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Magistratura Indipendente

PENALE  

LA RECIDIVA REITERATA AL VAGLIO DELLE SEZIONI UNITE

  Penale 
 martedì, 21 novembre 2023

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di Donatella Di SANTO, tirocinante presso la Corte di cassazione

 
 

LA RECIDIVA REITERATA AL VAGLIO DELLE SEZIONI UNITE: NON E’ NECESSARIA LA PRECEDENTE DICHIARAZIONE DI RECIDIVA SEMPLICE
Nota a Cass., Sez. Un., sent. 30/03/2023 (dep. 25/07/2023) n. 32318, Pres. Cassano, rel. Zaza.

SOMMARIO: 1. La questione sottoposta allo scrutinio del Supremo Collegio. – 2.  L’orientamento tradizionale. –  3. L’ordinanza di rimessione e gli argomenti a sostegno del superamento dell’indirizzo prevalente. -4. L’iter argomentativo delle Sezioni Unite. – 4.1. Le Sezioni Unite aderiscono all’orientamento tradizionale. – 4.1.2. L’argomento letterale. – 4.1.3. L’argomento sistematico. – 4.2. Le ragioni del mancato accoglimento dell’opzione ermeneutica avallata dalla Sezione rimettente. – 4.3. La verifica del “presupposto sostanziale”.

 

  1. La questione sottoposta allo scrutinio del Supremo Collegio.

Mediante ordinanza n. 36738/2022[1] la Quinta Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la risoluzione del seguente quesito: «se, ai fini dell’applicazione della recidiva reiterata, sia necessaria una sentenza, divenuta irrevocabile anteriormente al fatto per il quale si procede, che abbia condannato l’imputato per un reato aggravato dalla recidiva».

Nello specifico, la vicenda sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite traeva origine dalla sentenza del 20 settembre 2021, con la quale la Corte d’Appello di Ancona confermava la sentenza pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ancona, in data 29 gennaio 2021 che, a seguito di giudizio abbreviato, condannava gli imputati alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro cinquecento di multa per il reato di furto di due blocchetti di assegni e denaro liquido, asportati il 22 novembre 2020 dal ristorante “Il pirata” di Marzocca.  In tale sede, peraltro, veniva contestata ed accertata la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale. Avverso la sentenza di appello, proponeva ricorso per Cassazione la difesa di uno dei due imputati, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla recidiva. In sostanza, il ricorrente sosteneva che l’applicazione del relativo aumento di pena non era stata motivata con riguardo all’espressività di maggiore pericolosità attribuibile alla commissione del reato qui giudicato, trascurandosi d’altra parte che l’assenza di una precedente condanna per fatti aggravati dalla recidiva induceva a ritenere che la stessa fosse stata esclusa in quelle sedi. A quest’ultimo proposito, si rilevava che la possibilità di ritenere configurabile la contestata recidiva reiterata, nonostante la recidiva semplice non fosse stata oggetto delle condanne precedenti, era stata motivata con la mera citazione di arresti giurisprudenziali in ordine alla possibilità di prescindere da tale pregressa formale dichiarazione.

  1. L’orientamento tradizionale.

Secondo il prevalente orientamento, sposato dai giudici di merito e posto a fondamento delle proprie statuizioni, ai fini del riconoscimento della recidiva reiterata è sufficiente che, al momento della commissione dell’ultimo delitto, il reo «risulti gravato da più condanne definitive per reati che, valutati unitamente all'ultimo, manifestino la sua maggiore attitudine criminosa», non essendo necessaria «la dichiarazione della recidiva semplice in una delle precedenti sentenze di condanna»[2].

Tale indirizzo verrebbe suffragato proprio dal tenore letterale dell’art. 99, quarto comma, c.p., il quale, nel disciplinare la recidiva reiterata, non fa alcun riferimento ad una precedente dichiarazione della recidiva semplice. Infatti, l’indicazione del termine «recidivo» non sottintende la costituzione di uno stato di recidivanza per effetto di una precedente dichiarazione giudiziale in tal senso. Al contrario, esso è stato usato dal legislatore per comodità di esposizione, ossia per non ripetere la definizione contenuta nel comma primo dello stesso articolo e non già per indicare una qualità del soggetto giudizialmente affermata[3].

L’evoluzione giurisprudenziale di tale affermazione ha, poi, distinto i poteri del giudice della cognizione da quelli del giudice dell'esecuzione, rilevando che soltanto il primo possa accertare i presupposti di una recidiva che non sia stata previamente dichiarata, sicché la recidiva reiterata può essere riconosciuta in sede di cognizione anche quando in precedenza non sia stata dichiarata giudizialmente la recidiva semplice. Al contrario, nel secondo caso, tale accertamento è precluso, dovendosi, pertanto, escludere che una recidiva non dichiarata in sede di cognizione possa essere ritenuta dal giudice dell'esecuzione[4].

