SOMMARIO:
1. Premessa - 2. Il rapporto Procura della Repubblica- uffici minorili: i principi generali - 3. Il coordinamento tra attività: Procura ordinaria e Procura minori - 4. II rapporto Tribunale ordinario - Procura della Repubblica- 5. Le modifiche previste dalla riforma
- Premessa
Le indicazioni del legislatore e del CSM in tema di gestione dei rapporti familiari, di quelli scaturenti da unioni civili e dei rapporti di fatto sono indicative dell’assoluta priorità che a tali problematiche devono essere riconosciute nell’ambito dell’attività giudiziaria.[1] Allo stesso modo, l’attenzione del legislatore e le indicazioni del CSM in tema di maltrattamenti e di abusi sessuali in danno di minori impongono una sempre maggiore integrazione e un puntuale coordinamento tra gli interventi deputati agli uffici giudiziari, a vario titolo, agli interventi nel settore.
Oltre alle previsioni normative esplicite funzionali a tali obiettivi le risoluzioni del CSM sul tema[2] sottolineano come un risultato efficace sul piano della tutela degli interessi in oggetto possa essere raggiunto attraverso un impegno comune della Procura della Repubblica, del Tribunale per i Minorenni e della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni.
Molte e recenti sono le indicazioni intervenute in tal senso.
In questo senso, si deve tenere conto:
- dell'opportunità del coordinamento tra la Procura presso il Tribunale per i minorenni e le Procure Ordinarie, così come previsto dalle risoluzioni del CSM in date 7 luglio 2010 e 9 maggio 2018„ rispettivamente in tema di organizzazione delle procure minorili e di buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica;
- del fatto che la risoluzione del CSM del 9 maggio 2018 al punto 7 ha evidenziato "la necessità di esplorare misure di protezione della vittima ulteriori rispetto alle misure cautelari, volte specificamente a prevenire la reiterazione di condotte violente da parte dell'agente", con un "approccio integrato" da attuarsi con "l'adozione di protocolli che disciplinino le comunicazioni tra i diversi uffici di Procura, l'eventuale trasmissione degli atti, le modalità della loro utilizzazione" nel rispetto del segreto investigativo;
- della necessità di regolare i rapporti tra uffici nei casi in cui, ai sensi dell'art. 38 disp. att. cc., competente ad adottare provvedimenti a protezione del minore sia il Tribunale davanti al quale pende il giudizio di separazione, divorzio tra i genitori o affidamento;
-dell'opportunità di raccordo, altresì, nei casi di procedimenti nei confronti di indagati che siano anche genitori di figli minori e nei casi di misure cautelali disposte nei loro confronti;
- delle indicazioni della delibera del CSM in data 31 ottobre 2017 in materia di tutela dei minori nell'ambito del contrasto alla criminalità organizzata;
- dell’indicazione della delibera 3.11.2021, ove si precisa: “Con riguardo al collegamento e alla collaborazione tra il settore penale, quello civile ed il minorile, secondo il disposto degli artt. 64 bis disp. att c.p.p. e 609 decies c.p. è emerso che in molti uffici sono già attive forme di collegamento o sono in corso iniziative per attuare detto collegamento tra il settore penale e quello civile, sia attraverso idonei strumenti informatici sia, soprattutto, con l'adozione di protocolli (le forme di collegamento spaziando dalla partecipazione all'udienza del pubblico ministero ad invio di copie atti ovvero tramite interlocuzioni dirette). In ogni caso, dalle risposte degli uffici si evince come un significativo ostacolo al collegamento ed alla collaborazione tra uffici sia costituito dalla mancata attuazione di collegamenti informatici e telematici tra gli uffici.”
In definitiva, le indicazioni univoche del legislatore e delle risoluzioni del CSM sottolineano come un risultato efficace sul piano della tutela degli interessi in oggetto debba essere raggiunto attraverso un impegno comune della Procura della Repubblica, del Tribunale ordinario, del Tribunale per i Minorenni e della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni.
Si impone, pertanto, una specifica attivazione per fornire adeguate risposte alle esigenze di tutela degli interessi che il legislatore ha evidenziato, per coniugare la celerità e la segretezza delle indagini penali con una tempestiva ed efficace tutela delle vittime anche in sede civile e minorile, garantire un costante scambio di atti ed informazioni ed evitare - al contempo e per quanto possibile - il ripetersi di audizioni di minorenni ed il sovrapporsi di accertamenti diagnostici.
Un impegno che non può limitarsi ai temi strettamente ed esclusivamente minorili, ma coinvolgere, per quanto possibile, tutte le valutazioni in ambito familiare o parafamiliare che, in vario modo, sono destinate e riflettersi le une sulle altre, interagendo nella determinazione degli effetti e – più specificamente- nell’individuazione di equilibri interpersonali ottimali tra le parti coinvolte.
