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PENALE  

La Procura Europea (EPPO) nel panorama della cooperazione giudiziaria penale

  Penale   Europa 
 martedì, 26 aprile 2022

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di Andrea VENEGONI, Magistrato addetto all’Ufficio del Massimario e del ruolo della Corte di cassazione

 
 

 

La Procura Europea (EPPO) nel panorama della cooperazione giudiziaria penale[1]

 

SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. EPPO e Eurojust – 2.1. Le norme rilevanti – 2.2. L’accordo del febbraio 2021 - 3. EPPO ed OLAF – 3.1. Le norme rilevanti – 3.2. Il regolamento 2223 del 2020

 

1. Introduzione

Tra gli aspetti dell’operatività della Procura Europea (per riferirsi alla quale, anche in questo testo si userà l’ormai consueto acronimo di “EPPO” dall’espressione inglese European Public Prosecutor’s Office), che ha preso avvio il 1° giugno 2021[2], quello dei rapporti con gli altri preesistenti organismi europei nel campo delle indagini o della cooperazione giudiziaria è forse, finora, uno dei meno esplorati negli studi specifici.

Eppure, il confronto con il panorama nel quale l’EPPO si è inserito non è affatto un aspetto secondario, potendo avere riflessi importanti anche sulle sue indagini.

L’EPPO, infatti, non nasce isolato in un ambiente prima del tutto vergine.

Rappresenta, come è ovvio, una novità assoluta ed un unicum nell’ambito degli uffici europei di indagine o di coordinamento, ma, al tempo stesso, non è venuto al mondo senza che le tematiche ad esso sottese non fossero già ben note e senza che le stesse venissero affrontate attraverso gli strumenti ed i mezzi che la normativa preesistente consentiva.

Il tema delle indagini transnazionali nel campo della lotta alle frodi contro gli interessi finanziari dell’Unione è, infatti, al centro dell’attenzione degli studiosi da almeno due decenni, se non di più e, come già detto più volte, la sua evoluzione è anche, in un certo senso, l’evoluzione del diritto penale europeo.

Non è necessario in questa sede ricordare in dettaglio il Corpus Iuris nelle edizioni di anni ‘90 del secolo scorso e dei primi anni 2000, così come l’evoluzione normativa dal Trattato di Maastricht a quello di Amsterdam del 1997, di Nizza del 2000, per arrivare al Trattato Costituzionale europeo del 2004, che all’art. III-275 già conteneva l’esplicita previsione della istituzione della Procura Europea, del suo fallimento a seguito degli esiti dei referendum popolari in Francia e nel Paesi Bassi nel 2005, ma anche la riproposizione non solo della norma sulla Procura Europea nel Trattato di Lisbona del 2007 (art. 86), ma anche la creazione in quella sede di autentiche basi per il fondamento di un diritto penale europeo, specie con gli artt. 82 e 83 TFUE, ma anche l’art. 325 TFUE.

Sulla base del quadro normativo preesistente al Trattato di Lisbona, dunque, in varie forme erano già state prese iniziative per affrontare il tema della lotta alle frodi contro il bilancio comunitario, sia con la creazione di autentici organismi investigativi, seppure non penali, sia con il rafforzamento della cooperazione giudiziaria, sia penale che non, anche in questo caso con la creazione di organismi specifici.

Il panorama nel quale è nato l’EPPO era già, quindi, piuttosto affollato, se solo si considera che avevano, ed hanno, un ruolo attivo nel campo suddetto in primis Eurojust, l’OLAF, ma anche altri enti quali Europol o la Corte dei Conti europea.

Con la creazione dell’EPPO, questi organismi ed i loro compiti nel campo della lotta alle frodi non sono affatto scomparsi.

Si tratta, quindi, di vedere se e come la nascita dell’EPPO ha avuto un impatto sulla loro attività, per non dire sulla loro stessa ragion d’essere.

In questo senso, primaria è la trattazione dei rapporti tra EPPO ed i principali due organismi del panorama suddetto, vale a dire Eurojust ed OLAF.

 

2. EPPO ed Eurojust

 

Il rapporto tra EPPO ed Eurojust[3] non può non essere preso in considerazione nell’analisi sulla Procura Europea, se non altro per un dato formale di partenza di rilievo fondamentale. L’art. 86 TFUE, la norma che rappresenta la base legale per l’istituzione dell’EPPO, afferma infatti che quest’ultimo è costituito “a partire da Eurojust”; questa è infatti la formula con cui in lingua italiana è stata tradotta la versione originale inglese “from Eurojust”[4].

Che cosa intenda significare la versione originale con la scarnissima preposizione “from” e in cosa si sostanzi l'espressione “a partire da” utilizzata nella versione italiana è tema che ha sempre appassionato gli studiosi di diritto penale europeo e su cui molto è stato scritto.

