La lotta alle frodi ai danni del bilancio comunitario, tuttavia, continua ad essere il campo di elezione per l’analisi e lo studio del diritto penale europeo. Proprio in tale ambito, tra la fine degli anni 90 ed i primi anni 2000 un gruppo di accademici, coordinati dalla prof. Mireille Delmas Marty, ipotizza la creazione di un mini sistema europeo di diritto penale, sia sostanziale che processuale; è il c.d. Corpus Iuris, che preconizza la definizione comune di una serie di reati, oltre ai tre reati “classici” di frode, corruzione e riciclaggio indicati nelle schede precedenti, prevedendo anche altre fattispecie che arrecano danno al bilancio dell’Unione, e l’istituzione di un ufficio di procura europea. La previsione di quest’ultima avrebbe dovuto essere inserita nelle modifiche ai Trattati in occasione del Consiglio Europeo di Nizza nel 2000, ma così non avvenne. Peraltro, l’art.280 del Trattato CE, pur continuando a sancire l’obbligo degli Stati di tutelare le finanze comunitarie come le proprie e di adottare misure sanzionatorie per garantire l’osservanza del diritto dell’Unione, esclude espressamente gli interventi in diritto penale. Il campo della lotta alle frodi, essendo anche una “politica propria” della vecchia Comunità Economica, si sviluppa quindi in maniera significativa nell’ambito del primo pilastro, in campo extra penale. Attraverso una serie di regolamenti, si definisce la nozione di “irregolarità” che arreca danno alle finanze dell’Unione (1995), si prevedono indagini amministrative per l’accertamento di tali irregolarità con la disciplina espressa di una misura di accertamento tipica, il “controllo sul posto” (1996) e, nel 1999, si giunge alla creazione di un vero e proprio ufficio investigativo dell’unione per condurre indagini amministrative in tutto il territorio della stessa per proteggerne gli interessi finanziari. Si tratta dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF).
L’ufficio è addetto a condurre indagini amministrative, ma il regolamento che ne disciplina la procedura (dapprima il reg.1073/99, oggi il reg. 883/2013) prevede espressamente che l’atto finale dell’indagine, che dà conto dello svolgimento della stessa e delle prove acquisite, ad esso allegate, sia trasferibile anche alle autorità giudiziarie penali nazionali.
Con l’OLAF si realizza quindi, nello stesso anno in cui nasce, con il Consiglio di Tampere, l’idea dell’Unione Europea come “spazio comune di giustizia”, un ufficio investigativo che opera in tutta l’Unione senza limitazioni territoriali e che ha la possibilità di attuare concretamente il principio di libera circolazione della prova.
Certo, l’ufficio sconta il limite che le proprie indagini sono amministrative e non penali, per mancanza di una base legale che renda possibile quest’ultima opzione, ma, allo stesso tempo, la possibilità sopra ricordata del trasferimento della prova acquisita in sede amministrativa alle autorità giudiziarie nazionali, anche penali, rappresenta, in embrione, un primo tentativo di attuare il concetto di libera circolazione della prova penale.
Per una piena realizzazione di quest’ultimo concetto, tuttavia, occorrerà attendere ancora molti anni, come si vedrà nelle schede successive. E’ però significativo, e dà la misura dell’importanza giuridica della materia, che questo primo tentativo sia avvenuto nel settore della protezione degli interessi finanziari dell’Unione, un settore all’avanguardia nella creazione dell’Europa come spazio investigativo comune.