Un compito, a ben vedere, chiaro e prioritario, rispetto al quale, di fatto, il “sistema” giustizia fatica a fornire una risposta in grado di coniugare celerità ed efficienza, garantendo una visione pluriprospettica e sintonica delle complesse problematiche che caratterizzano il settore.
Proprio nell’attesa della “messa a regime” della riforma- che, indubbiamente – terrà impegnato legislatore e interpreti per alcuni, è importante provare e rendere giustizia alla sostanziale “unitarietà” del tema in oggetto, verificando sotto vari profili:
- quanto e come il legislatore ha già suggerito accertamenti e valutazioni coordinate
- quanto e come le indicazioni astratte sono stare rese effettivamente operative
- quanto e come la riforma – delle competenze degli uffici giudiziari così come delle disposizioni specifiche- potrà essere concretamente modulata (anche) sulla base delle attuali esperienze.
In questo quadro, il dato cronologico non può essere trascurato. Solo in tempi relativamente recenti la necessità di un coordinamento globale è stata in qualche modo formalizzata. Una formalizzazione, per altro, non priva di criticità espressive, che ha determinato un rilevante contenzioso ermeneutico. Occorre, pertanto, prendere le mosse dal disposto dell’art. 609 decies c.p.
2. Il rapporto Procura della Repubblica- uffici minorili: i principi generali
L’art. 609 decies c.p. – rubricato “Comunicazione al tribunale per i minorenni”[3] - prevede, tra l’altro: “Quando si procede per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 600, 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 601, 602, 609 bis, 609 ter, 609 quinquies, 609 octies e 609 undecies commessi in danno di minorenni, ovvero per il delitto previsto dall'articolo 609 quater o per i delitti previsti dagli articoli 572 e 612 bis, se commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore, il procuratore della Repubblica ne dà notizia al tribunale per i minorenni.
Qualora riguardi taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609 ter e 612 bis, commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore, la comunicazione di cui al primo comma si considera effettuata anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 155 e seguenti, nonché 330 e 333 del codice civile….. “
In questa sede sarebbe sterile discutere sulla condivisibilità e sulla chiarezza delle indicazioni del legislatore; si tratta solo di trarne tutte le conseguenze, in chiave letterale e logica. La norma in oggetto, prevede, in relazione ad una serie tassativa di delitti, che “Quando si procede” per gli stessi “il procuratore della Repubblica ne dà notizia al tribunale per i minorenni.” Nulla di più. In una materia nella quale anche in tempi recenti il legislatore- si pensi alla l. n. 69/2019- ha posto termini stingenti per tutta una serie di attività, nessun termine – ordinatorio o perentorio - è stato indicato nell’art. 609 decies c.p.
Non solo. In numerose disposizioni processuali e procedimentali il legislatore ha previsto avvisi o attività da svolgere “immediatamente” o quantomeno “senza ritardo”. Nulla di tutto questo è stato indicato per l’art. 609 decies c.p., certamente non per caso.
La formula “Quando si procede” di fatto, copre – almeno in astratto - l’arco temporale dal momento dell’iscrizione a quello dell’esercizio dell’azione penale (o della archiviazione), in quanto sussiste l’esigenza, ben sopra evidenziata dalla risoluzione del CSM, di contemperare l’”’esigenza di realizzare un efficace scambio di informazioni tra gli uffici senza pregiudicare il segreto investigativo che connota le attività della Procura ordinaria nella fase delle indagini preliminari”.
Nessun obbligo formale è stato ipotizzato dal legislatore - sul piano temporale - diverso da quello sopra descritto e in nessuna disposizione del codice- o, per quanto risulta, della S.C.- è previsto che il Tribunale per i Minorenni possa “mettere in mora” la Procura della Repubblica in un momento anteriore a quello che la stessa Procura ritiene compatibile con le esigenze di indagine, considerato che questo ufficio ha comunque sempre presente la necessità di operare anche per la tutela dei minorenni. Se il legislatore non ha vincolato espressamente la comunicazione a un momento predeterminato generale, significa che ha ritenuto di bilanciare con tale scelta le differenti esigenze che possono presentarsi in simili situazioni.
Un discorso analogo deve essere svolto sul piano dei contenuti, per il quale il legislatore ha utilizzato la formula “ne dà notizia”; la “notizia” contiene necessariamente solo l’indicazione del titolo di reato, eventuali misure applicate, l’identità delle parti, il numero di r.g. e l’indicazione del p.m. titolare.
Non si parla di trasmissione di atti o di provvedimento o del contenuto degli stessi. Certamente non per caso: la ragione è reperibile nell’art. 329 c.p.p.: “Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.” Il p.m. è garante anche di tale esigenza di segretezza e non può - per nessuna ragione, abdicare a tale ruolo.