Tra l’altro, come sa bene chi si occupa della materia, tra i due organismi non vi è, in principio, una piena sovrapposizione né di azioni né di competenza. Eurojust è, infatti, un organo di “mero” coordinamento di indagini condotte dalle autorità nazionali, mentre l’EPPO è un ufficio inquirente che conduce indagini “in proprio”; per contro, Eurojust ha un campo d’azione molto più vasto di quello dell’EPPO, occupandosi di tutte le forme di criminalità transnazionale, laddove EPPO, in primo luogo, in principio non conduce solo indagini transnazionali – essendo, piuttosto, ampiamente prevedibile che molte di esse siano puramente nazionali, coinvolgendo un solo Stato -, e, in secondo luogo, ha una competenza specifica limitata, al momento, ai reati contro gli interessi finanziari dell’Unione, come definiti dalla direttiva PIF[5] e dalle leggi nazionali di recepimento, alla quale compie espresso rinvio l’art. 22 del regolamento EPPO a proposito della competenza dell’Ufficio.

Anche con l’approvazione del regolamento istitutivo dell’EPPO, la domanda originaria sul significato dell’espressione che designa la genesi di EPPO non ha trovato una piena risposta.

 

2.1. Le norme rilevanti

Il regolamento dedica una norma specifica ai rapporti tra i due organismi, l’art. 100, oltre al “considerando” 102.

Peraltro, tali disposizioni si occupano prevalentemente della cooperazione operativa.

E’ solo l’art. 100, comma 4, del regolamento la disposizione che, invece, forse spiega meglio il concetto della creazione di EPPO “a partire da” Eurojust, laddove afferma che “L’EPPO può avvalersi del sostegno e delle risorse amministrative di Eurojust. A tal fine, Eurojust può fornire all’EPPO servizi di interesse comune. Le modalità sono regolate mediante un accordo”.

La suddetta norma lascia intendere tale processo come una, almeno iniziale, condivisione di strutture e personale;  non era escluso, in origine, che questo si traducesse anche nella condivisione fisica dei locali per la sede di EPPO, dato che l’Aja era, in astratto, una delle possibili candidate ad ospitare il nuovo ufficio, salvo questo aspetto essere stato superato dall’esistenza di un accordo dei rappresentanti degli Stati membri del 2003, tuttora vigente, non a caso citato espressamente nell’ultimo “considerando” del regolamento, il n. 121[6], che, rifacendosi ad una precedente decisione del 1965 sulle sedi delle nuove istituzioni europee, stabilì la sede di EPPO a Lussemburgo.

La condivisione del personale amministrativo e degli uffici con Eurojust, quindi, a quanto consta, non si è realizzata, e la formula secondo cui la costituzione di EPPO sarebbe avvenuta “a partire da” Eurojust è rimasta, si può forse concludere, più un’affermazione o un auspicio iniziale che il punto di partenza di un processo attuatosi poi concretamente.

A dire il vero, ulteriormente, le parti hanno poi anche concluso l’accordo menzionato nell’art. 100 comma 4 per regolare le modalità di fornitura dei servizi di interesse comune. Nel febbraio 2021, infatti, il Procuratore Capo di EPPO ed il Presidente di Eurojust hanno siglato un documento che disciplina compiutamente i rapporti tra i due uffici[7].  Anche in esso, però, non si ravvisano previsioni che rendano concreta l’affermazione dell’art. 86 TFUE sulla creazione di EPPO “a partire da” Eurojust e l’unica norma che si richiami al principio secondo cui Eurojust può fornire servizi alla Procura Europea è l’art. 16 che, però, si limita a ripetere l’affermazione di principio, e ne rinvia l’attuazione ad un ulteriore accordo separato, dopo avere precisato che questo ambito può riguardare anche la formazione professionale.

Il concetto secondo cui EPPO è stato creato “a partire da” Eurojust è rimasto, quindi, di difficile interpretazione, ed anche la distanza fisica che si è venuta a creare tra i due uffici non ha certo favorito l’implementazione del principio.

Piuttosto, i rapporti tra EPPO ed Eurojust sono illustrati negli atti normativi e nello stesso accordo del febbraio 2021 più che altro in termini di cooperazione a livello operativo tra due organismi già costituiti ed autonomi; un tema che non attiene, quindi, alla genesi di EPPO.

Il “considerando” 102 del regolamento EPPO del 2017 stabilisce alcuni principi di base, quali quello della cooperazione operativa con scambio di informazioni[8].

 L’art 100 del medesimo regolamento stabilisce il principio dell’instaurazione di “relazioni strette” tra EPPO ed Eurojust, basate su una cooperazione reciproca nell’ambito dei rispettivi mandati e sullo sviluppo di reciproci legami operativi, amministrativi e di gestione come specificato nel presente articolo.

Prevede, poi, che il procuratore capo europeo e il presidente di Eurojust si riuniscano periodicamente per discutere le questioni di interesse comune.

