CASSAZIONE CIVILE SEZ. I, 03/05/2019, (UD. 12/04/2019, DEP. 03/05/2019), N.11750
<<In tema di concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in assenza di una norma che regolamenti l'eventuale applicazione della nuova disciplina, introdotta con il d.l. n.113/2018, conv. con la l. n. 132/2018, ai casi di domande già presentate antecedentemente all'entrata in vigore delle nuove disposizioni, la prima sezione civile della Corte di cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente affinché valuti l’assegnazione alle Sezioni Unite per dirimere la questione e definire l'effettivo ambito di operatività della nuova disciplina>>.
1. Ora che la giurisprudenza di merito si era sostanzialmente acquietata sulla soluzione fornita da Cass. n. 4890/2019[1]alle delicate questioni di diritto intertemporale del Decreto Sicurezza[2], interviene nuovamente la Cassazione con l’ordinanza in rassegna[3], che, dissentendo dal principio enunciato con quel precedente, sviluppa le ragioni di perplessità riferibili ai singoli passaggi argomentativi ritenendo necessario l’intervento delle Sezioni Unite per porre un suggello sull’esegesi delle nuove disposizioni.
Il d.l. n. 113 del 2018, conv., con modif., nella l. n. 132 del 2018, aveva (come noto) immutato radicalmente il quadro normativo, sostituendo al sistema imperniato sull’art. 5 co. 6 d. lgs. n. 286 del 1998 (il quale prevedeva un <<catalogo aperto>>[4] di situazioni potenzialmente valorizzabili in termini di vulnerabilità soggettiva ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria[5]) una predeterminazione e tipizzazione di <<casi speciali>> meritevoli di rilascio del titolo di soggiorno, racchiusi nelle specifiche ipotesi delle <<cure mediche>>, delle <<situazioni di contingente ed eccezionale calamità>> e degli <<atti di particolare valore civile>>, ferme (beninteso) le fattispecie già delineate dall’art. 18 d. lgs. n. 286 del 1998, e collegate alle esigenze di protezione sociale o di protezione per le vittime di violenza domestica o dello sfruttamento lavorativo (rispettivamente, articoli 18-bis e 22 co. 12-quater stesso decreto).
All’indomani della novella, la prevalente giurisprudenza di merito[6] aveva tuttavia affermato che le domande proposte precedentemente al 5.10.2018 (data di entrata in vigore del d.l. n. 113/18) sarebbero dovute restare insensibili alle innovazioni introdotte dal Decreto Sicurezza, e ciò non solo per la natura sostanziale delle modifiche apportate all’istituto della protezione umanitaria (v. l’art. 11 prel. c.c. in base al quale “…la legge non dispone che per l’avvenire”) ma anche per la qualificazione della protezione in discorso, da configurarsi quale diritto soggettivo che “preesiste” al suo riconoscimento, trovando origine nella peculiare condizione di deprivazione dei diritti umani patita dall’individuo nel Paese di origine, ove non può fare perciò più rientro[7].
In tale contesto, in cui la protezione umanitaria dovrebbe consacrare un diritto soggettivo preesistente, si affermava altresì che tutti i provvedimenti assunti dagli organi competenti in materia avrebbero natura meramente dichiarativa e non costitutiva[8]. E si argomentava altresì dall’art. 1, co. 9, del Decreto Sicurezza (che delinea, sia pure in termini embrionali, una disciplina di natura transitoria) in senso favorevole al richiedente asilo. Questo perché tale ultima disposizione consente alla questura, nei procedimenti amministrativi pendenti, e laddove sia stato accertato dalla commissione territoriale il diritto alla protezione umanitaria in forza delle previgenti disposizioni, di dare ulteriore impulso al procedimento con il rilascio del relativo permesso recante la dizione <<casi speciali>> a conclusione dell’iter amministrativo.
