, diretto da Zatti V, Milano, 2012, 197 ss.
[4] Va in proposito ricordato che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nella sentenza 29 gennaio 2013, in Foro it., 2013, IV, 361, ha sottolineato che le autorità nazionali, nell'attuare l'obbligo loro imposto dall’art. 8 della Convenzione di adottare misure idonee a garantire il diritto alla bigenitorialità e a riavvicinare il genitore ed il figlio non convivente, possono ricorrere alla coercizione solo in modo limitato poiché “esse devono tener conto degli interessi, nonché dei diritti e delle libertà di dette persone ed in particolare dell’interesse superiore del minore e dei diritti conferiti al medesimo dall’art. 8 della Convenzione (Voleský c. Repubblica ceca, n. 63267/00, § 118, 29 giugno 20049” e, “come costantemente sancito dalla giurisprudenza della corte, è necessaria grande prudenza prima di ricorrere alla coercizione in una materia così delicata (Reigado Ramos c. Portogallo, n. 73229/01, § 53, 22 novembre 2005) e l’art. 8 della convenzione non autorizza i genitori a far adottare misure pregiudizievoli per la salute e lo sviluppo del minore (Elsholz c. Germania [GC], 25735/94, §§ 49-50, Cedu 2000, VIII)”; e vanno altresì richiamate le pronunce 2 novembre 2010, Piazzi c/Italia , in Foro it., Rep. 2011, voce Diritti politici e civili, n. 187, e 30 giugno 2005, Bove c/Italia, in https://www.giustizia.it., in cui la Corte Europea ha escluso che lo Stato potesse essere chiamato a rispondere di violazione dell'art. 8 della Convenzione per il fatto che le autorità nazionali non avevano adottato strumenti di esecuzione diretta volti a consentire gli incontri protetti tra il ricorrente e il figlio, contro la volontà di quest'ultimo, sottolineando che l'esecuzione coattiva sarebbe stata in tal caso contraria all'interesse del minore, di fronte al quale il diritto del genitore è subvalente.
[5] . Per la natura “costitutivo-condannatoria” dei provvedimenti con i quali la misura di attuazione indiretta può essere concessa, v. infra paragrafo VI.1.
[6] Nel nostro ordinamento, salvo che nel caso previsto dall'art. 12 sexies della Legge sul divorzio (secondo cui “al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale”), non sono previste misure coercitive detentive o suscettive di conversione in misure detentive.
[7] In astratto, neppure sono efficaci nei confronti di un soggetto dotato di un patrimonio tale da disinteressarsi delle conseguenze della trasgressione. In concreto, tuttavia, questo limite di efficacia sfuma: esso, legato non, come il primo, ad una inadeguatezza strutturale della misura coercitiva rispetto ad una situazione obiettiva ma ad una inadeguatezza dovuta alla insufficiente liquidazione dell'ammontare di base della misura rispetto alle capacità economiche dell'obbligato, è destinato sempre a venir meno allorché, con l'accumularsi degli importi dovuti per ogni singola trasgressione, verrà raggiunta una soglia oltre la quale l'obbligato non potrà più disinteressarsi delle conseguenze della violazione.
[8] Il testo dell'articolo, introdotto con L. 18.06.2009, n. 69, modificato per effetto dell'art. 13, D.L. 27.06.2015, n. 83, rubricato “Misure di coercizione indiretta”, è il seguente: “Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 409. Il giudice determina l'ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile”.
La norma viene qui presa in esame solo per quanto rileva riguardo all'attuazione dell'obbligo di consegna del minore e degli obblighi ad esso collegati.
Per riferimenti generali, limitando i richiami a monografie e manualistica, v. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 2012, 1095; Trapuzzano, Le misure coercitive indirette, Trento, 2012, 260 ss.; Chiarloni, Le nuove misure coercitive previste dall’art. 614 bis c.p.c., in Libro dell’anno del diritto Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 2012, 708; Picardi, Codice di procedura civile. Commentario, sub art. 614 bis, 5a ed., Milano, 2010; Carratta, in Mandrioli-Carratta, Come cambia il processo civile, Torino, 2009, 97; Chizzini, Commento all’art. 614 bis, in Balena-Chizzini-Caponi-Menchini, La riforma della giustizia civile. Commento alle disposizioni della legge sul processo civile 69/09, Torino, 2009; Delle Donne, in AA.VV., L’esecuzione processuale indiretta, a cura di Capponi, Milano, 2011, 145 ss., Mondini, L’attuazione degli obblighi infungibili, Milano, 2014, 123 ss.
