I progetti organizzativi degli uffici di Procura dal 2024, secondo la legge Cartabia e la prossima circolare consiliare per il quadriennio 2024/2027.
Abstract: la legge n. 71/2022 (art. 13), pur lasciando inalterato il potere del Procuratore della Repubblica di fissare i criteri organizzativi dell’Ufficio che dirige, tuttavia, ne condiziona il concreto esercizio all’osservanza di un duplice ordine di limiti: il primo dei quali attiene al rispetto dei principi generali definiti dal CSM. E, su questo versante, il contributo, nel rimarcare come la legge Cartabia abbia riattribuito, al CSM, la funzione di indirizzo preventivo e il correlativo accertamento di conformità, alle linee guida consiliari, del progetto organizzativo in vista della sua approvazione (superando l’attuale previsione della mera presa d’atto), ripercorre le modifiche legislative succedutesi nel tempo. Il secondo ordine di limitazioni attiene all’altra novità di rilievo della legge Cartabia, vale a dire la previsione obbligatoria, nel progetto organizzativo, dei criteri di priorità finalizzati a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre: sarà compito del Procuratore della Repubblica definirli, ma lo dovrà fare nell’ambito dei criteri generali indicati, con legge, dal Parlamento. L’autore si sofferma, dunque, sui prossimi impegni consiliari in subiecta materia, con particolare riguardo alla strada obbligata della riscrittura, entro la fine del 2023, della circolare consiliare sulla organizzazione delle Procure, al fine di consentire l’adeguamento di tali assetti organizzativi alle nuove previsioni legali, per il quadriennio 2023/2027.
SOMMARIO: 1. La legge n. 71/2022 e la riscrittura della circolare CSM sugli assetti organizzativi delle Procure. La preventiva audizione dei magistrati interessati dalle ricadute della legge. 2. Il riacquisito potere di approvazione dei progetti organizzativi con pienezza della funzione consiliare di indirizzo preventivo e accertamento successivo di conformità: corsi e ricorsi storici. 3. I criteri di priorità quale elemento necessario del progetto organizzativo, per effetto della legge Cartabia, n. 71/2022. Verso un nuovo modello organizzativo delle Procure. 3a. Il ricorso sistematico al diritto penale negli ultimi 30 anni di legislazione e la sovraesposizione del pubblico ministero: la via di uscita dei criteri di priorità, fra assetti organizzativi e scelte di politica criminale, in attesa di un’ampia depenalizzazione. 3b. Inquadramento normativo dei criteri di priorità, la ricostruzione storica: uffici requirenti e uffici giudicanti. 3c. L’attuale disciplina dei criteri di priorità come parte eventuale del progetto organizzativo, secondo le linee guida del CSM e nell’analisi dei progetti. 3d. L’intervento del Parlamento con legge.
1. La legge n. 71/2022 e la riscrittura della circolare CSM sugli assetti organizzativi delle Procure. La preventiva audizione dei magistrati interessati dalle ricadute della legge.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, con la delibera del 29 marzo 2023[1], su proposta della competente VII Commissione, ha avviato il percorso istruttorio volto all’adozione della nuova circolare sulla organizzazione delle Procure.
Sotto il profilo metodologico va segnalata come sia stata accolta, in sede plenaria, la proposta della VII Commissione di avviare una riflessione <<condivisa non solo con i dirigenti degli uffici requirenti, ma anche con i sostituti procuratori impegnati nell'applicazione delle recenti modifiche normative, proprio al fine di acquisire un contributo di idee ed esperienze preziose per la formulazione della nuova Circolare>>. È stato, dunque, stabilito un fitto ed ambizioso <<programma di audizioni delle categorie di magistrati maggiormente coinvolte [d] alle nuove previsioni normative e regolamentari>> (procuratori e avvocati generali, procuratori della Repubblica e procuratori aggiunti, sostituti procuratori, il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il Procuratore Generale della Corte di Cassazione), a partire dal 18 aprile (e fino al 13 giugno 2023).
L’opzione metodologica dell’audizione preventiva dei magistrati, estesa ai sostituti procuratori (non limitata a dirigenti e semidirigenti), di certo, va apprezzata, ma non rappresenta una novità in assoluto nel panorama dell’azione consiliare. Di sicuro sarà interessante verificare come il CSM, su base volontaria (così si esprime la delibera di apertura della pratica “Le audizioni avverranno su base meramente volontaria”)¸ sarà stato in grado di ascoltare tutti i magistrati interessati e soprattutto quante saranno le richieste di audizioni dei sostituti, nonché i tempi occorrenti. Anche in passato, il CSM, prima dell’adozione di circolari incidenti sugli assetti organizzativi degli uffici giudiziari, ha proceduto alla preventiva audizione dei magistrati, in particolare dirigenti e semidirigenti.
E così nel preambolo della Circolare “relativa ai criteri per la nomina e conferma e sullo status dei giudici onorari minorili per il triennio 2023-2025 (delibera 11 novembre 2020), testualmente si legge “Prima di elaborare la proposta di circolare per la nomina e conferma dei giudici onorari minorili per il triennio 2023 – 2025, la VIII Commissione ha proceduto all’audizione di alcuni Presidenti di Tribunali per i minorenni di grandi e medie dimensioni, prendendo così cognizione diretta delle problematiche e delle criticità riscontrate nella vigenza della attuale circolare; ha altresì proceduto all’audizione del Presidente dell’Associazione nazionale magistrati minorili. Si è trattato di audizioni particolarmente proficue, talune emergenze delle quali hanno costituito motivo di condivisione da parte della Commissione, facendole refluire nella presente circolare”.
In occasione, invece, della modifica della circolare sulla organizzazione delle Procure del dicembre 2020, la base di partenza era costituita da “L’analisi dei numerosi progetti organizzativi esaminati dalla Commissione”, che aveva disvelato, invero, “l’incompletezza o l’inadeguatezza della normazione vigente a realizzare alcune finalità, già individuate come prioritarie al momento dell’adozione della circolare del 2017, ma apparse ancor più meritevoli di tutela proprio analizzando le modalità con le quali gli Uffici di Procura hanno dato attuazione alle indicazioni contenute nella circolare”.