Più di recente si è ribadito che, ai fini del riconoscimento della recidiva reiterata, «non è necessaria una precedente dichiarazione di recidiva contenuta in altra sentenza di condanna dell'imputato», né è necessario che, in relazione ad altri procedimenti definiti con sentenza irrevocabile, sussistano astrattamente i presupposti per riconoscere la recidiva semplice, ma «è sufficiente che al momento della consumazione del reato l'imputato risulti gravato da più condanne definitive per reati che, in relazione a quello oggetto di giudizio, manifestino una sua maggiore pericolosità sociale»[5].

  1. L’ordinanza di rimessione e gli argomenti a sostegno del superamento dell’indirizzo prevalente.

Il Collegio rimettente rilevava l’esistenza di un orientamento maggioritario, maturato in seno alla giurisprudenza di legittimità e condiviso dalla sentenza impugnata, tale da ammettere la configurabilità della recidiva reiterata in mancanza di una precedente condanna per fatto aggravato dalla recidiva semplice. Ciononostante, dato atto che un parziale distacco dal citato orientamento si individua in talune pronunce, per le quali «è esclusa l’applicazione della recidiva reiterata nel caso in cui la recidiva semplice non sia stata in precedenza ritenuta per la mancanza del presupposto dell’anteriorità del passaggio in giudicato della condanna per il reato precedente»[6], la Sezione rimettente ha ritenuto opportuno un superamento dell’indirizzo maggioritario nella direzione della necessità, per la configurabilità della recidiva reiterata, di una precedente sentenza definitiva di un reato aggravato dalla recidiva e, con ordinanza del 13 settembre 2022, ha rimesso gli atti alle Sezioni Unite. In tal senso, a sostegno della soluzione prospettata, ha individuato argomenti di ordine letterale e sistematico.

In primo luogo, quanto al dato letterale, nell’ordinanza di rimessione è stato evidenziato che l’uso del sostantivo "recidivo" rappresenta una formula espressiva delle varie figure di recidiva disciplinate dai commi dell'art. 99 c.p., che precedono il quarto, tale da rendere necessaria una lettura omogenea del dato letterale che si ripresenta identico in tutti i commi. [7].

In secondo luogo, la Sezione rimettente ha evidenziato come la tesi sostenuta dall’orientamento maggioritario, che ritiene sufficiente, ai fini dell’applicazione della recidiva reiterata, il mero riscontro della pregressa commissione di delitti non colposi, anche se non aggravati ai sensi dell’art. 99, primi tre commi c.p., si prospetta incompatibile con la fisionomia della recidiva così come delineata da parte della giurisprudenza costituzionale e di legittimità nel corso degli ultimi decenni.

Invero, secondo i giudici rimettenti deve necessariamente tenersi conto della profonda evoluzione che ha investito l’istituto della recidiva dalla sua introduzione ad oggi. Nell’impostazione originaria del Codice Rocco, la recidiva era considerata una questione di “diritto” e non di “fatto”, con la conseguenza che l’aggravamento di pena era strettamente conseguente alla relativa iscrizione del precedente nel casellario giudiziale e alla formale contestazione.

Il nuovo regime normativo, introdotto con la riforma del 1974[8], a seguito della quale venne meno l’obbligatorietà della recidiva, venne interpretato in senso restrittivo dalla giurisprudenza, nel senso che esso consentiva al giudice non di escludere la circostanza, ma solo di non apportare gli aumenti di pena conseguenti alla recidiva[9], tanto da parlare non di «facoltatività della recidiva», bensì di «facoltatività dell'aumento di pena»[10].

Con la riforma del 2005[11], oltre a confermare il regime di facoltatività, si stabilì un severo inasprimento degli aumenti di pena associati alle varie figure di recidiva e si introdusse una rilevante serie di effetti «indiretti» della recidiva reiterata, tra i quali una significativa limitazione al giudizio di bilanciamento ex art. 69, comma quarto, c.p. Proprio lo scrutinio delle questioni di legittimità costituzionale della deroga al giudizio di bilanciamento prevista, per la recidiva reiterata, dalla novella del 2005, offrì alla Corte costituzionale l'occasione per mettere a fuoco i requisiti sostanziali della recidiva.