[9] A titolo di esempio, v., in giurisprudenza, Trib. Salerno, 22 dicembre 2009, in Fam. e dir., 2010, 931; Trib. Firenze, ord. 10 novembre 2011, in Danno e resp., 2012, 781 ss.; Trib. Roma, 10 giugno 2011, in Dir. fam., 2012, p. 298 ss; Trib. Minoreni Trieste, 23 agosto 2013, in Nuova giur civ. comm. 2012, 41; Trib. Roma 10 maggio 2013, in Giur mer., 2013, 2100; Trib. Roma, sez. I, 27 giugno 2014, in www.personaedanno.it; Trib. Roma, ord. 8 settembre 2016, giud. Velletti, M.R. c. A.P., inedita. In dottrina, Tommaseo, L'adempimento dei doveri parentali e le misure a tutela dell'affidamento: l'art. 709 ter c-p.c., in Famiglia e dir., 2010, 1057 ss.; Paladini, Rapporti tra il giudice della separazione, giudice tutelare e tribunate per i minorenni, in Fam. pers. Succ., 2011, 346; De Stefano, L' esecuzione indiretta: la coercitoria, via italiana alle “astreintes", in Corr. del merito, 2009, 1184, Amram, Cumulo dei provvedimenti ex artt. 709 ter e 614 bis c.p.c. e adempimento dei doveri genitoriali, in Danno e resp. 2012, 783; Morani, Ancora sul'attuazione coattiva dei provvedimenti giurisdizionali (del T.o. e del T.m.) relativi alla prole minorenne: effetti delle nuove norme di cui agli artt. 709 ter e 614 bis c.p.c., in Dir. fam e person., 2013, 763; Canavese, Evoluzioni giurisprudenziali sull’art. 709 ter c.p.c., in Giur.it., 2014, 2351; Mondini, op. cit., 44 ss.; Ficcarelli, L'esecuzione dei provvedimenti relativi ai minori: l'esperienza italiana e francese a confronto, in Fam e dir., 2016, 83 ss., spec. 103.
[10] La disposizione stabilisce che il giudice, chiamato a decidere di controversie tra i genitori relative all'esercizio della potestà genitoriale o alle modalità di affidamento dei figli, adotta i provvedimenti opportuni e, in caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, può ammonire il genitore inadempiente (art. 709 ter, 2° c., n. 1), disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore (art. 709 ter, 2° c., n. 2) o dell'altro genitore (art. 709 ter, 2° c., n. 3), condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa in favore della Cassa per le ammende (art. 709 ter, 2° c., n. 4).
[11] Chizzini, Commento all'art 614-bis c.p.c, in Balena-Caponi-Chizzini-Menchini, La riforma della giustizia civile, cit., 165; Merlin, Prime note sul sistema delle misure coercitive pecuniarie per l'attuazione degli obblighi infungibi nella I. 69/2009, in Riv. dir. Proc., 2009,1557; Vullo, Affidamento dei figli, competenza per le sanzioni ex art. 709 ter e concorso con le misure attuative del fare infungibile ex art. 614 bis, in Fam. e dir. 2010, 931, che ravvisa la misura speciale nella condanna al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria a favore della Cassa delle ammende; Spoto, Dalla responsabilità civile alle misure coercitve inderette per adempiere gli obblghi familiari, in Dir. Fam, 2010, 910 ss.
[12] Lo si ricava dalla lettera dell'articolo 709 ter c.p.c., stando alla quale esso è riferito non ad atti che "abbiano arrecato", ma che "arrechino" pregiudizio al minore, non ad atti che "abbiano ostacolato" ma ad atti che "ostacolino" il corretto svolgimento delle modalità di affidamento.
[13] Si pensi alle disposizioni di cui agli art. 124 e 131 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n.30 (codice della proprietà industriale) o all'art. 156 della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (c.d. Legge sul diritto d'autore), che assicurano la tutela esecutiva indiretta per le inibitorie relative a diritti di privativa industriale o intellettuale.
