SOMMARIO: 1. Premessa: dall’ordinamento giudiziario al d.lgs. 106/2006. - 2. La Risoluzione C.S.M. 21.7.2009. - 3. Le indicazioni della Circolare del 2017: compiti e funzioni del P.A. 4. La disciplina dei rapporti interni.
1. Premessa: dall’ordinamento giudiziario al d.lgs. 106/2006
Controversa, efficace, ricca di spunti; un grande passo in avanti o una grande occasione persa. Molto etichette possono essere “apposte” alla recentissima Circolare sull’organizzazione degli Uffici di Procura (delibera C.S.M. del 16 novembre 2017). Di certo, non inutile e non banale deve essere ritenuta la scelta di fornire - per la prima volta in termini organici - la disciplina di una figura particolare del panorama giudiziario, a volte sottovalutata e spesso misconosciuta: il Procuratore Aggiunto.
Che ci sia “qualcosa di nuovo nell’aria” lo si può desumere per via quantitativa prima ancora che qualitativa: ci troviamo davanti, nel corso degli anni, a una progressione geometrica delle indicazioni sul ruolo in oggetto e sui compiti ai quali è chiamato. Un percorso rispetto al quale la Circolare del 2017 è, verosimilmente, un punto di arrivo. Vediamone le principali tappe. Nell’ambito dell’Ordinamento giudiziario, di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, il Procuratore Aggiunto compare (meglio sarebbe dire “appare”, quale comprimario) nel titolo III, “ Del pubblico ministero” al capo I (Della costituzione del pubblico ministero) all’art. 70 “Costituzione del pubblico ministero”:
1. Le funzioni del pubblico ministero sono esercitate dal procuratore generale presso la corte di cassazione, dai procuratori generali della Repubblica presso le corti di appello, dai procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni e dai procuratori della Repubblica presso i tribunali ordinari. Negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di procuratore aggiunto in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti addetti all'ufficio. Negli uffici delle procure della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto può essere comunque istituito un posto di procuratore aggiunto per specifiche ragioni riguardanti lo svolgimento dei compiti della direzione distrettuale antimafia.
Si tratta di un organo eventuale- che “può”, e non “deve” essere istituito - la cui funzioni sono semplicemente delineate con un diretto richiamo alla funzione “generale” di pubblico ministero esercitata dal Procuratore della Repubblica. È stabilito un coefficiente numero (1 a 10) per individuare il corretto rapporto tra i Procuratori Aggiunti e i sostituti.
Ancora l’art. 109 dell’O.G. (Supplenza di magistrati del pubblico ministero), precisa che “In caso di mancanza o di impedimento…. del procuratore della Repubblica, regge l'ufficio il procuratore aggiunto o il sostituto anziano.”
Di fatto, il Procuratore Aggiunto non è destinatario di alcune indicazione specifica sui compiti e sulle competenze, comparendo quale figura puramente subordinata e- solo ove necessario – temporaneamente alternativa - al “capo” dell’ufficio.
A distanza di “soli” 55 anni, con il D.Lgs. 20.2.2006 n. 106 (Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero) il legislatore torna sul tema, con l’art. 1 (Attribuzioni del Procuratore della Repubblica), il cui comma 6 specifica che il procuratore della Repubblica determina:
a) i criteri di organizzazione dell'ufficio;
b) i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell'ufficio;
c) le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica.
Il Procuratore Aggiunto, seppure in termini sintetici e astratti, è riconosciuto come destinatario non solo di procedimenti- come i sostituti- ma anche quale – possibile- coordinatore di un “settore di affari”. Prende così forma una prassi già affermatasi in molti uffici, ossia del riconoscimento del “gruppo di lavoro” quale entità autonoma, sebbene coordinata con altre, nell’ambito di un ufficio di Procura.
Lo stesso è poi ancora citato nell’art. 3 (Prerogative del procuratore della Repubblica in materia di misure cautelari) laddove è previsto che “Il fermo di indiziato di delitto disposto da un procuratore aggiunto o da un magistrato dell'ufficio deve essere assentito per iscritto dal procuratore della Repubblica ovvero dal procuratore aggiunto o dal magistrato appositamente delegati ai sensi dell'articolo 1, comma 4. L'assenso scritto del procuratore della Repubblica, ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati ai sensi dell'articolo 1, comma 4, è necessario anche per la richiesta di misure cautelari personali e per la richiesta di misure cautelari reali.” Un richiamo che pone in concreto il Procuratore Aggiunto in una condizione più prossima al sostituto che al Procuratore della Repubblica.
