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Magistratura Indipendente

CIVILE  

Buona fede, abuso ed inesigibilità del credito

  Civile 
 mercoledì, 19 ottobre 2022

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di Giuseppe VETTORI, Professore emerito di diritto privato nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Firenze

 
 

Sommario:
1.Il credito fra prescrizione e abuso.
2. Le clausole generali fra semantica e dogmatica.
3.Inesigibilità

1. Il credito fra prescrizione e abuso.

Una sentenza della Corte di Cassazione ha sollecitato di nuovo un dialogo sulle clausole generali e sulle conseguenze della loro violazione. Provo ad indicare qualche aspetto.

Come è noto la decisione [1] si è espressa sul caso di una società familiare che conclude con uno dei soci un contratto di locazione di un immobile. Il canone per sette anni non viene richiesto e solo dopo il divorzio dei coniugi la società intima lo sfratto con la richiesta di tutti i canoni non pagati. La Corte di Cassazione esclude una vicenda estintiva perché non provata, ma accerta un affidamento del debitore ed un abusivo esercizio del diritto del creditore, utilizzando il rimedio della inesigibilità dei canoni per tutto il periodo di inerzia del creditore. Con una motivazione che richiama la dottrina tedesca della Verwirkung [2] e la soluzione adottata nel BGB.

La  critiche sono  molte e le  riassumo in breve così.

In mancanza di un fatto estintivo, anche tacito, il credito è sempre esigibile sino al termine di prescrizione, stante l’irrilevanza del mero silenzio e la insufficienza di una vaga clausola generale di buona fede[3]. La quale, peraltro, si reputa inutilizzabile quando è in contrasto con principi del sistema (nel nostro caso si indica la tipicità delle cause di estinzione dell’obbligazione e il divieto di uso gratuito dei beni sociali da parte di un socio) o quando resti preclusa dal necessario bilanciamento con la posizione di terzi [4]. Sarebbe, inoltre inammissibile in Italia un rimedio simile alla Verwirkung, secondo orientamenti già espressi in passato dalla Cassazione[5]. Sicché in attesa di un intervento legislativo che limiti lo spazio temporale della prescrizione, si reputa preferibile una soluzione giurisprudenziale che tenga conto della volontà di rinunzia, anche tacita del titolare del credito, più rispettosa del principio di autonomia. Anche se si riconosce un ruolo fondamentale al caso concreto[6].

Una diversa visione rispetto a queste lucide riflessioni si può basare sui seguenti punti.

Il silenzio come ogni comportamento deve essere valutato in base alla correttezza e buona fede, fissati nel codice come doveri reciproci. Insisto su questo termine. Credo che la Corte di Cassazione dovrebbe ridefinire la massima secondo cui ogni contraente deve salvaguardare la posizione dell’altro. Tutto è più chiaro se ci riferiamo a parole semplici e di valore universale. Ogni etica laica o religiosa ed ogni filosofia antica o moderna si riconosce nella reciprocità. Nessuno può tenere  un contegno che non desidera subire dalla controparte. Se le parole sono “il grande portone attraverso il quale il diritto entra nella coscienza degli uomini”, se la ratio della norma si può ampliare  tramite un’estensione semantica. Se tutto ciò è vero la correttezza è un lemma normativo che trova nella reciprocità il suo fondamento semantico e positivo[7]. Solo una breve digressione.

In una recente e brillante analisi[8]  si osserva che i concetti ricorrenti di solidarietà, giustizia, equità, eguaglianza, buona fede, effettività, pongono il problema del passaggio dal giudizio ontologico al fatto e viceversa. Il che richiede non solo una dimostrazione  ma pone un’alternativa fra la possibilità di ordinare razionalmente e l’intuire  estraneo al diritto e dunque  inammissibile. Perché non si può creare una regola da un valore senza “passare da una sua formalizzazione semantica attraverso disposizioni vigenti”. Non si può disapplicare una norma ordinaria sulla base della priorità della norma costituzionale, neppure ragionando, finemente, sulla diversità fra  disapplicazione del concetto normativo tratto dalla disposizione, e annullamento della legge ordinaria di competenza della Corte costituzionale[9]. Né è possibile il richiamo allo spirito del tempo eludendo la lingua e le parole che restano, in questa visione, ineliminabili. Secondo lo schema dettato dell’art.12 delle preleggi, ove il riferimento alla ratio non può che significare prevalenza dell’interesse regolato dalla norma e dell’art. 101 della Costituzione. La quale limita la discrezionalità dell’interprete [10] e la separazione dei poteri in un ordo superior delimitato secondo una rigorosa razionalità semantica. Fuori di tale limite non c’è diritto e il richiamo dei principi “esige il passaggio dalla vaghezza del puro astratto alla concretezza della fattispecie”[11].