Quando il legislatore ha previsto un coordinamento “sostanziale” tra uffici, lo ha indicato espressamente; in questo senso si veda l’art. 371 c.p.p. “Gli uffici diversi del pubblico ministero che procedono a indagini collegate, si coordinano tra loro per la speditezza, economia ed efficacia delle indagini medesime. A tali fini provvedono allo scambio di atti e di informazioni nonché alla comunicazione delle direttive rispettivamente impartite alla polizia giudiziaria. Possono altresì procedere, congiuntamente, al compimento di specifici atti.”
Nulla di questo è stato previsto, tra la Procura della Repubblica e il Tribunale per i Minorenni (se lo avesse voluto, ben avrebbe potuto il legislatore fornire una indicazione in tal senso); la Procura della Repubblica non può, pertanto, svolgere le proprie attività in termini funzionali in via esclusiva alle indicazioni del Tribunale per i minorenni e, quindi, necessariamente coordinarsi con tale ufficio, se non, come sopra precisato, “dando notizia”.
L’art. 609 decies c.p., che impone alla Procura della Repubblica ordinaria di dare notizia dei delitti ivi previsti al Tribunale per i minorenni, ha posto problemi interpretativi anche con riguardo all’ufficio giudiziario al quale la Procura ordinaria deve dare notizia.
Siccome l’art. 336 c.c. prevede che i provvedimenti di cui agli articoli precedenti (quelli a tutela del minore) sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti o dal pubblico ministero, appare chiaro che la trasmissione della notizia non può avvenire direttamente al Tribunale per i Minorenni, che essendo riconosciuti a quest’ultimo ufficio poteri autonomi di aperura di un procedimento di volontaria giurisdizione, potendo lo stesso procedere solo su impulso di parte.
Ne deriva che la trasmissione della notizia dovrebbe avere per destinatario la Procura Minori, legittimata a proporre il ricorso per attivare l’intervento del Tribunale per i Minorenni. Tra l’altro, la Procura Minori potrà selezionare, in accordo se necessario con la Procura ordinaria, quali atti allegare al ricorso; atti che verranno conosciuti da tutti i soggetti coinvolti nel procedimento, anche al fine di salvaguardare il segreto investigativo relativo alle indagini in corso presso la Procura ordinaria. In questo modo la Procura minori, al corrente di tutta la situazione relativa al minore stesso, potrà valutare il momento opportuno per inoltrare il ricorso ed attivare indagini sociali al fine di corredare il proprio ricorso, senza svelare l’indagine in atto da parte della Procura ordinaria.
Il tenore letterale dell’art. 609 decies c.p. è frutto di una verosimile “distrazione” del legislatore così come avvenuto, per esempio, con l’art. 23 c.p.p. che, in caso di dichiarazione di incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado, letteralmente prevede la trasmissione degli atti al giudice competente. Sul punto, è intervenuta la Corte Costituzionale (sent. 76/1993) per affermare che la trasmissione deve essere a favore del Pubblico Ministero presso il Giudice competente, in quanto unico organo deputato ad esercitare l’azione penale davanti a quest’ultimo. Le medesime argomentazioni possono essere riproposte per una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 609 decies c.p..
E’ proprio il meccanismo descritto a portare alla massima tutela del minore, tutela che, in caso di commissione dei delitti ai suoi danni, necessariamente deve passare attraverso l’accertamento delle relative responsabilità. Solo con un serio accertamento dei fatti e della responsabilità degli autori potranno essere adottati- in sede penale come minorile tutti i provvedimenti necessari per la massima tutela del minore. Un difettoso funzionamento del meccanismo di coordinamento tra gli accertamenti della Procura ordinario e di quelli disposti dagli uffici minorili può determinare un duplice- sebbene contrapposto- rischio per il minore: vedersi restituito ad un ambiente familiare in realtà pericoloso o, al contrario, vedersi ingiustamente sottratto alla sua famiglia su base di notizie di reato non opportunamente approfondite.
Sul tema, la delibera CSM 9 maggio 2018 precisa: “Il profilo problematico di questa interlocuzione, anche a causa della lacunosa normativa, concerne il contemperamento dell’esigenza di realizzare un efficace scambio di informazioni tra gli uffici senza pregiudicare il segreto investigativo che connota le attività della Procura ordinaria nella fase delle indagini preliminari. L’art. 609 decies c.p. individua, infatti, l’interlocutore della Procura ordinaria nel Tribunale per i minorenni il cui intervento richiederebbe, tuttavia, il necessario deposito, nel relativo fascicolo, degli atti di indagine (intercettazioni telefoniche o altre forme di investigazioni) dai quali emergono condotte illecite in danno dei minori. Le audizioni disposte hanno evidenziato come la soluzione del problema è di fatto affidata alla collaborazione spontanea e virtuosa tra magistrati dei diversi uffici giudiziari, che, sebbene meritoria, muove su un tracciato diverso da quello indicato dal legislatore all’art. 609 decies c.p. Il rispetto sostanziale della disposizione, pur nella sua incerta formulazione, è, infatti, attuato dalla buona prassi di una interlocuzione tempestiva e diretta tra magistrati della procura ordinaria e quelli della procura minorile, potendo quest’ultima garantire il rispetto delle esigenze di segretezza e, al contempo, attivare, ove ritenuto opportuno e non in contrasto con le investigazioni in corso, un’autonoma indagine/attività informativa, mediante l’utilizzo della polizia giudiziaria specializzata e degli organi territoriali competenti (servizi sociali di riferimento per una verifica del contesto ambientale e familiare in cui il minore è inserito), acquisendo aliunde le informazioni idonee a consentire un eventuale necessario intervento a tutela del minore.”
