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Magistratura Indipendente

PENALE  

La nuova circolare CSM sull’organizzazione degli Uffici del Pubblico Ministero

  Penale 
 mercoledì, 31 gennaio 2018

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Principi e norme in materia di visti e assenso.

di ILARIA PERINU, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano

 
 

 

1. Premessa.

La normativa primaria ha delineato nel d.lgs n. 106/2006 un modello di organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero permeato dal principio di attenuata gerarchizzazione, in cui il potere organizzativo spetta al Procuratore della Repubblica quale titolare esclusivo dell'azione penale di cui assicura il corretto, puntuale ed uniforme esercizio secondo le norme di legge ed il rispetto delle norme sul giusto processo. A al fine, il legislatore ha proceduto all’abrogazione espressa dell’art. 7 ter del R.D. n. 12/41 sganciando il progetto organizzativo del Procuratore dalla procedura di approvazione cd. tabellare, prevista per gli uffici giudicanti.

Nonostante ciò, l’ufficio del pubblico ministero, attraverso la copertura costituzionale dei principi sanciti dal Titolo IV e attraverso i principi internazionali tra cui quelli contenuti nella Carta di Roma[1], è caratterizzato da un modello costituzionale che ne permea l’assetto organizzativo e ne disciplina i rapporti tra procuratore e sostituti.

Ciò è emerso anche grazie all’interpretazione costituzionalmente orientata che della legge vigente ha dato il Consiglio Superiore della Magistratura attraverso le risoluzioni del 2007 e del 2009 e le delibere 2011 e 2016, spesso frutto di singole vicende di contrasto tra procuratore e sostituti. Attraverso la normativa secondaria il CSM ha valorizzato il profilo della “direzione” dell’ufficio piuttosto che quello “gerarchico” e ha delimitato la figura del Procuratore quale magistrato responsabile dell’efficiente gestione dell’ufficio tesa e funzionale al miglior perseguimento dei fini di valenza costituzionale e dei cui risultati è chiamato a rispondere in sede di conferma quadriennale.

La Circolare del CSM sull’organizzazione degli Uffici di Procura (delibera 16 novembre 2017) realizza per la prima volta un intervento sistematico nella materia dell’organizzazione degli uffici del pubblico ministero, forgiando una disciplina di dettaglio, organica ed attuativa dei principi espressi nella normativa primaria, in piena continuità con le risoluzioni del 2007 e del 2009.

In particolar modo, a modesto avviso di chi scrive, la Circolare è altamente innovativa e riveste fondamentale importanza laddove evidenzia ed accentua la procedimentalizzazione amministrativa del potere organizzativo del Procuratore che attua i principi e le regole di partecipazione e di trasparenza ma anche di leale collaborazione dei sostituti così garantendo il principio del contraddittorio e i principi costituzionali di eguale dignità e indipendenza dei pubblici ministeri. Pertanto, così come il Procuratore, una volta esercitata la scelta di regolamentare l’ufficio attraverso il progetto organizzativo, dovrà poi essere garante del rispetto delle regole da lui stesso fissate nel progetto e nei successivi provvedimenti, a loro volta i sostituti attraverso le forme previste di partecipazione alla creazione delle regole organizzative prima ed il rispetto e la loro attuazione poi, secondo una leale collaborazione, devono poter confidare su uno strumento organizzativo stabile e funzionale[2].

Si delinea chiaramente un principio di affidamento dei sostituti che assume valore anche in relazione all’esercizio delle loro facoltà quali magistrati componenti l’Ufficio.

 

2. La normativa in materia di assenso e visto.

 

 

 

In questa cornice si inseriscono le disposizioni della Circolare del CSM in materia di assenso e visti, istituti che coinvolgono snodi cruciali sia nell’ambito della dialettica interna procuratore – sostituti sia nell’ambito della dialettica processuale tipica dello svolgimento delle indagini preliminari e dell’esercizio dell’azione penale.

 

 

Com’è noto, la normativa primaria[3], in materia di misure cautelari, ha previsto che il fermo di indiziato di delitto, la richiesta di misura cautelare personale e reale (salvo in quest’ultima ipotesi che il procuratore disponga che non sia necessario atteso il valore economico o alla rilevanza del fatto per il quale si procede) siano assentite per iscritto dal procuratore, con l’eccezione dei casi in cui tali richieste siano formulate, durante il turno di reperibilità del sostituto, per la convalida dell’arresto o del fermo.

L'assenso, che deve assumere la forma scritta, si colloca in una fase che è immediatamente successiva alla formulazione della richiesta della misura cautelare da parte del magistrato assegnatario del procedimento, e antecedente l'inoltro della medesima richiesta al gip. L'assenso scritto del procuratore non è condizione di validità[4] della conseguente ordinanza cautelare del giudice.