E’ singolare il fatto che nessun commento specifico sul ruolo del Procuratore Aggiunto sia rintracciabile nelle “Disposizioni in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero a seguito dell’entrata in vigore del d.lvo 20.2.2006 n. 106” (Delibera C.S.M.- Plenum in data 12 luglio 2007). La delibera richiama, per altro, la risoluzione urgente 5 luglio 2006, che aveva, tra l’altro, precisato “il carattere non solo vasto e complesso delle radicali modifiche nell’organizzazione degli uffici, specialmente di quelli del p.m., e nel complessivo assetto della magistratura, ma anche la necessità di un immediato ma al tempo stesso globale e coerente intervento del Consiglio per evitare effetti negativi come quelli, ad esempio, che deriverebbero da una possibile disomogeneità dei modelli organizzativi degli uffici requirenti, che provocherebbe inevitabilmente incertezze gestionali e disorientamento degli utenti del servizio giudiziario”.
Nel momento in cui il modello organizzativo acquisisce un’assoluta centralità nell’ergonomia del sistema giudiziario, il ruolo del Procuratore Aggiunto- anche se in termini indiretti e “silenti” - progressivamente assume la natura di “snodo” decisionale e gestionale di rilievo.
E’ una presa di coscienza che si afferma a piccoli passi, ma in termini irreversibili. Ancora la menzionata delibera del 2007 ricorda che la legge 24 ottobre 269 ("Sospensione dell'efficacia nonche' modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario"), aveva apportato:
“modifiche importanti, che precisano, delimitano e circoscrivono il potere del Procuratore della Repubblica e meglio definiscono il rapporto che deve intercorrere tra quest’ultimo ed i sostituti. Innanzitutto i procedimenti non sono più “delegati” ma “assegnati” al sostituto, che viene definito correttamente “magistrato” e quindi assume una posizione che rientra pienamente nella previsione dell’art. 105 della Cost..
Risulta attenuata la “responsabilità” del Procuratore della Repubblica nell’esercizio dell’azione penale e in particolare risulta ridimensionato il carattere di personalizzazione esclusiva contenuto negli originari artt. 1 e 2. Il Procuratore infatti rimane titolare «unico» dell'esercizio dell'azione penale, di cui deve assicurare l'uniformità, ma il venir meno della “esclusività della responsabilità del suo esercizio” comporta il riconoscimento al sostituto assegnatario non solo di una titolarità mediata (a seguito dell'assegnazione) ma anche di una sfera di autonomia professionale, con relativa responsabilità nell’evolversi del procedimento.”
Anche in questo caso la delibera tratteggia in termini positivi la sfera di autonomia professionale del sostituto ma non entra nel dettaglio circa la sfera- per forza di cose non direttamente e totalmente sovrapponibile- che deve essere riconosciuta al Procuratore Aggiunto.
Una figura che la legge 30 luglio 2007, n. 111 " Modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario” menziona espressamente all’art. 2 (Modifiche agli articoli da 10 a 53 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160- "Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonche' in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a, della legge 25 luglio 2005, n. 150”). Nel testo modificato dell’art. 10 (Funzioni), si stabilisce che – “I magistrati ordinari sono distinti secondo le funzioni esercitate”. In particolare “Le funzioni semidirettive giudicanti di primo grado sono quelle di presidente di sezione presso il tribunale ordinario, di presidente e di presidente aggiunto della sezione dei giudici unici per le indagini preliminari; le funzioni semidirettive requirenti di primo grado sono quelle di procuratore aggiunto presso il tribunale”.
2. La Risoluzione C.S.M. 21.7.2009
La “musica” cambia decisamente con la Risoluzione in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero (21 luglio 2009) con la quale il C.S.M. riconsidera il proprio intervento del 2007- sopra menzionato, definito come atto che aveva individuato “ alcune linee guida e di indirizzo per gli uffici di Procura, che costituiscono soltanto “alcune” e prime linee guida in punto di assegnazione dei procedimenti e al compimento di atti singoli, di poteri del Procuratore di impartire direttive e criteri ai sostituti, di revoca dell’assegnazione e, più in generale, in tema di passaggi e modalità procedurali attinenti alla formazione dei progetti organizzativi, atti a garantire una partecipata e consapevole presenza dei sostituti, una corretta analisi dei flussi e delle pendenze ed una ragionata costituzione di gruppi di lavoro che valga ad ottimizzare esperienze e specializzazioni nel lavoro d’indagine”.
