“Può riconoscersi efficacia interruttiva della prescrizione alla domanda presentata per la prima volta nell’atto di appello notificato non alla parte personalmente ma al difensore che questa rappresentava limitatamente al giudizio di primo grado?”
Con ordinanza del 18.02.2015 n. 3276, la III Sezione civile della Corte di Cassazione, data la novità della questione, avendo riscontrato per casi parzialmente analoghi un contrasto di giudicati, ha rimesso alle Sezioni Unite il quesito circa l’idoneità ad interrompere la prescrizione, ai sensi dell’art. 2943 c.c., della domanda “nuova”, formulata per la prima volta in sede di gravame, con atto notificato non direttamente alla parte, ma al difensore che la rappresentava limitatamente al giudizio di primo grado.
Il caso. Con sentenza del 28.09.2012, la Corte di Appello di Lecce respingeva, per decorsa prescrizione, la domanda di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. azionata da un professionista nei confronti di un ente locale. La Corte di Appello riteneva non idoneo ad interrompere la prescrizione il fatto che la medesima domanda fosse stata proposta, per la prima volta, in un precedente giudizio di appello (mediante atto notificato non direttamente all’ente locale, ma al difensore che lo rappresentava nel giudizio di primo grado), nel corso del quale tale nuova domanda veniva dichiarata inammissibile ex art. 345 c.p.
I precedenti. La Corte di Cassazione ha osservato che, secondo un suo orientamento consolidato:
la notificazione dell’appello in luogo diverso da quello prescritto, ma non privo di astratto collegamento con il destinatario determina non l’inesistenza, ma la semplice nullità della notifica, imponendo al giudice di ordinare la rinnovazione ex artt. 291 e 350 c.p.c. ;
l’inammissibilità della domanda non ne esclude l’efficacia interruttiva, che anche in questo caso permane fino al giudicato.
In senso opposto, tuttavia, si sono registrati sempre in Corte di Cassazione recenti orientamenti secondo cui:
la nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio impedisce l’interruzione della prescrizione e la conseguente sospensione del suo corso fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, a nulla rilevando, in senso contrario, la mera possibilità che la nullità sia successivamente sanata, e fermo restando che, qualora la sanatoria processuale abbia poi effettivamente luogo, i relativi effetti sul corso della prescrizione decorrono dalla sanatoria medesima, senza efficacia retroattiva.
Tale ultima impostazione era condivisa dalla Corte di Appello di Lecce, la quale pure osservava come, in ragione della natura eccezionale della disciplina dell’interruzione della prescrizione, non potesse riconoscersi applicazione analogica al secondo comma dell’art. 2943 c.c., non potendosi quindi attribuire efficacia interruttiva della prescrizione alle domande “invalide”, perché proposte in violazione delle norme processuali (ed, in particolare, in violazione del divieto di introduzione di domande nuove in sede di impugnazione, sancito dall’art. 345 c.p.c.). Inoltre, secondo la stessa Corte di Appello, non poteva riconoscersi efficacia interruttiva della prescrizione, anche ai sensi del quarto comma dell’art. 2943 c.c., poiché l’atto non era stato notificato personalmente alla parte e dunque non era comunque idoneo a costituire in mora il debitore.
La possibile soluzione. Verificato il contrasto di orientamenti di legittimità in ordine all’idoneità dell’atto affetto da nullità della notifica ad interrompere la prescrizione, bene ha fatto la III Sezione della Corte di Cassazione a rimettere la questione alle Sezioni Unite.