Viceversa, in occasione dell’adozione della prima circolare sulla organizzazione delle Procure del novembre 2017, il Consiglio Superiore della magistratura aveva proceduto all’audizione preventiva di dirigenti, semidirigenti e sostituti, avendo costituito, fra l’altro, anche un gruppo di lavoro ad hoc; per completezza appare opportuno riportare, sia pure per estratto, la relazione di accompagnamento della citata circolare del novembre 2017, da cui emerge l’opzione di metodo seguita dalla competente (VII) Commissione referente: “… I lavori sono iniziati il primo anno, anche con l’ausilio di un magistrato nominato ex art. 28 regolamento contabilità, e con il deposito di un documento preliminare in parte poi assorbito nella relazione illustrativa allegata. Successivamente è stato costituito, nel secondo anno, un Gruppo di lavoro, a cui hanno partecipato, come relatori, anche componenti esterni alla Settima Commissione, individuati nei quattro consiglieri provenienti dal pubblico ministero e dai presidenti di commissione che si sono succeduti, con l’ausilio dell’ufficio studi e dei magistrati segretari. Il gruppo di lavoro ha compiuto un attento e preliminare monitoraggio dei progetti organizzativi di tutti gli uffici italiani, ha evidenziato le prassi più diffuse e stratificatesi in questi anni, ed ha raccolto le delibere di maggior interesse del Consiglio sui vari istituti (es. assenso, revoca, visto, ruolo dei consigli giudiziari, art. 6). Il Consiglio ha inteso indirizzare questo importante lavoro secondo canoni di confronto e di condivisione con la magistratura requirente, organizzando tre diverse giornate per l’audizione, rispettivamente, dei Procuratori generali e dei Procuratori distrettuali, e di alcuni Procuratori di uffici di media e piccola dimensione, Procuratori Aggiunti e Sostituti Procuratori, per un totale di circa 100 audizioni, che hanno consentito di arricchire e migliorare un iniziale testo di riferimento con le esperienze di chi opera quotidianamente sul campo. Ai lavori hanno partecipato ed offerto contributi anche il Vice Presidente del Consiglio, il Primo Presidente ed il Procuratore Generale della Corte di cassazione”.
Il culmine di tale intenso lavoro istruttorio, cui si sta accingendo questo CSM, è rappresentato dall’adozione della delibera consiliare entro la fine del 2023, per il quadriennio 2023/2027.
Le ragioni che hanno spinto il CSM ad avviare il lavoro di rivisitazione della “Circolare Procure” sono esposte nel preambolo della medesima delibera consiliare, laddove si fa espresso riferimento alle recenti innovazioni normative di cui alla legge, 17 giugno 2022, n. 71 e al decreto legislativo, 10 ottobre 2022, n. 150. Si fa espresso riferimento altresì all'esperienza consiliare, che ha fatto registrare risposte non univoche degli uffici giudiziari in sede di adozione dei progetti organizzativi, avuto riguardo a taluni aspetti, fra i quali, a titolo esemplificativo, la disciplina dei visti[2]; la regolazione dei sistemi di risoluzione dei contrasti tra il sostituto e il Procuratore (o il Procuratore Aggiunto) e la revoca dell’assegnazione degli affari; la costituzione e l’assegnazione dei sostituti ai gruppi di lavoro; l’assegnazione del coordinamento dei gruppi di lavoro ai sostituti.
L’adozione della nuova circolare sugli assetti organizzativi delle procure, di là dagli obiettivi del CSM di assicurare uniformi modelli organizzativi nelle Procure, costituisce una strada obbligata per effetto delle rivoluzionarie innovazioni ordinamentali, introdotte dalla legge n. 71/2022[3], riguardanti la materia dei criteri organizzativi delle Procure.
E, invero, la cornice normativa di riferimento, nel cui perimetro dovrà muoversi il CSM, è notevolmente cambiata rispetto al recente passato, posto che l’art. 13, l. 71/2022 (di modifica dell’art. 1, d. lgs. 106/2006), stabilisce che <<il procuratore della Repubblica predispone, in conformità ai principi generali definiti dal Consiglio superiore della magistratura, il progetto organizzativo dell’ufficio, … >>.
L’incipit dell’innovato comma 6 dell’art. 1 d. lgs. 106/2006 fa, dunque, emergere come il legislatore abbia voluto attribuire, di nuovo, al Consiglio Superiore della Magistratura la funzione di indirizzo preventivo, attraverso la individuazione di principi generali, ai quali il Procuratore della Repubblica deve attenersi nella determinazione dei criteri organizzativi dell’Ufficio che dirige.
A tale prima significativa novità se ne aggiunge un’altra, inerente al contenuto necessario, oggi ampliato, del progetto organizzativo, poiché la legge 71/2022[4] stabilisce che il Procuratore della Repubblica è obbligato ad individuare nel medesimo progetto:
<<a) le misure organizzative finalizzate a garantire l’efficace e uniforme esercizio dell'azione penale, tenendo conto dei criteri di priorità di cui alla lettera b);
b) i criteri di priorità finalizzati a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre e definiti, nell'ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento con legge, tenendo conto del numero degli affari da trattare, della specifica realtà criminale e territoriale e dell’utilizzo efficiente delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili;
c) i compiti di coordinamento e di direzione dei procuratori aggiunti;
d) i criteri di assegnazione e di coassegnazione dei procedimenti e le tipologie di reato per le quali i meccanismi di assegnazione dei procedimenti sono di natura automatica;
e) i criteri e le modalità di revoca dell’assegnazione dei procedimenti;
f) i criteri per l’individuazione del procuratore aggiunto o comunque del magistrato designato come vicario, ai sensi del comma 3;
g) i gruppi di lavoro, salvo che la disponibilità di risorse umane sia tale da non consentirne la costituzione, e i criteri di assegnazione dei sostituti procuratori a tali gruppi, che devono valorizzare il buon funzionamento dell'ufficio e le attitudini dei magistrati, nel rispetto della disciplina della permanenza temporanea nelle funzioni, fermo restando che ai componenti dei medesimi gruppi di lavoro non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati>>.
La legge 71/2022 ha introdotto altre innovazioni di assoluto rilievo, che cambiano il regime giuridico del progetto organizzativo, fra le quali:
- la durata quadriennale dei progetti organizzativi (in precedenza, era il CSM a fissarne la durata, biennale e, poi, triennale);
- la loro adozione dopo aver sentito il Presidente del Tribunale ed il competente Consiglio dell’Ordine degli avvocati;
- la decisione consiliare di approvazione (non più di mera presa d’atto), dopo aver acquisito le eventuali osservazioni del Ministro della Giustizia;
- l’ingresso (come già sopra riportato), nel contenuto obbligatorio del progetto organizzativo, dei criteri di priorità, volti a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, fissati dal Procuratore della Repubblica nell’ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento, con legge.