La Risoluzione del 2009 rileva che “nel solco del rinnovato assetto organizzativo del pubblico ministero, la legge 30 luglio 2007 n. 111, recante modificazioni alle norme sull’Ordinamento giudiziario, ha inciso ancora in maniera significativa su alcuni tratti fisionomici dell’organo d’accusa” e sottolinea come “ la nuova architettura normativa, di rango sia costituzionale sia primario, che disciplina il sistema organizzativo degli uffici requirenti, impone ai Procuratori della Repubblica il rispetto del principio di autonomia del sostituto procuratore (art. 112 Cost.) e, nella loro veste di titolari esclusivi dell’azione penale, il raggiungimento di tre fondamentali obiettivi, destinati ad avere ricadute essenziali in punto di organizzazione ed il raggiungimento dei quali rientra nella loro piena responsabilità.”
Il Procuratore Aggiunto viene così menzionato in relazione al secondo di tali obiettivi, ossia il “corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale nel rispetto delle norme sul giusto processo” per il cui raggiungimento i dirigenti degli uffici requirenti:
- assicurano la più equa e funzionale distribuzione degli affari tra i magistrati dell’ufficio e curano la costituzione di gruppi di lavoro (indicativamente nelle materie del diritto penale dell’economia, dei reati commessi contro soggetti deboli, dei reati in materia ambientale e di tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro) compatibilmente con le dimensioni del singolo ufficio ed in maniera tale da garantire il rispetto del “Regolamento in materia di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio” deliberato il 13 marzo 2008;
- affidano il coordinamento di ciascun gruppo di lavoro ad un Procuratore aggiunto, che può essere designato anche per più gruppi di lavoro, allo scopo di assicurare lo scambio di esperienze e favorire l’omogeneità degli indirizzi;
- provvedono, con l’ausilio dei Procuratori aggiunti, all’efficace coordinamento dei gruppi di lavoro nonché all’eventuale elaborazione di protocolli d’indagine;
- garantiscono lo svolgimento di riunioni periodiche tra i magistrati dell’ufficio ovvero dei singoli gruppi di lavoro, al fine di assicurare lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali e le innovazioni legislative nonché di verificare l’andamento del servizio;
- disciplinano l’attività dei vice procuratori onorari, nel rispetto dei limiti posti dalle norme di ordinamento giudiziario e delle direttive consiliari;
- procedono all’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro, secondo procedure trasparenti, valorizzando le specifiche attitudini dei sostituti e perseguendo l’obiettivo di garantire una formazione professionale completa degli stessi, resa possibile anche dalla rotazione periodica dei sostituti, in modo da assicurare l’acquisizione di una professionalità comune a tutti i magistrati dell’ufficio, modulando i tempi della rotazione sulla base delle esigenze di funzionalità dell’ufficio.
Finalmente- si potrebbe dire- con la risoluzione del 2009 vengono espressamente riconosciuti compiti di fatto svolti da tempo da molti Procuratori aggiunti: assicurare- nei gruppi di lavoro- lo scambio di esperienze e favorire l’omogeneità degli indirizzi e provvedere, in ausilio al Procuratore della Repubblica- all’efficace coordinamento dei predetti gruppi nonché all’eventuale elaborazione di protocolli d’indagine.
L’Aggiunto assume, pertanto, una valenza culturale e professionale specifica: l’omogeneità degli indirizzi presuppone una profonda conoscenza della materia, così come l’elaborazione dei protocolli. A fronte della complessità e multiformità del sistema penale, il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo e delle competenza del Procuratore Aggiunto rappresentano una garanzia di efficienza e di razionalizzazione del lavoro della Procura, rispetto al quale non solo sul piano organizzativo quanto anche su quello cognitivo e operativo sarebbe forse fallace l’immagine di un Procuratore della Repubblica non solo onnipresente, quanto anche onnisciente e specificamente “ versato” in tutti i settori dei quali il suo ufficio deve occuparsi.