Sicché, stante la natura di impugnativa dell’eventuale ricorso ex art. 35 d. lgs. n. 25/08 contro il dictum di diniego della commissione territoriale in punto di protezione umanitaria -e, correlativamente, l’esigenza di evitare che i tempi del giudizio possano andare a detrimento della parte che ha ragione-, si opinava fosse del tutto conseguenziale ritenere non preclusa, anche alla stregua della nuova disciplina di cui al d.l. n. 113/2018, cit., la valutazione giudiziale di quelle che erano le condizioni sostanziali (pregresse) legittimanti la concessione della protezione umanitaria, quantunque esse fossero state erroneamente disattese o ingiustamente trascurate dalla commissione territoriale nel provvedimento di diniego poi impugnato in sede giurisdizionale.
2. In piena sintonia con l’indirizzo imperante fra i giudici di merito, la Cassazione n. 4890/2019, cit., aveva allora premesso che <<il diritto di asilo costituzionale è integralmente compiuto attraverso il nostro sistema pluralistico della protezione internazionale, non limitato alle protezioni maggiori ma esteso alle ragioni di carattere umanitario, aventi carattere residuale e non predeterminato>>[9]. Ebbene, la qualificazione della protezione umanitaria come diritto soggettivo perfetto appartenente al catalogo dei diritti umani, di diretta derivazione costituzionale e convenzionale, rendeva evidente, sempre secondo la sentenza 4890, cit., la natura <<meramente ricognitiva dell’accertamento da svolgere in sede di verifica delle condizioni previste dalla legge>>[10].
Pur ribadendo che il principio di irretroattività fissato nell’art. 11 delle preleggi non godrebbe copertura costituzionale, e potrebbe bensì essere derogato dal legislatore, la sentenza 4890, cit., affermava tuttavia che, in difetto di deroga espressa, la norma sopravvenuta non avrebbe potuto incidere, intaccandone la portata, sui <<rapporti giuridici esauriti>>; laddove invece, se fosse da applicare incongruamente la nuova disciplina, gli effetti già prodotti ad opera del pregresso “fatto generatore” del rapporto sarebbero stati inaccettabilmente disconosciuti.
Sempre la Cass. 4890, cit., richiamava così un indirizzo giurisprudenziale consolidato[11], e poi ulteriormente rafforzato da pronunce successive[12], secondo cui <<…la legge nuova può essere applicata a fatti, status, situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti a un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati>>.
Per lo straniero che aveva richiesto il riconoscimento della protezione umanitaria sotto la vigenza della disposizione di cui all’art. 5 co. 6 del d. lgs. n. 286 cit., senza conseguire tuttavia un accertamento definitivo sino al momento dell’entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, sarebbe ingiustificato estendere (ad avviso di Cass. 4890, cit.) l’operatività della nuova normativa che verrebbe a incidere sul fatto generatore del diritto e sui suoi effetti, posto che il diritto soggettivo sarebbe qui preesistente alla verifica procedimentale ed (eventualmente) giudiziale, e sorgerebbe <<contestualmente al verificarsi delle condizioni di vulnerabilità, delle quali lo straniero ha richiesto l’accertamento con la domanda>>[13].
L’applicazione retroattiva della nuova disciplina, secondo Cass. 4890, sarebbe altresì in contrasto con interessi costituzionalmente protetti e con <<valori di civiltà giuridica tra i quali sono ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico, il rispetto delle funzioni riservate all’ordinamento giudiziario>>[14]. Così facendo, la sentenza 4890, cit., adottava, conclusivamente, un iter logico in grado di elidere, per lo meno con riferimento al periodo pregresso (ossia alle domande di protezione internazionale presentate ante 5.10.2018), l’asprezza dei contenuti della riforma, la quale ultima era diretta, nelle intenzioni palesate dalla decretazione d’urgenza, ad attuare un indiscutibile “giro di vite” sulla c.d. protezione umanitaria.