Nei prossimi mesi, pertanto, il Consiglio Superiore dovrà provvedere a riscrivere la circolare sulle Procure, essendogli stato affidato il compito di fissare, preventivamente, i principi generali dell’organizzazione; ma, nel perimetro del contenuto obbligatorio, espressamente e tassativamente individuato dalla lett. a) alla lett. g) dell’art. 1, comma 6, d. lgs. 106/2006. Tale lettura sembra essere, peraltro, coerente con i nuovi poteri, più incisivi, attribuiti al CSM, che consistono nell’approvazione, in tutto o in parte, del progetto organizzativo (non più delibera di mera presa d’atto), in caso, e solo in caso, di mancata conformità ai principi generali fissati dallo stesso CSM (con la circolare che appunto si deve riscrivere) e, ovviamente, dalla legge.
In tale opera di revisione della “Circolare Procure”, il CSM si deve misurare con una serie di novità, fra le quali le osservazioni (parere) del locale Consiglio dell’Ordine degli avvocati; le eventuali osservazioni del Ministro della giustizia; il tema delle priorità. Il tutto sul delicato versante della tenuta degli equilibri costituzionali, intesi come garanzia per la salvaguardia dei principi fondamentali, per l’affermazione di diritti e l’adempimento dei doveri sanciti dalla Costituzione, nonché come garanzia per la stabilità e la coesione della vita democratica. E ciò perché la cartina di tornasole in un ordinamento giuridico liberale è costituita anche dalle norme di ordinamento giudiziario e dalle concrete modalità di esercizio delle funzioni del governo autonomo della magistratura, quando si occupano degli assetti organizzativi delle Procure, andando ad incidere sulla figura del pubblico ministero, come organo e sulla sua attività, come funzione.
2. Il riacquisito potere di approvazione con pienezza della funzione consiliare di indirizzo preventivo e accertamento successivo di conformità: corsi e ricorsi storici.
Prima della riforma ordinamentale del 2005/2006, la materia era regolata dall’art. 7-ter, comma 3, ord. giud., come introdotto dall’art. 6, d. lgs. n. 51/1998, recante <<Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado>>, che attribuiva al Consiglio Superiore della Magistratura il potere di stabilire <<criteri generali per l’organizzazione degli uffici del pubblico ministero e per l’eventuale ripartizione di essi in gruppi di lavoro>> [Il Consiglio superiore della magistratura determina i criteri generali per l'organizzazione degli uffici del pubblico ministero e per l'eventuale ripartizione di essi in gruppi di lavoro].
A fronte di una norma primaria così scarna, il potere del Consiglio Superiore della Magistratura di tracciare l’indirizzo organizzativo degli uffici requirenti andò progressivamente allargandosi (fra il 1998 ed il 2006), essendosi, il CSM, riservato l’approvazione dei programmi organizzativi delle Procure, subordinatamente alla loro conformità alle proprie circolari in materia.
A fronte di una norma primaria così scarna, il potere del Consiglio Superiore della Magistratura di tracciare l’indirizzo organizzativo degli uffici requirenti si è progressivamente ampliato (fra il 1998 ed il 2006), in forza della riserva consiliare di approvazione dei programmi organizzativi delle Procure, subordinatamente alla loro conformità alle circolari in materia.
Peraltro, il CSM, nel determinare i criteri generali di organizzazione delle Procure, aveva esercitato una potestà paranormativa, in alcuni casi, addirittura volta ad integrare precetti legislativi, essendogli stato lasciato ampio spazio proprio per effetto di una normativa di rango primario, il carattere aperto della quale (art. 7-ter OG) può essere maggiormente apprezzato ove posta a confronto con l’attuale, più stringente, previsione, di cui al comma 6 dell’art. 1, d. lgs. 106/2006 (come innovato dall’art. 13, legge n. 71/2022).
Peraltro, il CSM, nel determinare i criteri generali di organizzazione delle Procure, aveva esercitato una potestà paranormativa, in alcuni casi, volta addirittura ad integrare precetti legislativi, in ragione dell’ampio spazio lasciato da una normativa di rango primario dal carattere aperto (art. 7-ter OG), che può essere maggiormente apprezzata ove posta a confronto con l’attuale, più stringente, previsione, di cui al comma 6 dell’art. 1, d. lgs. 106/2006 (come innovato dall’art. 13, legge n. 71/2022).
E tale attività consiliare non aveva mancato di alimentare dubbi, a causa della sovrapposizione a scelte legislative. Sul punto può essere di ausilio il richiamo alla circolare consiliare n. 2596, del 13 febbraio 1993, con la quale era stata limitata la permanenza del sostituto procuratore presso la Direzione Distrettuale Antimafia per non più di tre bienni, in contrasto con le disposizioni di legge, che prevedono solo il periodo minimo di assegnazione (due anni), la cui ratio risiede alla esigenza di assicurare la continuità minima nell’esercizio delle funzioni di pubblico ministero addetto alla trattazione di procedimenti per delitti ex artt. 51, comma 3-bis, cpp.
Il Consiglio, andando oltre il dettato normativo di rango primario, aveva consolidato il principio secondo cui gli assetti organizzativi interni delle Procure dovessero essere conformi a parametri preventivamente definiti in via generale ed astratta dallo stesso Consiglio; così come aveva fissato il principio secondo cui gli stessi dovessero essere adottati dal Procuratore della Repubblica solo all’esito di un iter procedimentale, con la preventiva consultazione assembleare dei magistrati dell’ufficio, il successivo parere obbligatorio del consiglio giudiziario ed il definitivo vaglio del Consiglio Superiore, titolare del potere di approvazione, subordinatamente all’accertamento della conformità del progetto organizzativo agli indirizzi consiliari fissati preventivamente (si parlava pure di “tabellarizzazione” dei programmi organizzavi degli uffici di procura, per rimarcare l’accostamento di tali programmi alle tabelle degli uffici giudicanti, per i quali era ed è la legge a prevedere un potere di indirizzo e verifica dell’organo di governo autonomo della magistratura).
Fra l’altro, la durata (secondo la previsione consiliare) di quei progetti organizzativi era biennale e, solitamente, essi venivano esaminati dal C.S.M. decorso oltre un biennio dalla loro adozione; in tal modo contribuendo a creare fattori di incertezza in ordine allo stabile assetto organizzativo delle Procure, i cui dirigenti, sovente, erano stati indotti a munire della clausola di immediata esecutività i progetti e le loro variazioni, per corrispondere in tempo reale alle esigenze effettive dell’Ufficio.