Con la sentenza n. 192 del 2007, la Corte costituzionale ha ulteriormente chiarito la correlazione tra il riconoscimento della sussistenza della recidiva reiterata e la valutazione della significatività del “nuovo” reato, specificando che «il giudice applicherà l'aumento di pena previsto per la recidiva reiterata solo qualora ritenga il nuovo episodio delittuoso concretamente significativo - in rapporto alla natura ed al tempo di commissione dei precedenti, ed avuto riguardo ai parametri indicati dall'art. 133 c.p. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo»[12].

L'indirizzo prospettato dalla Corte costituzionale è stato poi pienamente accolto dalla giurisprudenza di legittimità, che - riaffermata la natura facoltativa della recidiva, anche reiterata - ha sottolineato come sia «compito del giudice, quando la contestazione concerna una delle ipotesi contemplate dai primi quattro commi dell'art. 99 c.p., e quindi anche nei casi di recidiva reiterata (...), quello di verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità»[13].

Nella stessa prospettiva, si pongono le Sezioni Unite del 2011[14], le quali hanno messo in luce come «non sia conforme ai principi generali di un moderno diritto penale, espressivo dei valori enunciati dalla Carta fondamentale, una concezione della recidiva quale status soggettivo correlato al solo dato formale della ricaduta nel reato dopo una previa condanna passata in giudicato che formi oggetto di mero riconoscimento da parte del giudice, chiamato soltanto a verificare la correttezza della sua contestazione»; al contrario, le Sezioni Unite hanno dato atto del «superamento della concezione della recidiva come mero status desumibile dal certificato penale», sulla base del rilievo che gli elementi costitutivi della recidiva quale circostanza aggravante chiamano in causa «non solo l'esistenza del presupposto formale rappresentato dalla previa condanna», ma anche il «presupposto sostanziale, costituito dalla maggiore colpevolezza e dalla più elevata capacità a delinquere del reo»[15].

Alla luce di tale premessa, dopo aver ribadito l’esigenza di ancorare l’interpretazione dell’art. 99 c.p., a criteri letterali, l’ordinanza in rassegna ha, dunque, ritenuto necessario un accertamento sostanziale della recidiva, volto, cioè, ad individuare una relazione qualificata tra i precedenti penali dell’imputato ed il nuovo illecito, al fine di superare l’idea della recidiva come mero status derivante dal certificato penale[16]. Invero, il sostantivo “recidivo” di cui all’art. 99, comma quarto, c.p. rinvia alle varie figure di recidiva, semplice o qualificata, di cui ai precedenti tre commi che, secondo il diritto vivente, non possono ritenersi integrate dalla mera esistenza di precedenti penali, ma richiedono «l'accertamento positivo della sussistenza del “presupposto sostanziale”, costituito dalla maggiore colpevolezza e dalla più elevata capacità a delinquere del reo»[17]. Ne consegue, allora, che la recidiva reiterata potrà dirsi perfezionata solo in presenza di una precedente sentenza di condanna che abbia accertato la sussistenza di tali requisiti.

Una conferma della tesi qui sostenuta è offerta dalle Sezioni Unite Schettino[18], le quali evidenziano «la irriducibilità della recidiva alla titolarità di precedenti penali», mettendo l'accento sul presupposto sostanziale, rappresentato dalla espressività del nuovo reato, di una più accentuata colpevolezza o di una maggiore pericolosità. In questa prospettiva, ritengono non condivisibile «l'orientamento secondo il quale la valorizzazione dei “precedenti penali” che sia stata operata per il diniego delle attenuanti generiche è indice di un giudizio che riconosce la ricorrenza della circostanza aggravante della recidiva, risultando un mero errore il mancato aumento della pena a titolo di recidiva», orientamento, questo, che «depaupera il giudizio concernente la recidiva, finendo con il ridurlo alla constatazione della presenza di pertinenti "precedenti penali", che accidentalmente, in forza del reclutamento di mere formule di stile, possono anche risultare correlati retoricamente ad una maggiore colpevolezza per il fatto e ad una maggiore pericolosità sociale del reo, ma senza che il linguaggio possa far velo all'assenza di una reale indagine al riguardo». Il netto discrimen delineato dalle più recenti Sezioni Unite Schettino tra precedenti penali e recidiva conferma che il "recidivo" di cui all'art. 99, quarto comma, c.p. è non il soggetto nei cui confronti è intervenuta semplicemente una sentenza di condanna, ma quello che è stato condannato per un reato rispetto al quale il giudice ha valutato e statuito la sussistenza dei requisiti, non solo formali, ma anche sostanziali della circostanza aggravante della recidiva.