L’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Cassazione pronunciatesi a Sezioni Unite – sentenza 8388/2009 – in un caso in cui il procuratore, non solo non esprimeva l’assenso ma scriveva il suo motivato dissenso alla richiesta di arresti domiciliari avanzata dal sostituto e concludeva disponendo l’inoltro all’ufficio GIP,

aveva già enucleato il principio per il quale una volta esaurito il confronto all’interno dell’Ufficio, onde evitare il radicarsi di una situazione di conflitto, l'eventuale persistenza del "dissenso" del capo dell'ufficio sul provvedimento da adottare in materia di libertà personale segnala un'ipotesi di "contrasto" circa le concrete modalità di esercizio delle attività relative alla trattazione del procedimento assegnato al sostituto, per la quale vengono a determinarsi le condizioni previste dal 2 comma dell'art. 2 d.lgs. n. 106/06, (sost. dalla l. n. 269/06), talchè il sostituto possa chiedere di essere esonerato dalla trattazione del procedimento a tutela della sua autonomia, ed il Procuratore possa, con atto motivato, "revocare l'assegnazione", cui il magistrato può replicare con osservazioni scritte[5].

In materia la nuova Circolare del CSM all’art. 13 prevede in tema di misure cautelari personali, anche in funzione di salvaguardia dell’esigenza di speditezza del procedimento, che il Procuratore debba disciplinare le modalità di manifestazione dell’assenso. Allo stesso tempo, dovrà formalmente individuare, con direttiva di carattere generale, le ipotesi relative alle richieste di misure cautelari reali che intenda sottrarre all’assenso. La norma, inoltre, nel solco della procedimentalizzazione delle scelte decisionali, che come sopra evidenziato è il tratto caratteristico della Circolare in commento, stabilisce, per il caso in cui la prestazione dell’assenso abbia formato oggetto di delega al Procuratore Aggiunto o sia stata prevista la formazione differita dello stesso, che il procedimento di formulazione dell’assenso sia oggetto di specifica previsione e che siano previamente individuate le regole per la risoluzione di eventuali contrasti, indicando, per quest’ultima ipotesi, come obbligatoria sia l’interlocuzione con il magistrato titolare del procedimento che l’adozione di un decreto motivato.

Innovativa ed opportuna, anche a seguito di vicende di contrasto tra procuratori e sostituti purtroppo note alle cronache giornalistiche, appare la disposizione del 4 comma dell’art 13 laddove prescrive a tutela della riservatezza e soprattutto dell’immagine della magistratura, che “Gli eventuali atti relativi all’interlocuzione sull’assenso non fanno parte del fascicolo di indagine e vanno inseriti in un fascicolo riservato custodito presso la segreteria del Procuratore della Repubblica”.

In ossequio alla normativa primaria che conferisce al Procuratore ed ai Procuratori aggiunti prerogative di vigilanza e di coordinamento dell'attività dei sostituti anche nella fase preliminare a quella dell'emissione di provvedimenti, le prassi degli Uffici di Procura hanno dato vita all’istituto del cd “Visto”.

 Il procuratore, al fine di assicurare l'uniformità di operato dell'Ufficio, utilizza sovente anche lo strumento del visto preliminare all'emissione di provvedimenti ritenuti di particolare delicatezza o di speciale interesse (decreti di sequestro o perquisizione; proroghe di intercettazioni telefoniche; archiviazioni; rinvii a giudizio). Si tratta di un “visto” preliminare che non incide sulla validità dell’atto e non trova disciplina nella legge primaria.

Con la delibera del 21.9.2011 il CSM aveva affermato il principio che “il procuratore mantiene la competenza a intervenire nelle determinazioni sull’esercizio dell’azione penale, anche quando non abbia limitato l’assegnazione solo ad alcuni atti dei singoli procedimenti. In questa prospettiva l’imposizione di un “visto” preventivo sugli atti di esercizio dell’azione può risultare certamente funzionale a un più efficiente esercizio dei suoi poteri.” In caso di contrasto, pertanto, il CSM già nel 2011 aveva stabilito che si applicasse la disciplina vigente per il caso di revoca dell’assegnazione di un procedimento.