[14] Per una qualificazione come mezzi risarcitori, v., a titolo di esempio, in giurisprudenza, Trib. Firenze, ord. 7 maggio 2012, Foro it., 2012, I, 1941; Trib. Catanzaro 23 maggio 2012, in www.ilcaso.it; Trib. Varese 7 maggio 2010, www.leggiditalia.it; in dottrina, Sesta, La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, 227; Ferrando, Responsabilità civile e rapporti familiari alla luce della l. 54/06, in Fam. persone e successioni, 2007, 590; Rosini, Commento all’art. 709 ter c.p.c., in AA.VV., Commentario alle riforme del processo civile a cura di Briguglio-Capponi, Padova, 2007, I, 407 ss.; Greco, Affido condiviso (l. 54/06) e ipotesi di responsabilità civile, in Resp. civ., 2006, 1178; Mondini, op. cit., 49 s.; nello stesso senso, Ronco, L’art. 614 bis c.p.c. e le controversie in materia di famiglia, in Giur. it., 2014, 761, al quale si deve il virgolettato di cui subito nel testo.
[15] La Corte di Cassazione, con l'ordinanza della sezione I civile, in data 16 maggio 2016, n. 9978, in Foro it., 2016, I, 1973, con cui è stata rimessa all’esame del Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite, la questione della non riconoscibilità, per contrarietà con l’ordine pubblico, della sentenza straniera di condanna al pagamento di danni punitivi, ha affermato (punto 8 della motivazione) che l'art. 709 ter c.p.c. è norma che, “nelle controversie tra i genitori circa l’esercizio della responsabilità genitoriale o le modalità di affidamento della prole, [dà a] il giudice il potere di emettere pronunce di condanna al risarcimento dei danni, la cui natura assume sembianze punitive”. In precedenza, la figura dei danni punitivi era stata evocata riguardo alle condanne in esame da Trib. Novara 21 luglio 2011, Foro it., Rep. 2012, voce Responsabilità civile, n. 231, e Famiglia e dir., 2012, 612, con nota di De Salvo; Trib. Messina 5 aprile 2007, in Foro it., 2008, I, 1689; Trib. Pisa, ord. 20 dicembre 2006, Foro it., Rep. 2007, voce Separazione di coniugi, n. 150; Famiglia e dir.., 2007, 1051; Trib. Verona 11 febbraio 2009, in Fam. pers. succ., 2011, 710, e, in dottrina, Pardolesi, Vocazione sanzionatoria dell’art. 709 ter c.p.c. e natura polifunzionale della responsabilità civile, nota a Trib. Messina 8 ottobre 2012, in Danno e resp., 2013, 409; Paladini, Misure sanzionatorie e preventive per l’attuazione dei provvedimenti riguardo ai figli, tra responsabilità civile, punitive damages e astreintes, in Famiglia e dir., 2012, 853 ss.; Zingales, Il procedimento per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o alle modalità dell’affidamento in una recente pronuncia della Suprema corte, nota a Cass. 22 ottobre 2010, n. 21718, in Dir. famiglia, 2011, 656; La Rosa, Il nuovo apparato rimediale introdotto dall’art. 709 ter c.p.c. I danni punitivi approdano in famiglia, in Famiglia e dir., 2008, 71; Danovi, I provvedimenti riguardanti i figli: profili processuali, in Il diritto di famiglia trattato diretto da Bonilini-Cattaneo, continuato da Bonilini, Torino, 2007, 1108; D’Angelo, Il risarcimento dei danni come sanzione? Alcune riflessioni sul nuovo art. 709 ter c.p.c., in Famiglia e dir., 2006, 1408.
[16] L'efficacia coercitiva delle misure in esame è solo un riflesso della funzione risarcitoria o sanzionatoria loro propria; si tratta, in altri termini, di un'efficacia, che sta nella previsione astratta della norma (Ronco, op. cit. 761). Non sono quindi condivisibili le tesi che attribuiscono alle misure in esame una funzione coercitiva (v. sopra nota 10) o una funzione «mista» tra risarcitoria, sanzionatoria e coercitiva. (così, in giurisprudenza, Trib. Messina 5 aprile 2007, in Foro it., 2008, I, 1689, (il risarcimento «non ha natura compensativa ma costituisce una sanzione coercitiva, volta ad indurre il responsabile a recedere dall’illecito»); Trib. Reggio Emilia 27 marzo 2008, in Famiglia e dir., 2008, 1023; Trib. Pisa, ord. 20 dicembre 2006, in Famiglia e dir., 2007, 1051; Trib. Modena 7 aprile 2006, in Giur. Merito, 2007, 2527; in dottrina, Farolfi, L’art. 709 ter sanzione civile con finalità punitiva?, in Famiglia e dir., 2009, 619; Facci, L’art. 709 ter c.p.c., l’illecito endofamiliare ed i danni punitivi, id., 2008, 1026, nota a Trib. Reggio Emilia 27 marzo 2008, cit.
