1. La legge 27 febbraio 2015, n. 18, sulla disciplina della responsabilità civile dei magistrati, che ha riformato la legge 13 aprile 1988, n. 117 (c.d. legge Vassalli) a seguito della sentenza di condanna dello Stato Italiano da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e dell’apertura di due procedure di contenzioso con la Commissione Europea, pone, oltre a questioni di interpretative e di costituzionalità, anche problemi di diritto intertemporale, tra cui quello relativo all’applicabilità del c.d. filtro di ammissibilità - istituto previsto dall’articolo 5, legge n. 117 del 1988, abrogato dall’articolo 3, comma 2, della recente legge n. 18 del 2015 - ai giudizi di responsabilità civile in corso, oggetto di una recente decisione della Corte di Cassazione intervenuta a seguito dei contrasti registratisi al proposito nella giurisprudenza di merito.
La sentenza n. 25216 del 2015, pronunciata dalla terza sezione civile della Corte di legittimità all’udienza dell’8 luglio 2015 e depositata il successivo 15 dicembre, ha risolto il problema giuridico concernente la portata applicativa dello ius superveniens sui giudizi in corso al momento dell’entrata in vigore della legge n. 18 del 2015 (19 marzo 2015), decidendo nel senso che la sopravvenuta abrogazione dell’articolo 5, legge n. 117 del 1988, non esplica efficacia retroattiva, <<onde l’ammissibilità della domanda di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie deve essere delibata alla stregua delle disposizioni processuali vigenti al momento della sua proposizione>>.
2. La motivazione della Corte si fonda sul riconoscimento della natura processuale sia della norma abrogatrice che di quella abrogata, e sulla rigorosa applicazione del principio tempus regit actum alle disposizioni di carattere processuale.
Tale principio, che trova fondamento nell’articolo 11 delle preleggi, comporta, in caso di pendenza di giudizio e di successione di norme di carattere processuale, sia l’applicazione immediata delle nuove disposizioni agli atti ancora da compiere e sia la conservazione della validità e dell’efficacia degli atti compiuti sotto l’impero delle disposizioni abrogate, ciò giustificandosi in virtù della tutela dell’affidamento legislativo sotteso alla richiamata disposizione delle preleggi, che <<impone di tener conto della giusta aspettativa di chi, avendo scelto di promuovere un giudizio in riferimento alle prescrizioni di rito vigenti al tempo in cui ha proposto la domanda, si veda alterare in peius, in base alle nuove regole, la possibilità di uscirne vincitore; o, per converso, di resistere con successo all’altrui pretesa>> .
Nella fattispecie, considerato che l’articolo 5, legge n. 117 del 1988, ora abrogato, disciplina la domanda introduttiva del giudizio prevedendo per tale atto processuale di parte un preliminare giudizio di ammissibilità, va da sé che, ove la disposizione abrogatrice di cui all’articolo 3, comma 2, legge n. 18 del 2015, trovasse immediata applicazione, ne conseguirebbe che tale atto di parte (la domanda introduttiva del giudizio, appunto), compiuto sotto il vigore della disciplina preesistente, verrebbe ad essere regolato e disciplinato dalla normativa sopravvenuta, che pertanto troverebbe applicazione con effetto retroattivo, in violazione del richiamato principio generale previsto dall’articolo 11 delle preleggi.
3. La perdurante applicazione del filtro di ammissibilità della domanda risarcitoria dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa, rafforza i già corposi dubbi di costituzionalità della disciplina introdotta dal nuovo ordito normativo, anche sotto il profilo della disparità di trattamento processuale legata alla data della proposizione della domanda risarcitoria nei confronti del magistrato.
Va infatti ricordato che la Corte Costituzionale, sin dalla sentenza n. 18 del 1989, ha riconosciuto come il c.d. filtro di ammissibilità abbia la funzione di presidiare i valori di indipendenza ed autonomia della funzione giurisdizionale, garantendo dalla proposizione di azioni manifestamente infondate che possono turbare la serenità del giudicante ed impedendo di creare con malizia i presupposti per l’astensione e la ricusazione.
L’abrogazione di tale istituto diviene ancor più condizionante considerata la contestuale abrogazione, per effetto dell’articolo 6, legge n. 15 del 2015, di quella parte dell’articolo 9 della legge Vassalli che ricollegava l’inizio del procedimento disciplinare alla comunicazione, da parte del Tribunale, del provvedimento che aveva ritenuto l’ammissibilità della domanda risarcitoria, consentendo oggi alle parti di condizionare sin da subito l’attività del magistrato attraverso l’avvio di un procedimento disciplinare ovvero predisciplinare nei suoi confronti.
Corrado Mistri