Non si tratta, nondimeno, solo di un problema di coordinamento (non previsto dalla legge): il punto – di estrema delicatezza – è un altro. In quali termini (e in quali tempi e modi) il Tribunale minori può chiedere conto di specifiche scelte in materia investigativa effettuate dai p.m. titolari dei procedimenti? In pratica, l’interlocuzione può sostanziarsi solo in uno scambio di informazioni o può concretizzarsi in indicazioni operative, di varia natura? La tutela del minore da forme di pregiudizio può consentire anche interventi correttivi sulla conduzione delle indagini? Difficile formulare una risposta in senso positivo.
La tutela dei minori è certamente - e non solo ipoteticamente- una delle finalità dell’intero sistema, ma il legislatore ha modulato in termini certamente differenti competenze e poteri degli uffici preposti ad assicurare tale finalità. Inoltre, se esaminiamo, tra gli atti del CSM, la “Elaborazione di una risoluzione unitaria in materia di organizzazione degli Uffici del Pubblico Ministero” (delibera del 16 novembre 2017), è facile osservare che un intervento sul merito dell’indagine e sulle scelte compiute dai sostituti titolari del procedimento- sarebbero problematiche e non di immediata percorribilità non solo per il Procuratore Aggiunto competente, quanto anche per lo stesso Procuratore della Repubblica; davvero singolare, se non eccezionale, sarebbe che un simile potere/facoltà fosse riconosciuto a un organo del tutto estraneo a questo ufficio e in nessun modo sovraordinato rispetto alla Procura della Repubblica quale il Tribunale per i minorenni.
In questa prospettiva la Procura della Repubblica dovrà tenere costantemente presente non solo le forme e le garanzie – stabilite anche dall’art. 609 decies c.p.- poste dal legislatore in relazione alla partecipazione del minore al procedimento penale, ma anche il principio di proporzione, che impone il coinvolgimento di tali soggetti solo quando lo stesso sia assolutamente indispensabile e nei limiti in cui è concretamente indispensabile, anche considerando le correlate esigenze di segretezza che lo svolgimento di particolari atti può determinare. Nondimeno, il legislatore non ha in alcun modo inteso fornire indicazioni o limiti specifici in tal senso, laddove le attività siano inevitabili al fine dell’accertamento di penali responsabilità in danno dei minori stessi. Ne consegue che né il Tribunale per i minorenni ne altri uffici hanno titolo per imporre o suggerire tecniche investigative in tal senso.
E allora, la tutela dei minori deve essere perseguita tenendo conto dei poteri e delle funzioni riconosciuti dal legislatore ai singoli uffici. Funzione prioritaria della Procura ordinaria è quella di fare in modo che vengano tempestivamente ed esaustivamente accertate le responsabilità penali, in quanto, in relazione al settore che qui interessa, la tutela dei minori passa anche attraverso la repressione efficacie delle condotte poste in essere in danno dei medesimi.
Indagini condotte con modalità inadeguate, pure a fronte di possibili responsabilità- e come tali destinate a concludersi senza un accertamento della responsabilità - possono pregiudicare ulteriormente la condizioni vittime di maltrattamenti e abusi, suscitando negli autori dei fatti non solo la prosecuzione delle condotte criminose, quanto anche sentimenti di rivalsa.
Un altro aspetto che deve essere considerato in questa prospettiva riguarda- semplicemente, si fa per dire- la tempistica di procedimenti. In una situazione di maltrattamento di minore non “conclamata”- ossia non tale da consentire o imporre provvedimenti di urgenza quali quello ai sensi dell’art. 403 c.p. o di allontanamento disposto dal Tribunale Minori – il tempo necessario allo svolgimento degli accertamenti in sede penale potrebbe consentire una prosecuzione della condizione di “ sofferenza” per il minore. Per altro, in alcune situazioni un intervento “anticipato” potrebbe in qualche modo compromettere la ricostruzione delle responsabilità. Di nuovo, un punto di equilibrio la cui individuazione, di estrema delicatezza, non può essere delimitata con formule generali, quanto declinata in funzione delle esigenze del caso di specie.