[17] In senso contrario Graziosi, Diritto processuale di famiglia, Torino, 2016, 247 il quale, a causa di una non chiara distinzione concettuale tra funzione coercitiva e funzione sanzionatoria, ritiene che la misura di cui all'art. 614 bis e quelle di cui all'art. 709 ter possano applicarsi entrambe agli obblighi familiari e tuttavia solo alternativamente e non congiutamente nel senso che “la stessa violazione dei provvedimenti relativi all'affidamento può essere punita o in forza della sanzione erogata ex ante ai sensi dell'art. 614 bis o in forza di una sanzione erogata ex post ai sensi dell'art. 709 ter”.
[18] La tutela esecutiva, se limitata alle forme dell'esecuzione diretta, è, per le ragioni evidenziate nel testo, inadeguata e, a fronte di prestazioni infungibili, inutilizzabile. La tutela risarcitoria, già per il fatto di operare ex post, non può essere considerata sufficiente. Su quest'ultimo punto, v. Proto Pisani, La tutela giurisdizionale dei diritti della personalità strumenti e tecniche di tutela, in Foro it., 1990, V, 1 ss.
[19] Giusto è infatti il processo che dà, oltre a determinate garanzie formali sul piano della tutela dichiarativa, strumenti esecutivi adeguati alla peculiarità di ogni interesse. In generale , sul rilievo dell' astreinte nella cornice del principio del giusto processo v. Marazia, Astreintes e altre misure coercitive per I'effettività della tutela civile di condanna, in Riv. esec. forzata, 2004, 334 ss., e, in giurisprudenza,Trib. Varese, ord. 17 febbraio 2011, in www.dejure.it: "La norma [contenuta nell' art 614-bis. cp.c., tende a realizzare l'effettività del "giusto processo" che tale non sarebbe ove la pronuncia restasse lettera morta, ineseguita”; Tribunale di Pisa, ord. 14 marzo 2011, est. Sammarco, inedita, secondo cui la norma ha “chiara finalità attuativa dei principi del giusto processo”.
[20] L'art. 13 stabilisce che ad ogni persona che abbia subito la violazione di uno dei diritti riconosciuti dalla Convenzione deve essere assicurato dagli Stati membri "un rimedio effettivo davanti ad una autorita nazionale".
[21] Così Corte giust. 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet, in Foro it., Rep. 2007, voce Unione europea, n. 1421.
[22] Corte eur. diritti dell'uomo 28 luglio 1999, Soc. Immobiliare Saffi c. Italia, in Foro it., Rep. 1999, voce Diritti politici e civili, n. 66; in precedenza, Corte eur. diritti dell’uomo 19 marzo 1997, Hornsby c. Grecia, in www.echr.coe.int, esaminata in dettaglio in Guinchard-Bandrac-Lagarde-Douchy, Droit processuel. Droit commun du procés, Parigi, 2001, 576 ss.; negli stessi termini Corte eur. diritti dell'uomo 27 agosto 1991, Philis c. Grecia, www.echr.coe.int; v. altresì Corte eur. diritti dell'uomo 13 luglio 2006, SC Magna Holding c. Romania, www.echr.coe.int, nella quale la Corte ha precisato che spetta a ciascuno Stato di dotarsi di strumenti idonei per garantire l’esecuzione delle decisioni pronunciate dai tribunali e non alla Corte stessa di imporre in astratto strumenti definiti di esecuzione, fermo restando che «le autorità nazionali devono adottare misure adeguate e sufficienti allo scopo».
[23] L'art. 8 sancisce che"ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza” e che “non può esservi ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che si tratti di ingerenza prevista dalla legge e che costituisca misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine alla prevezione dei reati, alla protezione della salute, della morale o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui".