Ovviamente, tale prospettiva trova la sua piena applicazione negli uffici di maggiori dimensioni, nei quali proporzionalmente maggiore è la possibilità di specializzazione e di “organizzazione” degli sforzi operativi; nondimeno, una prospettiva che può ragionevolmente e doverosamente trovare spazio anche negli uffici di minori dimensioni.
3. Le indicazioni della Circolare del 2017: compiti e funzioni del P.A.
Indubbiamente, la risoluzione del 2009 ha aperto la strada verso la formalizzazione nel dettaglio del ruolo del Procuratore Aggiunto contenuta nella Circolare C.S.M. 24 novembre 2017. Il semplice fatto che alla figura del Procuratore Aggiunto sia stato “dedicato” (almeno) un articolo rappresenta il riconoscimento tangibile della nuova centralità del ruolo.
In questo senso l’art. 5 precisa, al primo e secondo comma, funzioni e compiti di tale figura. Lo stesso coadiuva, secondo canoni di leale collaborazione, il Procuratore della Repubblica:
- per il conseguimento degli obiettivi organizzativi esplicitati nel progetto
- per garantire il buon andamento delle attività, la corretta ed equa distribuzione delle risorse dell’ufficio, ed il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale.
Non deve essere sottovalutato il richiamo ai “canoni di leale collaborazione”: non si tratta di una formula pleonastica, quando di un preciso appello al “senso” delle istituzioni che deve permeare il rapporto tra Procuratore della Repubblica e Procuratore Aggiunto.
Tutto ruota interno al progetto organizzativo, non solo in relazione agli obiettivi, quanto anche rispetto al concreto e costante perseguimento degli stessi. L’art. 8- che disciplina il Procedimento di formazione e controllo del progetto organizzativo e delle relative variazioni- delinea un percorso “partecipato”, nel quale il progetto finale appare il frutto di una ampia condivisione con i magistrati dell’ufficio; condivisione per la quale è prevista anche la fase “pubblica” rappresentata dall’assemblea generale.
Se è vero che nella procedura descritta non è previsto un ruolo specifico per i Procuratori Aggiunti, è altrettanto certo che le aspettative di contributo da parte degli stessi non possono non essere significative: un contributo nella prospettiva di un’attuazione che, nei singoli settori di intervento, dovrà non solo essere la più efficace possibile, ma dovrà anche garantire le sinergie e i momenti di coordinamento con gli altri gruppi di lavoro.
In concreto: se il Procuratore della Repubblica e disponibile a “prestare ascolto” alle indicazioni sulle singole aree tematiche ai Procuratori Aggiunti (come, per altro ai sostituti) è legittimo e ragionevole che egli si aspetti, nella fase attuativa del progetto quella piena, franca e continuativa collaborazione da parte di coloro che quel progetto stesso hanno avuto modo di condividere si dal momento dell’ideazione. La “lealtà” non può essere intesa come un atteggiamento univoco, quanto il frutto del divenire di un rapporto.
Una lealtà che, seppure non richiamata, deve permeare anche le ulteriori indicazioni generali riconosciute dall’art. 5 della Circolare 2017. Indicazioni che costituiscono il “cuore” (rectius, il riconoscimento di un “cuore” già frequentemente esistente) del ruolo del Procuratore Aggiunto; un ruolo dove le note non solo culturali e professionali, quanto anche caratteriali di tale soggetto dovrebbero trovare massima espressione.
In un progetto di giustizia organico e non autoritario, l’autorevolezza non può che prendere il posto dell’autorità e il carisma quello del potere. Solo in tale prospettiva può essere correttamente compreso il richiamo, operato dalla Circolare all” esercizio da parte del Procuratore Aggiunto delle “funzioni di coordinamento e di direzione della sezione o del gruppo di lavoro assegnatogli” e delle “altre funzioni delegate dal Procuratore. E in questa prospettiva deve essere letta la necessitò del “costantemente aggiornamento” che il Procuratore aggiunto deve effettuare al Procuratore della repubblica “sull’andamento delle sue attività”.
La Procura della Repubblica è un organismo delicato e per certi aspetti anomalo, la cui struttura deve conciliare il principio gerarchico (ineludibile nell’attuale sistema) con l’altrettanto ineludibile riconoscimento del fatto che i magistrati si differenziano solo in base alle funzioni svolte. Non solo: deve conciliare l’indispensabile unitarietà e uniformità di gestione connaturata alla natura dell’ufficio con il riconoscimento dell’autonomia professionale dei singoli sostituti. Davvero un obiettivo non semplice da raggiungere, rispetto al quale il ruolo degli Aggiunti può essere decisivo.
