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Magistratura Indipendente

PENALE  

Focus sull’assetto organizzativo degli uffici di procura.

  Penale 
 sabato, 6 febbraio 2016

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L’indipendenza interna del pubblico ministero alla luce della normativa, primaria e secondaria, vigente.

di ILARIA PERINU

 
 

Indice: Premessa; La normativa primaria: assetto organizzativo, l’assegnazione, la revoca, l’assenso; La prassi del “visto”; La normativa secondaria : la risoluzione del 2007, la risoluzione del 2009, la delibera del 2011, la delibera del 13.1.2016; Prospettive di riforma;

Il pubblico ministero, come ben delineato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 190 del 1970, è un  “magistrato appartenente all'ordine giudiziario in posizione di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere” che “agisce esclusivamente a tutela dell'interesse generale all'osservanza della legge” ricercando tutti gli elementi di prova rilevanti per una giusta decisione, ivi compresi gli elementi favorevoli all'imputato. 
Il ruolo essenziale del pubblico ministero quale garante dello stato di diritto è altresì affermato dalla cd Carta di Roma, vale a dire l’insieme dei principi elaborati dal Consiglio consultivo dei Procuratori europei (CCPE). Si legge infatti che “I membri del pubblico ministero contribuiscono ad assicurare che lo stato di diritto sia garantito da un’amministrazione della giustizia equa, imparziale ed efficiente. I procuratori agiscono per rispettare e proteggere i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali…”.
La normativa primaria: assetto organizzativo, l’assegnazione, la revoca, l’assenso.
Condizione necessaria affinchè il pubblico ministero possa garantire lo stato di diritto ed operi esclusivamente a fini di giustizia, senza perseguire interessi particolari, è che ne siano riconosciute l’indipendenza e l’autonomia. Nel nostro ordinamento, l’indipendenza del Pubblico Ministero si riflette in un’organizzazione interna dell’ufficio permeata dal principio di attenuata gerarchia e sovraordinazione del procuratore ai sensi nel D. L.Vo 106/2006 come modificato dalla Legge di modifica n. 269/2006 Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’ufficio del Pubblico Ministero, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera D) della legge 25 luglio 2005, n. 150.
Il procuratore della Repubblica, secondo la legge vigente, è «titolare esclusivo dell'azione penale». Ne consegue che compete al procuratore la decisione sia sull’an sia sul quomodo dell’esercizio dell’azione penale, «assicurando il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio».
Avendo il  decreto legislativo 106/2006 provveduto ad abrogare l’art 7 ter O.G., così estromettendo il C.S.M.  dal procedimento di definizione dell’assetto organizzativo della Procura della Repubblica, spetta al procuratore la determinazione dei criteri di organizzazione dell'ufficio; dei criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell'ufficio; delle tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica. Il progetto organizzativo ed i provvedimenti di modifica, immediatamente esecutivi, devono essere trasmessi al C.S.M. che ne valuterà la conformità ai principi costituzionali  con la cd “presa d’atto” la quale  potrà essere accompagnata dalla formulazione di rilievi in ordine alla rispondenza o meno del documento alle norme dell’ordinamento giudiziario nonché agli atti consiliari di indirizzo.