Una replica a questa elegante visione è possibile in questi termini. La realtà nel diritto va oltre le parole ed è possibile fissare “un essenza sociale” dei fatti che non occupano uno spazio fisico come i doveri e i diritti. La loro esistenza non ha niente di oscuro o di mistico, ma è orientata da interessi, bisogni ed azioni che esigono risposte. Per la loro conversione in diritto la fattispecie è uno schema utile e necessario, ma esistono altre forme di “quadratura e di certezza” in una società complessa. La legalità costituzionale fissa un ordine preciso e precise funzioni per la legge, i giudici, la Scienza giuridica. Un ordine che supera e contamina le parole e la ratio dell’art.12 delle Preleggi al codice civile, affidando alla dogmatica, alla teoria dell’argomentazione e alla nuova retorica il compito di recepire la confluenza continua fra Logica e Storia. Anche perché, come si è giustamente osservato, legalità ordinaria e costituzionale, Stato di diritto e Stato costituzionale non sono in armonia e una “loro conciliazione è indispensabile se si vuole che l’ordinamento  funzioni[12].

Quanto al ruolo dei principi è noto che i problemi più sensibili, dalla nascita alla morte, sono stati affrontati e risolti, negli ultimi decenni utilizzando il potere-dovere del giudice di applicare la legge anche in casi non espressamente previsti (art.12 disp.att.c.c.), sulla base di riferimenti normativi come “dignità, identità, libertà” a cui dovremo ricorrere ancora in difesa  dei diritti civili e di libertà[13]. Ma che cosa accade alle clausole generali nei diritti di credito?

La tipicità delle cause di estinzione delle obbligazioni è un principio difficilmente giustificabile  in presenza dell’atipicità delle fonti dell’obbligo e non rileva nel nostro caso perché la inesigibilità non estingue il credito ma lo limita, tenendo conto del contegno scorretto e della sua durata nel tempo; nella specie, poi, non si può parlare di un divieto di uso gratuito dei beni sociali perché la norma (2256 c.c.) espressamente  ammette l’uso personale  in presenza del consenso di tutti i soci. Il che esclude anche un pregiudizio ingiusto dei terzi che potranno agire, casomai, contro la società e i suoi organi sociali per il risarcimento dei danni.

D’altra parte il richiamo alla Verwirkung non è un trapianto indebito, ma una possibile forma di contaminazione teorica affidata alla dogmatica e alla giurisprudenza, in presenza di casi che giustificano tale forma di tutela. Insomma i veri punti di disaccordo con la sentenza e con la sua motivazione sono il rilievo del fatto, il ruolo della clausola generale di buona fede e le conseguenze della sua violazione. Il che esige un ragionamento più ampio.

2. Le clausole generali  fra semantica e dogmatica.

Il nostro codice subordina il contegno delle parti ad un dovere di correttezza, autonomo e precettivo, talmente radicato nel nostro ordine giuridico da non tollerare smentite[14]. Come si è osservato si può solo separare i vantaggi dai rischi dell’indeterminatezza [15] per non smarrire la coerenza del sistema[16]. Solo un cenno.

Sino agli anni sessanta del novecento la giurisprudenza aveva sostanzialmente escluso il valore della clausola come fonte autonoma di un diritto e di un obbligo[17], ma dagli anni settanta in poi la dottrina e i giudici hanno consolidato una valore precettivo e autonomo della clausola generale[18], anche se  si lamenta la perdita di calcolabilità del diritto positivo[19] e si reputa  che “eventuali carenze di tutela debbano essere  soddisfatte dal legislatore” unico a poter  disporre “di tutti gli elementi di giudizio necessari per effettuare una valutazione dei diversi interessi”[20].

Si comprende così come il tema abbia attratto la riflessione del filosofo, sempre più dentro “al conoscere e all’operare del giurista”[21], nella ricerca di un giusto equilibrio fra legge e giurisdizione[22], basato su chiare scelte di politica del diritto guidate da Logica e Dogmatica[23]. Vediamola da vicino.

Una bella analisi di alcuni anni fà esamina la struttura semantica delle clausole generali che appaiono come termini o sintagmi contenuti in enunciati normativi non vaghi, ma indeterminati, da concretizzare con criteri esterni e interni al diritto[24], fra loro “potenzialmente concorrenti”, utilizzando il sillogismo, interno, per un controllo di coerenza fra premesse e decisione ed esterno per la scelta dello standard e del suo contenuto[25].