Sul fronte operativo, la norma prevede che l’EPPO possa associare Eurojust alle proprie attività nei casi transfrontalieri, fra l’altro:

a) condividendo informazioni, compresi dati personali, riguardanti le sue indagini, in conformità delle pertinenti disposizioni del presente regolamento;

b) invitando Eurojust, o il o i relativi membri nazionali competenti, a prestare sostegno alla trasmissione ed esecuzione delle sue decisioni o richieste di assistenza giudiziaria negli Stati membri dell’Unione europea che sono membri di Eurojust ma non partecipano all’istituzione dell’EPPO, nonché nei paesi terzi.

Ancora, la norma prevede che EPPO abbia accesso indiretto, in base a un sistema di riscontro positivo o negativo, alle informazioni contenute nel sistema automatico di gestione dei fascicoli di Eurojust. Quando è riscontrata una corrispondenza tra i dati del sistema automatico di gestione dei fascicoli inseriti dall’EPPO e quelli inseriti da Eurojust, ne è data notizia a Eurojust, all’EPPO, nonché allo Stato membro dell’Unione europea che ha fornito i dati a Eurojust. L’EPPO, a sua volta, adotta misure adeguate a consentire che Eurojust abbia accesso, in base a un sistema di riscontro positivo o negativo, alle informazioni contenute nel suo sistema automatico di gestione dei fascicoli.

 

2.2. L’accordo del febbraio 2021

L’accordo del febbraio 2021 specifica meglio alcuni di questi aspetti.

In primo luogo, occorre soffermarsi sull’art. 3 dell’accordo, anche in relazione a quanto affermato in precedenza sulle rispettive competenze dei due uffici. E’ infatti vero, come già ricordato, che l’ambito di operatività di Eurojust è più esteso di quello di EPPO, essendo quest’ultimo limitato al momento ad una specifica categoria di reati, ma nulla esclude che la cooperazione operativa tra i due uffici possa rilevare anche ai fini di reati diversi da quelli rientranti nella competenza specifica di EPPO.

In altre parole, e per provare a fare un esempio molto pratico, lo scambio di informazioni su una serie di truffe agricole ai danni dei fondi UE, per esempio con impiego fittizio di personale, potrebbe essere una fonte di conoscenza molto utile per Eurojust nel coordinamento di una più ampia indagine, in ipotesi, di associazione finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, esclusa dalla competenza di EPPO alle condizioni dell’art. 22 del regolamento.

Per questo l’art. 3 dell’accordo non limita affatto la cooperazione tra i due uffici ai soli “reati PIF”, ma stabilisce che essa riguarda i settori rilevanti della criminalità che rientrano nel mandato di entrambe le parti, a partire però, naturalmente, dai reati che attentano agli interessi finanziari dell’Unione di cui alla direttiva del 2017 come attuata nelle legislazioni nazionali.

La base dell’accordo è, poi, lo scambio di informazioni, da attuarsi con diverse modalità. La principale appare l’accesso ai reciproci registri informatici, ma è previsto anche l’incontro periodico tra i vertici dei due uffici che può certamente tradursi anche nello scambio di ulteriori informazioni sui casi.

Di grande rilievo è poi il campo della cooperazione giudiziaria, in particolare nei confronti degli Stati non-EPPO che possono essere sia Stati dell’UE (al momento cinque Stati UE non sono parte dell’EPPO: Irlanda, Svezia, Danimarca, Polonia ed Ungheria, i quali sono pertanto esclusi dal meccanismo di conduzione delle indagini transnazionali EPPO dell’art. 31 del regolamento) sia, a maggior ragione, Stati non-UE.

Nei confronti dei primi, EPPO può invitare il membro nazionale di Eurojust interessato dal caso a prestare sostegno in materia di cooperazione giudiziaria. Questo, secondo ‘accordo, può in particolare riguardare

a. l’organizzazione delle riunioni di coordinamento;

b. l’esecuzione di indagini simultanee coordinate (centri di coordinamento);

c. l’istituzione di squadre investigative comuni e le relative operazioni;

d. la prevenzione e risoluzione di conflitti di giurisdizione.

Particolarmente rilevante è il tema della costituzione di squadre investigative comuni atteso che, a quanto risulta, le prime sono in corso di realizzazione con Stati UE, ma non-EPPO, dove per EPPO si deve ritenere che partecipi la polizia dello Stato membro coinvolto, non disponendo EPPO di polizia propria, ma sotto la supervisione del Procuratore Europeo Delegato che dirige l’indagine.

Nei confronti degli Stati terzi, non UE, EPPO può altresì chiedere il sostegno di Eurojust per i casi transnazionali, ma sul punto l’accordo è molto più vago, limitandosi a prevedere che nelle questioni operative pertinenti alla competenza di EPPO, Eurojust può chiedere a EPPO di prestare sostegno, laddove opportuno, senza specificare in quali atti concreti esso si articoli.