Secondo la Quinta Sezione della Corte di Cassazione, pertanto, l’orientamento prevalente applica un «rigido automatismo sanzionatorio», di fatto operando come se si trovasse al cospetto dell’assetto normativo originario del Codice Rocco, atteso che equipara il precedente penale in quanto tale alla condanna per un reato aggravato dalla recidiva, così attribuendo al reato oggetto della "seconda" sentenza una recidiva che, in quanto non applicata sembra, dunque, di fatto, considerata obbligatoria. E tanto, all'evidenza, collide con gli approdi della Corte Costituzionale, che, con la sentenza n. 185 del 2015, ha dichiarato l'illegittimità della recidiva obbligatoria di cui all'art. 99, comma quinto, c.p., osservando che «il rigido automatismo sanzionatorio cui dà luogo la norma censurata - collegando l'automatico e obbligatorio aumento di pena esclusivamente al dato formale del titolo di reato commesso - è del tutto privo di ragionevolezza, perchè inadeguato a neutralizzare gli elementi eventualmente desumibili dalla natura e dal tempo di commissione dei precedenti reati e dagli altri parametri che dovrebbero formare oggetto della valutazione del giudice, prima di riconoscere che i precedenti penali sono indicativi di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del reo»[19].

  1.  L’iter argomentativo delle Sezioni Unite.

Con la sentenza n. 32318 del 2023[20], le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, prima di entrare nel merito della questione, hanno ritenuto necessario, alla luce dei plurimi interventi giurisprudenziali che hanno investito l’istituto in commento, rievocare i principi più importanti formulati sul punto, così da delineare l’attuale configurazione della recidiva nel diritto vivente.

In via preliminare, hanno ribadito l’indiscussa qualificazione della recidiva come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole[21]. Venendo poi al momento processuale della contestazione, hanno ricordato il principio della obbligatorietà della contestazione, da cui consegue la possibilità di ritenere la circostanza de qua in sede giudiziale solamente in quanto specificamente contestata all’imputato.  Si è ribadito, inoltre, che la contestazione deve avere ad oggetto la singola imputazione cui l’aggravante inerisce, potendo però essere ascritta in calce alla serie di imputazioni ove il pubblico ministero intenda riferirla a ciascuna di esse[22]. Quanto al rapporto tra le modalità di contestazione e le diverse ipotesi di recidiva di cui all’art. 99 c.p., è pacifico che, ove la pubblica accusa dovesse contestare genericamente la recidiva di cui all’art. 99 c.p. senza ulteriori specificazioni, la contestazione andrebbe riferita alla recidiva semplice[23].

Sul piano strutturale, poi, hanno sottolineato che la recidiva non può ritenersi espressione di un mero status soggettivo del reo, delineato dai suoi precedenti penali. Questi ultimi, infatti, devono essere valutati unitamente al requisito sostanziale rappresentato dalla maggiore colpevolezza e pericolosità del reo. In particolare, con le Sezioni Unite Indelicato[24], viene individuato quale elemento centrale nella valutazione sull’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva, «la maggiore attitudine a delinquere del reo, in quanto aspetto comune sia alla colpevolezza che alla capacità di realizzazione di nuovi reati»[25]. In tale prospettiva, la colpevolezza rileva nella sua accezione di consolidamento della determinazione delittuosa, pur a fronte del monito delle precedenti condanne. Tale nozione, tuttavia, viene sviluppata in una sua inevitabile risultante, ossia «la maggiore attitudine a delinquere, che sotto questo profilo costituisce una componente della colpevolezza». Questa componente, per altro verso, si traduce a sua volta in una «incrementata capacità delinquenziale», che in questo senso costituisce la forma espressiva della pericolosità determinante nel giudizio sulla recidiva. Alla luce di tale assetto definitorio, la colpevolezza e la pericolosità non risultano oggetto di distinte valutazioni, ma di una valutazione unitaria e consequenziale, nel senso che «dall’accertamento di una maggiore colpevolezza, in quanto costituita dal rafforzamento della determinazione criminosa, deriva quello di una pericolosità costituita dalla potenzialità di commissione di altri reati»[26].  Orbene, da ciò discende che se il giudizio sulla sussistenza del fondamento sostanziale della recidiva si incentra nella valutazione sulla maggiore attitudine a delinquere del reo, lo stesso non può evidentemente ridursi alla mera constatazione della commissione di un nuovo delitto da parte del soggetto agente già condannato, risultando necessario un esame del percorso criminale del reo e della significatività del nuovo delitto, in termini di rafforzamento dell’attitudine a delinquere.