 Se seguiamo questo metodo occorre formulare, per la decisione, una premessa maggiore largamente condivisa e una minore dettata dal caso.

Nella nostra vicenda la premessa maggiore è chiara.[26]. Le origini romane, arricchite dalla dogmatica tedesca e rafforzate dalla scienza giuridica e dalla giurisprudenza anche italiana scandiscono un ordine consolidato. Dal dovere di correttezza e buona fede sorgono obblighi reciproci e autonomi di prestazione e di protezione. Questa tecnica di formazione giudiziale e sapienziale delle regole integra il rapporto credito-debito con precettività altra e diversa rispetto al rapporto voluto dalle parti. Essa “pone un limite all’esercizio del diritto di credito quando l’interesse del creditore entri in conflitto con un interesse del debitore che nel sistema degli interessi protetti assuma un valore preminente”[27].

La premessa minore deve considerare la carica normativa del fatto.

Come si è accennato esattamente la valutazione giudiziale deve attingere a quella che è stata definita la ‘legalità del caso’[28]o il dovere di verità dell’interprete nel ricercare la regola più “congrua, convincente, adatta, appropriata a soddisfare le esigenze pratiche alla base del fatto storico”. Falzea parla “di convenienza e adattabilità dell’effetto al fatto”[29] a cui deve obbedire anche il procedimento ermeneutico[30]. Scalisi osserva che “la regola deve recepire e conformarsi alla normatività insita nel fatto stesso”, richiamando le taglienti parole di Pugliatti: “ nel cuore del fatto non c’è soltanto l’essere, ma fuso insieme ad esso e inscindibile da esso c’è anche il dover essere”[31]. Parole limpide e chiare a tutti. L’interprete deve indagare la “carica di valore contenuta nel fatto e alla luce di essa interrogare il testo”[32]. Perché la giuridicità è comprensiva del dato positivo e del dover essere portato dai fatti, osservato in base a quello che scorre nella vita sociale[33].

Il nostro caso è emblematico. Quale che sia la motivazione dei componenti nella società familiare il diritto di credito non viene esercitato per sette anni e l’intimazione di pagamento si ha dopo il dissolversi della famiglia, in modo improvviso e con una richiesta integrale.

Accertata una violazione della buona fede per un contegno abusivo o fonte di un affidamento legittimo si transita nel campo delle tutele perché la buona fede e l’abuso di diritto, come figure che appartengono allo stesso genere, “superano il modello della fattispecie e degli effetti come espressione di un ordine rimediale che si sovrappone all’obbligo voluto dalle parti, orientando e correggendone gli effetti”[34].

Si tratta di capire come e con quale strumento tecnico. E qui il compito spetta all’interprete nella delimitazione del fatto dovuto[35] e alla dogmatica nella scelta delle tecniche più appropriate al caso.

Sicché si può ricercare una volontà tacita della società di rinunziare al credito o di rimettere il debito. Se esiste una prova si potrà decidere in tal senso, motivando la possibilità di un effetto parziale della rinunzia, della remissione o del pactum de non petendo. Senza la quale lo strumento non sarebbe efficace al pari dell’inesigibilità, che ha una precisazione chirurgica nel limitare gli effetti in modo effettivo e proporzionale alla lesione inferta con il comportamento abusivo.

In mancanza resta una valutazione del solo comportamento conforme o contrario a buona fede.

Con una precisazione. Le due valutazioni sull’atto di rinunzia o remissione e sul comportamento omossivo, non si escludono a vicenda, ma concorrono nei limiti della compatibilità.

Sul punto si è espressa la grande lezione dogmatica risalente agli anni trenta del novecento[36], da cui muove la distinzione fra atto e i contegni formativi ed esecutivi che non si esauriscono nella fattispecie, ma giustificano una rilevanza  autonoma rispetto alla validità o inefficacia dell’atto[37]. Di ciò è consapevole la giurisprudenza italiana che nel distinguere fra regole di validità e di responsabilità, ammette queste ultime anche in presenza di un contratto valido ed efficace[38]. Mentre tutte le fonti persuasive del diritto uniforme reputano sempre possibile un cumulo o un concorso della regola di validità e di efficacia e una forma di responsabilità aquiliana, contrattuale e precontrattuale[39]. Il che contraddice l’idea che la clausola di buona fede sia regola del rapporto e non dell’atto[40]. La clausola concerne la valutazione di comportamenti doverosi che non sono assorbiti dalla fattispecie ma concorrono con essa nella definizione di rimedi effettivi e adeguati alla soluzione del caso.