[24] V. Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 2 novembre 2010, Piazzi c/Italia , in Foro it., Rep. 2011, voce Diritti politici e civili, n. 187: la Corte, adita dal ricorrente a cui non era stato assicurato il diritto ad incontrare il figlio con le modalità precisate da un decreto del Tribunale dei Minorenni, ha affermato che lo Stato deve compiere ogni sforzo adeguato e sufficiente per l'attuazione della pronuncia giurisdizionale volta a ricongiungere il padre e il figlio, di fronte alla resistenza di quest'ultimo alimentata dalla madre; Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 29 gennaio 2013, L. c/ Italia, in Foro it., 2013,IV, 349: la Corte, adita dal padre a cui era di fatto impedito di esercitare in modo continuativo il diritto di visita della figlia per gli ostacoli frapposti dalla madre ed anche dalla figlia stessa, ha stabilito che le autorità nazionali non possono limitarsi a reiterare i propri provvedimenti e neppure a prescrivere l’intervento dei servizi sociali per avere informazioni o delegando loro una generica funzione di controllo, ma devono garantire effettivamente il diritto di visita del genitore “con la sollecita adozione di misure, eventualmente anche coercitive, adeguate alla vicenda di riferimento”. Nello stesso senso, su analoghe fattispecie, Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 30 giugno 2005, Bove c/Italia, cit.; Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 16 settembre 2016, Giorgioni c/ Italia, in www.questionegiustizia.it.
[25] Ciò anche alla luce della giurisprudenza della Corte Europea citata alla nota 4.
[26] Di questo avviso è il Tribunale di Roma, sentenza 27 giugno 2014, in www.personaedanno.it. che ribadisce la pronuncia dello stesso Tribunale 6 luglio 2012, in www.dejure.it, nella quale si legge: “La tutela dei diritti fondamentali, anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la personalità, e l'impegno pubblico a rimuovere ogni ostacolo allo sviluppo della personalità stessa, sono previsioni che si indirizzano indubitabilmente anche al minore (v. Corte Cost sent. n. 185 del 1986). In particolare, deve considerarsi diritto inviolabile dell'uomo (anche se ancora in formazione come nel caso di minori), nella famiglia (intesa come luogo principe ove si forma la sua personalità), ricevere affetto, cura ed educazione da entrambi i genitori. Il diritto alla bigenitorialità, in tale lettura, costituisce un diritto inviolabile e, contemporaneamente, un dovere di solidarietà sociale, sanciti dalla Costituzione. I diritti della personalità sono così intesi, quindi, anche come modalità di relazione in cui si misura la riuscita del compito educativo, atto a strutturare una personalità ben formata. Ciò consente al giudice di adottare, anche d'ufficio, tutte le misure necessarie a garantire i diritti fondamentali dei minori, in particolare il diritto alla bigenitorialità”.
[27] L'opinione è sostenuta muovendo o dalla finalità prevalentemente (se non esclusivamente) punitiva delle misure previste dalla norma in esame o dalla considerazione dell'accessorietà dei provvedimenti ex art. 709 ter rispetto ai provvedimenti di affidamento della prole che possono essere adottati anche d'ufficio. In giurisprudenza, v. Trib. Roma , 23 gennaio 2015, n. 3203, in Danno e resp., 2016, 409; Trib. Varese 5 luglio 2012, in Fam e dir., 2013, 373; Trib. Modena, 20 gennaio 2012, in Giur. merito, 2012, p. 600; Trib. Torino, 15 giugno 2009; Trib. Napoli 30 aprile 2008, in Fam. e min. 2008, I, 1024; in dottrina, Barbazza, L'art. 709 ter c.p.c.: “danni e responsabilità nella crisi delle relazioni familiari: forme di tutela e rimedi processuali, in Il diritto vivente, 2016, fasc. 3, 50 ss.; Paladini, Misure sanzionatorie e preventive per l’attuazione dei provvedimenti riguardo ai figli, cit. 858; Danovi, Le misure sanzionatorie a tutela dell'affidamento (art. 709 ter c.p.c.), in Riv. dir. Proc. 2008, 603, e I provvedimenti riguardanti i figli nella crisi della famiglia: profili processuali, in AA.VV., Il diritto di famiglia, Tratt. Bonilini - Cattaneo, II ed., I, Famiglia e matrimonio, t. 2, Torino, 2007, p. 1084; Canavese, Evoluzioni giurisprudenziali sull’art. 709 ter c.p.c., in Giur. it., 2014, 2350; Vullo, Affidamento dei figli, competenza per le sanzoni ex art. 709 ter e concorso col le misure attuative del fare infungibile ex art. 614 bis, in Fam. e danno. 2010, 931 ss.; Graziosi, Diritto processuale di famiglia, 249 s.