4.1.    Le Sezioni Unite aderiscono all’orientamento tradizionale.

Venendo, poi, al quesito rimesso dalla Sezione Quinta, le Sezioni Unite, hanno ritenuto di condividere l’orientamento tradizionale, così formulando il principio di diritto per il quale «Ai fini del riconoscimento della recidiva reiterata è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l’imputato risulti gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazione, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice». A sostegno di tale conclusione, vengono richiamati argomenti di natura letterale e sistematica.

4.1.2.   L’argomento letterale.

In primo luogo, viene evidenziata la persuasività dell’argomento di carattere letterale, rilevando, per un verso, l’assenza nella formulazione dell’art. 99, quarto comma, c.p., di qualsiasi riferimento ad una precedente affermazione giudiziaria della recidiva semplice; per altro verso, si osserva che il termine “recidivo”, presente nel quarto comma, è volto a richiamare in forma sintetica l’espressione di cui al primo comma, utilizzata unicamente per descrivere la condizione di precedente condanna, e non anche l’eventuale concreta applicazione della recidiva nei suoi effetti sanzionatori. Invero, da un punto di vista strutturale, le fattispecie descritte rispettivamente ai commi primo e quarto dell’art. 99 c.p., sono connotate da una evidente simmetria. In entrambe, «ad una prima parte riferita alla posizione soggettiva di recidivanza del reo», esplicitata nel primo comma con l’indicazione della precedente condanna e della natura del reato oggetto della stessa, segue una «seconda parte rappresentativa delle conseguenze giuridiche di questa posizione sul trattamento sanzionatorio»[27]. Alla luce di tale simmetria, ne consegue, pertanto, che la prima parte del quarto comma debba intendersi riferita soltanto al «recidivo che commette un altro delitto non colposo», non potendo, al contrario ritenersi comprensiva anche della seconda parte del primo comma, relativa al riconoscimento giudiziale della recidiva.

4.1.3. L’argomento sistematico.

In secondo luogo, a sostegno della tesi, viene richiamato anche un argomento di carattere sistematico. In tal senso, si richiama, innanzitutto, l’art. 105 c.p., il quale pur rappresentando un caso diverso da quello sottoposto all’attenzione della Corte, risulta comunque significativo, in quanto costituisce applicazione del principio per il quale «non è necessaria l’espressa pronuncia di una dichiarazione costitutiva di una condizione relativa ai precedenti penali del reo di grado inferiore a quella valutata nel procedimento, sussistendone comunque i presupposti, in una fattispecie le cui conseguenze giuridiche sono per il soggetto interessato più gravi ed afflittive di quelle della recidiva»[28]. Infatti, dalla formulazione della norma in commento si evince chiaramente che la dichiarazione di professionalità può essere pronunciata anche ove quella di livello immediatamente inferiore, nella progressione prevista dalla legge, ossia quella di abitualità, non sia stata giudizialmente affermata, essendo sufficiente che ne sussistano le condizioni.

Analoghe considerazioni possono svolgersi in relazione all’art. 162-bis, terzo comma, c.p., il quale prevede la recidiva reiterata quale condizione ostativa all’ammissione all’oblazione speciale. Orbene, in questo caso, la giurisprudenza di legittimità ha pacificamente ammesso che «la condizione di recidiva reiterata impedisce l’accesso all’oblazione anche ove la stessa non sia stata giudizialmente dichiarata»[29], specificando, peraltro, che la recidiva debba essere intesa come meramente indicativa della sussistenza di precedenti penali che, per il loro numero e la loro natura integrano l’ipotesi recidivante[30]

Infine, le Sezioni Unite richiamano l’istituto del patteggiamento allargato, il quale ai sensi dell’art. 444, comma 1-bis, c.p.p., non può essere richiesto da coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza o recidivi reiterati. Con la sentenza n. 35738 del 2010[31], le Sezioni Unite, hanno escluso che la posizione dei recidivi reiterati possa essere equiparata a quella dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel senso della necessità di una dichiarazione giudiziale di dette posizioni; al contrario, hanno ritenuto che «la peculiarità sostanziale che distingue la recidiva» è individuata proprio nel fatto che essa «non è oggetto di una formale dichiarazione, ma può essere ritenuta e applicata per i reati in relazione ai quali è contestata»[32].

Tali argomenti, pertanto, depongono univocamente nel senso di ammettere la possibilità di ritenere la recidiva reiterata anche in assenza di un precedente riconoscimento giudiziale della stessa e ciò in piena conformità all’indirizzo giurisprudenziale tradizionale formatosi sul punto.