3. L’ordinanza in commento, con argomentazioni di indubbia forza persuasiva, fornisce –rispetto agli esiti dell’analisi compiuta da Cass. 4890, cit.- una ricostruzione alternativa dell’assetto normativo.
L’iter logico dell’ordinanza in rassegna si scompone essenzialmente nei seguenti passaggi:
a) La nuova disciplina regolante la fattispecie si applica immediatamente ai rapporti in corso, senza che si richieda una disciplina intertemporale che ne disponga l’immediata operatività sul versante precettivo;
b) tale impostazione può (beninteso) determinare diseguaglianze che tuttavia debbono ritenersi ragionevolmente giustificate dal trascorrere del tempo e dal connesso fenomeno della successione di leggi nel tempo.
c) La nuova legge conterrebbe, peraltro, una norma di diritto intertemporale, id est l’art. 1 co. 9, che impone di applicare alle situazioni pendenti la nuova disciplina e non il vecchio permesso umanitario, talché rilasciare <<il permesso nuovo>> ma alle <<condizioni della legge previgente>>, come assume Cass. 4890, cit., sarebbe palesemente incongruo essendo evidente che il legislatore <<ha inteso escludere che alle situazioni pendenti siano da applicare le norme ormai abrogate>>.
d) L’applicazione immediata delle nuove disposizioni incontrerebbe il solo limite del “diritto quesito” e della fattispecie compiuta; mentre l’analisi della fattispecie della protezione umanitaria consente di qualificarla come <<fattispecie complessa e a formazione progressiva e procedimentale>>.
e) In relazione alla fattispecie a formazione progressiva, proprio la teoria del fatto compiuto impedirebbe di discorrere di retroattività: se la fattispecie non si è infatti completata finché il procedimento è in corso, allora la nuova disciplina si applica immediatamente a situazioni <<aperte>> e in fieri.
f) Di ciò è indubitabile (seppure indiretta) conferma nella stessa Cass. n. 4455/2018, cit., la quale richiede una valutazione comparativa della situazione oggettiva e soggettiva del richiedente asilo con riferimento al paese d’origine in correlazione con la situazione conseguita nel paese d’accoglienza, imponendo un apprezzamento amministrativo o giudiziale che si fissa necessariamente all’attualità.
Invero, gli snodi argomentativi, strettamente conseguenziali fra loro, sgombrano il campo da alcuni possibili equivoci e mettono a nudo i passaggi più fragili della sentenza 4890, come quello (pag. 14.d) secondo cui <<il diritto alla protezione umanitaria del richiedente (sarebbe) preesistente alla verifica delle condizioni cui la legge lo sottopone, mediante il procedimento amministrativo ed eventualmente giurisdizionale>>.
Se tale affermazione fosse corretta così com’è –precisa, ancora, l’ordinanza in commento-, non avrebbe senso fissare quale discrimen (tra l’applicazione della vecchia e della nuova disciplina) la data di presentazione della domanda amministrativa di protezione internazionale (ovvero di compilazione del c.d. modulo C 3), come incongruamente argomenta Cass. 4890, cit., posto che il diritto dovrebbe “preesistere” e insorgere già al momento dell’espatrio o al più dell’arrivo dello straniero nel paese d’accoglienza, e non correlarsi ad adempimento amministrativo successivo, che dovrebbe restare francamente irrilevante.
Ma, così argomentando, si arriverebbe però all’assurdo di ritenere –sempre nell’impostazione di Cass. 4890, cit.- che la protezione umanitaria da integrazione sociale possa in concreto maturare prima ancora che l’integrazione socio-economica abbia avuto luogo ovvero che l’umanitaria per ragioni di salute spetti inopinatamente allo straniero già al momento dello sbarco, quantunque la patologia da cui egli è affetto sia insorta in corso di giudizio.