Dal punto di vista dei rapporti tra procuratore e sostituti, l’art 2 D.vo 106/2006 disciplina l’assegnazione dei procedimenti e i casi di revoca. Quale titolare esclusivo dell’azione penale, il procuratore la esercita “personalmente  o  mediante  assegnazione  a  uno  o  piu'  magistrati dell'ufficio.  L'assegnazione può riguardare la trattazione di uno o piu'  procedimenti ovvero il compimento di singoli atti di essi” (comma 1)  “Con   l'atto   di   assegnazione  per  la  trattazione  di  un procedimento,  il  procuratore  della  Repubblica  può  stabilire  i criteri  ai  quali  il magistrato deve attenersi nell'esercizio della relativa  attività.  Se  il  magistrato non si attiene ai principi e criteri definiti in via generale o con l'assegnazione, ovvero insorge tra  il  magistrato  ed  il procuratore della Repubblica un contrasto circa  le  modalità  di  esercizio,  il procuratore della Repubblica può,  con  provvedimento  motivato,  revocare  l'assegnazione; entro dieci  giorni  dalla  comunicazione  della revoca, il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica” (comma 2)
Solo in materia di misure cautelari la legge, all’art 3, ha previsto che il fermo di indiziato di delitto, la richiesta di misura cautelare personale e reale (salvo in quest’ultima ipotesi che il procuratore disponga che non sia necessario atteso il valore economico o alla rilevanza del fatto per il quale si procede) siano assentite per iscritto dal procuratore, con l’eccezione dei casi in cui tali richieste siano formulate, durante il turno di reperibilità del sostituto, per la convalida dell’arresto o del fermo. 
La prassi del “visto”.
La disciplina legislativa conferisce al Procuratore ed ai Procuratori aggiunti prerogative di vigilanza e di coordinamento dell'attività dei sostituti anche nella fase preliminare a quella dell'emissione di provvedimenti.
Con l'obiettivo di assicurare l'uniformità di operato dell'ufficio, la prassi degli uffici di procura ha dato luogo a forme di controllo e vigilanza sulle modalità di esercizio dell’azione penale attraverso la previsione nei progetti organizzativi del cd “visto” preliminare all'emissione di provvedimenti ritenuti di particolare delicatezza o di speciale interesse.  La prassi non è regolata in modo uniforme ed omogeneo, e il visto viene apposto a seconda degli uffici di Procura, sulle richieste di rinvio a giudizio, oppure, sulle richieste di archiviazione, financo sui decreti di proroga delle intercettazione telefoniche/ambientali. 
La normativa secondaria : la risoluzione del 2007, la risoluzione del 2009, la delibera del 2011, la delibera del 13.1.2016
Come già accennato, il D.vo 106/2006 ha abrogato l’art 7 ter O.G. sganciando l’elaborazione dell’assetto organizzativo della procura della Repubblica dal sistema tabellare ha affidato al procuratore la determinazione dei criteri di organizzazione dell'ufficio. I poteri organizzativi sono prerogativa esclusiva del Procuratore della Repubblica, avendo previsto la legge (art. 1, co. 7)  una mera comunicazione dei progetti di organizzazione al C.S.M che ne vaglierà la conformità ai principi costituzionali di imparzialità, trasparenza, buon andamento dell’amministrazione e di autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario, esprimendo apprezzamenti che assumono rilevanza ai fini delle periodiche valutazioni di professionalità del dirigente (anche per la conferma nell’incarico direttivo) e nei casi più gravi, formulando rilievi in ordine alla rispondenza o meno del documento alle norme dell’ordinamento giudiziario nonché agli atti consiliari di indirizzo. Con riferimento a questi ultimi atti, sono fondamentali le risoluzioni del 2007 e del 2009.