4.2. Le ragioni del mancato accoglimento dell’opzione ermeneutica avallata dalla Sezione rimettente.

Venendo, poi, alla disamina delle considerazioni svolte nell’ordinanza di rimessione, le Sezioni Unite hanno rilevato, in primo luogo, che sul punto non sussiste un effettivo ed attuale contrasto giurisprudenziale e che la questione deve essere affrontata alla luce di un contrasto soltanto potenziale e futuro dell’attuale orientamento con l’evoluzione giurisprudenziale formatasi in ordine al presupposto sostanziale della recidiva, costituito dalla significatività dell’ultimo delitto commesso in termini di accresciuta attitudine a delinquere. In tal senso, hanno evidenziato che l’indirizzo giurisprudenziale richiamato nell’ordinanza di rimessione e considerato dallo stesso Collegio rimettente come parzialmente divergente da quello tradizionale, in realtà si discosta da quest’ultimo per un aspetto assolutamente marginale. Invero, tale indirizzo non ha affermato la necessità di una precedente dichiarazione giudiziale della recidiva semplice perché si possa procedere all’accertamento della recidiva reiterata, bensì ha semplicemente affermato la necessità che «all’epoca della commissione del reato oggetto della seconda condanna precedente, si sia realizzata la condizione del passaggio in giudicato della prima condanna»[33]. Risulta evidente che tali decisioni non incidono in alcun modo sul principio generale affermato dalla giurisprudenza in ordine alla mancanza, tra le condizioni per la ravvisabilità della recidiva reiterata, della pregressa dichiarazione della recidiva semplice. Al contrario, esse sono intimamente connesse alla particolarità del caso in specie, in cui difettava una condizione formale per la configurabilità della recidiva semplice.

Peraltro, le Sezioni Unite hanno osservato che, sebbene l’opzione ermeneutica avallata dalla Sezione Quinta risulti improntata alla piena valorizzazione della nuova concezione della recidiva, tale da imporre, oltre alla verifica dell’esistenza di precedenti condanne, anche un giudizio in concreto sull’elemento sostanziale della maggiore attitudine a delinquere,  tuttavia, tale proposta si risolve contraddittoriamente nell’introduzione di una «diversa e non meno evidente connotazione di rigidità», data dal sottoporre «l’applicazione della recidiva reiterata alla imprescindibile condizione del previo accertamento della recidiva semplice»[34].

Tanto premesso, le Sezioni Unite hanno evidenziato come l’unica possibilità di superare un dato letterale della pregnanza di quello in precedenza esposto, sarebbe quello di dimostrare che la soluzione alternativa proposta costituisce l’unico percorso procedurale tale da garantire una piena e compiuta verifica sulla sussistenza del presupposto sostanziale della recidiva «anche rispetto alla significatività dell’ulteriore delitto, in termini di accresciuta attitudine a delinquere, ai fini della configurabilità dell’ipotesi della fattispecie reiterata»[35]. Orbene, richiamando le Sezioni Unite Calibè[36], hanno rilevato l’assoluta praticabilità di una valutazione della maggiore attitudine a delinquere, in ordine alla ravvisabilità della recidiva reiterata, pur in assenza di una precedente valutazione relativamente alla fattispecie intermedia della recidiva semplice. Invero, se, come più volte ribadito, l’oggetto del giudizio sulla recidiva reiterata «ricomprende tutti i reati compresi nella sequenza recidivante», inevitabilmente lo stesso «assorbe necessariamente quella che sarebbe stata la valutazione sul passaggio della recidiva semplice»[37].

  1. La verifica del “presupposto sostanziale”.

Conclusivamente, le Sezioni Unite, pur disattendendo le conclusioni formulate dal Collegio rimettente, hanno convenuto che, per effetto della mutata concezione della recidiva, la stessa «non si riduce più nei limiti di uno status personale dipendente in via esclusiva dalla presenza di determinati precedenti penali», ma si articola in una «più complessa condizione di incidenza del nuovo delitto commesso sull’attitudine a delinquere»[38]. Tuttavia, ha ritenuto la Corte che ciò non implica che la recidiva reiterata sia valutata e ritenuta solo in presenza di un precedente riconoscimento della recidiva semplice, «potendo le relative esigenze essere realizzate nell’ambito del giudizio complessivo ai fini dell’applicazione della recidiva reiterata»[39]. L’importanza dell’evoluzione che ha condotto ad una diversa configurazione della recidiva deve trovare adeguata considerazione, non in un irrigidimento formalistico rappresentato dalla successione di affermazioni giurisprudenziali delle varie ipotesi di recidiva, bensì «sotto il profilo motivazionale».  Ed invero, la rilevanza dell'aspetto motivazionale della recidiva è stata da tempo segnalata dalle Sezioni Unite nel rilevare che «la facoltatività dell'applicazione della stessa impone al giudice», sia nel caso in cui disponga tale applicazione che nel caso contrario, «uno specifico dovere di motivazione in proposito»[40]. È doverosa, pertanto, una motivazione che precisi gli elementi fattuali presi in considerazione, nonché i criteri utilizzati ai fini della valutazione, tra cui la tipologia e l’offensività dei reati, la loro omogeneità e collocazione temporale, la devianza della quale sono complessivamente significativi e l’occasionalità o meno dell’ultimo delitto[41].