In definitiva, se è vero che esiste, in qualche modo, un’incertezza normativa- come abbiamo visto - sul piano della concreta definizione dei rapporti e delle forme del coordinamento (al di là dei limitati e sostanzialmente non decisivi obblighi di “comunicazione” di notizie) sussiste la precisa esigenza che i rapporti tra uffici siano disciplinati attraverso protocolli operativi, in grado di modulare con formule generali i tempi e il contenuto dell’attività di coordinamento. Protocolli certamente presenti in molti distretti ma che non “coprono” l’intera realtà nazionale.
3. Il coordinamento tra attività: Procura ordinaria e Procura minori
Le indicazioni del punto precedente devono essere adattate alla realtà giudiziaria. In linea generale, la Procura ordinaria e la Procura per i Minori devono essere immediatamente e contemporaneamente informate di ogni notizia concernente ipotesi di abuso sessuale o maltrattamenti commessi da maggiorenni in danno di soggetti minorenni, nonché per le situazioni riconducibili al concetto di violenza “assistita” per lo svolgimento delle indagini penali da un lato e per le iniziative a tutela del minore dall'altro. Ovviamente, lo sviluppo del rapporto dipende dal fatto che la segnalazione sia avvenuta, da parte della p.g., a entrambi o a uno solo dei menzionati uffici.
Le comunicazioni tra Ufficio di Procura ordinaria e Procura minorile consentono un’immediata interlocuzione per una migliore tutela del minore. Al di là delle indicazioni formali di cui all’art. 609 decies c.p., sopra esaminate, si impone un’analisi in concreto delle comunicazioni e della collaborazione tra Procura ordinaria e Procura minorile funzionali in grado di coniugare la tutela del minore con l’accertamento delle responsabilità.
Un coordinamento che deve essere esaminato a partire dalla comunicazione delle notitiae criminis relativa ad ipotesi di abuso sessuale e maltrattamenti ai danni di minori in ambito familiare o di donne con figli minori, o comunque di un reato commesso in ambito familiare da cui possa derivare un pregiudizio per un minore. Devono considerarsi tre ipotesi: quella della comunicazione trasmessa dalla p.g. sia ad entrambi gli uffici (sebbene, in linea teorica, alla comunicazione della n.r. alla Procura ordinaria dovrebbe essere affiancata una specifica segnalazione alla Procura minorile) e quelle nelle quali sono uno dei due uffici viene formalmente informato.
Ovviamente in termini differenti, in base a tali situazioni si deve rilevare un onore avente ad oggetto non solo le informazioni non autonomamente pervenute all’altro ufficio, quanto anche la sussistenza di esigenze istruttorie finalizzate al compimento di atti a sorpresa e di messa in sicurezza delle persone offese in tempi rapidi, ovvero se - al contrario - nulla osti al compimento delle indagini sociali e agli interventi dell'AG Minorile; in ogni modo, la possibilità di una interlocuzione informale, rapida e diretta deve essere considerata esigenza prioritaria, che potrà essere assicurata dalla trasmissione di alcuni dati e informazioni imprescindibili (magistrato assegnatario, numero di r.g., titolo di reato per il quale è stata disposta iscrizione). Una informativa e uno sforzo di coordinamento che dovrebbero essere parte integrante delle strutture organizzative dei singoli uffici.
Per altro, anche il Tribunale ordinario e il Tribunale per i minorenni sono tenuti a dare immediata comunicazione alla Procura ordinaria e alla Procura minori delle notizie di reato sopra precisate emerse nel corso di procedimenti civili già pendenti, che non risultino essere già state portate a conoscenza degli stessi da parte degli organi di polizia, dai servizi sociali o dalle parti private.
La collaborazione e il coordinamento non possono di certo essere limitate alla fase iniziale dei procedimenti, quanto caratterizzare lo sviluppo degli stessi; ciò con riguardo in particolare alla trasmissione:
- anche alla Procura ordinaria, da parte del Tribunale per i Minori di copia di tutti gli atti che non siano già stati trasmessi dalla Procura per i minori (decreti con cui è disposto l'allontanamento del minore ed eventuali successive modifiche, decreti con i quali è stato dato incarico ai Servizi, relazioni inviate dai servizi, atti istruttori compiuti utili alle indagini penali, provvedimenti adottati nell'ambito del procedimento civile).
- al momento dell’esercizio dell’azione penale o dell’accoglimento dell’archiviazione, da parte della Procura ordinaria – ove richiesta- al Tribunale per i Minori di copia di tutti gli atti ostensibili delle indagini preliminari e degli atti del processo che non siano già stati trasmessi dalla Procura per i minori (ordinanze di custodia cautelare, verbali di incidente probatorio, richieste di rinvio a giudizio, relazioni di consulenza tecnica o di perizia, decreti che dispongono il giudizio, sentenze).
- da parte della Procura Ordinaria alla Procura Minori alla Procura Minori degli atti indicatici della cessazione delle esigenze investigative, trasmettendo copia degli atti di indagine compiuti, degli atti dell'incidente probatorio (trascrizioni delle dichiarazioni, eventuali perizie), della nomina di curatore richiesta al Giudice per le indagini preliminari, in caso di conflitto di interessi, e della ordinanza di applicazione di misura cautelare eventualmente emessa nei confronti dell'indagato esercente la responsabilità sul minore.