Con la risoluzione del 12 luglio 2007 il CSM ha stabilito le linee guida a cui il procuratore deve attenersi nel predisporre il progetto organizzativo specificando che : il potere di assegnazione e autoassegnazione non può essere svincolato da congrua motivazione posto che si porrebbe in contrasto con gli artt. 97 e 101 co 2 Cost.. L’assegnazione di singoli atti deve essere configurata in modo da non incidere negativamente sulla sfera di autonomia professionale riconosciuta al magistrato e da non comprometterne la dignità delle funzioni. Il procuratore, in sede di definizione dei criteri di organizzazione del lavoro, deve delineare in termini generali i presupposti dell’assegnazione al compimento di singoli atti e i principi e tali criteri dovranno tendenzialmente ricollegarsi a quelli definiti in via generale, assumendo rispetto ad essi carattere attuativo o integrativo.
La revoca dell’assegnazione deve essere effettuata con provvedimento motivato sul rilievo che la linea investigativa seguita dal sostituto è diversa dai criteri generali stabiliti (o specificati nel singolo atto di assegnazione) dal procuratore, o in caso di contrasto sulle modalità di esercizio della attività. In questa ipotesi la garanzia contro un possibile abuso del potere sta nell’obbligo di motivazione del provvedimento di revoca e nella facoltà del sostituto di presentare osservazioni scritte.
La risoluzione del 2009 ha procedimentalizzato la revoca specificando le  modalità  attraverso le quali il sostituto può sollecitare il C.S.M. ad intervenire per verificare “l’esistenza, la ragionevolezza e la congruità della motivazione” della decisione di revoca adottata dal procuratore ed ha individuato tre obiettivi fondamentali, posti a presidio del buon governo degli uffici e collegati, quanto al loro raggiungimento, alla responsabile azione del Procuratore: la ragionevole durata del processo; il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale nel rispetto delle norme sul giusto processo; l’efficienza nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’uso delle risorse tecnologiche e nella utilizzazione delle risorse finanziarie.
La delibera del 2011 nasce da un caso di contrasto tra procuratore e sostituti a seguito della mancata apposizione del visto sulla richiesta di rinvio a giudizio limitatamente a tre degli indagati.
I sostituti, nelle loro osservazioni rilevavano come benché nei criteri organizzativi della procura fosse previsto l’apposizione del “visto”  anche per provvedimenti diversi rispetto a quelli di cui all’art. 3 del D.Lvo n. 106/2006, ciò doveva ritenersi solo funzionale a garantire al procuratore la conoscenza dei provvedimenti adottati dai singoli sostituti….. ed il potere di revoca non poteva essere esercitato in modo legittimo in tutte le ipotesi in cui vi fosse un mero contrasto in ordine a diverse e ragionevoli interpretazioni giuridiche.
Il CSM con la delibera in esame ha verificato la correttezza sul piano ordinamentale dei comportamenti e delle scelte compiute, sia dal procuratore sia dai sostituti, ai fini delle determinazioni che al Consiglio competono nell’ambito delle valutazioni di professionalità, del giudizio di conferma del procuratore e dell’eventuale attivazione della procedura ex art. 2 L. guarentigie.
Se da un lato ha ribadito che “i sostituti esercitano in piena  autonomia le scelte investigative e hanno diretta competenza ad adottare qualsiasi atto del procedimento” purchè “tali determinazioni non risultino in contrasto con specifiche direttive impartite dal procuratore”  al quale, essendo «titolare esclusivo dell'azione penale».  compete la decisione sia sull’an sia sul quomodo dell’esercizio dell’azione penale. Quindi, sulla base della motivazione esibita dal procuratore a sostegno della revoca dell’assegnazione del procedimento, ha ritenuto corretta la revoca sorta a seguito di contrasto sulle determinazioni conclusive circa la necessità dell’esercizio stesso dell’azione penale, fermo restando, a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia dei magistrati addetti all’ufficio che il procuratore non possa certo imporre al sostituto una scelta non condivisa, ma possa solo revocarne l’assegnazione con provvedimento motivato.
La delibera del 13.1.2016