La riforma dell’ordinamento giudiziario 2005/2006, attraverso l’espressa abrogazione dell’art. 7-ter ord. giud., aveva finito per travolgere tale modello, sottraendo al Consiglio Superiore della Magistratura i poteri di indirizzo preventivo e controllo successivo, che, viceversa, l’organo di autogoverno aveva mantenuto sulle c.d. tabelle degli uffici giudicanti. Di conseguenza, per effetto di tale scelta legislativa, spettava esclusivamente al Procuratore della Repubblica la potestà di organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero. Questo non ha comportato che il Consiglio Superiore di disinteressasse del tutto degli aspetti organizzativi degli uffici di Procura, potendo, essi, essere presi in considerazione ad altri fini, come, ad es., per le valutazioni in sede di conferimento e conferma quadriennale degli incarichi direttivi, indice delle attitudini gestionali dei complessi problemi organizzativi degli uffici requirenti.
Pur nei limiti sopra descritti[5], il Consiglio Superiore della Magistratura, con riferimento alla organizzazione degli uffici del pubblico ministero, non ha fatto mancare la propria elaborazione, funzionale alla diffusione di buone prassi organizzative, dapprima, attraverso una serie di risoluzioni, di poi, nelle direttive contenute nelle circolari sull'organizzazione degli uffici requirenti del novembre 2017 e del dicembre 2020, che hanno recepito il portato delle prime risoluzioni del 2007 e del 2009.
Si è trattato di interventi del Consiglio Superiore, suggeriti quale naturale ricaduta del dettato legislativo che attribuiva la titolarità esclusiva dell’azione penale al Procuratore della Repubblica. Ove soltanto si pensi al complessivo irrigidimento dei vincoli gerarchici derivanti da tale disposizione, si può comprendere come il Consiglio Superiore della Magistratura abbia cercato di controllare e attenuare la deriva gerarchica degli assetti delle Procure, attraverso la continua attività di “manutenzione” della circolare sull’organizzazione delle procure.
Sul punto, non si può non partire dal 16 novembre 2017, data in cui il Consiglio Superiore della Magistratura, con decisione adottata all’unanimità, approvava la prima circolare sulla organizzazione delle Procure, recante <<Elaborazione di una risoluzione unitaria in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero>>. Si tratta del primo intervento consiliare sul tema della organizzazione degli Uffici di Procura, nella forma della circolare, a distanza di oltre dieci anni dalla entrata in vigore del d. lgs. 106/2006.
Dunque, il Consiglio era sì intervenuto, in precedenza in subiecta materia, ma lo aveva fatto con lo strumento della risoluzione[6], tendente a risolvere questioni specifiche sollevate da singoli uffici giudiziari. E già sotto questo profilo si coglie il carattere innovativo dell’intervento consiliare[7]. Le risoluzioni del 2007 e del 2009 si integravano reciprocamente ed enunciavano le <<linee guida>> per l’esercizio dei poteri dei dirigenti, volte alla <<tendenziale omogeneizzazione dei moduli organizzativi>> degli uffici requirenti, attraverso il confronto di esperienze organizzative simili o comunque assimilabili, riservando una diversa attenzione, per le peculiari attribuzioni e competenze oggetto di previsione legale, alle Procure distrettuali. Ed è appena il caso di segnalare come tale obiettivo fosse -e continua ad essere- strettamente connesso e funzionale all’altro, rappresentato dalla <<diffusione delle migliori prassi applicative in tema di gestione degli uffici requirenti>>, nella consapevolezza -come si legge nella risoluzione del 21 luglio 2009- che <<… un’eccessiva frammentazione ed una incontrollata disomogeneità dei moduli organizzativi degli uffici requirenti rischierebbe di incidere sul principio costituzionale di buona amministrazione, con effetti diretti sulla durata ragionevole del processo prevista dall’ art. 111 della Costituzione>>.
L’opzione metodologica del ricorso allo strumento della circolare, per la prima volta, nel 2017, è la testimonianza più eloquente della volontà del Consiglio di riappropriarsi, ovviamente nei limiti imposti dall’ordito normativo di rango costituzionale e primario, della funzione di indirizzo nella materia della organizzazione degli uffici requirenti, orientando i dirigenti, attraverso la previsione di uno statuto minimo di organizzazione e programmazione degli uffici medesimi[8].
Al riguardo può affermarsi che il principio cardine posto alla base dell’attività svolta dalla VII commissione del CSM (2018-2023) –finalizzata alla verifica della rispondenza delle opzioni in concreto adottate alle ragioni delle attribuzioni previste dal decreto legislativo 106/2006– è stato quello della intelligibilità delle soluzioni organizzative, che si sono tradotte in regole di funzionamento e distribuzione degli affari e, dunque, nella richiesta, ove necessario, di chiarimenti al Procuratore della Repubblica. Tale opzione ermeneutica mirava a focalizzare un preciso dovere di motivazione del dirigente, il cui adempimento essendo funzionale:
- alla verifica della rispondenza dell’esercizio del potere alle sue finalità “per assicurare coerenza al sistema e rilevare usi stimati incongrui di quel potere…”;
- all’avvio di un’eventuale “interlocuzione, che si conclude con atti consiliari atipici e non coercitivi… <<tramite osservazioni e specifici rilievi>>…. la cui efficacia giuridica non è caducatoria; ma resta indirettamente assistita perché - ove ne ricorrano i presupposti - involge la professionalità, la responsabilità e la compatibilità funzionale del Procuratore.”
È, con l’entrata in vigore della legge 20 giugno n. 2022, n. 71 (art. 13), che si è tornati al regime anteriore alla riforma del 2005/2006, attraverso l’attribuzione al Consiglio Superiore della Magistratura del potere di indirizzo preventivo, mediante la predeterminazione dei principi generali di organizzazione degli uffici di Procura e del successivo potere di controllo, che culmina nell’atto di approvazione del progetto organizzativo solo se esso è conforme ai principi fissati dal Consiglio medesimo.
Le ulteriori novità della legge 71/2022 attengono alla durata quadriennale del progetto organizzativo, che dovrà essere adottato sentiti sia il Presidente del Tribunale sia il Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati; nella previsione del parere obbligatorio del Consiglio giudiziario, nonché nella valutazione, da parte del CSM, in sede di approvazione, delle eventuali osservazioni formulate dal Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 11, legge 24 marzo 1958, n. 195.