- da parte della Procura minorile, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario delle relazioni dei servizi sociali e dei provvedimenti emessi dall'Autorità -amministrativa ai sensi dell' art. 403 c.c, nonché della presentazione di ricorso al Tribunale per i Minorenni, specificando, le proprie richieste (allontanamento dalla residenza familiare, nomina tutore o curatore, sospensione o decadenza dalla responsabilità genitoriale), nonché di copia dei provvedimenti del Tribunale per i minorenni.
Particolarmente delicato si presenta il tema della tutela della segretezza delle indagini, ogni qual volta atti di tali uffici siano trasmessi, come sopra evidenziato, agli uffici minorili. A tal fine può rivelarsi opportuno che la Procura per i Minori, al fine di garantire la segretezza delle indagini penali, formi un protocollo civile riservato in cui inserire copia degli atti penali in suo possesso, concordando con la Procura ordinaria quali atti inviare (eventualmente in forma parzialmente secretata) al Tribunale per i minorenni, allorché debbano essere richiesti provvedimenti a tutela del minore (quali allontanamento, o inserimento in comunità con divieto di prelevamento e di visita), ferma restando la possibilità – ove richiesto- di invio integrale degli atti una volta venute meno le esigenze di segretezza.
Nei casi nei quali si renda necessario conciliare le funzioni preventive e di tutela proprie delle A.G. che procedono (assicurate da un lato con le misure cautelari per la Procura ordinaria e dall'altro dalle richieste in sede civile a tutela del minore da parte della Procura minorile), potrà essere possibile procedere con lo strumento fornito dall'art. 403 c.c., che disciplina l'intervento della pubblica autorità a favore dei minori (tra l’altro, oggetto di profonda revisione con la riforma del diritto di famiglia) a seguito di valutazione, da parte del Tribunale per i minorenni, su richiesta del PM minorile. Il collocamento in struttura protetta, una volta intervenuta la convalida da parte del Tribunale per i minorenni, potrà, da un lato, consentire alla Procura ordinaria di svolgere tutti i necessari approfondimenti investigativi, e, dall'altro lato, permetterà alla Procura minorile di attendere gli esiti delle indagini della Procura ordinaria e di trasmetterli al Tribunale per i minorenni, con le relative richieste, una volta che tali atti siano divenuti ostensibili. [4]
Nel caso di proposizione del ricorso al Tribunale peri Minorenni, per Ia pronuncia di provvedimenti a tutela del minore, urgente e indifferibile, il P.M. minorile potrà chiedere al P.M. delegato per le indagini preliminari di indicare eventuali atti, o parti di essi, utilizzabili, ovvero di fornire informazioni scritte.
4. II rapporto Tribunale ordinario - Procura della Repubblica
La legge 69/2019 – che ha introdotto il cd” codice rosso” – è intervenuta sul tema del coordinamento introducendo l’art. 64 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, il cui testo recita: “Ai fini della decisione dei procedimenti di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di età o all'esercizio della potestà genitoriale, copia delle ordinanze che applicano misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, del provvedimento con il quale è disposta l'archiviazione e della sentenza emessi nei confronti di una delle parti in relazione ai reati previsti dagli articoli 572, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, 612 bis e 612 ter del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583 quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale è trasmessa senza ritardo al giudice civile procedente.”
Una norma, a differenza dell’art. 609 decies c.p. sopra esaminato, che lascia – apparentemente- meno spazio a dubbi. Certamente i provvedimenti che devono essere trasmessi al “giudice civile procedente” per le tipologie di vicende elencate è tassativo (e, dunque, chiaro). Non si parla di “notizie” o informazioni, quanto direttamente dei provvedimenti. Non solo: la tipologia degli stessi e la scansione con la quale sono indicati consente di individuare anche sul piano temporale quando la trasmissione dovrebbe avvenire. In sostanza, ogni qual volta (e quindi anche durante le indagini) sia emesso un provvedimento che acquista (o perde) una particolare significatività nella lettura del rapporto che il tribunale deve effettuare. Pertanto, anche le misura cautelari (ma anche la revoca o sostituzione delle stesse) quali atti espressivi di una “acuzie” del rapporto. E, nella prospettiva finale, non solo provvedimenti ontologicamente conclusivi della vicenda processuale quali l’archiviazione o la sentenza, ma anche l’avviso di chiusura delle indagini, ossia un provvedimento per forza di cose interlocutorio in relazione all’esercizio dell’azione penale, ma che rappresenta, quale sintesi logico dell’esito delle indagini, una “passaggio” che il legislatore ha ritenuto dover essere condiviso dal giudice civile, anche considerando che la previsione della trasmissione del provvedimento di archiviazione consente di ritenere che un ben possibile ripensamento dell’ufficio di Procura possa essere in tempi brevi portata a conoscenza del Tribunale.