L’”ufficio” Procura della Repubblica può operare al meglio se la sua attività è frutto di costante confronto e elaborazione di tesi giuridiche e di prassi operative, che devono essere costantemente implementate e aggiornate; non solo: può operare al meglio se nell’ufficio si percepisce una corretta e equilibrata distribuzione del lavoro e degli impegni. Poche aspetti possono turbare l’armonia operativa (specie, ma non solo, nei grandi uffici) quanto la convinzione della presenza di sostituti di serie A e di serie B (per non parlare, di serie inferiori) o il fatto che le linee operative siano più l’oggetto di un’imposizione che il frutto di una scelta (al limite, faticosamente) condivisa. Evitare che tale possibilità venga avvertita è compito complesso, che certamente il Procuratore della Repubblica può assicurare coinvolgendo costantemente i Procuratori aggiunti.
In questo senso devono essere colte le ulteriori indicazioni della Circolare, laddove stabilisce che “……il Procuratore Aggiunto ha, tra l’altro, facoltà di indire riunioni periodiche di coordinamento tra i sostituti e con la polizia giudiziaria, istituire specifici obblighi di riferire e formulare singole richieste di informazioni al titolare del procedimento”, che “cura il costante confronto fra i magistrati finalizzato alla omogeneità delle soluzioni investigative ed interpretative” e che, soprattutto, deve curare “…. nell’ambito della sezione o del gruppo di lavoro che coordina, che siano rispettati i criteri di assegnazione degli affari e la loro distribuzione in modo equo e funzionale ai sensi dell’art. 4 co.1 lett. a) e dell’art. 7 co. 3”. [1]
Non è un caso se i due articoli sopra richiamati sono caratterizzati entrambi dalla medesima formula, intesa, evidentemente, in termini quasi taumaturgici nell’ottica della circolare: si parla, in entrambi i casi, di distribuzione “equa e funzionale” degli affari dell’ufficio, ai singoli sostituti così come tra i gruppi di lavoro e all’interno degli stessi.
Senza la specifica attuazione e la concreta percezione di tale equa distribuzione è certamente limitata la possibilità che non si creano quelle “frizioni” (se non addirittura fratture) all’interno dell’ufficio che costituiscono una dei principali pericoli rispetto all’obiettivo di una gestione “virtuosa” del carico di lavoro globale. Gestione virtuosa che deve manifestarsi non solo in termini quantitativi, ma anche (o forse soprattutto) qualitativi del prodotto finale.
4. La disciplina dei rapporti interni
Il quadro delineato dalla Circolare si completa con una serie di indicazione dirette a disciplinare il rapporto tra il Procuratore e gli Aggiunti, sul piano, se così si può dire, ordinamentale. Ciò, nondimeno, in differenti prospettive.
Come abbiamo visto sopra, l’Aggiunto è preposto, tra l’altro, a sovraintendere e assicurare il “costante confronto fra i magistrati finalizzato alla omogeneità delle soluzioni investigative ed interpretative.” È evidente che tale omogeneità, che pure rappresenta un preciso obiettivo della Circolare, non può essere aprioristicamente assicurata; per tal ragione, è previsto la possibilità che un contrasto- in entrambi i sensi- non venga composto. Compito dell’Aggiunto, in tal caso, sarò quello di riferire la situazione al Procuratore della Repubblica che potrà- evidentemente- intervenire per porre in essere un ulteriore tentativo di chiarimento o, in caso contrario, per esprimere la posizione dell’ufficio.
Il riconoscimento del nuovo ruolo del Procuratore Aggiunto passa anche attraverso la formalizzazione dei meccanismi di attribuzione delle funzioni. Un meccanismo previsto, ovviamente, per gli uffici nei quali sono presenti più Procuratori; la disposizione al riguardo lascia, nondimeno, alcuni – seppure modesti- dubbi ermeneutici.