L’ulteriore pregio dell’ordinanza in rassegna sta nell’avere effettuato una qualificazione inedita, e certamente appropriata, del diritto alla protezione umanitaria, inquadrandolo nella categoria della fattispecie a formazione progressiva[15], e chiarendo altresì come il diritto in parola, formandosi nel tempo, potrebbe in concreto non riuscire a perfezionarsi laddove sia nelle more subentrata una nuova disciplina sostanziale che ne altera (o abroga) i presupposti costitutivi.
Altrettanto significativa è l’affermazione (sempre contenuta nell’ordinanza in commento) secondo cui, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva, il diritto in questione potrebbe utilmente integrarsi solo se esiste (e persiste) al momento della decisione; e ciò in quanto, alla stregua del meccanismo di comparazione delineato da Cass. 4455/2018, cit., se ne imporrebbe, comunque, una verifica di sua persistenza all’attualità.
Esemplificando: se il richiedente asilo, prima esente da problemi di salute, avesse contratto una patologia in epoca successiva all’entrata in vigore del d.l. n. 113 cit. (id est, 5.10.2018), o se, ancora, quel cittadino straniero, dapprima sprovvisto di un’occupazione lavorativa, fosse riuscito a reperirne una stabile e congruamente retribuita ma ciò solo dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina e il giudizio si fosse protratto a lungo nel tempo, sarebbe arduo sostenere che, per il solo fatto di essere giunto sul suolo nazionale in epoca pregressa al 5.10.2018 e/o per avere compilato il modulo C 3 prima di tale data, egli possa fondatamente invocare tutela con applicazione della previgente normativa.
Proprio l’esigenza di trattare in termini uniformi situazioni equiparabili (come ad esempio nel caso di soggetti che, provenendo da condizioni personali di grave deprivazione dei diritti umani, conseguono simultaneamente nel paese d’accoglienza un’occupazione stabile o contraggono analoga patologia) dovrebbe indurre, quale che sia la data dell’approdo sulle coste nazionali, o la data di compilazione del modulo C 3, a considerare (per la eventuale maturazione, o meno, del diritto in questione) il perfezionamento della fattispecie, che si compone di plurimi elementi fra loro strettamente intrecciati, l’ultimo dei quali determina soltanto, quale anello finale di una catena prima incompleta, l’insorgenza del diritto alla protezione.
Nessun serio apporto ai fini dell’interpretazione logica della disciplina -secondo l’ordinanza annotata- fornirebbe il rilievo di Cass. 4890, cit., secondo cui l’accertamento giudiziale avrebbe di per sé natura dichiarativa e non già costitutiva del diritto.
Se è vero che l’accertamento ha bensì natura dichiarativa[16], ciò non vuol dire che il giudice non dichiari esistente un diritto che si è integrato in tutti i suoi elementi non già al momento dell’approdo sulle coste nazionali o della presentazione della domanda di protezione, ma solo ex post, ovvero al momento della decisione sul ricorso ex art. 35 d. lgs. n. 25/08.
Ma l’ordinanza in commento sgombra anche il campo da un altro elemento di forte suggestione.
Il convincimento di Cass. 4890, cit., muoveva invero dal rilievo di fondo secondo cui la nuova disciplina sarebbe meno favorevole per il richiedente asilo, attuando una soppressione della protezione umanitaria <<generica>>[17], ossia intesa come <<catalogo aperto>> nei sensi chiariti da Cass. 4455/2018, cit.; ma tale ultima pronuncia evidenziava –si noti- che tale <<catalogo aperto>> fosse, appunto, attuativo del diritto di asilo costituzionale. Ed allora: una volta introdotta la tipizzazione delle ipotesi di protezione residuale dal Decreto Sicurezza, si potrebbe solo ipotizzare l’esistenza nel sistema di una lacuna normativa laddove vi fossero, in via di ipotesi –il che è tutto da dimostrare[18]-, situazione meritevoli di asilo costituzionale non ricomprese nelle forme di protezione umanitarie ora puntualmente tipizzate. Sennonché, ove ciò si verificasse in concreto, nulla impedirebbe (invero) all’interprete di applicare la disciplina costituzionale nella sua immediata valenza precettiva[19]. Tale ricostruzione del sistema elide, dunque, in radice l’apprezzamento di minore o maggior favor della legge vecchia rispetto alla nuova disciplina[20].