La previsione della trasmissione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. induce a ritenere sul piano logico che analoga trasmissione dovrà essere disposta non solo - almeno- per la sentenza definitiva, quanto anche quella emessa in primo grado (considerati anche i tempi verosimilmente non brevi dei successivi gradi di giudizio).
Se tutto è così chiaro, dove si annida, allora il problema in questo settore?
Si tratta, ancora una volta, di un problema di circolazione delle informazioni. Circolazione che è tanto doverosa quanto potenzialmente onerosa sul piano organizzativo generale. La Procura della Repubblica, in base alla norma sopra richiamata, sa quali provvedimenti inviare, in quale momento e per quali tipologie astratte di procedure. Di queste ultime, nondimeno, non è a conoscenza, se non casualmente. Non esiste allo stato un registro informatico che consenta – con facilità e rapidità - di individuare le procedure elencate dall’art. 64 bis citato effettivamente pendenti.
Indubbiamente, un problema che può essere risolto ogni qual volta la parte privata (il difensore, ma anche la stessa persona offesa di reati) segnali la procedura avanti al Tribunale ordinario rispetto alla quale la trasmissione si impone. Altrettanto indubbiamente, il p.m. può disporre la trasmissione su specifica richiesta/segnalazione del Tribunale, a sua volta sollecitato dalle parti.
Nondimeno la piena funzionalità del sistema non può dipendere in via esclusiva dalla diligenza delle parti private (che pure è assolutamente utile) e non può fondarsi su una prassi espressiva di una piena e fattiva collaborazione tra il Tribunale civile e la Procura della Repubblica: in base alla “sensibilità” e alle esigenze istruttorie dei singoli giudici, sono trasmesse a questo ufficio, in molti casi, richieste di atti della Procura funzionali alle decisioni; richieste che trovano in tempi brevi (fatte salve esigenze di segretezza) evase.
Allo stesso modo, i singoli sostituti assegnatari dei procedimenti trasmettono al Tribunale - di nuovo, in molti casi, i provvedimenti indicati nell’art 64 bis disp. att. c.p.p. laddove siano emerse situazioni in particolare con riguardo a cause relative ai figli minori di età o all'esercizio della potestà genitoriale, facendosi in taluni casi promotori di provvedimenti. Decisamente meno frequente è la trasmissione di provvedimenti con riguardo a decisioni di procedimenti di separazione personale dei coniugi.
Quello che è certo è che il coordinamento avviene su base volontaristica- o, al più su segnalazione (dei difensori) senza che sia possibile un’attività di accertamento preliminare rapida ed efficace da effettuare ogni qual volta sia disposta iscrizione di un procedimento penale rientrante nelle categorie contemplate dall’art. 64 bis menzionato.
In questa prospettiva, sul piano strettamente organizzativo, una maggiore osmosi tra le valutazioni del Tribunale e le indagini della Procura potrebbe determinare quella che in campo economico viene chiamata economia di scala, ossia il fenomeno di riduzione dei costi e dell'aumento dell'efficienza legato ad un maggiore volume di produzione.
Le strada per arrivare a questa soluzione può essere duplice. Da un lato, la diffusione di protocolli operativi formalizzato tra Procura e Tribunale su tempi e modalità di trasmissione degli atti potrebbe rappresentare un consistente progresso non sufficiente, laddove- di nuovo- si considerino concretamente i “numeri” con i quali il Tribunale e la Procura (come gli stessi uffici minorili, si devono confrontare, quotidianamente e urgentemente).
In termini ancora più efficaci, si potrebbe in alternativa (o in aggiunta) creare un sistema di “comunicazioni” tra gli uffici interessati, completo e in tempo reale, compatibile- evidentemente con le esigenze di riservatezza e segretezza connaturate al settore. Presso il Tribunale civile, uno o più cancellieri potrebbero avere accesso diretto a SICP per verificare, sulla base delle parti del procedimento civile, la sussistenza di un procedimento, i titoli di reato, lo stato dello stesso e il nome del p.m. titolare, in modo da inoltrare richieste specifiche e mirate. Allo stesso modo, la Procura della repubblica potrebbe essere autorizzata ad un accesso diretto agli analoghi dati del Tribunale, per avviare una interlocuzione sulla trasmissione degli atti indirizzandoli ai giudici effettivamente incaricati per i singoli procedimenti.
Esigenze del tutto analoghe- e per certi aspetti ancora più stringenti- si pongono nel rapporto tra la Procura della Repubblica e gli uffici minorili. In realtà tutti e quattro gli uffici dovrebbero costituire una “rete” virtuosa in grado di interagire costantemente, al fine di ottimizzare gli “investimenti” in termini investigativi, le acquisizioni documentali e le stesse valutazioni tecniche che con molta frequenza sono disposte nelle vicende in oggetto.