 

3. EPPO ed OLAF

Altro nodo cruciale nel funzionamento dell’EPPO sono i rapporti con l’OLAF, l’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode che può, a buon diritto, considerarsi un suo parente stretto.

Il motivo è presto detto: l’OLAF era, nel panorama ante-EPPO, l’organismo dell’UE deputato specificamente a condurre indagini nel campo della lotta alle frodi ai danni degli interessi finanziari dell’Unione[9]. Certo, le indagini OLAF erano, e sono, amministrative e non penali, ma hanno due caratteristiche: ai loro fini il territorio dell’Unione Europea è unitario, nel senso che l’OLAF può muoversi liberamente su di esso senza barriere nazionali, e, a certe condizioni, l’OLAF può acquisire prove anche in Paesi terzi. Inoltre, sulla base di disposizioni contenute nel regolamento dell’Unione sulle indagini dell’OLAF, in quanto tali direttamente applicabili negli Stati, le prove possono essere trasferite dal livello amministrativo al livello penale ed essere utilizzate in quest’ultimo.

L’OLAF, a differenza di Eurojust, è un autentico ufficio investigativo, nel senso che svolge indagini “in proprio” e non ha un ruolo di coordinamento, o almeno non lo ha in via principale. Inoltre, la materia in cui svolge le proprie indagini è esattamente la protezione degli interessi finanziari dell’Unione.

Fortissime sono, quindi, le analogie ed i punti di contatto tra OLAF ed EPPO sebbene resti la differenza fondamentale per cui le indagini di OLAF sono meramente amministrative, e finalizzate più al recupero delle somme frodate che all’individuazione di responsabilità individuali.

In altre parole, l’OLAF non si è mai configurato, né ha mai avuto l’ambizione di esserlo, come ufficio di procura, quanto piuttosto quale ufficio investigativo amministrativo.

Tuttavia, per contro, descrivere l’OLAF come mero ufficio di indagini amministrative nel campo della protezione degli interessi finanziari dell’Unione è, a sua volta, riduttivo.

Esso è, infatti, ben di più.

A livello investigativo conduce indagini anche al di fuori del suddetto specifico settore, per esempio, le c.d. indagini “interne” sulle condotte poste in essere dal personale delle Istituzioni europee non riguardano necessariamente solo il campo della protezione degli interessi finanziari.

Ha svolto e può svolgere tuttora, di fatto, un ruolo di cooperazione giudiziaria, rispetto alle autorità giudiziarie che conducono indagini nel settore della protezione degli interessi finanziari dell’Unione

Ha un ruolo di policy nel settore antifrode, sia in termini di predisposizione di testi di proposte legislative, in collaborazione con gli altri uffici della Commissione Europea, di cui esso fa parte, sia in termini di elaborazione della strategia antifrode della Commissione.

Si comprende, quindi, come i rapporti con l’OLAF siano il vero banco di prova dell’azione dell’EPPO, per quanto l’OLAF non venga menzionato nell’art. 86 TFUE.

Questo anche in termini di sopravvivenza stessa dell’OLAF, come qualcuno aveva anche ipotizzato in vista della creazione dell’EPPO.

In realtà, anche dopo l’istituzione di quest’ultimo ufficio, l’OLAF conserva un proprio spazio e ragion d’essere che gli consente di continuare ad esistere, ma le relazioni tra i due enti devono necessariamente essere chiarite.

Non è un caso, quindi, che il regolamento EPPO dedichi ai rapporti con OLAF più di una norma.

 

3.1. Le norme rilevanti

I “considerando” 100, 101, 103, 104 e 105, in particolare, sono specificamente dedicati ai rapporti con OLAF, così come l’art. 101.

Uno dei concetti fondamentali che emerge già dai “considerando” del regolamento è quello di evitare sovrapposizioni tra le indagini EPPO e quelle OLAF.

Questo è davvero un problema tipico dei rapporti con OLAF, più che di quelli con Eurojust, atteso che, come detto sopra, solo l’OLAF era, prima della creazione di EPPO, l’organismo deputato a condurre vere e proprie indagini nel campo della protezione degli interessi finanziari dell’Unione.

L’istituzione di EPPO ha posto, quindi, due questioni: evitare duplicazioni di indagini, ma anche evitare che la creazione di un organismo inquirente penale europeo portasse al sostanziale “svuotamento” del core business di OLAF.

Questo è stato uno dei timori che ha sempre aleggiato nel corso di tutto il processo legislativo per l’istituzione di EPPO.

La realtà sta, probabilmente, dimostrando il contrario.

Lo stesso regolamento, in effetti, auspica quella che in questi primi mesi si sta rivelando una caratteristica della convivenza tra i due organismi: la complementarietà.