Ed è proprio per effetto della nuova previsione di durata quadriennale dei progetti organizzativi degli uffici requirenti, che il Consiglio superiore della Magistratura, in data 28 luglio 2022, ha approvato la risoluzione sulla durata delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti e dei progetti organizzativi degli uffici requirenti. In particolare, la delibera stabilisce che tabelle e progetti organizzativi vigenti (redatti sotto il vigore della vecchia normativa e originariamente relativi al triennio 2020-2022) sono efficaci per il quadriennio 2020-2023, demandando alle circolari per il quadriennio 2024-2027 l’attuazione delle disposizioni della legge 71/22, ivi compresa la disciplina del procedimento di approvazione dei progetti organizzativi, allo stato sottoposti a mera presa d’atto da parte del Consiglio. Presa d’atto cui sarà sottoposta anche l’eventuale modifica del progetto organizzativo predisposta dai Procuratori all’atto dell’insediamento nell’ufficio, anche se successiva all’entrata in vigore della riforma[9]. Si tratta di direttive suggerite dal carattere immediatamente precettivo dell’art. 13, l. 71/2022, che fissa in quattro anni la durata dell’efficacia dei progetti organizzativi; sicchè deve ritenersi che le tabelle e i progetti organizzativi vigenti al momento dell’entrata in vigore della legge n. 71/2022 abbiano efficacia sino al 31.12.2023.
3. I criteri di priorità quale elemento necessario del progetto organizzativo, per effetto della legge Cartabia, n. 71/2022. Verso un nuovo modello organizzativo delle Procure.
3a. Il ricorso sistematico al diritto penale negli ultimi 30 anni di legislazione e la sovraesposizione del pubblico ministero: la via di uscita dei criteri di priorità, fra assetti organizzativi e scelte di politica criminale, in attesa di un’ampia depenalizzazione.
Il mai sopito dibattito sui criteri di priorità, a causa della sua incidenza sul principio di obbligatorietà dell’azione penale, riflette, da un lato, il ricorso alla risposta prevalentemente penalistica fornita dal legislatore negli ultimi 30 anni per contrastare la situazione di illegalità diffusa nel nostro Paese (le fattispecie incriminatrici sono più di otto mila, secondo una stima fatta dalla Commissione Ministeriale istituita nel novembre 2001, presieduta dall’attuale Ministro Nordio, per la riforma del cod. pen.), così generando un sistema penale ipertrofico[10] che si colloca agli antipodi dei canoni di frammentarietà/extrema ratio/offensività/materialità, vale a dire dei caratteri tipici del diritto penale ad orientamento costituzionale; dall’altro, l’inadeguatezza delle risorse destinate, da sempre, al settore della giustizia, così radicando, sempre nel suindicato contesto ipertrofico, l’impossibilità di fornire adeguati riscontri alle continue fisiologiche violazioni penali (anche bagattellari), finendo in definitiva per indebolire e far perdere efficacia al sistema di giustizia penale. Si assiste -e non da oggi- ad uno squilibrio tra le notizie di reato, che pervengono agli uffici di procura, e le risorse umane e materiali di cui i medesimi uffici dispongono per perseguirle. È uno squilibrio che da molti anni a questa parte costringe il magistrato del pubblico ministero a sovraesporsi, attraverso una scelta quotidiana di politica criminale, perché deve individuare, tra i tanti fascicoli che costituiscono il suo carico di lavoro, quali sono le notizie sulle quali intervenire con priorità rispetto ad altre, non potendo lavorare in pari misura e contemporaneamente su tutte. Si tratta di una idea -quella della irrealizzabilità del compito di occuparsi di tutte le notizie di reato acquisite- accettata, con una certa rassegnazione, da tutti e da molti anni; tant’è che non si contano gli appelli a che il legislatore contribuisca a riportare su livelli di normalità il carico di lavoro delle procure, attraverso una complessiva rivisitazione di quelle che sono le fattispecie incriminatrici, con una ampia opera di reale depenalizzazione che non sia di mera facciata.
Ecco allora, che tra le novità di rilievo della riforma Cartabia vi è, finalmente, un’assunzione di responsabilità del potere politico, attraverso la consacrazione dei criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale: criteri finalizzati a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, che il Procuratore della Repubblica deve sì definire nel progetto organizzativo, ma attenendosi alle generali indicazioni fornite dal Parlamento, con legge.
La parlamentarizzazione dei criteri di priorità, con la assunzione di responsabilità del potere politico di selezione politico criminale, mira a razionalizzare i momenti di discrezionalità, perché tutto il “sistema” legale penale della riforma ha così tanti momenti di discrezionalità aggiunta di tipo giudiziale, da risultare bisognoso di un recupero di indicazioni legislative quantomeno sull’esercizio dell’azione, che resta altrimenti attratto nelle logiche e nelle politiche di una declinazione passatista dell’obbligatorietà, che può solo produrre un cortocircuito, tra il vecchio che non passa mai e il nuovo che è solo promesso.
Su queste basi, il Parlamento dovrebbe, dunque, intervenire con una legge entro la fine di questo anno, se si ha davvero l’intenzione di far partire la riforma Cartabia. Lo scenario che, di conseguenza, si prefigura è duplice e dipende dall’atteggiamento del Parlamento nel varare la legge sui criteri generali, cui dovranno attenersi i Procuratori della Repubblica nel redigere i progetti organizzativi a decorrere dal gennaio 2024. Si tratta di iniziativa politica che avrà le sue ricadute anche sulla prossima circolare del CSM in tema di organizzazione delle procure, sia che essa venga esercitata, sia nel caso contrario, posto che in caso di ritardo od omissione da parte del legislatore, è da ritenere che i procuratori della Repubblica debbano, comunque, inserire i criteri di priorità nel progetto organizzativo, attenendosi alle attuali previsioni legali di cui all’art. 132-bis dd.aa. c.p.p.
Il problema è che i criteri di priorità non sono soltanto parametri organizzativi[11], poiché l’accantonamento ovvero la trattazione postergata di una notizia di reato potrebbe avere come conseguenza l’estinzione per prescrizione dell’illecito e, dunque, essi finiscono per assumere portata selettiva, comportando, fondamentalmente, un’opzione di politica criminale con inevitabili ricadute sul principio di obbligatorietà dell’azione penale[12].