Indubbiamente, una soluzione quale quella prospettata è tecnicamente più che possibile, verosimilmente non tale da determinare costi elevati ma presuppone un intervento normativo/organizzativo di carattere generale, tale da coinvolgere, ove necessario, anche il Garante per la protezione dei dai personali.
5. Le modifiche previste dalla riforma.
Le criticità sopra delineate sono state affrontate in parte risolte nell’ambito della delega per la riforma del diritto di famiglia. In questo senso l’art 23 della l. 206/2021, per i procedimenti che saranno disciplinati dal nuovo titolo IV-bis del libro II del codice di procedura civile, rubricato «Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie» ha previsto, in presenza di allegazioni di violenza domestica o di genere che siano assicurate:
- su richiesta, adeguate misure di salvaguardia e protezione, avvalendosi delle misure di cui all'articolo 342-bis c.c.;
- le necessarie modalità di coordinamento con altre autorità giudiziarie, anche inquirenti;
- l'abbreviazione dei termini processuali
- specifiche disposizioni processuali e sostanziali per evitare la vittimizzazione secondaria.
Il coordinamento entra, dunque, tra i principi generali della riforma e sarà importante capire in quali termini potrà essere un’indicazione generale e astratta trovare concreti ed efficaci strumenti di attuazione.
Di grande rilievo, in questa prospettiva, la previsione della lettera f) del medesimo articolo, che prevede l'introduzione del giudizio con ricorso, redatto in modo sintetico, contenente una serie di elementi certamente funzionali, in termini diretti e indiretti, al coordinamento tra le varie prospettive, civile e penali;
- l'indicazione del giudice
- le generalità e la residenza abituale del ricorrente, del resistente e dei figli comuni della coppia, minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ai quali il procedimento si riferisce;
- la determinazione dell'oggetto della domanda;
- l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni;
- l'indicazione, a pena di decadenza per le sole domande aventi a oggetto diritti disponibili, dei mezzi di prova e dei documenti di cui il ricorrente intenda avvalersi; il deposito di copia dei provvedimenti eventualmente già adottati all'esito di uno dei procedimenti sopra indicati
- l'indicazione di procedimenti penali in cui una delle parti o il minorenne sia persona offesa;
- nelle ipotesi di domande di natura economica, il deposito di copia delle denunce dei redditi e di documentazione attestante le disponibilità mobiliari, immobiliari e finanziarie delle parti degli ultimi tre anni, disponendo le sanzioni per il mancato deposito della documentazione senza giustificato motivo ovvero per il deposito di documentazione inesatta o incompleta;
Significativo, inoltre la previsione per la quale il giudice, con il decreto di fissazione della prima udienza deve informare le parti della possibilità' di avvalersi della mediazione familiare, “con esclusione dei casi in cui una delle parti sia stata destinataria di condanna anche non definitiva o di emissione dei provvedimenti cautelari civili o penali per fatti di reato previsti dagli articoli 33 e seguenti della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, di cui alla legge 27 giugno 2013, n. 77”.
In definitiva, lo sforzo di coordinamento e di integrazione tra le attività giudiziarie nel settore di specie deve essere considerato non solo un obiettivo da perseguire, quanto un risultato da raggiungere, trattandosi dell’unica soluzione in grado di coniugare efficacia e tempestività alle molteplici e poliedriche istanze di giustizia alle quali il sistema deve fornire una risposta.
[1] In tal senso si vedano:
-Risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica. (delibera CSM 9 maggio 2018);
- Esiti del monitoraggio effettuato dal Gruppo di lavoro sull'applicazione delle “Linee guida in tema di trattazione di procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica” negli uffici di merito nel periodo d’emergenza sanitaria. (Delibera Plenaria CSM in data 4 giugno 2020)
- Risultati del monitoraggio sull'applicazione delle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica. (Delibera 3 novembre 2021)
[2] In tal senso v. Risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica. (delibera CSM 9 maggio 2018); Esiti del monitoraggio effettuato dal Gruppo di lavoro sull'applicazione delle “Linee guida in tema di trattazione di procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica” negli uffici di merito nel periodo d’emergenza sanitaria. (Delibera Plenaria CSM in data 4 giugno 2020)
[3] Tale presente articolo è stato aggiunto dalla l. 15 febbraio 1996, n. 66; il comma 1 è stato sostituito all’art. 4, comma 1, lett. v), n. 1, della l. 1 ottobre 2012, n. 172, poi modificato dall’art. 1, comma 2-bis, lett. a), del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119.
[4] Gli uffici giudiziari coinvolti devono garantire l'assoluta riservatezza sul luogo in cui il minore ha trovato eventuale ricovero provvisorio e sull’identità e la residenza della famiglia affidataria o adottiva del minore, assumendo le cautele necessarie per qualunque notifica o citazione della persona offesa che si trovi in luogo riservato, da effettuarsi ove possibile presso il curatore speciale o il tutore.