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PENALE  

Commento a Sezioni Unite penali 26 giugno 2015, n. 31617/2015, Pres. Santacroce, rel. Macchia, imp. Lucci.

  Penale 
 mercoledì, 7 ottobre 2015

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di MANUEL BIANCHI, Giudice presso il Tribunale di Rimini

 
 

Con la Sentenza in commento le Sezioni unite della Suprema Corte hanno risolto due contrasti giurisprudenziali fra loro collegati.
La prima questione consisteva nello stabilire se, ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen., ferma la natura stricto sensu punitiva/retributiva della confisca per equivalente (o c.d. di valore) e la conseguente impossibilità di disporla in mancanza di una sentenza di condanna (o di applicazione della pena) irrevocabile, sia invece possibile ordinare la confisca diretta del profitto o del prezzo del reato, anche in presenza di una condanna in primo o secondo grado che non sia stata successivamente riformata quanto all’affermazione di sussistenza del fatto, di responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo del reato.
I Giudici di legittimità hanno risposto affermativamente, facendo perno da un lato sul disposto dell’art. 236 cod. pen., che affranca la confisca dalla disciplina dell’art. 210 comma 1 cod. pen. (secondo cui in caso di estinzione del reato l’applicazione delle misure di sicurezza è preclusa), nonché, dall’altro, sulla particolarissima natura della confisca del prezzo del reato, la quale, avendo appunto l’effetto di sottrarre alla disponibilità del reo il corrispettivo dato o promesso per istigarlo a commettere il reato (questa infatti la più comune definizione di pretium sceleris), assume una connotazione sanzionatoria più marcatamente preventiva, anziché punitiva in senso stretto.
Trattasi di un pronunciamento assai più audace non soltanto di quanto in precedenza affermato dalla sentenza “Meli” (Sez. I, 20/01/2015, n. 7860), ma anche dalle stesse Sez. Un. nel caso “De Maio”  (10/07/2008, n. 38834), e che se per un verso ha il pregio di voler fronteggiare l’immoralità necessariamente implicita nel fatto che il corrotto, ottenuta la declaratoria di prescrizione del reato, possa godere, oltreché dell’oblio della pena, anche del denaro avuto in cambio dell’illecito, tuttavia non manca di suscitare perplessità.
Si pensi, in particolare: al rischio di privare l’imputato di uno o più gradi di giudizio, giusta l’immediatezza della declaratoria della causa estintiva (anche nella logica dell’art. 129 comma 2 c.p.p.); alla sostanziale inversione dell’onere probatorio, con una sorta di presunzione di colpevolezza nel momento in cui la misura ablatoria venga ordinata prima di una sentenza di condanna definitiva; alla forte attenuazione della - peraltro netta - differenza di tenore letterale fra i nn. 1 e 2 del secondo comma dell’art. 240 cod. pen.
La seconda questione affrontata dalla Corte di Cassazione consisteva invece nello stabilire se, qualora l’oggetto della confisca diretta sia costituito da una somma di denaro, occorra o meno dar prova di un nesso di stretta derivazione materiale tra questa e il reato commesso (es. se debba trattarsi delle medesime banconote).
Sul punto, le Sezioni Unite hanno statuito, con argomentazione invero convincente, che a differenza della confisca di valore, che appunto colpisce con funzione retributiva beni diversi ma di valore equivalente a quelli fisicamente costituenti il prezzo o il profitto del reato, proprio perché questi ultimi (in quanto ad esempio occultati o alienati) non sono più aggredibili, la confisca del prezzo o del profitto costituiti da una somma liquida di denaro è sempre confisca diretta, posto che il denaro, bene fungibile per eccellenza, si confonde per sua natura con le altre disponibilità economiche del reo e, ferma l’esattezza dell’importo, non ha dunque senso considerarlo l’equivalente di un tantundem consumato, investito od occultato (genus enim numquam perit).
                                                                                                                                           

                                                                                                                                         Dott. Manuel Bianchi
                       
                                                                                                          Giudice presso il Tribunale di Rimini

 

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Sezioni Unite penali 26 giugno 2015, n. 31617/2015, Pres. Santacroce

 
 
 
 
 
 

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