Il campo della discussione è scivoloso; la tentazione di colpi di mano sempre in agguato. Dunque, un terreno pieno di insidie sul piano degli equilibri costituzionali, nel rapporto fra poteri dello Stato che si collocano, nel disegno costituzionale, nella dimensione della separazione orizzontale. Di tal che l’approccio all’argomento, dopo che il Parlamento avrà fatto le sue scelte con la legge sulle priorità, meriterebbe l’inquadramento, in un contesto più ampio, secondo un disegno che, rifuggendo da scelte di separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, passi per un nuovo modello di organizzazione delle Procure permeato da declinazioni che partecipano i principi costituzionali della materia penale, dunque idoneo ad assicurare, anzitutto, la indipendenza esterna del pubblico ministero dal potere politico; a rendere intelligibile e comprensibile la progettualità degli uffici di Procura e la loro azione quotidiana, sulla base anche di una corretta e completa comunicazione istituzionale; a non lasciare, esclusivamente, nelle mani del procuratore della Repubblica ovvero del singolo sostituto il potere di decidere su quali notizie di reato intervenire prioritariamente, al fine di scongiurare il pericolo della sovraesposizione del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e, nel contempo, a riattribuire gli spazi di competenza a chi ha responsabilità strettamente politiche; a garantire la autonomia interna, negli uffici di procura, ai singoli sostituti, nei rapporti fra di loro e con il procuratore della Repubblica, attraverso scelte condivise (collegiali) nelle strategie investigative, secondo l’esempio fornito di recente dal modello operativo della Procura Europea, a due anni dalla sua concreta attuazione (EPPO)[13].
3b. Inquadramento normativo dei criteri di priorità, la ricostruzione storica: uffici requirenti e uffici giudicanti.
Prima della entrata in vigore della legge n. 71/2022, in base alla normazione di rango primario e agli indirizzi consiliari, i criteri di priorità facevano parte del contenuto eventuale del progetto organizzativo (cfr. artt. 1 e 4 d. lgs. n. 106/2006, nonché art. 7, comma 5, lett. a, circolare CSM organizzazione Procure del dicembre 2020).
L’introduzione di criteri di priorità nella trattazione degli affari penali non costituisce una novità assoluta per il nostro ordinamento, essendosene occupato, il legislatore, sin dal 1998, sia pure con formule e termini diversi, con una disciplina indirizzata agli organi giudicanti ai fini della formazione dei ruoli di udienza[14]. Infatti, sui criteri di priorità si registrano specifici interventi del legislatore, per la prima volta, nel 1998, con l’art. 227, d.lgs. n. 51, istitutivo del giudice unico di primo grado: al fine di assicurare la rapida definizione dei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto, veniva disposto di tener conto della gravità e concreta offensività del reato; del pregiudizio che poteva derivare dal ritardo per la formazione della prova e per l’accertamento dei fatti; dell’interesse della persona offesa. Successivamente nel 2000, con l’introduzione dell’art. 132-bis, disp. att., c.p.p., per effetto del d.l. 341/2000, convertito in legge n. 4/2001, veniva assegnata priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza a quei procedimenti nell’ambito dei quali risultassero applicate misure cautelari custodiali, i cui termini fossero vicini alla scadenza. Sul punto, il legislatore è tornato di nuovo nel 2008, con il d.l. n. 92,
convertito in legge n. 125/2008, che ha riformulato l’art. 132-bis, disp. att., c.p.p., introducendo indicazioni vincolanti per gli uffici giudicanti in tema di formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi, con attribuzione di priorità assoluta a talune tipologie di reato connotate da speciale gravità; disposizione ulteriormente integrata dal d.l. 93/2013 convertito nella legge n. 119/2013, attraverso la implementazione del novero dei reati, i cui procedimenti dovevano essere trattati secondo una corsia preferenziale.
Si tratta, tuttavia, di criteri legali, previsti e dettati dal legislatore per gli uffici giudicanti, non essendovi stata, prima d’ora, alcuna disciplina legislativa per gli Uffici di Procura.
3c. I criteri di priorità come parte eventuale del progetto organizzativo, secondo le linee guida del CSM e nell’analisi dei progetti.
Il Consiglio Superiore della magistratura, con due successive risoluzioni (la prima del 9 luglio 2014, la seconda dell’11 maggio 2016) ha affrontato il tema dei criteri di priorità, fornendo risposte a quesiti provenienti da singoli uffici giudiziari, sia sul versante dei rapporti fra uffici requirenti e uffici giudicanti, sia su quello del grado della loro efficacia vincolante nei confronti delle scelte dei singoli magistrati dell’ufficio. Inoltre, con la circolare sulle Procure del novembre 2017, come modificata nel dicembre 2020, ha inserito i criteri di priorità nella parte eventuale del progetto organizzativo.
In particolare, con la risoluzione del maggio 2014, il CSM, quanto alla individuazione dei criteri di priorità ulteriori e diversi rispetto a quelli legali ex art. 132-bis cpp, ha espresso un favor per l’adozione di una procedura partecipata, oltre i confini del rapporto tra uffici inquirenti e giudicanti corrispondenti, per coinvolgere tutti gli uffici di ogni singolo distretto avvinti da rapporti di tipo funzionale: “… Ne consegue che, fermi restando i criteri di assegnazione e distribuzione degli affari all’interno di ogni singolo ufficio, l’individuazione di priorità, ulteriori rispetto a quelle legali, nella trattazione degli stessi, finora lasciata esclusivamente al prudente apprezzamento del singolo giudicante, dovrà invece essere filtrata attraverso atti di indirizzo rimessi alla responsabilità del capo dell’ufficio. Tali atti di indirizzo dovranno essere emanati, dunque, in primo luogo in occasione della formazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio e delle tabelle infradistrettuali, a cadenza triennale. Dovranno poi essere annualmente rinnovati, con le modifiche eventualmente rese necessarie dal mutamento della situazione dell’ufficio, all’atto della predisposizione annuale del programma di gestione dei procedimenti penali, strumento operativo di attuazione della “programmazione quadro” triennale contenuta del Documento Organizzativo Generale dell’ufficio, ai sensi della Risoluzione consiliare del 2 maggio 2012 e successive modifiche.
L’inclusione di tali atti di indirizzo nella predisposizione dei progetti tabellari -oppure, ove ciò non sia stato possibile, nella redazione dei programmi di gestione dei procedimenti penali-dovrà essere preceduta, ai fini del necessario coordinamento, dalla conferenza distrettuale, convocata dal Presidente della Corte di appello e dal Procuratore generale, con la partecipazione dei dirigenti, anche amministrativi, di tutti gli uffici giudicanti e requirenti del distretto e dei presidenti degli ordini forensi territoriali, o loro delegati, con il compito di indicare i moduli organizzativi e i criteri più idonei per la corretta attuazione dell’art. 132-bis disp. att. c.p.p., nel concreto contesto di ciascuna realtà territoriale. È preciso compito del Presidente del Tribunale e del Procuratore della Repubblica individuare, in applicazione dei descritti principi di coordinamento e leale collaborazione, i moduli attuativi delle priorità e della gestione dei flussi di affari, con il comune obiettivo di evitare determinazioni unilaterali, anche tenendo conto delle valutazioni compiute in sede di conferenza distrettuale.