[28] Riconosciuto che in materia di obblighi di consegna del minore e di obblighi collegali, il giudice può procedere d'ufficio, restano assorbite le questioni -che si pongono invece in generale riguardo all'applicazione dell'art. 614 bis, c.p.c.,- della natura della “richiesta”, come vera e propria “domanda”, soggetta al regime processuale delle domande, o come mera “istanza” (questione a cui è sottesa quella della esistenza o non di un vero e proprio diritto alla misura prevista dall' art. 614 bis, c.p.c.). Su tutto questo, v. Mondini, L'attuazione degli obblighi infungibili, Milano, 2014, spec. 107 ss.
[29] Trib. Roma, 10 maggio 2013, in Giur. Merito, 2013, 2100: “In presenza di una elevata conflittualità di coppia, il comportamento non collaborativo di entrambi i genitori integra inosservanza di un obbligo di fare infungibile, tale da legittimare l'applicazione delle misure di cui all'art. 614 bis c.p.c., qualora risponda a finalità protettive del minore, sia nella fase istruttoria che nella fase decisoria del giudizio”.
[30] Per questa puntualizzazione, Ronco, L'art. 614 bis e le controversie in materia di famiglia, in Giur.it., 2014, 760, il quale fa l'esempio di una sentenza di scioglimento del matrimonio ove si affermi che il figlio dovrà stare con la madre dalla domenica sera al sabato mattina e con il padre dal sabato mattina alla domenica sera, sentenza nella quale “va individuato un quadruplice ordine (e, dunque, una quadruplice condanna): al padre di prendere con sè il figlio il venerdì sera e di renderlo alla madre la domenica sera; alla madre di prendere con sè il figlio la domenica sera e di renderlo al padre la domenica mattina”.
[31] Non è quindi condivisibile la pronuncia del Tribunale di Salerno, sez. I, 20 luglio 2011, n. 1537, in www.dejure.it. che ha ritenuto inapplicabili “i provvedimenti” ex art. 614 bis nella sentenza di separazione “siccome previsti dalla norma per una sentenza di condanna, laddove le prescrizioni imposte ad un coniuge in sede di separazione non rivelano tale profilo”.
[32] Per l'approfondimento di questo punto si rinvia a Mondini, op. cit., 107 ss. Conforme nelle conclusioni, Ronco, op. cit., 760, secondo cui la misura coercitiva richiesta sul presupposto dell'accertamento della violazione dell' obbligo già oggetto della condanna, sarebbe “impronunciabile” in quanto il primo petitum (l'accertamento) “sarebbe probabilmente sguarnito di un sufficiente interesse ad agire, visto che l’avente diritto è già munito della precedente condanna; e, se il primo petitum fosse inammissibile, diventerebbe inammissibile anche la misura coercitiva che ad esso dovrebbe connettersi”.
Trascura il dato normativo e quanto vi è sotteso l'ordinanza 27 aprile 2015, n. 2581, in www.dejure.it, con cui il Presidente del Tribunale di Chieti, dopo avere adottato i provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse della prole e dei coniugi, “pone la mancata esecuzione dei predetti provvedimenti sotto le comminatorie penali qualora ricorressero i presupposti di cui all'art. 388 del c.p. e ... sotto le sanzioni civili di cui all'art. 614 del c.p.c. da stabilire a richiesta della parte interessata”, così rinviando ad un procedimento e ad un provvedimento successivi la concreta emanazione dell'astreinte.
[33] Sulla possibilità di modifica dei provvedimenti in vigore attraverso una pronuncia ex art. 709 ter, v. Trib. Ascoli Piceno, 18 maggio 2006; Trib. Chieti, 28 giugno 2006; Trib. Bologna, 19 giugno 2007 e 14 luglio 2008; Trib. Napoli, 11 agosto 2007; Trib. Bologna, 12 ottobre 2007; Trib. Reggio Emilia, 5 novembre 2007; Trib. Genova, 4 dicembre 2007; Trib. Varese, 7 maggio 2010, ricordate da Bardazza, op. cit., 51. nota 92.
[34] I virgolettati sono di Ronco, op. cit., 760 s.
[35] In Nuova giur ligure, 2012, 3, 44.