E di questo, nel caso di specie, dà conto la motivazione della condanna, laddove individua l'accrescimento della determinazione a delinquere dell'imputato, «nella successione dei reati di furto, dimostrato dalla sempre maggiore specializzazione nell'esecuzione delle condotte», con il coinvolgimento di più persone, «la scelta di un locale pubblico chiuso ed appartato e l'impossessamento di titoli di credito oltre che di denaro contante». In tal modo, continua la Cassazione, «la motivazione tocca tutti gli aspetti determinanti nel giudizio sulla sussistenza del presupposto sostanziale della recidiva», vale a dire «l'omogenea offensività patrimoniale di tutti i reati oggetto delle precedenti condanne, la loro collocazione in un contesto temporale unitario e continuo, nel quale si colloca anche il delitto estorsivo, e il carattere non occasionale dell'ultima ricaduta nel crimine»[42].

 

[1] Cass., Sez. V, ordinanza n. 36738 del 13 settembre 2022 (dep. 28 settembre 2022);

[2] Cass., Sez. 2, n. 35159 del 01/07/2022, Lodi, Rv. 283848;

[3] Cass., Sez. 3, n. 6424 del 20/05/1993, Mighetto, Rv. 195127; Sez. 1, n. 24023 del 06/05/2003, Andreucci, Rv. 225233;

[4] Cass., Sez. 5, n. 41288 del 25/09/2008, Moccia, Rv. 241598). Principio di diritto, questo, riaffermato da Cass., Sez. 2, n. 18701 del 07/05/2010, Arullani, Rv. 247089; Sez. 5, n. 47072 del 13/06/2014, Hoxha, Rv. 261308; Cass., Sez. 2, n. 21451 del 05/03/2019, Gasmi Adel, Rv. 275816;

[5] Cass., Sez. 2, n. 15591 del 24/03/2021, Di Maio, Rv. 281229; Melchionda A., “Recidiva reiterata e pregresso status del recidivo: la Cassazione di avvicina alla chiusura del cerchio”, in Sistema penale, 2021;

[6] Cass., Sez. 2, n. 37063 del 26/11/2020, Kassimi, Rv. 280436;

[7] Cass., Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè (dep. 05/10/2010), Rv. 247839;

[8] D.L.n. 99 del 11 aprile 1974, art. 9, convertito, con modificazioni, nella L. 7 giugno 1974, n. 220;

[9] Cass., Sez. 3, n. 435 del 29/09/1978, dep. 1979, Vinciguerra, Rv. 140816; Cass., Sez. 2, n. 10248 del 12/04/1983, Querzola, Rv. 161468), sicchè si riteneva che si dovesse parlare non tanto di facoltatività della recidiva, quanto di facoltatività dell'aumento di pena (Sez. 6, n. 3874 del 05/09/1974, dep. 1975, Mele, Rv. 130148

[10] Cass., Sez. 3, n. 435 del 29/09/1978, dep. 1979, Vinciguerra, Rv. 140816; Cass., Sez. 2, n. 10248 del 12/04/1983, Querzola, Rv. 161468; Ambrosetti, Recidiva e recidivismo, Padova, 1997, p. 26 ss;

[11] L. 5 dicembre 2005, n. 251;

[12] Sent. Corte Cost. n. 192 del 2007;

[13] Cass., Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè (dep. 05/10/2010), Rv. 247839; Melchionda, Recidiva reiterata e pregresso status del recidivo: la cassazione si avvicina alla “chiusura del cerchio”, in Sist. pen., 2021, 2, p. 143 ss.