Sul secondo versante, il CSM ha precisato che il dirigente dell’ufficio requirente può individuare le tipologie di procedimenti a trattazione anticipata e quelle a trattazione postergata; può altresì fornire ai magistrati dell’ufficio indicazioni generali circa gli astratti presupposti per l’applicazione di istituti processuali deflattivi. Tuttavia, dette direttive costituiranno un necessario criterio di riferimento per i magistrati dell’ufficio relativamente all’indicazione dei procedimenti prioritari, ferma la possibilità per il singolo sostituto di valutare, con prudente apprezzamento, se le peculiarità del caso concreto giustifichino la deroga a tale criterio di riferimento, informando in tal caso il Procuratore della Repubblica nei casi più rilevanti, nell’ambito dei rapporti di leale collaborazione con la dirigenza dell’ufficio; per la residua parte varranno come criteri generali ed astratti di orientamento.
In ogni caso, l’eterogeneità dei provvedimenti adottati negli uffici giudiziari requirenti sparsi nel territorio nazionale, pur con finalità precipuamente organizzativa, ha spinto il Csm, oltre che con le due risoluzioni innanzi indicate, anche in occasione del vaglio di singoli provvedimenti organizzativi, a intervenire più volte, in quanto, l’obbligo costituzionale di perseguire ogni fatto penalmente rilevante, esclude che, nel definire criteri di priorità, sia consentito omettere in assoluto la trattazione di fatti qualificati dalla legge come reati.
In tale sede il CSM ha avuto modo di precisare che i protocolli in materia di criteri di priorità possono contenere tutte le intese rientranti nel perimetro dei poteri organizzativi propri dei dirigenti, mentre esorbita dall’oggetto della concertazione -e, ancor prima, dal perimetro degli interventi consentiti ai dirigenti in materia di priorità- l’individuazione di modalità di definizione dei procedimenti (come nel caso di specie l’archiviazione c.d. processuale) che abbiano diretta incidenza sul concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali.
3d. L’intervento del Parlamento con legge e i nuovi compiti del CSM
La legge cornice dovrebbe -con cadenza periodica e con una certa flessibilità dei contenuti in ragione di contingenti mutevolezze di fenomeni criminali- fissare indirizzi di carattere generale per definire le priorità, a loro volta, poi calate nella concreta realtà territoriale ad opera dei singoli procuratori della Repubblica, in sede di elaborazione del progetto organizzativo unitamente con i magistrati dell’Ufficio. Tale opzione è volta a riportare le scelte di politica criminale nell’alveo di un ordinamento democratico di tipo liberale e garantista, dove, nella materia penale, è il legislatore che ha il monopolio delle scelte di politica criminale, naturalmente nella cornice costituzionale di riferimento, in relazione al sè, al cosa, al quando ed al come punire, con conseguente assunzione di responsabilità politica, evitando la sovraesposizione del magistrato del pubblico ministero. Anche in questo si invera la ratio più profonda del principio di stretta legalità quale espressione del modello orizzontale di separazione dei poteri[15].
Tuttavia, in chiave propositiva, qualche riflessione va operata, tenendo conto del ritardo già accumulato dal legislatore che si sta accingendo a scrivere questa legge.
Sarebbe il caso di prevedere una sorta di procedimentalizzazione dell’iter legislativo, a partire dal momento genetico, rappresentato dalla proposta che non può che essere del Ministro della giustizia, in ragione delle competenze e del patrimonio informativo di dati statistici. Del resto, nella materia penale, alle forme ed alla procedimentalizzazione, in particolare alla parlamentarizzazione, corrisponde la tutela di valori costituzionali di natura sostanziale[16].
Ma quali soggetti istituzionali dovrebbero essere coinvolti nella fase istruttoria della individuazione di questi indirizzi di carattere generale? In questa fase possono esercitare un ruolo decisivo, in forza, anch’essi, del patrimonio informativo di cui sono portatori, ciascuno nell’ambito delle rispettive prerogative istituzionali, il Consiglio Superiore della Magistratura, il Presidente della Corte di Cassazione, il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, i Procuratori Generali presso le Corti d’Appello.
Certo che si aprono scenari nuovi, inediti, rispetto ai quali il Consiglio Superiore della Magistratura verrà chiamato, oltre che a vagliare il rispetto della legge e la conformità dei progetti organizzativi alle circolari consiliari, in particolare, a quella sulla organizzazione delle procure, a valutare la congruenza dei criteri di priorità fissati dal Procuratore della Repubblica rispetto all’atto di indirizzo fissato con legge dal Parlamento, ma anche rispetto alle tabelle ed ai programmi di gestione degli uffici giudicanti.
[1] Pratica num. 6/VV/2023. Lavori preparatori relativi alla nuova Circolare sull'organizzazione degli Uffici requirenti.
[2] L’esame di numerosi progetti organizzativi inviati al Consiglio ha reso evidente come il potere di visto sia esercitato con modalità assai diversificate, con la conseguente esigenza di valutare l’eventuale necessità di un nuovo intervento sull’istituto (in alcuni progetti si è osservato come il “visto” sia stato previsto per una serie ampia di atti, investendo molti degli atti tipici di indagine).
[3] Si tratta della legge 17 giugno 2022, n. 71 (entrata in vigore il 21 giugno 2022), recante la delega “al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura”.
[4] Appare evidente come il legislatore del 2022 abbia implementato il contenuto necessario del progetto organizzativo, rispetto alla precedente formulazione normativa (art. 1, comma 6, d. lgs. 106/2006), che di seguito si riporta:
<<6. Il procuratore della Repubblica determina:
a) i criteri di organizzazione dell'ufficio;
b) i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell'ufficio;
c) le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica>>.