Si arriva così alla formulazione, nell’eloquente passaggio conclusivo (pag. 31, 1° cpv.), del rilievo conseguenziale a tenore della quale <<non si può convenire con la tesi, cui sembra aderire la sentenza 4890, secondo cui la protezione umanitaria sarebbe ormai “costituzionalizzata” con il contenuto proprio della legge precedente, con la conseguenza che non sarebbe più consentito al legislatore ordinario di abrogarla e neppure, come avvenuto, di tipizzarla mediante la previsione di permessi specifici per le diverse situazioni>>. E ciò perché -soggiunge sempre l’ordinanza in rassegna- si dovrebbe quanto meno riuscire a dimostrare che <<la sommatoria delle forme di protezione attualmente vigenti…sia insufficiente a garantire il nucleo minimo dell’asilo costituzionale garantito dalla Costituzione>>.
4. Per l’ipotesi in cui si considerassero <<ancora in vigore i previgenti parametri normativi della protezione per motivi umanitari>>, la Cassazione 11750 solleva un’ulteriore (decisiva) questione, da rimettere anch’essa alle Sezioni Unite, e ciò con riferimento al principio enunciato da Cass. 4455/2018, cit., secondo cui, ai fini dell’umanitaria da integrazione socio-economica, dovrebbe effettuarsi un bilanciamento tra le condizioni di integrazione acquisite nel paese d’accoglienza e quelle di provenienza in modo da verificare se il rimpatrio <<possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale>>.
Secondo l’impostazione della Cassazione 11750, cit., <<la suddetta valutazione comparativa presenta un contenuto vago e indefinito>>, ma lo stesso parametro dell’integrazione sociale, rimanendo incerto sulla durata, sulle caratteristiche e i presupposti, e prescindendo tout court dalla regolarità dell’occupazione lavorativa, sarebbe il prodotto di un’operazione ermeneutica che poggia su basi normative <<assai fragili>>, non ravvisandosi, secondo la S.C., disposizioni idonee a suffragare la concessione, a tale titolo, del permesso di soggiorno.
I rilievi suesposti rimettono in discussione la stessa figura della protezione umanitaria da c.d. integrazione socio-economica, evidenziando come resti del tutto indeterminato quel “bilanciamento” tra l’integrazione acquisita dal cittadino straniero e la privazione dei diritti umani patita nel paese d’origine, non venendo affatto chiarito, alla stregua di Cass. 4455/2018, cit., se il bilanciamento in discorso debba essere condotto con riferimento esclusivo al diritto al lavoro, come concretamente esercitabile nel paese d’origine, ovvero con riguardo alla vita privata e/o familiare o, ancora, a parametri diversi (calamità naturali, carestie, siccità, epidemie ecc.), lasciando così un margine troppo ampio, e foriero di notevoli incertezze, all’interprete.
In assenza di parametri normativi certi per svolgere quel bilanciamento suggerito da Cass. 4455, cit., le scelte dei giudici di merito in punto di accertamento della vulnerabilità soggettiva sono, invero, troppo spesso orientate alla stregua di valutazioni mutevoli e puramente soggettive.
[1] La sentenza è pubblicata in Guida dir., 2019, 12, 62, con nota di BUFFONE, “Casi speciali”, così la dicitura sul via libera (immigrazione e stranieri).