In questo senso, il considerando 103 traduce questo concetto sancendo, in primo luogo, l’alternatività tra indagine amministrativa OLAF ed indagine penale EPPO, laddove afferma che “in linea di principio l’OLAF non dovrebbe avviare sugli stessi fatti alcuna indagine amministrativa parallela a un’indagine condotta dall’EPPO”. E’ anche vero, però, che subito dopo prosegue nel senso che ciò “non dovrebbe pregiudicare il potere dell’OLAF di avviare un’indagine amministrativa di propria iniziativa, in stretta consultazione con l’EPPO”.

In quest’ultimo ambito, il considerando 105 prevede che nei casi in cui l’EPPO non conduce un’indagine, dovrebbe poter fornire informazioni pertinenti per consentire all’OLAF di valutare l’azione opportuna conformemente al suo mandato. In particolare, precisa la norma, l’EPPO potrebbe prendere in considerazione la possibilità di informare l’OLAF dei casi in cui non vi sono ragionevoli motivi per ritenere che sia o sia stato commesso un reato di competenza dell’EPPO ma potrebbe essere opportuna un’indagine amministrativa dell’OLAF, o dei casi in cui l’EPPO archivia un caso e un rinvio all’OLAF sarebbe auspicabile ai fini di un recupero o di un seguito amministrativo.

Ancora, al momento di fornire le informazioni, l’EPPO può chiedere all’OLAF di valutare se avviare un’indagine amministrativa o adottare un’altra azione di seguito amministrativo o di monitoraggio, in particolare ai fini di misure cautelari, recupero o misure disciplinari, in conformità del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013.

Anche nel rapporto EPPO – OLAF è, poi, essenziale lo scambio di informazioni.

Certamente, laddove il considerando 101 afferma che “l’EPPO dovrebbe poter ottenere qualunque informazione pertinente rientrante nella sua competenza dalle banche dati e registri delle istituzioni, degli organi, degli uffici e delle agenzie dell’Unione” non può non riferirsi anche all’OLAF, che ha accesso ai data base della Commissione in cui, tra l’altro, confluiscono le informazioni che gli Stati trasmettono sull’accertamento di irregolarità e frodi nella gestione dei fondi europei ai sensi dei vari regolamenti, per esempio quelli, sui fondi strutturali o in materia di politica agricola.

L’art. 101 del regolamento, poi, traduce in maniera ancora più concreta i suddetti concetti; così la complementarietà dell’azione dei due uffici e la loro coesistenza, pur con il principio di alternatività delle indagini, viene declinata nella norma in condotte concrete nel senso che nel corso di un’indagine EPPO quest’ultimo può chiedere all’OLAF, in conformità del mandato dell’Ufficio antifrode, di sostenere o integrare l’attività del primo, in particolare:

a) fornendo informazioni, analisi (comprese analisi forensi), competenze e sostegno operativo;

b) facilitando il coordinamento delle azioni specifiche delle autorità nazionali amministrative competenti e degli organi dell’Unione;

c) conducendo indagini amministrative.

Al contempo, si prevede che per consentire all’OLAF di valutare l’azione amministrativa opportuna conformemente al suo mandato, l’EPPO può fornire all’OLAF informazioni pertinenti in merito a casi in cui l’EPPO ha deciso di non condurre un’indagine o che ha archiviato.

Per realizzare tutto questo, la norma prevede che l’EPPO abbia accesso indiretto, in base a un sistema di riscontro positivo o negativo, alle informazioni contenute nel sistema di gestione dei fascicoli dell’OLAF. Quando è riscontrata una corrispondenza tra i dati inseriti dall’EPPO nel sistema di gestione dei fascicoli e quelli detenuti dall’OLAF, ne è data notizia sia all’OLAF che all’EPPO.

Allo stesso modo, EPPO adotta misure adeguate a consentire che l’OLAF abbia accesso, in base a un sistema di riscontro positivo o negativo, alle informazioni contenute nel suo sistema di gestione dei fascicoli.

Il discorso, però, non si esaurisce a questo punto.

 

3.2. Il regolamento 2223 del 2020

Proprio a testimoniare la delicatezza della convivenza dei due uffici e la necessità di regolare con precisione e chiarezza i rispettivi ambiti di azione in un’ottica di utilizzo nel migliore dei modi delle rispettive competenze, la Commissione ha ritenuto necessaria una modifica normativa dell’azione di OLAF.

Le indagini dell’ufficio sono, infatti, disciplinate da sempre da un regolamento, conseguenza del fatto che la politica antifrode (non penale) era una delle materie fondamentali delle Comunità Europee prima ancora che dell’Unione, e che, con l’istituzione di quest’ultima, l’ambito in cui è stato costituito l’OLAF era quello del c.d. “primo pilastro”, nella struttura istituzionale dell’Unione anteriore al Trattato di Lisbona.

In questo senso, il regolamento 1073 del 1999 prima, ed il regolamento 883 del 2013 poi, sono stati gli atti normativi che hanno essenzialmente regolato le indagini di OLAF.