Dunque si può ipotizzare un risarcimento per la condotta abusiva e la violazione di un affidamento legittimo, provando il danno subito in base ad un onere che graverà sul danneggiato. Resta da esaminare una possibile inesigibilità del credito.

3. L’inesigibilità

 La  figura si distingue dalla impossibilità perché a differenza di quella” non produce effetti definitivi” limitandosi a provocare una stasi o un’inefficacia totale o parziale della pretesa  per l’esistenza di un abuso o di un contegno del creditore che giustifica un exceptio fondata sulla prevalenza dell’ interesse del debitore[41]. In presenza di circostanze che  il par. 275 del BGB descrive come grave sproporzione, tratta dal contenuto dell’obbligo e dal giudizio di buona fede, escludendo la mera impotenza finanziaria o la semplice “esorbitanza”[42].

Questo rimedio in Italia è costruito in modo diverso. Si tiene conto che l’attuazione del rapporto di credito “non risponde esclusivamente alla logica formale della conformità al titolo e alla legge, ma si adegua alla sostanza dell’assetto di interessi realizzato con l’obbligazione”. Con un duplice livello di valutazione realizzato dalla fonte dell’obbligo e dall’art.1175 c.c., potenziato dai riferimenti alla tutela della persona alla cui salvaguardia “l’obbligazione è vocata in forza della sua struttura complessa”[43]. Specie quando la posizione del debitore sia esposta a circostanze eccezionali come la crisi economica globale o la Pandemia[44].

Si deve poi distinguere ineseguibilità ed inesigibilità[45]: la prima “implica una valutazione del rapporto tra mezzi e scopo….tramite una diagnosi preliminare sul contratto interpretato alla luce dell’art. 1366 c.c.” Mentre la inesigibilità presuppone una prestazione possibile, oggetto di obbligazione, il cui adempimento, in date circostanze, non può essere preteso dal creditore” per un termine non ancora scaduto (1185 c.c.), per l’esercizio di un’azione dilatoria (1460 c.c.) o nella forma dell’abuso del diritto “fungendo non da limite dell’obbligazione ai sensi degli artt. 1218 e 1256 c.c., bensì da autonoma ‘causa esimente’ del debitore”[46]

Questo rimedio ha un preciso seguito nel nostro ordinamento[47], anche se esiste una giurisprudenza oscillante[48], come ,sull’usura sopravvenuta, le decisioni dell’Arbitro bancario e finanziario[49] e della Corte di Cassazione.[50]

A ben vedere l’inesigibilità esige  una riflessione attenta sul rapporto  tra interpretazione e comparazione[51] che può  aprire ad un’ermeneutica “storicamente adeguata”[52] in risposta  alle esigenze del fatto . Ma non solo. Occorre riflettere nel nostro ordinamento sul rapporto fra inefficacia e validità e sulla loro possibile coesistenza. Solo qualche cenno tratto da un  pensiero limpido.

 L’inefficacia colpisce l’effetto e implica “la mancata attribuzione di valore (in termini di possibilità  o necessità di agire) ai modelli di comportamento prescelti dalle parti per la realizzazione dell’assetto di interessi avuto di mira”. In tal caso il regolamento o il programma, pur rilevante e riconosciuto valido, rimane carente di effetti, perché l’ordine giuridico non ritiene che i comportamenti o le condotte, cui è affidata dalle parti la realizzazione del divisato assetto di interessi, possano formare oggetto di una qualificazione di valore”.  Sicché l’assetto di interessi “pur avendo ottenuto la garanzia giuridica della propria conservazione (validità) non riesce ciò nonostante a conseguire anche la garanzia giuridica della propria realizzazione”.

Ciò può avvenire “per cause intrinseche all’effetto (indeterminatezza del soggetto o dell’oggetto)”, ma anche per “ragioni estrinseche, e più propriamente ragioni di sistema” volte “ad impedire all’effetto di prodursi o di esplicarsi pienamente”[53] in presenza di un contegno in mala fede nella fase esecutiva di un obbligo, quando la clausola negoziale o la pretesa legittima, ma abusiva “è improduttiva di effetti non in quanto tale, ma ab-extrinseco”. Perché, “ avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, è contrario al dovere di esecuzione del contratto secondo buona fede, prestare attuazione a quella determinata clausola” [54], o considerare legittimo un contegno omissivo .  In entrambi i casi è il fatto che orienta nella richiesta di una tutela che dia piena ed effettiva risposta ad un affidamento determinato da un silenzio, una inerzia o una tolleranza[55].