[2] All’indomani dell’entrata in vigore del “Decreto Sicurezza” erano insorti non pochi dubbi in ordine al regime intertemporale della nuova disciplina: cfr., a riguardo, PADULA, Quale sorte per il permesso di soggiorno umanitario dopo il dl 113/2018?, in http://questionegiustizia.it/articolo/quale-sorte-per-il-permesso-di-soggiorno-umanitario-dopo-il-dl-1132018-_21-11-2018.php, pag. 7; ASGI, Il regime intertemporale nell’ambito della protezione umanitaria ai tempi del d.l. 113/2018. Brevi osservazioni sull’art. 1, co. 8 e 9, d.l. 113/18, in https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2018/10/Osservazioni-art.-1-c-8-e-9_def.pdf; Osservatori sulla giustizia civile, L’efficacia intertemporale dell’articolo 1 d.l. 113/2018 convertito con l. 132/2018, in http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:M-IWbDp3J7UJ:milanosservatorio.it/wp-content/uploads/2019/01/OSSERVATORI-PROT-INTERN-efficacia-intertemporale-art.1-dl-n.113-2018.odt+&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it..
[3] Cass. 3 maggio 2019 n. 11750; conf. Cass. 3 maggio 2019 n. 11751 che segue lo stesso iter argomentativo.
[4] L’espressione è utilizzata da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, pubblicata, con nota di FAVILLI, La protezione umanitaria per motivi di integrazione sociale. Prime riflessioni a margine della sentenza della Corte di cassazione n. 4455/2018, in http://questionegiustizia.it/articolo/la-protezione-umanitaria-per-motivi-di-integrazion_14-03-2018.php, e, con nota di NOCI, Spetta allo straniero la prova presunta dello stato di pericolo, in Guida dir., 2018, 17, 22; nonché in Foro it., 2018, 5, 1656, con nota di SIMONE. Utilizza altresì la locuzione <<catalogo aperto>> Cass. 27 novembre 2013, n. 26566.
[5] Per un inquadramento generale dell’istituto, cfr. in dottrina ACIERNO, La protezione umanitaria nel sistema dei diritti umani, in http://www.questionegiustizia.it/rivista/2018-2.php, 106; ZORZELLA, La protezione umanitaria nel sistema giuridico italiano, Dir. imm. e citt., 2018, 1, 8 e ss.; GALLO, La protezione umanitaria nell’interpretazione delle corti territoriali calabresi e delle giurisdizioni superiori, in Rass. avv. Stato, 2013, 2, 90; MARENGONI, Il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, ibidem, 2012, 4, 59; LENZERINI, <<Status>> di rifugiato, protezione umanitaria e prove atipiche- Un’interessante sentenza della Corte d’Appello di Bari, ibidem, 2012, 3, 99; BENVENUTO, Andata e ritorno per il diritto di asilo costituzionale, ibidem, 2010, 2, 36.
[6] Per una rassegna di giurisprudenza di merito sul tema, cfr. http://questionegiustizia.it/articolo/quale-sorte-per-il-permesso-di-soggiorno-umanitario-dopo-il-dl-1132018-_21-11-2018.php cit..
[7] Cfr. Cass., S.U., 10 giugno 2009, n. 19393, in Guida dir., 2009, 41, 88, con nota di PISELLI, e Cass. n. 4455/2018, cit., dove si afferma la natura dichiarativa e non già costitutiva della pronuncia giudiziaria resa sulla domanda di protezione umanitaria.
[8] Cass., S.U., 17 dicembre 1999, n. 907, in Riv. amm., 2000, 3, 3, 229, con nota di DE ANGELIS, Si chiude il cerchio in materia di giurisdizione sugli stranieri: anche lo status di rifugiato politico è riconosciuto dal G.O.; Cass. S.U., 26 maggio 1997, n. 4674, in Guida dir., 1997, 33, 41, con nota di GIACALONE, L’assenza di democrazia nel paese d’origine non qualifica lo straniero come rifugiato, e in Riv. amm., 1997, 9, 3, 927, con nota di DE ANGELIS, In attesa di una legge organica in materia di diritto di asilo.
[9] Così al § 8.3, ult. cpv., della motivazione.
[10] Si noti che la natura dichiarativa delle statuizioni in materia di diritto di asilo era stata affermata già in epoca risalente da Cass. S.U. n. 907/1999, cit..