L’entrata in vigore di EPPO, quindi, ha comportato la necessità di una modifica di quest’ultimo in alcuni punti specifici (oltre ad altre modifiche che non hanno riguardato specificamente i rapporti con EPPO).

In particolare, con regolamento 2223 del 2020[10] si è rimodulata l’attività di OLAF tenendo conto della presenza di EPPO, regolando, per esempio, il flusso di informazioni da altri organi dell’Unione a OLAF ed EPPO (con una modifica dell’art. 8 del regolamento 883 del 2013) ma, soprattutto, inserendo in quest’ultimo regolamento una serie di articoli, dal 12-quater al 12-octies, che riguardano specificamente i rapporti con EPPO.

Così, si è previsto (art 12-quater) che l’OLAF invii una segnalazione senza indebito ritardo per ogni condotta criminosa in relazione alla quale l’EPPO potrebbe esercitare la propria competenza, contenente, come minimo, una descrizione dei fatti, compresa una valutazione del danno reale o potenziale, la possibile qualificazione giuridica e qualsiasi informazione disponibile riguardo alle potenziali vittime, agli indagati o ad altre persone coinvolte.

Tale segnalazione, quando la notizia ricevuta dall’OLAF non è del tutto completa, può comportare una previa valutazione da parte di OLAF dei fatti

Si conferma, poi, nella stessa norma, il principio generale di alternatività tra indagine amministrativa OLAF e penale EPPO, prevedendo che, se la condotta criminosa viene riscontrata nel corso di un’indagine di OLAF e l’EPPO avvia un’indagine a seguito della segnalazione di quest’ultimo, l’indagine amministrativa sugli stessi fatti deve interrompersi, tranne nei casi di cui agli articoli 12-sexies o 12-septies, su cui si tornerà a breve.

Parallelamente, l’art. 12-quinquies stabilisce che, sempre fatti salvi gli articoli 12-sexies e 12-septies, il direttore generale OLAF interrompe un’indagine avviata e non avvia una nuova indagine se l’EPPO sta svolgendo un’indagine sugli stessi fatti.

In entrambe le situazioni, è interessante notare che, secondo la normativa, OLAF verifica tramite il sistema di gestione dei fascicoli dell’EPPO se quest’ultimo stia conducendo un’indagine, e può comunque chiedere   ulteriori informazioni all’EPPO.

Esistono, però, alcune eccezioni al principio di alternatività tra le due indagini.

La prima è prevista nell’art. 12-sexies, già sopra citato, e consiste nel fatto che nel corso di un’indagine condotta dall’EPPO, e su richiesta di quest’ultima a norma dell’articolo 101, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2017/1939, l’OLAF sostiene o integra l’attività dell’EPPO, in particolare:

a) fornendo informazioni, analisi (comprese analisi forensi), competenze e sostegno operativo;

b) facilitando il coordinamento delle azioni specifiche delle autorità nazionali amministrative competenti e degli organi dell’Unione;

c) conducendo indagini amministrative.

La possibilità di svolgere un’indagine amministrativa da parte di OLAF in pendenza di un’indagine penale EPPO si basa, quindi, su una richiesta di quest’ultimo, di cui la suddetta norma afferma che deve essere trasmessa per iscritto e precisare almeno: a) le informazioni sull’indagine dell’EPPO nella misura in cui siano pertinenti ai fini della richiesta; b) le misure che l’EPPO chiede all’Ufficio di attuare; c) se del caso, la tempistica prevista per evadere la richiesta.

Questa situazione coinvolge, tuttavia, un tema delicatissimo: quello delle garanzie procedurali.

Si tratta, infatti, nel corso di un’indagine penale, di chiedere ad un’autorità amministrativa di fornire informazioni che non sono semplicemente tali, ma che, come si comprende a proposito, per esempio, delle analisi forensi, potrebbero anche costituire elementi di prova, come previsto espressamente dal successivo comma 3 dello stesso articolo.

Nel nostro sistema è interessante, quindi, rapportare tale norma al principio dell’art. 220 disp. att. c.p.p., tenendo però presente che l’art 12-sexies è norma di un regolamento europeo, direttamente applicabile e, in linea di principio, prevalente sulle norme nazionali contrastanti.

Peraltro, ad evitare eccessivi allarmismi sotto questo profilo, provvede proprio il sopra citato comma 3 stabilendo che “al fine di tutelare l’ammissibilità delle prove nonché i diritti fondamentali e le garanzie procedurali, laddove l’Ufficio attui, nell’ambito del suo mandato, misure di sostegno richieste dall’EPPO a norma del presente articolo, l’EPPO e l’Ufficio, agendo in stretta collaborazione, garantiscono il rispetto delle garanzie procedurali applicabili di cui al capo VI del regolamento (UE) 2017/1939”.