L’attribuzione delle funzioni ai singoli dovrà avvenire “valutate le esigenze dell’ufficio”. Ora, non è chiaro se questa valutazione debba sovrapporsi a quella già espressa in sede di progetto organizzativo o se possa avere una propria autonomia (e, in questo secondo caso, per quali ragioni e in quali termini). Non solo. Dopo la menzionata valutazione, l’attribuzione dovrebbe avvenire alternativamente:
- previo esperimento di interpello
- comunque, secondo quanto previsto nel progetto organizzativo; progetto nel quali la designazione dei Procuratori Aggiunti ai gruppi di lavoro dovrebbe avvenire “secondo procedure trasparenti che valorizzino le specifiche attitudini dei magistrati”.
Infine, la norma precisa che i criteri menzionati dovrebbero essere adottati “di regola”: dunque, non sempre e non necessariamente.
Ora: al di la delle formule, il coacervo di soluzioni indicate pare dover convivere con un indiretto, ulteriore, inespresso ma non irrilevante principio. Esiste- e esiste nell’interesse dell’ufficio- un margine di valutazione per il Procuratore nell’assegnazione ai gruppi. Margine che non può essere è espressione di arbitrio, quanto frutto di uno sforzo di “ottimizzazione del lavoro”. Non tutti gli Aggiunti hanno una medesima storia professionale e esiste, di certo, un’anzianità nel ruolo. Nel momento in cui una posizione di coordinamento di un gruppo deve essere assegnata, potranno fare domanda Aggiunti con una differente anzianità nel ruolo o- se la anzianità sarà la stessa- con una differente anzianità di servizio.[2]
Il posto dovrà essere comunque assegnato al più anziano (nel ruolo o nel servizio) tra coloro che hanno preso parte all’interpello, ovvero le esigenze dell’ufficio consentiranno o imporranno di nominare il magistrato ritenuto più idoneo? Molto semplicemente: se deve essere oggetto di interpello un posto per coordinare i reati economici, lo stesso dovrà essere assegnato all’Aggiunto più anziano o a quello che, nella sua carriera, si sarà occupato in via continuativa per più anni di tali reati? La risposta non è scontata e certamente non può essere fornita nella presente sede, in termini generali e astratti; scontato (e non così raro) potrà essere il problema che tale situazione esprime.
La disciplina dell’articolo 5 contiene anche disposizioni in materia degli incarichi così attribuiti; in particolare, la delega è revocabile con provvedimento motivato del Procuratore della Repubblica, ancora una volta “sulla base di specifiche esigenze di ufficio”. Il provvedimento di revoca della delega è trasmesso, tramite il Consiglio giudiziario che esprime il parere, al C.S.M. con le eventuali osservazioni del magistrato interessato. Si applicano il comma 5 e 7 dell’art. 15. [3]
Di grande interesse risultano poi ulteriori indicazioni, che delineano il, per così dire. contenuto “minimo” e imprescindibile del ruolo dell’Aggiunto. Il comma 6 dell’art. 5, segnatamente, stabilisce che “In ogni caso il Procuratore dalla Repubblica assicura il mantenimento in capo al Procuratore Aggiunto di competenze delegate di coordinamento e/o direzione.”
Un’indicazione che vuole evitare ogni rischio di esautoramento, anche di fatto, dell’Aggiunto rispetto al ruolo di direzione e coordinamento che la riforma ha inteso attribuirgli. L’Aggiunto non può essere solo un “sostituto” e neppure anche un “supersostituto”, alla luce della vicende particolari delle quali può essere incaricato di occuparsi personalmente. Il fatto di essere destinatario di procedimenti complessi e delicati, laddove non corredato da un ruolo di coordinamento e direzione, svuoterebbe la funzione in oggetto e risulterebbe espressivo di una scelta non accettabile.
Per altro, proprio il riconoscimento di tali compiti ha suggerito, nella circolare (art. 5 comma 7) il riconoscimento, “ove previsto dal progetto organizzativo, anche in ragione della dimensione dell’ufficio” altresì di funzioni giudiziarie requirenti, anche se “in misura ridotta rispetto agli altri magistrati dell’ufficio ed in proporzione alle concorrenti competenze di direzione e coordinamento.”
Il dubbio può essere, questa volta, di senso opposto. L’Aggiunto certamente potrà assegnarsi- avendo altri incarichi - una quota di lavoro inferiore ai sostituti del suo gruppo. Potrà eventualmente assegnarsene una maggiore, senza tuttavia che a tale assegnazione quantitativamente significativa possa accompagnasi l’attribuzione sistematica dei procedimenti di maggiore interesse, complessità (e, per certi aspetti, tali da determinare, seppure indirettamente) tali da assicurare una maggiore visibilità).