[11] V. Cass. 14 febbraio 2017, n. 3845.
[12] Cass. S.U. 12 dicembre 1967, n. 2926, in Foro it., 1968, I, 1254, e in Foro pad., 1968, I, 764; Cass. 3 marzo 2000, n. 2433; Cass. 28 settembre 2002, n. 14073, in Rass. dir. farm., 2003, 4, 691; Cass. 3 luglio 2013, n. 16620. Per la giurisprudenza costituzionale in materia di retroattività della legge, cfr. GIULIANI, Retroattività e diritti quesiti nel diritto civile, in C. Padula (a cura di), Le leggi retroattive nei diversi rami dell’ordinamento, Napoli, 2018, p. 101.
[13] Cfr. la motivazione al § 14, penultimo cpv..
[14] V. Corte cost. 14 febbraio 2012 n. 78, in Foro it., 2012, 10, I, 2585, con nota di PALMIERI, Incostituzionalità dell’interpretazione autentica in materia di decorrenza della prescrizione nei rapporti bancari regolati in conto corrente, e 25 maggio 2010, n. 209, in Giur cost., 2010, 3, 2417, con nota di ESPOSITO, Azione amministrativa, provvedimento, consecuzione di leggi.
[15] Cfr., per un’analoga impostazione, CASCIARO, Questioni di diritto intertemporale sul D.L. N. 113 del 2018, nota a Cass. 19 febbraio 2019, n. 4890, in https://www.magistraturaindipendente.it/attache/25/file/Il_diritto_vivente_n._1_2019_DEF%281%29.pdf.
[16] Cass., S.U. n. 19393/2009 e Cass. n. 4455/2018, citate.
[17] L’espressione è utilizzata da PADULA, Quale sorte per il permesso di soggiorno umanitario, op. cit., 18.
[18] L’ordinanza della Cassazione n. 11750/2019, cit., non intende entrare in quelle che definisce <<suggestioni irrilevanti>> relative al maggior o minor favor della legge vecchia rispetto a quella nuova, ma osserva tuttavia, incidentalmente, <<che la nuova legge prevede il rilascio di permessi in alcune situazioni che non consentivano il rilascio del permesso umanitario previgente>> (cfr. pag. 14, 1° cpv., della motivazione).
[19] Cfr., a riguardo, BENVENUTI, Audizione resa il 16 ottobre 2018 innanzi all’Ufficio di Presidenza della Commissione 1a (Affari costituzionali) del Senato della Repubblica, in https://www.osservatorioaic.it/it/osservatorio/ultimi-contributi-pubblicati/marco-benvenuti/audizione-resa-il-16-ottobre-2018-innanzi-all-ufficio-di-presidenza-della-commissione-1a-affari-costituzionali-del-senato-della-repubblica, p. 166; cfr. altresì il comunicato del presidente MATTARELLA in https://www.quirinale.it/elementi/18099 .
[20] Non è invero da escludere che si affermi una rinnovata diretta applicazione del diritto di asilo costituzionale secondo un modello interpretativo già adottato in passato dalla Cassazione n. 4674/1997 cit., a tenore della quale l'art. 10 co. 3 Cost. <<attribuisce direttamente allo straniero il quale si trovi nella situazione descritta da tale norma un vero e proprio diritto soggettivo all'ottenimento dell'asilo, anche in mancanza di una legge che, del diritto stesso, specifichi le condizioni di esercizio e le modalità di godimento. Come è stato osservato in dottrina, il carattere precettivo e la conseguente immediata operatività della disposizione costituzionale sono da ricondurre al fatto che essa, seppure in una parte necessita di disposizioni legislative di attuazione, delinea con sufficiente chiarezza e precisione la fattispecie che fa sorgere in capo allo straniero il diritto di asilo, individuando nell'impedimento all'esercizio delle libertà democratiche la causa di giustificazione del diritto ed indicando l'effettività quale criterio di accertamento della situazione ipotizzata>>.