La delibera affronta la questione della legittimità del provvedimento di un procuratore che fissava l’interrogatorio dell’indagato in luogo riservato alla presenza di tre sostituti senza indicare anche il proc. agg.  Coassegnatario del procedimento. Il procuratore aggiunto formulava osservazioni ritenendo che si configurasse una revoca parziale dell’assegnazione attraverso l’esclusione dal compimento di un atto di uno degli assegnatari del fascicolo.
Nel caso di specie, il CSM ha affermato che “la discrezionalità del procuratore ha ampio margine per le scelte organizzative dell’Ufficio, mentre più ridotti sono gli spazi di intervento in tema di assegnazione dei fascicoli e di successiva gestione degli stessi.  La nota con cui il procuratore della Repubblica ha inciso sulla stessa <capacità> di agire di uno dei titolari del fascicolo rappresenta di fatto una revoca parziale dell’assegnazione, priva, nel caso specifico,  di manifestata idonea motivazione. In presenza di ragioni oggettive che consiglino il dirigente ad intervenire sulla gestione delle indagini, permane il potere/dovere del procuratore di intervenire ma è richiesto che le reali ragioni poste a fondamento della scelta siano espressamente enunciate..Quindi il provvedimento di revoca parziale nei confronti di uno dei co-assegnatari del fascicolo sarebbe stato legittimo se il procuratore avesse motivato per iscritto spiegando le ragioni del provvedimento.”
Nonostante la ravvisata illegittimità del provvedimento il CSM, dati i poteri attuali, ha concluso la delibera con una presa d’atto.
Prospettive di riforma
È evidente, come, attraverso le due risoluzioni sopra richiamate, ed attraverso le delibere adottate in questi anni nell’ambito singole vicende di contrasto tra procuratore e sostituti, il Consiglio Superiore della magistratura abbia promosso un’attività di indirizzo, ispirata ad una interpretazione costituzionalmente orientata della legge vigente, tesa a valorizzare il profilo della “direzione” dell’ufficio piuttosto che quello “gerarchico” e tratteggiando la figura del procuratore quale responsabile dell’efficiente gestione dell’ufficio e dei cui risultati è chiamato a rispondere in sede di conferma quadriennale.
A parere di chi scrive, però, i casi di contrasto tra procuratore e sostituti sottesi alle delibere esaminate (le quali, ovviamente, sono solo alcune delle delibere in materia) rendono auspicabile un ulteriore intervento del Consiglio che, fermo restando – a normativa primaria vigente – la titolarità del potere organizzativo in capo al procuratore,  valorizzi ancor di più l’aspetto funzionale di tale potere a realizzare gli obiettivi già tracciati con la risoluzione del 2009, nel solco, anche, dei principi europei  che temperano la gerarchizzazione degli uffici di procura esigendo che : la distribuzione delle cause e l’assegnazione dei fascicoli corrispondano a “condizioni d’imparzialità e siano guidate dal solo fine di una corretta applicazione dell’ordinamento penale”  e avvengano per iscritto sulla base di linee direttrici generali, salva la possibilità del sostituto di essere esonerato dalla assegnazione. 
L’estromissione dal sistema tabellare del progetto organizzativo dovrebbe essere temperata attraverso la preventiva valutazione della correttezza dell’analisi dei flussi di lavoro e delle sopravvenienze necessarie sia per redigere il progetto organizzativo che per valutare i risultati conseguiti dalla gestione organizzativa in sede di conferma quadriennale, affinchè l’assegnazione degli affari, la creazione dei gruppi specializzati e la distribuzione dei sostituti al loro interno, avvengano anche tenendo conto dell’attualità delle risorse esistenti, dei flussi di lavoro sopravvenienti, in relazione alle specificità territoriali, alla tipologia di criminalità esistente, e si traducano in criteri organizzativi orientati all’efficienza dell’ufficio ed alla perequazione dei carichi di lavoro. I criteri e le linee generali da seguire nell’esercizio dell’azione penale, cristallizzate in un progetto organizzativo così elaborato, acquisirebbero maggiore forza vincolante anche per il procuratore che, previa consultazione e confronto con i sostituti, le ha elaborate e le dovrà applicare in sede di assegnazione dei singoli procedimenti.
Sarebbe auspicabile, infine, che si introducessero delle linee guida che garantissero maggiore uniformità ed omogeneità con riferimento alla prassi esistente del cd “visto”, attualmente rimesso alla discrezionalità di ciascun procuratore con disparità di funzionalità a seconda dei singoli uffici di procura.

Ilaria Perinu

 
 
 
 
 
 

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