Dunque l’inesigibilità ben motivata e delimitata rientra, anche nel nostro ordinamento, fra le tutele possibili per la violazione della clausola generale di buona fede. e la recente sentenza della Cassazione ha il merito di aver riproposto il problema di ammissibilità di un rimedio, compatibile con il nostro ordine giuridico e utile per la soluzione di molti conflitti.

 

 

 



[1] Cass. Sez. Terza, 14 giugno 2021, n.16743.

[2] Ranieri, Rinunzia tacita e Verwirkung, Cedam, 1971; Patti, Profili della tolleranza nel diritto privato, Jovene, 1978; Id., voce «Verwirkung», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., XIX, Utet, 1999,722 ss.

[3] Orlandi, Ermeneutica del silenzio, in NGCC,2021,2,p.

[4] D’Amico, Buona fede ed estinzione (parziale ) del diritto di credito, in NGCC, 2021, 2 p.

[5] Scognamiglio, La Verwirkung e i suoi limiti innanzi alla Corte di Cassazione, in NGCC,2021, 2, p.   

[6] Macario, Fattispecie estintiva e buona fede nell’esercizio tardivo del diritto di credito, in NGCC, 2021, 2, p

[7] Di recente Nicolussi, Le obbligazioni. Milano.Wolters Kluwer, 2021,p.36,42,93.

[8] Orlandi, Introduzione alla logica giuridica, IlMulino, Bologna, 2021, p. 15 ss., e i riferimenti a Irti, Rilevanza giuridica, in Norme e fatti, 1984, p. 55 ss.Id. Irti, Riconoscersi nelle parole, il Mulino, Bologna, 2020, p. 12-13

 

[9] Perlingieri , Giustizia secondo Costituzione ed ermeneutica. L’interpretazione c.d. adeguatrice, in Femia (a cura di), Interpretazione a fini applicativi e legittimità costituzionale, Napoli, 2006, pp. 371 ss.; ora in Perlingieri, Interpretazione e legalità costituzionale, Napoli, 2012, pp. 252-253

[10] Luciani, Interpretazione costituzionalmente orientata, in Enc.dir., Annali, Giuffré Milano,2016 p. 433-437

[11] Orlandi, cit. p.209, 216 nota 247,218, 226-227. Su questo tema v. testualmente Vettori, I principi, le parole ,la digmatica, in Ars interpretandi, 2021,2, p. 83 ss.

[12] Luciani, cit.p. 462.

 

[13] P.Zatti, Maschere del diritto volti della vita, Milano, Giuffré,2009,p.29 ss. in part.38. e ora V.Pescatore, Identità sessuale e auto-percezione di sé, Torino, Giappicchelli, 2021, ed ivi Pescatore, La legge tedesca sui trattamenti di conversione al crocevia tra libertà fondamentali e diritto all’identità personale, p.5 ss., 13 ss.

[14] Mi permetto per i richiami un rinvio a Vettori, Contratto e rimedi, 4 ed., Milano. Wolters Kluwer, p.855.ss.

[15] Gentili, op. cit. p. XVII.

[16] D’Amico, op. cit. p. 607 ma v. la posizione di E.Navarretta, Giustizia contrattuale, giustizia inclusiva,prevenzione delle ingiustizie sociali, in Giust,civ.,2020,p.243.

[17] Cass. 16 febbraio 1963, n. 357 in Foro pad. 1964, I, c.1283 con nota critica di Rodotà, Appunti sul principio di buona fede.

[18] Vettori, Contratto e rimedi, cit.

[19] Irti, Un diritto incalcolabile, in Riv.dir.civ, 2015, p. 11 ss e Id, Per un dialogo sulla calcolabilità giuridica, in Carleo,Calcolabilità giuridica, Bologna, 2017, p. 17 ss.

[20] D’Amico, voce Giustizia contrattuale, in Enc.dir. , Il contratto, Milano ,2021, p. 607

[21] Si considera giustamente un classico il volume di Velluzzi, Le clausole generali. Semantica e politica del diritto, cit. p. 95.

[22] Sul punto  Grossi, Oltre la legalità, Roma-Bari, 2020, 63 ss; id. Il diritto civile in Italia fra moderno e posmoderno. Dal monismo legalistico al pluralismo giuridico, Milano, 2021, in part. p.142-145 da un lato isolando l’auto-ordinarsi della società come filtro sistemico capace di scegliere “fra la folla dei fatti ed interessi solo quelli meritevoli di essere tutelati e promossi”, dall’altro non ripetendo all’infinito i difetti della giurisprudenza in un ordine politico, non solo nazionale, ove “la democrazia parlamentare offre la figura di un legislatore spesso assente, spesso sordo, spesso impotente, spesso addirittura cosciente di dover abdicare alle vecchie pretese totalizzanti”

[23] Mengoni,  Ermeneutica e dogmatica giuridica. Saggi, Giuffré 1996, p. 51 nt 68 e il richiamo a Leibniz, 1968, p. 508 .