Appare alquanto improbabile tuttavia, che, con l’occasione, la Corte avallerà l’esegesi restrittiva dell’art. 2943 c.c. patrocinata dalla Corte di Appello di Lecce, atteso che il secondo comma di tale norma, letteralmente, si riferisce ad ogni “domanda proposta nel corso di un giudizio”, non specificando se la domanda debba esser ammissibile o meno, e neppure se debba esser contenuta in un atto ritualmente notificato. Ai fini dell’interruzione della prescrizione è infatti sufficiente che la domanda sia stata proposta, sia pure tardivamente, con un atto riconducibile al giudizio. E, del resto, il giudizio sulla ammissibilità della domanda, nonché quello sulla nullità (ed eventuale rinnovazione) della notifica è frutto di una valutazione successiva al momento della “proposizione della domanda” (a cui la norma espressamente si riferisce) ed è conseguenza di una valutazione rimessa in via esclusiva al giudice procedente, insindacabile in un diverso e separato giudizio promosso al fine di coltivare la stessa domanda. Se si condividesse l’orientamento della Corte di Appello di Lecce si finirebbe, infatti, con l’attribuire un inammissibile ruolo di verifica postuma sull’ammissibilità della precedente “domanda nuova” e circa la regolarità della relativa notifica al giudice di primo grado, presso cui dovesse esser avviato un nuovo giudizio, a seguito dell’eventuale prematura estinzione del giudizio di appello nel quale era stata introdotta per la prima volta la domanda.
In senso opposto deve considerarsi che anche l’atto affetto da notifica nulla, poiché comunque riconducibile alla parte (a differenza dell’atto affetto da notifica inesistente), è comunque un atto che appartiene al processo, al quale l’ordinamento attribuisce specifici effetti processuali, facendo decorrere da esso gli effetti prodotti dalla rinnovazione. Ai sensi dell’art. 291 c.p.c., infatti, in caso di notifica nulla, “la rinnovazione impedisce ogni decadenza”. Il testo di tale disposizione, riferendosi ad “ogni decadenza”, sembra attribuire alla rinnovazione efficacia sanante ex tunc. In tal guisa, l’esegesi letterale della disposizione appare non avallare quell’orientamento inteso ad escludere l’efficacia retroattiva della rinnovazione (sostenuto dalla Corte di Appello di Lecce).
Inoltre, valorizzando il fisiologico rapporto fiduciario tra avvocato e parte, nonché dando rilievo al fatto che la parte era già costituita presso quel difensore nel giudizio di primo grado, in ragione pure della ratio posta a fondamento della disciplina di cui al secondo comma dell’art. 2943 c.c., potrebbe agevolmente ritenersi ex bona fide presuntivamente conosciuta dalla parte, e quindi idonea ad interrompere la prescrizione, la domanda “nuova” contenuta nell’atto di appello notificato presso il precedente difensore (benché tale notifica oneri alla rinnovazione e non sia in sé idonea a fini processuali ad integrare pienamente il contraddittorio). E, del resto, l’ordinamento ritiene fisiologicamente attendibile il rapporto fiduciario tra parte e difensore, al punto da prevedere espressamente ex art. 330 c.p.c. la notifica presso il difensore costituito nel primo grado, nelle ipotesi in cui la parte non abbia eletto altrove il proprio domicilio. In tal guisa, spetterebbe alla parte che invochi l’invalidità della notifica l’onere probatorio di vincere la presunzione di conoscenza iuris tantum degli atti notificati al suo difensore nel corso di un giudizio, al fine di ritenere non interrotta la prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c.
È auspicabile, pertanto, che le Sezioni Unite risolvano il riscontrato contrasto affermando l’idoneità ad interrompere la prescrizione della domanda nuova contenuta in un atto di impugnazione affetto da nullità della notifica. Ciò, principalmente, in ragione della portata del disposto del secondo comma dell’art. 2943 c.c.. Nel caso di specie, infatti, non risulta profilata una sua inammissibile applicazione analogica (come ritenuto dalla Corte di Appello), quanto una sua fisiologica esegesi estesa: l’effetto interruttivo della prescrizione si è, quindi, pienamente realizzato poiché effettivamente è stata “proposta una domanda nel corso di un giudizio”, benché inammissibile e notificata presso il precedente difensore e non direttamente al domicilio eletto dalla parte.
Dr. Vincenzo Paolo DEPALMA
(Giudice presso il Tribunale di Foggia)
(Vedi Ordinanza clicca su link /attache/28/file/Rimessione_Sez._Un._su_efficacia_interruttiva_di_atto_nullo.pdf)