Non a caso, al riguardo la circolare precisa che, anche rispetto all’Aggiunto, “si applicano, ove compatibili, le previsioni in materia di assegnazioni e coassegnazioni, direttive, revoche ed assenso dettate per gli altri magistrati dell’ufficio”.
Come abbiamo visto sopra, l’Aggiunto deve curare una distinzione del lavoro non solo equa, ma funzionale alle esigenze dell’ufficio: un obiettivo per raggiungere il quale è indispensabile garantire un percorso di crescita professionale e di accumulo di esperienze che deve essere omogeneamente ripartito tra i sostituti e costantemente monitorato.
Il ruolo di Aggiunto non può e non deve istituire una “vetrina” privilegiata ma deve essere soprattutto espressivo di un “servizio” e inscindibilmente connotato da una quota di responsabilità: verso il Procuratore, verso i colleghi sostituti, verso il personale amministrativo così come rispetto alle figure esterne all’ufficio.
Si tratta di un impegno e di una scommessa, sui cui esiti si potrà valutare una parte non indifferente del contenuto “innovativo” della riforma con la quale la circolare ha voluto intervenire sul sistema requirente.
[1] Art. 4 - Corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale e giusto processo
1. Il Procuratore della Repubblica, ai fini indicati all’art. 2, comma 1:
a) distribuisce in modo equo e funzionale gli affari tra i magistrati dell’ufficio e – ove le dimensioni lo consentano – cura la costituzione di dipartimenti, sezioni o gruppi di lavoro, modulati alla stregua degli obiettivi individuati sulla base dell’analisi della realtà criminale e nel rispetto della normativa secondaria in materia di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio e, nonché secondo criteri che favoriscano omogeneità e specializzazione….
art. 7- Il progetto organizzativo
… 3. Il progetto organizzativo contiene l’indicazione dei criteri di assegnazione e di coassegnazione degli affari ai singoli magistrati o ai gruppi di lavoro che assicurino l’equa e funzionale distribuzione dei carichi di lavoro. Gli stessi criteri di equità e funzionalità devono caratterizzare anche la distribuzione del lavoro all'interno dei gruppi per i quali siano stati designati magistrati coordinatori….
[2] Le disposizioni in oggetto sono state estese dall’art. 5 comma 9 “in quanto compatibili” anche al magistrato dell’ufficio a cui sono conferite, dal Procuratore della Repubblica, deleghe e compiti di direzione, collaborazione e coordinamento, sia negli uffici in cui sia prevista la funzione semidirettiva, sia negli uffici che ne sia priva. In questo senso (art. 8, comma 9 della circolare) “ Il conferimento di incarichi di coordinamento e collaborazione, anche in campo amministrativo, costituisce una modifica del progetto organizzativo, è preceduta di regola da interpello e segue il procedimento delle variazioni di cui al comma 2”; in particolare “Le sole variazioni al progetto organizzativo relative alla costituzione dei gruppi di lavoro, ai criteri di assegnazione agli stessi dei procuratori aggiunti e dei sostituti procuratori, ai criteri di assegnazione dei procedimenti nonché alla disciplina della revoca, dell’assenso e del visto sono adottate, previa interlocuzione con i magistrati dell’ufficio, secondo il procedimento di cui al presente articolo. In questi casi l’assemblea con i magistrati dell’ufficio è facoltativa.”
[3] Si riporta il testo delle disposizioni richiamate:
Art. 15 Revoca dell’assegnazione e della designazione
5. Entro dieci giorni dalla comunicazione della revoca di cui ai commi 1 e 2, il magistrato può presentare osservazioni scritte al Procuratore della Repubblica, che nei successivi 5 giorni le trasmette, unitamente all’atto di revoca ed ad eventuali proprie controdeduzioni, al Consiglio Superiore della Magistratura affinché verifichi la sussistenza dei presupposti richiesti, il rispetto delle regole procedimentali e la ragionevolezza e congruità della motivazione.
7. Nei casi di ritenuta insussistenza dei presupposti, di violazione delle regole procedimentali o di incongruità della motivazione, il Consiglio Superiore della Magistratura, nel prendere atto del provvedimento, trasmette al Procuratore della Repubblica le relative osservazioni e gli specifici rilievi.