[5] Può essere interessante richiamare la nota, con la quale l’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’esprimere il proprio assenso all’odg delle sedute di plenum del CSM del 18 e 19 giugno 2014 (avuto riguardo alle pratiche di I e VII Commissione, relative ai contrasti insorti in seno alla Procura della Repubblica di Milano), si rifaceva al proprio precedente intervento in occasione dell’assemblea plenaria del CSM del 9 giugno 2009, richiamando l’attenzione del Consiglio sulla opportunità di evitare di assumere nella materia della organizzazione delle Procure <<ruoli impropri, dilatando i propri spazi di intervento, non più consentiti dall’abrogazione dell’art. 7-ter R.D. n. 12/41>>.
[6] Sugli “Atti” del Consiglio Superiore della Magistratura e sulla differenza fra risoluzioni e circolari, appare utile il rinvio al Regolamento Interno approvato con deliberazione del 26 settembre 2016 -Tabella A- aggiornata con Decreto del Vice Presidente del 13 ottobre 2016 (artt. 24 e 25), da cui emerge la rilevanza esterna dello strumento della circolare rispetto alle risoluzioni che, sebbene comunicate agli uffici interessati, sono strettamente volte ad orientare l’attività interna del CSM.
[7] Infatti, i precedenti interventi consiliari che si registrano sono la risoluzione del 12 luglio 2007 (“Disposizioni in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero a seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. 20.2.2006, n. 106”) e la risoluzione del 21 luglio 2009 (in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero).
[8] Quanto agli spazi di intervento riservati al CSM, vale la pena di ricordare che nella relazione redatta dalla Commissione Paladin (istituita con decreto del Presidente della Repubblica il 26.7.1990) è stato ritenuto che l’attività normativa del Consiglio Superiore della Magistratura, che si esprime (anche e soprattutto) attraverso l’adozione delle circolari, deve ritenersi “giustificata in quanto strumentale od ausiliaria” all’assolvimento delle funzioni che il Costituente gli ha attribuito “quale vertice organizzativo della magistratura ordinaria”, sia nell’ottica di superare i vuoti, le carenze, la frammentarietà e la disorganicità che caratterizzano il quadro ordinamentale primario, che di autolimitare, con la preventiva fissazione di criteri generali ed omogenei, la discrezionalità insita nei compiti di alta amministrazione.
[9] Direttive in ordine alla efficacia delle tabelle degli uffici giudicanti e dei progetti organizzativi degli uffici requirenti conseguenti all'entrata in vigore della legge n. 71 del 17 giugno 2022 (delibera seduta plenaria, 28 luglio 2022).
[10] Per tutti, C. E. Paliero, "Minima non curat praetor". Ipertrofia del diritto penale e decriminalizzazione dei reati bagatellari, Milano, 1985. Più di recente, F. Sgubbi, Il diritto penale totale, Bologna, 2019, rileva icasticamente che “lo spazio di libertà dei singoli si riduce progressivamente […] al punto che, oggi, è davvero raro rintracciare condotte che possano dirsi con certezza estranee all’area di operatività del diritto penale”. Con queste parole vengono descritti gli effetti dell’ipertrofia del diritto penale, caratterizzato da incessante voracità patologica, in contrasto con il suo tradizionale carattere di “frammentarietà”, tanto da rilevare “un drastico rovesciamento dei postulati tradizionali”, perché, concludeva il ragionamento, “frammentaria è ora la libertà”.
[11] Cfr. S. Lonati, in Archivio Penale n. 1/2023, “I criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale: verso un sistema ad azione pilotata legislativamente? (pagg. 1 e segg).
[12] Per il passaggio “culturale ed istituzionale insieme, da una obbligatorietà dell’azione penale postulata in astratto, ma di fatto scarsamente controllabile e deresponsabilizzata, ad una obbligatorietà temperata e realistica e, proprio per questo, esercitabile secondo canoni di trasparenza e corredata da assunzione di responsabilità sociale ed istituzionale per le scelte compiute”. Cfr. N. Rossi, in “Questione Giustizia”, n. 4/2021, pag. 76.
[13] La Procura Europea fonda la sua operatività su due livelli: da un lato, il livello centrale, con sede in Lussemburgo, ove operano i Procuratori Europei, ognuno dei quali rappresenta ciascuno Stato membro; in tale sede, il Collegio dei Procuratori e le Camere permanenti rivestono un ruolo di primaria importanza. Il Collegio dei Procuratori, costituito dal Procuratore capo e da tutti i Procuratori Europei, è titolare di una funzione di indirizzo e coordinamento, che esercita anche attraverso una attività regolamentare, attraverso la emanazione di linee guida. Le Camere permanenti sono organi collegiali, ognuna delle quali composta da tre Procuratori, cui sono attribuite funzioni di controllo e decisorie sia sulle indagini sia in sede di conclusioni, allorquando occorre decidere se promuovere l’ “indictment” o archiviare il caso. Dall’altro lato, il livello decentrato, nei territori di ciascuno stato membro, dove operano i Procuratori Europei Delegati, che esercitano le funzioni tipiche di Pubblico Ministero, secondo le disposizioni del Regolamento istitutivo di EPPO e del rispettivo ordinamento di appartenenza. Sta assumendo una notevole rilevanza il confronto fra Procuratori delegati e Camere permanenti, perché le decisioni sui punti nodali del procedimento vengono assunte sulla base del dialogo fra di loro e con il Procuratore europeo di riferimento, a riprova della collegialità delle decisioni di natura investigativa e processuale, una collegialità che rafforza sia la indipendenza della Procura europea dal potere politico, sia l’autonomia interna dei procuratori europei delegati.
[14] Per una ricostruzione storico-normativa dell’istituto, con ampi riferimenti alle circolari organizzative di “audaci” procuratori della Repubblica (circolare Zagrebelsky, circolare Maddalena) ed ai conseguenti interventi del Consiglio Superiore della magistratura, cfr. L. Russo, I criteri di priorità nella trattazione degli affari penali: confini applicativi ed esercizio dei poteri di vigilanza, in Diritto penale contemporaneo. Sulla concreta applicazione dei criteri, cfr. G. Grasso, Sul rilievo dei criteri di priorità nella trattazione degli affari penali nelle delibere del Csm e nelle pronunce della sezione disciplinare, in Foro it., 2015, III, cc. 259 ss., e L. Forteleoni, Criteri di priorità degli uffici di procura, in Magistratura indipendente (web), 8 aprile 2019.
[15] A. Lanzi, Il Sistema penale e la Costituzione, in A. Lanzi (a cura di), Diritto penale come Sistema, Pisa, 2021, 17 ss.
[16] C. Cupelli, La legalità delegata. Crisi e attualità della riserva di legge nel diritto penale, Napoli, 2012, 28 ss.