[24] Velluzzi, cit.p.56-57

[25] Gianformaggio, Il filosofo del diritto e il diritto positivo ( 1991), Filosofia del diritto e ragionamento giuridico, a cura di Di Ciotti e Velluzzi, Torino,2008, p. 28. Ove  la conclusione che “un giurista privo di consapevolezza critica è un cattivo giurista” mentre “un filosofo del diritto che non conosce il diritto non è un filosofo del diritto”

[26] Velluzzi, cit.

[27] Mengoni, voce “Responsabilità contrattuale”, cit.

[28] Scognamiglio, La Verwirkung e i suoi limiti innanzi alla Corte di Cassazione, in NGCC,2021, 2, p. 1189 e il richiamo a  Viola, La legalita` del caso, in I rapporti civilistici nell’interpretazione della Corte costituzionale– La Corte costituzionale nella costruzione dell’ordinamento attuale. Principi fondamentali, I, Esi, 2007, 315 ss

[29]Falzea, Efficacia giuridica, in Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica.II.dogmatica giuridica,Milano, Giuffré,1997, p.62.

[30] Scalisi,op.cit, p. 1268

[31] Pugliatti,Per un convegno di diritto cosmico(1961), in Scritti giuridici,VI,Milano, Giuffré,2012,p.44

[32] Scalisi, op. cit.p.1266.

[33] Grossi, L’invenzione del diritto, Roma-Bari, Laterza, 2017, p. 72 ss.

[34] Di Majo, Obbligazioni e tutele, Torino, Giappicchelli, 2019, p.67ss.

[35] Orlando, Fattispecie,comportamenti,rimedi.Per una teoria del fatto dovuto,in Riv.trim.dir.proc.civ.2011,p1034 ss.

[36] Cammarata, Il significato e la funzione del “fatto” nell’esperienza giuridica(1929), in Formalismo e sapere giuridico. Studi.,Milano, Giuffré, 1963, p.277 Chiave di volta della logica giuridica è :” la distinzione tra l’elemento formale e l’elemento materiale del diritto:altro è la norma, alt ma lo norma ro è l’insieme dei presupposti o condizioni cui la norma medesima subordina la propria applicazione:altro, in termini più poveri, è la regola, altro l’addentellato, il support della regola”. Id.p. 280 “senza il fatto, il valore non si particolarizza mai nelle singole valutazioni:il fatto media il valore, perché senza il fatto,il valore resterebbe allo stato di mera virtualità”. Id. Limiti fra formalismo e dogmatica nelle figure di qualificazione giuridica,, p. 345ss.in part,390-399

[37] Cammarata, cit.p. 392. “ogni figura di qualificazione giuridica si esaurisce, logicamente in sé stessa: nessuna ha in sé l’efficacia di dar luogo, per così dire, automaticamente, a nuove conseguenze giuridiche” ma la norma può assumere” come presupposto di conseguenze giuridiche un contegno, non in quanto atto giuridico qualificato, ma in quanto fatto… a tale situazione perciò, e non alla preesistente qualificazione giuridica, in quanto tale, la norma ricollega le conseguenze giuridiche”. Vettori, Anomalie e tutele nei rapporti di distribuzione fra imprese, Milano, Giuffré, 1983 p.43ss.,Id. Regole di validità e di responsabilità di frinte alle Sezioni Unite. La buona fede come rimedio risarcitorio, in Obb.cont.,2008,p.104ss, e in Pers.merc.2008: ma v. con estrema chiarezza Scalisi, Invalidità e inefficacia:modalità assiologiche della negozialità, in Riv.dir.civ.,2003,p.210-214:”i comportamenti tenuti dalle parti nel corso dette trattative o durante l’esecuzione del contratto rimangono estranei alla fattispecie negoziale”