La circolare in esame, all’art 14, ha introdotto la disciplina di questo istituto nato dalla prassi degli uffici, attribuendogli, per determinati atti, una funzione “conoscitiva” in ordine “all’attuazione, da parte dei sostituti, delle direttive emanate dal Procuratore della Repubblica ai sensi dell’art. 2, comma 2, D.lgs. n. 106/2006, nonché al fine di favorire l’interlocuzione tra il sostituto, il Procuratore aggiunto ed il Procuratore della Repubblica”. La Circolare disciplina anche le ipotesi di contrasto privilegiando il confronto tra procuratore, Procuratore Aggiunto e sostituto, affinchè si possa giungere a soluzioni condivise. Qualora ciò non sia possibile, “fermo il potere di esercitare la revoca nei casi previsti dagli artt. 3 del d.lgs. n. 160/2006 e 15 della presente Circolare” il Procuratore della Repubblica dovrà dare atto “dell’avvenuto adempimento dell’onere di comunicazione e dell’esperimento delle interlocuzioni e delle azioni di cui al comma 3, secondo periodo” ed il procedimento resterà in capo al magistrato assegnatario per l’ulteriore corso.

Come per l’assenso, viene introdotta la previsione di inserire gli atti “relativi all’interlocuzione sul visto” in un fascicolo riservato custodito presso la segreteria del Procuratore, affinchè non siano accessibili dalle parti processuali che accedono al fascicolo di indagine.

Infine, si evidenzia che l’art 8 in materia di procedimento di formazione e controllo del progetto organizzativo e delle relative variazioni prevede che le variazioni al progetto organizzativo relative alla disciplina dell’assenso e del visto sono adottate “previa interlocuzione con i magistrati dell’ufficio, secondo il procedimento di cui al presente articolo. In questi casi l’assemblea con i magistrati dell’ufficio è facoltativa”.

Attraverso gli artt. 13 e 14 pertanto, il CSM ha disciplinato in maniera chiara e puntuale gli istituti dell’assenso e del visto, operando una chiara distinzione tra gli stessi, al fine anche di prevenire e contrastare alcune prassi “improprie” di taluni uffici che sovrapponevano i due tipi di provvedimento.

 

 

 

 

 

 
 

[1] Insieme dei principi elaborati dal Consiglio consultivo dei Procuratori europei – CCPE che espressamente afferma che i pubblici ministeri contribuiscono ad assicurare che lo stato di diritto sia garantito da un’amministrazione della giustizia equa, imparziale ed efficiente. I procuratori agiscono per rispettare e proteggere i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali”

 

[2] Si riporta quanto evidenziato dalla relazione illustrativa alla Circolare CSM 2017 sull’organizzazione dell’Ufficio di Procura “principi di partecipazione e leale collaborazione che, per un verso (co. 1) devono ispirare l’azione del Dirigente, e per l’altro (co.3) rappresentano un vero e proprio dovere di tutti i magistrati dell’ufficio. Si tratta di norme che hanno innanzitutto un chiaro valore deontologico e, soprattutto, intendono contribuire a modellare un ufficio requirente che, con riferimento all’attività organizzativa, si caratterizzi per una effettiva partecipazione e per un leale e costruttivo contributo partecipativo di tutti i magistrati, adeguatamente stimolati in questo senso dallo stesso dirigente che, per esercitare responsabilmente le sue scelte, si confronta e pratica il dialogo come metodo privilegiato.”

 

 

[3] Art 3 Dlvo 106/2006 1. Il fermo di indiziato di delitto disposto da un procuratore aggiunto o da un magistrato dell'ufficio deve essere assentito per iscritto dal procuratore della Repubblica ovvero dal procuratore aggiunto o dal magistrato appositamente delegati ai sensi dell'articolo 1, comma 4.

2. L'assenso scritto del procuratore della Repubblica, ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati ai sensi dell'articolo 1, comma 4, e' necessario anche per la richiesta di misure cautelari personali e per la richiesta di misure cautelari reali.

3. Il procuratore della Repubblica può disporre, con apposita direttiva di carattere generale, che l'assenso scritto non sia necessario per le richieste di misure cautelari reali, avuto riguardo al valore del bene oggetto della richiesta ovvero alla rilevanza del fatto per il quale si procede.

4. Le disposizioni del comma 2 non si applicano nel caso di richiesta di misure cautelari personali o reali formulate, rispettivamente, in occasione della richiesta di convalida dell'arresto in flagranza o del fermo di indiziato ai sensi dell'articolo 390 del codice di procedura penale, ovvero di convalida del sequestro preventivo in caso d'urgenza ai sensi dell'articolo 321, comma 3-bis, del codice di procedura penale.

 

[4] V. Cassazione Sezioni Unite 8388/2009

[5] Si afferma infatti che è precluso sia “al sostituto l'inoltro di una richiesta formulata in difetto di assenso o con l'espresso dissenso del procuratore della Repubblica, sia a quest'ultimo l'inoltro della medesima richiesta, seppure corredata dall'atto del suo parziale o totale dissenso.”

 

 

 
 
 
 
 
 

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