Una riflessione sul livello di garanzie che questa disposizione comporta rispetto ad uno standard nazionale quale quello italiano, comunque, appare di sicuro interesse.

La seconda eccezione al principio di alternatività delle due indagini è quella di cui all’art. 12-septies che prevede, fin dal titolo, la figura delle “indagini complementari” dell’OLAF.

Si tratta dell’ipotesi inversa rispetto alla precedente, e si realizza quando l’EPPO sta svolgendo un’indagine e, in questo caso, è l’OLAF che ritiene opportuno, in casi debitamente giustificati, che sia avviata anche un’indagine dell’Ufficio.

La stessa norma circoscrive la finalità di tale scenario all’agevolare l’adozione di misure cautelari o di misure finanziarie, disciplinari o amministrative.

In tal caso, l’OLAF informa l’EPPO per iscritto, specificando la natura e le finalità dell’indagine.

Tale eventualità, però, può concretizzarsi solo se l’EPPO non manifesta contrarietà al fatto che l’OLAF conduca l’indagine complementare; nel caso di opposizione, infatti, l’OLAF non può aprire la propria indagine o, se la ha aperta, la deve terminare.

La deroga al principio di alternatività delle due indagini è, quindi, significativa anche perché il comma 2 consente che essa si verifichi non solo quando l’indagine EPPO è già in corso, ma anche quando sia aperta successivamente, mentre l’indagine amministrativa OLAF è già pendente; in tal caso si prevede espressamente che OLAF non deve necessariamente chiudere la propria indagine amministrativa, ma la possa proseguire, in questo caso sempre però al limitato fine di agevolare l’adozione di misure cautelari o di misure finanziarie, disciplinari o amministrative.

La questione è, allora, provare a immaginare l’ambito di concreta operatività dell’indagine complementare.

Dall’indicazione normativa sul suo perimetro sorgono, infatti, alcune domande.

Si potrebbe ritenere, in primo luogo, che le misure cui fa riferimento la norma siano pertinenti all’indagine amministrativa stessa.

In tal caso si porrebbe, però, nuovamente la questione della tutela delle garanzie del soggetto che, per esempio, subisca una “misura cautelare reale amministrativa” ad opera di un’autorità amministrativa (che, probabilmente, piuttosto che l’OLAF, sarebbe la Commissione Europea) in pendenza di un’indagine penale.

L’ambito più adeguato dell’indagine complementare potrebbe, forse essere quello delle c.d. indagini interne dell’OLAF, le indagini, cioè, che coinvolgono personale delle istituzioni europee.

In tal caso, si può intravvedere uno spazio per un’indagine complementare amministrativa che riguardi aspetti non propriamente oggetto di quella penale, in particolare quelli disciplinari.

Più difficile, a primissima lettura, potrebbe essere ipotizzare uno spazio per misure cautelari, che devono intendersi come reali se si pensa che la norma si riferisca al livello amministrativo. Tornerebbe, infatti, in rilievo la questione delle garanzie difensive, atteso che tali misure, sebbene formalmente amministrative, potrebbero avere lo stesso livello di afflittività delle corrispondenti penali, per di più proprio mentre un’indagine penale è in corso.

Ma a simili conclusioni si dovrebbe pervenire se si ritenesse che le misure cautelari e finanziarie di cui parla la norma siano misure adottabili da EPPO nel procedimento penale.

In tal caso, infatti, la norma legittimerebbe ancora un organo amministrativo a prendere l’iniziativa, in costanza di un’indagine penale, per l’adozione di fonti di prova da essere poi utilizzate in sede penale per l’adozione di misure cautelari o finanziarie.

In conclusione, l’esperienza pratica rivelerà l’ambito concreto della figura dell’”indagine complementare”, ma non vi è dubbio che la questione vada analizzata con un particolare riguardo.

Infine, l’art. 12-octies declina la cooperazione tra OLAF ed EPPO facendo riferimento ad accordi di lavoro che regolino anche lo scambio di informazioni.

Sulla base di questa disposizione, i due uffici hanno effettivamente siglato un accordo nel febbraio 2021 che regola tale aspetto.

La norma ha, comunque, delineato i limiti dell’accorso stesso, prevedendo la possibilità reciproca di accesso dei due uffici ai rispettivi sistemi informatici di gestione dei fascicoli.

L’accesso dell’OLAF al sistema EPPO è definito “indiretto” nel senso che, quando è riscontrata una corrispondenza tra i dati inseriti dall’Ufficio nel sistema di gestione dei fascicoli e quelli detenuti dall’EPPO, ne è data notizia sia all’Ufficio che all’EPPO.

Per contro, la norma stabilisce anche che l’OLAF adotta misure adeguate a consentire che l’EPPO abbia accesso, in base al medesimo sistema di riscontro positivo o negativo, alle informazioni contenute nel suo sistema di gestione dei fascicoli.