[38] Cass., Sez. Un., 26724 e 26725 del 2007; Cass. n. 24795 del 2008, Cass. n.16937 del 2006, Cass. n. 2479 del 2007. e Vettori, La buona fede come rimedio risarcitorio, in Obb.cont., 2008, ora in Id. Diritto dei contratti e ordinamento comunitario, Milano, 2009, 271 ss. Id. Validità, responsabilità e cumulo dei rimedi, in Contratti, 2008 p. 8. «Ogni assetto di interessi privato va esaminato come atto, in base ad una valutazione strutturale di validità e come insieme dei contegni formativi ed esecutivi in base ad una valutazione dinamica che può condurre ad una pronunzia di responsabilità. Perché la disciplina dell’atto e dei contegni è diversa, come autonome e cumulabili sono le due valutazioni di validità e di responsabilità». Questa conclusione era già stata affermata dalla cassazione nel 2007 ma è ora ribadita con estrema lucidità e con profili del tutto innovativi, condivisi da una parte della dottrina

[39] L’art. 8.102 dei PECL (Principi di diritto europeo dei contratti) e l’art. 3.102 (cumulation of remedies) del Charter 3 del DCFR affermano la possibilità di un cumulo dei rimedi con il solo limite della compatibilità. Gli artt. 7:216 e 7:304 del Charter 7 del DCFR prevedono la possibilità di altri rimedi in presenza di un’invalidità. La Convenzione sulla vendita internazionale di merci agli art. 45 (obblighi del venditore) e 61 (obblighi dell’acquirente) prevedono la possibilità di cumulo fra adempimento, risoluzione e risarcimento. La Proposta di Regolamento relativo ad un diritto comune europeo della vendita, all’art. 29 (Rimedi in caso di violazione di un obbligo di informazione) prevede che il risarcimento non pregiudica l’applicazione dei rimedi previsti nell’art. 42 (recesso), 48 (dolo), e negli altri casi di annullamento o inefficacia del contratto.La sentenza Courage[39] della Corte di Giustizia afferma la compatibilità fra un azione di danni del consumatore pur in presenza di una nullità del contratto a cui lui stesso ha dato causa.

 

[40] Scoditti, Ripensare la fattispecie nel tempo delle clausole generali, In Questione giustizia, 2019, ma vedi anche Id.Regole di efficacia e principio di correttezza nei contratti del consumatore, in Riv.dir.civ.,2006,I,p.131 ss.

[41] Nicolussi, Le  obbligazioni,Wolters Kluwer,Milano,2021, p.36,42-43,93,109.

[42] Piraino, La buona fede in senso oggettivo, Torino,Giappicchelli,2015 p. 447 ss. Dove si trova una compiuta analisi della dottrina tedesca e italiana sul punto.

[43] Piraino, op.cit. p.453-456.

[44] da ultimo Di Majo, Debito e patrimonio nell’obbligazione, in Le obbligazioni e i contratti nel tempo della crisi economica.Italia e Spagna a confronto, a cura di Grisi, Napoli, 2014,p. 32ss. Id. Obbligazioni e tutele, Torino,Giappicchelli,2019, p.179 ss.

[45] Gambino, Le obbligazioni,in Trattato di dirtto civile , dir. da Sacco, Torino, 2015, p.1991ss. e 560ss. E il richiamo a Mengoni, Responsabilità contrattuale, in Enc.dir.,XXXIX,Milano, 1988, ora in Obbligazioni e negozio.Scritti II, a cura di Castronovo,Albanese,Nicolussi, Milano, 2011, p. 316, 332.

[46] Gambino, op. cit. p. 193 e ancora L.Mengoni, op.cit.p. 334.

[47] Rescigno, Manuale del diritto privato italiano, Jovene, 1996, 283; eA. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, Cedam, 1992, 125, nt. 1 e di recente Astone, Ritardo nell’esercizio del credito, Verwirkung e buona fede, in Riv. dir. civ., 2005, II,603 ss., Ranieri, Rinuncia tacita e Verwirkung, Cedam, 1971, passim, Patti, Profili della tolleranza nel diritto privato, Jovene, 1978;  Astone, Venire contra factum proprium, Jovene, 2006, spec. 93 ss., 139 ss., 153 ss.; Bozzi, La negozialita` degli atti di rinuncia, Cedam, 2008, spec. cap. V, §§ 6-9. Autori tutti citati da D’Amico, cit.

[48] V. sul punto D’amico, cit.p.1167 e il riferimento a C Cass., 15.3.2004, n. 5240, in Foro it., 2004, c. 1397

(con Nota di Colangelo) e al  Commento alla sentenza di Astone, Ritardo nell’esercizio del credito, Verwirkung e buona fede, in Riv. dir. civ., 2005, II,603 ss.