[14] Cass., Sez. U., Sentenza n. 20798 del 24/02/2011 Ud.  (dep. 24/05/2011) Rv. 249664;

[15] Cass., Sez. U., Sentenza n. 20798 del 24/02/2011 Ud.  (dep. 24/05/2011) Rv. 249664;

[16] Cass., Sez. U., 25 ottobre 2018, n. 20808, in Dir. pen. e proc., 2020, p. 84 ss., con nota di Ambrosetti, Le Sezioni Unite chiariscono il rapporto fra l’accertamento della recidiva e i suoi effetti;

[17] Cass., Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè (dep. 05/10/2010), Rv. 247839;

[18]Cass., Sez. U., Sentenza n.20808 del 25/10/2018 Ud.  (dep. 15/05/2019) Rv. 275319;

[19] Sent. Corte Cost., n. 185 del 2015;

[20] Cass., Sez. U., Sentenza n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023) Rv. 284878;

[21] Cass., Sez. U., n. 3152 del 31/01/1987, Paolini, Rv. 175354;

[22] sul punto Cass. sez. II, 9 marzo 2021, n. 22966, CED 281456; conf. Cass. sez. V, 18 dicembre 1973, dep. 1974, n. 2588, CED 126591;

[23] sul punto, ex multis, Cass. sez. III, 1° dicembre 2016, dep. 2017, n. 43795, CED 270843;

[24] Cass., Sez. U, Sentenza n. 20798 del 24/02/2011 Ud.  (dep. 24/05/2011) Rv. 249664; G. Rutigliano, Alle Sezioni unite una questione sui presupposti per l’applicazione della recidiva reiterata, in Pen. dir. e proc., 20.02.2023.

[25] Cass., Sez. U, Sentenza n. 20798 del 24/02/2011 Ud.  (dep. 24/05/2011) Rv. 249664;

[26] Cass., Sez. U, Sentenza n. 20798 del 24/02/2011 Ud.  (dep. 24/05/2011) Rv. 249664;

[27] Cass., Sez. U., Sentenza n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023) Rv. 284878; Aceto, Recidiva qualificata: per le SS.UU. non è necessaria la precedente dichiarazione di recidivo, in Quot. giur., 03.08.2023;

[28] Cass., Sez. 4, n. 13463 del 05/11/2019, dep. 2020, Guarneri, Rv. 278919;

[29] Cass., Sez. 3, n. 29238 del 17/02/2017, Cavallero, Rv. 270147;

[30] Cass., Sez. 1, n. 17316 del 05/04/2006, Giunta, Rv. 234251; M. Ambrosetti, La recidiva tra colpevolezza e pericolosità, in Discrimen, 30.08.2023;

[31] Cass., Sez. U., n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino; Cass. Sez. U., n. 35738 del 27/05/2010, dep. 2010, Calibè;

[32] Cass., Sez. U, Sentenza n. 35738 del 27/05/2010 Cc.  (dep. 05/10/2010) Rv. 247838;

[33] Cass., Sez. 3, n. 27450 del 29/04/2022, D’Aguì, Rv. 283351; Cass., Sez. 3, n. 2519 del 14/12/2021, dep. 2022, Pistocchi, Rv. 282707; Di Florio, Sul rapporto tra recidiva reiterata e recidiva semplice: la parola alle Sezioni Unite, in Jus, 31.07.2023;

[34] Cass., Sez. U., Sentenza n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023) Rv. 284878;

[35] Cass., Sez. U., Sentenza n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023) Rv. 284878;

[36] Cass., Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè (dep. 05/10/2010), Rv. 247839;

[37] Cass., Sez. U., Sentenza n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023) Rv. 284878; M. Ambrosetti, La recidiva tra colpevolezza e pericolosità, in Discrimen, 30.08.2023;

[38] Cass., Sez. U., Sentenza n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023) Rv. 284878;

[39] Cass., Sez. U., Sentenza n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023) Rv. 284878;

[40] Cass., Sez. U., n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Marcianò, Rv. 251690; Aceto, Recidiva qualificata: per le SS.UU. non è necessaria la precedente dichiarazione di recidivo, in Quot. giur., 03.08.2023.

[41] Cass., Sez. U., Sentenza n.20808 del 25/10/2018, Schettino (dep. 15/05/2019) Rv. 275319; Cass., Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè (dep. 05/10/2010), Rv. 247839;

[42] Cass., Sez. U., Sentenza n. 32318 del 30/03/2023 Ud. (dep. 25/07/2023) Rv. 284878.

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LA RECIDIVA REITERATA AL VAGLIO DELLE SEZIONI UNITE: NON E’ NECESSARIA LA PRECEDENTE DICHIARAZIONE DI RECIDIVA SEMPLICE.pdf | 236 Kb

 
 
 
 
 
 

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RIVISTA ISSN 2532 - 4853 Il Diritto Vivente [on line]

 

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