La norma prevede, infine, che i rapporti tra i due uffici comportino incontri periodici; la stessa li prevede a livello di vertice, mentre l’accordo del febbraio 2021 sostanzia tale previsione con la creazione di “gruppi di contatto” reciproci nei rispettivi uffici e nella previsione di incontri periodici dei loro rappresentanti.

In conclusione, queste sole prime riflessioni dimostrano quante aree da esplorare vi siano tuttora nel funzionamento dell’EPPO.

Quella dei rapporti con Eurojust e OLAF è, come detto in apertura, una di quelle forse meno esplorate, ma, come si è cercato di evidenziare, non è certamente meno rilevante di molte altre che riguardano la disciplina delle indagini in senso stretto.

L’EPPO si conferma, quindi, fonte inesauribile di spunti di interesse per studi ed analisi, spesso dai risvolti rilevantissimi di cui non si ha, forse, ancora piena contezza ma che, probabilmente, verranno disvelati progressivamente dallo sviluppo delle prime indagini.

 


[1]Testo della relazione svolta alla Giornata di studi dal titolo «L'attuazione della Procura Europea. I nuovi assetti dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia », organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento in collaborazione con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania, il DiDEC dell’Università dell’Insubria e la SSM, Struttura Didattica Territoriale del Distretto di Corte d’Appello di Trento, e con il Patrocinio della Camera Penale di Trento, e svoltosi il 26 novembre 2021;

[2]La Procura Europea, prevista dall’art. 86 TFUE, è stata introdotta con regolamento (UE) 2017/1939 dl Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»)

[3]Vale la pena ricordare, sinteticamente, che Eurojust è stato costituito con decisione quadro 2002/187/GAI, e quindi come ufficio intergovernativo nell’ambito dell’allora “terzo pilastro” sulla cooperazione giudiziaria penale (decisione poi modificata negli anni successivi), e che con regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, è stato istituito come Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale.

[4]Tra gli scritti più recenti su Eurojust, anche quanto ai rapporti con EPPO, si veda, tra gli altri, SPIEZIA, Il Pubblico Ministero europeo ed i rapporti con Eurojust, in Dir. Pen. Cont., oggi reperibile su www.archiviodpc.dirittopenaleuomo.org; DE AMICIS, Gli organismi centralizzati della cooperazione giudiziaria: Eurojust, in Manuale di procedura penale europea, a cura di Kostoris, Milano, 2019; sul ruolo di Eurojust in particolare: FALATO, Flessibilità del modello di pre-investigazione di fronte ad eccezionali esigenze di cooperazione giudiziaria. La funzione proattiva di Eurojust, in Arch. Pen., 2020, n. 2

[5] direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale

[6]Considerando 121: I rappresentanti degli Stati membri, riuniti a livello di capi di Stato o di governo a Bruxelles il 13 dicembre 2003, hanno stabilito la sede dell’EPPO conformemente alle disposizioni della decisione dell’8 aprile 1965 (Decisione (67/446/CEE) (67/30/Euratom) dei rappresentanti dei governi degli Stati membri relativa all’installazione provvisoria di talune istituzioni e di taluni servizi delle Comunità (GU C EE 152 del 13.7.1967, pag. 18).

[7]Accordo di lavoro tra la procura europea («EPPO») e l’agenzia dell’unione europea per la cooperazione giudiziaria penale («Eurojust») del 4-11.2.2021, consultabile sul sito https://www.eurojust.europa.eu/sites/default/files/2021-02/working_arrangement_eppo_it.pdf

[8]L’EPPO ed Eurojust dovrebbero diventare partner e cooperare sul fronte operativo in conformità dei rispettivi mandati. Tale cooperazione può riguardare qualsiasi indagine condotta dall’EPPO in cui si consideri necessario od opportuno uno scambio di informazioni o un coordinamento delle misure investigative con riferimento a casi che rientrano nella competenza di Eurojust. Ogniqualvolta chieda tale cooperazione a Eurojust, l’EPPO dovrebbe operare in collegamento con il membro nazionale di Eurojust dello Stato membro del procuratore europeo delegato incaricato del caso. La cooperazione operativa può riguardare anche paesi terzi che abbiano concluso un accordo di cooperazione con Eurojust.

[9] L’OLAF è stato costituito con decisione n. 1999/352/CE/CECA/Euratom del 28 aprile 1999, poi modificata dalle decisioni 2013/478/UEdel 27 settembre 2013, decisione della Commissione (UE) 2015/512 del 25 marzo 2015; decisione della Commissione 2015/2418del 18 dicembre 2015; le sue indagini sono state governate dapprima dal regolamento del Consiglio n. 1073/1999 e poi dal regolamento n. 883/2013 che ha modificato il precedente.

 

[10] Regolamento (UE, Euratom) 2020/2223 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 dicembre 2020 che modifica il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 per quanto riguarda la cooperazione con la Procura europea e l’efficacia delle indagini dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode.

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