[49] Decisione 21 marzo 2017 n.3090 : Il Collegio deve al riguardo richiamare il nuovo indirizzo della Cassazione (3 aprile 2013, n. 1796), secondo cui la norma d’interpretazione autentica recata dalla l. 28 febbraio 2001, n. 24, esclude la rilevanza dell’usura sopravvenuta ai soli fini della declaratoria di nullità della clausola ex art. 1815, 2° comma, c.c.; non consente anche, per converso, di consolidare l’efficacia, nel corso del rapporto, degli interessi divenuti nel frattempo usurari. Sviluppando tale impostazione, questo Collegio ha distinto opportunamente gli effetti dell’usura a seconda se riferiti al momento genetico dell’accordo o invece al momento funzionale (v., in particolare, ABF Napoli, n. 1796/2013, e poi da ult., ABF Napoli, n. 4664/2016); distinguo assai rilevante, poiché schiude il varco da un lato all’esclusione della ricorrenza di una fattispecie – qui palesemente inammissibile – di invalidità sopravvenuta del contratto di finanziamento o di una sua specifica clausola, dall’altro lato alla configurazione, nella specie, di una mera inopponibilità al cliente dei tassi eccedenti rispetto al tasso soglia legale, trimestralmente rilevato. Decisione 19 maggio 2016 n.46664: “Peraltro non è superfluo precisare che, in base agli orientamenti dell’Arbitro stabiliti da Collegio di coordinamento (decisione 77/2014), l’accertamento dell’usura sopravvenuta avrebbe come conseguenza solamente la declaratoria di inesigibilità degli interessi corrisposti soprasoglia, e non invece la gratuità del credito come sostiene il ricorrente: ciò in quanto, a seguito dell’interpretazione autentica introdotta dall’art. 1 del d.l. n. 394/2000, è stato chiarito che l’usura sopravvenuta non riguarda l’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile. Di conseguenza, il Collegio ritiene che la riconduzione del rapporto ai tassi effettivamente concordati (più bassi del tasso soglia) risulti soluzione anche più vantaggiosa al ricorrente che se si fosse accertata l’usura sopravvenuta. ”.

[50]per tutti su “risorse e ambiguità della buona fede”: Gambino, L’usura sopravvenuta e la negazione di effetti,in Giust.civ.,2014,n.3. : La soluzione, in questa seconda chiave di lettura, dominata dalla buona fede, muove dal «rapporto», considerato nel suo concreto svolgersi e attuarsi. Si tratta di assumere, come luogo di incidenza delle variazioni successive, i comportamenti delle parti; immessi, per effetto di quelle variazioni, in un diverso contesto situazionale. Si delinea la correlazione tra esercizio del diritto e adempimento dell'obbligo. L'uno, che nel principio di buona fede trova limiti e condizionamenti; l'altro, che rinviene nell'interesse del creditore, nel risultato atteso, un criterio di valutazione.  La nozione – inesigibilità – può però colorarsi di un significato forte e di un significato debole. In un senso, il fenomeno implica indebito oggettivo; sicché, in caso di avvenuto pagamento, il debitore ha diritto alla restituzione . Nell'altro, non si darebbe immediata corrispondenza tra inesigibilità e indebito. L'indebito presuppone l'invalidità o l'inefficacia della fonte, che qui manca. La situazione di inesigibilità, equiparabile a ciò che accade nella prescrizione, esige che il debitore la eccepisca. In mancanza, in caso di integrale adempimento, gli è preclusa l'azione di restituzione per indebito oggettivo. .

[51] Grondona, Storia, comparazione e comprensione del diritto: TullioAscarelli, “Hobbes e Leibniz e la dogmatica giuridica”.Un esercizio di lettura, in Brutti Somma,( a cura di) Diritto: storia e comparazione. Nuovi propositi per un binomio antico, Max Planck Intitute, Francoforte, 2018 pp.219-244. |e il richiamo nella nota 6 a Betti.

[52] Ascarelli, Hobbes e Leibniz e la dogmatica giuridica, in: Hobbes, Th., A dialogue between a philosopher and a student of the Common Law of England / Leibniz, G.W., Specimen quaestionum philosophicarum ex iure collectarum – De casibus perplexis – Doctrina conditionum – De legum interpretatione, Milano, 1960, p.64

[53]Scalisi,Invaliditàe inefficacia.Modalità assiologiche della negozialità, cit. ora in, Il contratto in trasformazione. Invalidità e inefficacia nella transizione al diritto europeo, Giuffré,Milano, 2011, p.146-148.

[54] Così Cass.20 aprile 1994 n.3775 in Foro it.1995,I,1296, con nota di C.M.Barone ( caso Fiuggi)

[55] Imbruglia, La clausola di tolleranza, in Pers.merc,,2017/4, p. 219 ss.



 

 

 
 
 
 
 
 

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