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CIVILE  

IL REQUISITO DELLA MERITEVOLEZZA DELL’ART. 2645 TER C.C.

  Civile 
 venerdì, 3 marzo 2017

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Giorgio Rispoli

Avvocato e Professore a contratto nell'Università di Roma Tre

 
 

 

Ad oltre dieci anni dalla novella che ha introdotto nel nostro ordinamento le cd. destinazioni patrimoniali atipiche è ancora estremamente dibattuto il contenuto del requisito della meritevolezza cui improvvidamente il legislatore ha fatto riferimento nella norma in epigrafe, con contestuale rinvio dal secondo comma dell’art. 1322 c.c.

Sono essenzialmente due le antitetiche analisi ricostruttive che si contrappongono nella giurisprudenza di merito, ben rappresentata da due decisioni abbastanza recenti di cui si coglie l’occasione per dar conto.

Ci si chiede infatti se l’ambito applicativo dell’art. 2645 ter c.c. debba necessariamente riguardare atti di destinazione suffragati da un particolare rilievo etico e segnatamente riferibili esclusivamente a interessi riguardanti persone con disabilità e pubbliche amministrazioni oppure possa riguardare indistintamente la generalità degli interessi leciti dei consociati.

Ciò in quanto, secondo una tesi seguita da una parte della giurisprudenza di merito,  il particolare effetto di separazione e segregazione patrimoniale che la legge ricollega alla trascrizione degli atti di destinazione sarebbe conseguibile unicamente ove detto vincolo fosse suffragato da una peculiare valenza sociale altrimenti si lederebbe il principio della responsabilità patrimoniale previsto dall’art. 2740 c.c.

In tal senso si vd. Decr. Trib. Ravenna 22 aprile 2015 ad avviso del quale la meritevolezza dell’atto di destinazione sarebbe un effettivo quid pluris rispetto alla mera liceità dello stesso che si integrerebbe attraverso un giudizio di prevalenza dell’interesse realizzato rispetto all’interesse sacrificato dei creditori del disponente estranei al vincolo.

Tuttavia siffatta tesi – pur se pregevolmente argomentata – parrebbe non coincidere anzitutto con il dato testuale codicistico nel suo complesso che non prevede in nessun caso un particolare fine etico quale condizione necessaria per realizzare un fenomeno di separazione patrimoniale, in secondo luogo con le norme specifiche degli istituti in esame.

Si pensi agli enti di cui al Libro Primo del Codice Civile: è ben possibile costituire una fondazione per uno scopo filantropico ma anche per il meno altruistico dei fini (promuovere ad es. il tiro con la carabina).

E nessuno ha mai sostenuto che per realizzare l’effetto segregativo tipico del negozio di fondazione occorra uno scopo altruistico.

Del pari l’art. 2740 c.c. prevede che le limitazioni di responsabilità non siano ammissibili se non nei casi previsti dalla legge.

Ma non dice affatto che questi casi previsti dalla legge debbano connotarsi di una particolare valenza etica.

A tacer del fatto che identificare il requisito della meritevolezza in un quid pluris rispetto alla liceità comporterebbe un’indagine sostanzialmente rimessa a una discrezionalità forse troppo ampia dell’interprete tale da sconfinare sostanzialmente nell’opinione personale.

Inoltre il disposto dell’art. 2645 ter c.c. include espressamente – con una formulazione che è stata non senza mordente criticata pressochè univocamente dalla dottrina – anche “gli altri enti e persone fisiche” accanto alle “persone con disabilità e pubbliche amministrazioni”.

Riferire solo a quest’ultime l’ambito applicativo dell’art. 2645 ter c.c comporterebbe pertanto un’inaccettabile interpretatio abrogans della norma in esame.

Sulla scia di tali considerazioni parrebbe allora condivisibile l’opzione teorica fatta propria da un altro filone di merito (si vd., ex pluribus, Trib. Prato 12.8.2015 n. 942) per cui “non sembra persuasiva l’interpretazione restrittiva della norma apparendo del tutto condivisibile l’opinione di chi ritiene che il giudizio di meritevolezza non comporti una valutazione comparativa in termini di prevalenza/poziorità tra gli interessi, non apparendo legittima alcuna ulteriore delimitazione degli interessi che i privati possono perseguire costituendo un vincolo di destinazione”.

Punto nodale di questa riflessione è poi costituito dall’asserzione secondo cui “una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 1322 c.c. fa coincidere l’immeritevolezza con l’illiceità dell’interesse perseguito”.

Detta pronuncia si rivela poi particolarmente dotta e articolata nel sottolineare come una lettura della norma in esame connessa unicamente a esigenze di pubblica utilità si trovi in contrasto con le altre esperienze internazionali fornendo sintetici ragguagli a carattere comparatistico sul punto (i trusts del mondo anglosassone ma anche la fiducie introdotta nell’ordinamento francese).

Nella fattispecie il Giudice toscano ha ritenuto meritevole e dunque valido ed efficace un vincolo di destinazione volto ad assicurare una soddisfazione proporzionale ai creditori non ancora muniti di causa di prelazione nell’ambito di una procedura concordataria.

Quello della risoluzione delle crisi d’impresa è infatti uno degli ambiti in cui le destinazioni patrimoniali atipiche potrebbero avere un discreto spazio applicativo ove si consolidi la predetta opzione teorica.

Si tratta di un istituto infatti particolarmente duttile e adatto a giuridicizzare quella frattura tra intestazione formale e gestione sostanziale che emerge come nitida esigenza in una civiltà giuridica matura e come tale sensibile a bisogni sempre più articolati da parte dei consociati.

Né il timore che tale istituto possa dar luogo ad un uso abusivo dovrebbe spingere verso una sua “disapplicazione preventiva” in quanto a fronte di un’applicazione distorta l’ordinamento presenta tutti gli strumenti idonei a ovviare a tale situazione (ad es. azione di nullità per frode alla legge, di simulazione, revocatoria etc.).

Si attende che il contrasto in essere tra le Corti di merito giunga al vaglio della Cassazione, auspicando che non sia considerato contraria ai principi generali dell’ordinamento l’applicazione generalizzata di un istituto contrario forse soltanto alla nostra forma mentis di giuristi continentali.

                                                                                          

                                                                                                                                                                                      

 

 

 
 
 
 
 
 

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